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Il fu Mattia Pascal



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AUTORE: Pirandello Luigi

TITOLO: Il fu Mattia Pascal


NOTIZIE SULL'AUTORE: Drammaturgo e narratore italiano (Agrigento 1867-Roma 1936). Laureatosi a Bonn nel 1891 con una tesi di fonetica e morfologia, relativa al dialetto agrigentino, si diede all'insegnamento, occupando dal 1897 al 1922 la cattedra di stilistica, e poi di letteratura italiana, presso l'Istituto Superiore di Magistero di Roma. In questo primo periodo della sua vita fu colpito da penose vicende familiari (contrasti d'interesse tra il padre, ex garibaldino, e il suocero, gravi rovesci finanziari del primo, smarrimento della ragione da parte della moglie, dominata da una forma ossessiva di gelosia), le quali concorsero a determinare la concezione pessimistica dell'esistenza che informò l'opera dello scrittore. I primi interessi di Pirandello furono di natura critica e lirica. Tra i suoi saggi merita particolare ricordo, come enunciazione di una poetica personale, L'umorismo (1908), orientamento artistico che trae origine, secondo Pirandello, dal «sentimento del contrario», da un «vedere - e vedersi - vivere», con formulazione di un distaccato giudizio. L'opera poetica, concentrata nei primi decenni dell'attività pirandelliana, occupa un posto marginale e rivela influenze varie (Carducci, Graf), insieme con accenti originali (Mal giocondo, 1889; Pasqua di Gea, 1891; Elegie renane, 1895; traduzione delle Elegie romane di Goethe, 1896; Fuori di chiave, 1912; ecc.). Il passaggio alla narrativa sembra sia avvenuto su suggerimento di L. Capuana. Nel gruppo dei romanzi fa spicco Il fu Mattia Pascal (1904), dove Pirandello dimostra di avere superato i limiti veristici degli esordi (L'esclusa, 1901). Ampia e ambiziosa è la struttura de I vecchi e i giovani (1909), romanzo ambientato in Sicilia e a Roma all'epoca delle lotte dei Fasci siciliani e dello scandalo della Banca Romana che, caratterizzato da un profondo pessimismo storico, pone in luce il contrasto tra ideale e realtà postrisorgimentale, nel confronto delle generazioni. Da ricordare inoltre Si gira (1915; riedito nel 1925 col titolo Quaderni di Serafino Gubbio operatore), ambientato nel mondo del cinema, e Uno, nessuno e centomila (1925-26), opera rappresentativa in senso ideologico (il tema è l'assoluta relatività della personalità umana, che non è una, ma tante quante al singolo individuo ne vengono attribuite dagli «altri»). La misura narrativa congeniale a Pirandello fu comunque quella della novella, spesso breve, talvolta ampia. E nel monumentale corpus delle Novelle per un anno (raccolte in 15 vol., sotto questo titolo, a iniziare dal 1922, ma la cui stesura e pubblicazione ebbe inizio fin dal 1894 e venne interrotta soltanto dalla morte dello scrittore) si rintracciano le matrici di quasi tutte le sue opere teatrali. Al di là del giudizio di chi antepone Pirandelo novelliere a Pirandello drammaturgo, rimangono la straordinaria ricchezza e varietà di questa immensa galleria di tipi e di casi umani, in massima parte ambientati o in Sicilia o a Roma, non senza aperture sul mondo popolare, paesano, di contadini, di minatori, ma con una prevalenza di quadri del mondo borghese, da cui Pirandello proveniva e in mezzo al quale viveva dopo il trasferimento nella capitale: un mondo di impiegati, di professori, ecc. Accomunati dalla «pena di vivere così» e descritti con minuziosa e icastica felicità espressiva, in chiave ora umoristica ora sarcastica, ora accorata ora tragica, ma sempre coerente con la concezione del mondo propria dello scrittore. Citare titoli, scegliendo entro una produzione così vasta, sia pur diseguale di valore, è fatalmente arbitrario: si pensi comunque a Prima notte, a Ciàula scopre la luna, a La giara, da cui Pirandello ricavò l'omonimo atto unico (1917), tanto per ricordare novelle di accento diverso (ma tutte e tre di ambiente siciliano). L'arco produttivo delle Novelle per un anno consente di seguire l'evoluzione dell'arte pirandelliana dal verismo degli esordi all'inquietante libertà fantastica delle ultime novelle, incluse nel volume postumo Una giornata (1937). Al teatro Pirandello si dedicò continuativamente quando era ormai cinquantenne, trovando in esso il mezzo congeniale per esprimere la sua inesauribile vena dialettica, la quale può apparire intellettualistica solo nelle opere meno felici, reggentisi su un'astratta impalcatura logica, mentre nelle opere vitali, che sono la maggioranza, lascia prorompere - con quella caratteristica frantumazione dell'eloquio - una sofferta angoscia e un'umana pietà, già evidenti nelle novelle. Tra le varie interpretazioni del teatro pirandelliano, cui l'autore diede l'intitolazione complessiva di «Maschere nude», fa spicco quella basata sul contrasto tra la Vita e la Forma (Tilgher), che venne fatta propria da Pirandello (egli tuttavia ebbe successivamente a dolersi degli schemi applicati alla sua opera, rivendicandone la spontaneità). La realtà è costituita da un perenne flusso dualistico, in cui la Vita tende da un lato a fissarsi in una Forma, dall'altro a infrangere di continuo ogni immobilistica costruzione e costrizione formale. Secondo B. Crémieux, P. «ha sentito il dramma della conoscenza fino all'angoscia La coscienza che accomna l'uomo dalla nascita alla morte e rende il suo destino diverso da quello dell'animale o della pianta, ecco l'unica sorgente del tragico pirandelliano». Il teatro di Pirandello costituisce il momento più alto e rivoluzionario della messa in crisi del teatro borghese e naturalistico, avvenuta nei primi decenni del secolo e rispecchiante la crisi di una società, la crisi di identità dell'uomo contemporaneo. Dal teatro borghese P. prende le mosse (con l'eccezione fulgida e quasi isolata di Liolà, 1916, commedia agreste e salace, dominata da un solare anesimo) ma per ribaltarne convenzioni, per denunciarne ipocrisie, sul filo di una logica paradossale: come in Pensaci Giacomino (1916), Il berretto a sonagli (1917, scritta originariamente in dialetto al pari di Liolà), Il piacere dell'onestà (1917), Il giuoco delle parti (1918), ecc. Ma già la «parabola» Così è (se vi pare), del 1917, raggiunge una portentosa originalità di concezione e costruzione, un mirabile equilibrio tra elemento dialettico ed elemento umano, contrapponendo alle voci doloranti dei due protagonisti il meschino coro dei borghesi «rispettabili», con una ura di raisonneur portavoce dell'autore quale elemento equilibratore. Sei personaggi in cerca d'autore (1921) segna una data nella storia del teatro contemporaneo, come opera di concezione affatto nuova, primo momento della trilogia del «teatro nel teatro», la quale oppone i personaggi, rivendicanti la loro autonoma esistenza, agli attori. Seguiranno Ciascuno a suo modo (1924), che oppone personaggi della vita a personaggi della finzione scenica su di essi ricalcati, coinvolgendo nella rappresentazione pubblico e critica, e Questa sera si recita a soggetto (1930), dove il conflitto si produce tra il regista - demiurgo e dittatore sovrapponentesi all'autore - e gli attori che vogliono «vivere» i propri personaggi. Tra i capolavori di Pirandello va annoverato Enrico IV (1922), tragedia potente, dove la follia simulata, scelta come rifugio dal protagonista, che gli «altri» hanno escluso dal banchetto della vita, diventa una necessità definitiva, dopo il delitto che egli avrà commesso cedendo al richiamo della vita medesima. Se tra le opere di questo periodo meritano ancora rilievo Vestire gli ignudi (1922) e l'atto unico L'uomo dal fiore in bocca (1923); tra quelle più tarde si ricordano Come tu mi vuoi (1930), Trovarsi (1932), Quando si è qualcuno (1933), interessante per quanto contiene di autobiografico in senso lato, Non si sa come (1934), lucidissimo dramma dell'inconscio. E, inoltre, l'incompiuto I Giganti della Montagna (postumo, 1937), ultimo e più elevato dramma di un trittico di moderni «miti», dedicato all'Arte, nato faticosamente, giudicato variamente, ma sostenuto da una prodiga fantasia, ormai ben lontana dalle matrici borghesi. Il premio Nobel consacrò nel 1934 una fama ormai diffusa in ogni parte del mondo. L'influenza esercitata dal teatro pirandelliano è stata grande, a ogni livello, e durevole, in Europa come oltre oceano. Accanto all'opera di P. drammaturgo va ricordata quella da lui svolta quale direttore di comnie e inscenatore di spettacoli: dalla fondazione a Roma del Teatro d'Arte (1925) alla comnia Pirandello (1926-28), alla comnia di M. Abba (1929-34), attrice che era stata già al centro delle precedenti formazioni e che ispirò a Pirandello buona parte dei drammi dell'ultimo periodo. Va anche aggiunto che le comnie dirette da Pirandello accolsero con larghezza e coraggio, accanto alle sue opere, quelle di altri autori italiani giovani degni di essere valorizzati.



LA TRAMA: La storia di Mattia Pascal è il viaggio di un uomo che attraverso le peripezie che il Destino gli riserva riesce a trovare il vero valore della libertà e a capire finalmente chi è; o meglio, chi fu da vivo. (Situazione iniziale) Mattia Pascal è il custode di una sperduta biblioteca dimenticata da tutti tranne che dai topi nel comune di Miragno, costretto a lavorare per la prima volta in vita sua, dopo aver trascorso una gioventù agiata e spensierata grazie alle proprietà del padre. Infatti dalla morte del padre tutte le ricchezze della famiglia sono andate a finire nelle avide tasche del Malagna, il perfido amministratore dei loro beni, che senza il minimo scrupolo approfitta dell'ingenuità della signora Pascal per ingannarla. Ma la situazione finanziaria di Mattia è nulla in confronto alla tristezza della vita che è costretto a sopportare in famiglia: egli infatti si trova a dover sposare una donna che lo odia e ad ospitare in casa una suocera che lo disprezza, a dover patire la morte di sua lia mentre il suo unico lio ancora in vita gli è viene tolto dallo stesso Malagna e a perdere anche la sua amata madre che lo lascia definitivamente solo. (Rottura dell'equilibrio iniziale) Ma un giorno, dopo una delle solite sfuriate con la suocera Pescatore, 'non sapendo più resistere alla noia e allo schifo di vivere in quel modo', si ritrova per caso a Montecarlo con in tasca le 500 £ della lapide della madre e grazie ad una straordinaria quanto irreale fortuna riesce a vincere al tavolo verde la bellezza di 82.000 £, con la quale sogna una nuova vita. Mai però si sarebbe aspettato che il Destino si fosse divertito a giocare talmente tanto con la sua vita da preparargli una cerimonia funebre per il suo ritorno a casa. Infatti, proprio mentre torna a casa, legge stupito su un giornale la notizia della sua morte, o meglio della morte di un pover'uomo che era abbastanza somigliante affinché la suocera e la moglie riuscissero a sbarazzarsi dello scomodo Pascal. In questo modo, però, non sanno che fanno proprio il gioco di Mattia, che, ora più vivo che mai, cambia binario per crearsi una seconda vita con la fortuna che ha in tasca. (Evoluzione delle vicende) Viaggia così da un posto all'altro, senza fermarsi troppo per non rischiare di rimanere di nuovo invischiato dal mondo che lo circonda e dalla vita; ritrova da morto quella gioia, quella felicità e quella spensieratezza che gli erano state tolte da vivo. Pian Piano che questo suo errare senza una meta continua, però, Mattia si accorge di essere solo più che mai e che se prima l'essere completamente sciolto da ogni catena lo faceva sentire padrone del proprio futuro, ora si avvede che proprio la mancanza di questi legami lo relega fuori dall'esistenza, emarginato dalla società per la quale egli è morto suicida nella stia. Così matura la decisione di fermarsi finalmente in una nuova casa a Roma per ricostruirsi una nuova vita. Lì incontra il signor Paleari un singolare individuo che lo intrattiene, spesso fino alla noia, con discorsi sulla morte e su cosa ci si deva aspettare dopo di essa. Sempre nella stessa casa riscopre persino l'amore di una donna, Adriana, che con la sua semplicità e al sua purezza d'animo riescono a farlo innamorare di nuovo. Ancora una volta, però, è costretto a fuggire dalla sua vita, ma questa volta perché la sua condizione di morto non gli permette di legarsi con quelle corde che tanto odiava prima, ma che ora riconosce come necessarie e desiderabili per sentirsi veramente vivi. CosÏ inscena l'ennesimo suicidio, e fugge sconfitto ancora una volta, verso l'unica strada che adesso gli si presenta per riscattare la sua esistenza vuota. (Ricomposizione dell'equilibrio) Torna a Miragno, dove nel frattempo la moglie si è risposata con un vecchio comno benestante, ma nessuno lo riconosce finché egli non rivela la propria identità. (Situazione finale) A questo punto, però, si rende conto che sarebbe inutile riacquistare una legalità che riuscirebbe solo a spezzare una nuova famiglia di cui lui ora non fa più parte. Ormai è troppo tardi per riconquistare quello che ha perduto: non gli resta altro che contemplare la sua lapide, la lapide del fu Mattia Pascal.



I PERSONAGGI:Tutti i personaggi vengono introdotti da una presentazione di Mattia, che di solito ci riporta più le sue sensazioni piuttosto che una caratterizzazione fisica vera e propria; in seguito i caratteri di ogni individuo ci vengono rivelati indirettamente attraverso le loro azioni, le loro decisioni e le loro parole dei discorsi. Infine, mentre tutti gli altri rimango statici, più cornice che tela da dipingere, l'unico personaggio che subisce una trasformazione nel corso della storia è Mattia; negativa per quanto riguarda la sua condizione sociale ed economica, ma sicuramente positiva per quanto riguarda la sua crescita ideologica e morale, nella quale capisce, anche se troppo tardi ormai, la grande importanza della vita e i principi della vera libertà.

Mattia Pascal: è lui il personaggio principale, un uomo come tanti senza eccessi senza segni particolari. Si sente oppresso e schiacciato dalla vita, che ogni giorno lo mette a dura prova, e l'unica cosa che desidera è quella di trovare una via di fuga, che gli permetta di essere di nuovo libero come da ragazzo, quando trascorreva le giornate tra il suo podere e la stia col mulino e non aveva altre preoccupazioni che un modo di divertirsi (ma chi è che non fa mai questo splendido sogno?). Detto, fatto: il Destino decide di dargli questa opportunità e lo rende completamente indipendente, gli offre del denaro cosÏ che non si debba preoccupare del pane e del letto, lo libera da ogni legame con il suo passato, gli permette di far quel che vuole senza dover rendere conto a nessuna, unica controindicazione: per tutti egli non esiste più, non ha più passato e non può avere un futuro. Alla fine vivrà sulla propria pelle le conseguenze della sua scelta.

Adriana: forse il vero amore di Mattia, forse no. Fatto sta che è la ura femminile che con il suo splendore colpisce di più in tutto il libro. Pura, timida, gentile, educata, tenera come il pane ma allo stesso tempo dura come la roccia regge da sola le sorti di un'intera famiglia, e si oppone accanitamente alle sue nozze forzate: lo stesso Mattia la chiama la 'mammina di casa'. Amabile in tutti i sensi, non si riesce a trovargli un solo difetto, se non quello di essersi innamorata dell'uomo sbagliato. In una parola lei è la vita.



Paleari: è il personaggio più singolare dell'intera vicenda, con la sua filosofia spicciola, le sue sedute mistiche, i sui discorsi insensati, la sua 'lanterninosofia'. Grande seguace di Epicureo, dimentica forse la sua più importante lezione, e spende ogni sua riflessione sul tema della morte. Formula teorie strampalate sul postmortem, cercando nei falsi fantasmi una speranza vana, e alla fine risulta essere tanto noioso da mettere alla dura prova anche la pazienza del lettore più attento, oltre che suscitare grande irritazione per il suo modo di vivere completamente votato alla morte. Rimane sempre al di fuori dell'azione e interferisce minimamente con lo svolgimento della storia. Nonostante questi alti e bassi, però, risulta essere anche uno dei personaggi più simpatici, perché gli occhi di Mattia lo dipingono come una marionetta e perché la sua ingenuità disarmante lo fa diventare buffo e ridicolo.

IL LUOGO: La maggior parte della vicenda si svolge tra Miragno e Roma, le patrie delle due vite di Mattia; ma durante il suo errare vagabondo vengono visitate anche Torino, Milano, Venezia, Firenze, Colonia, Worms e Magonza. Tutti i luoghi vengono però tralasciati da Pirandello, che li lascia senza la minima descrizione, forse per lasciare più spazio all'immaginazione al lettore o più probabilmente perché non influiscono usi personaggi e sulla storia.

IL TEMPO: Manca in tutto il libro qualsiasi tipo di data o di riferimento storico dal quale è possibile risalire al tempo della storia. Ma questo non è un caso ne un a mancanza dell'autore; allo stesso modo del luogo, il tempo, che rimane indefinito, serve per rendere la più assoluta possibile la vicenda, che in questo modo non è solo un'esperienza personale del personaggio, ma diventa una lezione di vita valida in ogni tempo e in ogni luogo per ogni uomo.

NARRATORE: La narrazione è condotta in prima persona attraverso il punto di vista interno di Mattia Pascal con focalizzazione 0 (zero/onnisciente). Questo è possibile perché il personaggio non vive direttamente le sue esperienze, ma attraverso un enorme flash-back le racconta a posteriori quando la storia è finita, strutturando tutto il libro come un diario-biografia. In questo modo il narratore si può permettere di inserire nel testo delle anticipazioni agli avvenimenti che hanno il duplice scopo di preparare lo spirito del lettore a cosa lo aspetta e nello stesso tempo a vivacizzare la lettura stimolando la curiosità.

LE SEQUENZE:Per quanto riguarda le sequenze quelle narrative la fanno sicuramente da padrone in tutto il libro, anche se sono fondamentali e consistenti anche quelle dialogate e riflessive, che a volte si fondono tra loro dando vita a dei veri e propri discorsi filosofici. Al contrario la presenza delle sequenze descrittive è ridotta al minimo, probabilmente perché l'autore le ritiene meno funzionali al messaggio che vuole trasmettere al lettore. Nell'ambito delle parti dialogate le tecniche espressive preferite dall'autore sono sicuramente il discorso diretto libero e il discorso indiretto, anche se sono presenti molti monologhi interiori da parte dello stesso Mattia.

RITMO: Proprio la grande presenza di sequenze narrative e dialogate, insieme ad uno stile chiaro, semplice e molto scorrevole rendono il ritmo della storia veloce e sempre incalzante

PARERE PERSONALE: Secondo il mio parere di studentello di I liceo questo è uno dei migliori libri che io abbia mai letto; sia per la forma sempre appropriata e incalzante e che invoglia il lettore a continuare a leggere sia per il contenuto; (però secondo i miei gusti troppo, pessimista) che tratta una delle più spinose questioni dell'uomo: l'essere e l'apparire. La differenza tra queste due parole, se si pensa bene è molto sottile poiché tu sei, ma con tutto il resto del mondo tu appari nel modo in cui ti vedono e in base alle situazioni ognuno indossa una maschera differente. Basti pensare a noi stessi, quante maschere abbiamo? Una per i genitori, una per gli amici, una per il capo, una per la ragazza ed un'altra ancora per i professori, e potrei andare avanti ancora per molto ma credo di aver reso abbastanza l'idea. Questa è la realtà noi non siamo, appariamo e basta, punto. Nel mondo moderno più che mai l'apparenza è tutto, chi comprerebbe un calendario di una vecchia sdentata, anche se è la persona più buona del mondo? Invece tutti compriamo calendari di top model anche se chi lo fa è la persona più egoista e maligna del mondo; che importa tanto è l'apparenza ciò che conta. In conclusione come diceva Shakespare: "La vita è un enorme palcoscenico" e ognuno di noi recita la parte assegnatagli. Consiglierei questo a libro chiunque , ma in particolare a chi crede nel destino e per chi cerca chi è veramente.






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