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LA VITA DI DANTE ALIGHIERI, LE RIME, LA VITA NUOVA, IL FIORE, IL CONVIVIO, IL DE MONARCHIA, IL DE VULGARI ELOQUENTIA, LE ALTRE OPERE IN LATINO



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LA VITA DI DANTE ALIGHIERI

Dante nasce a Firenze da una famiglia nobile. All'età di 12 anni, è vincolato dal padre, a sposare Gemma, appartenente alla famiglia de Donati, il matrimonio, da cui nascono 3 o 4 li, avviene dieci anni dopo. Dopo la morte del padre, Dante ha il compito di amministrare i beni della famiglia.

Dante combatte a Campaldino e a Caprona in due guerre tra Firenze e altre città toscane; in seguito si dedica alla poesia e stringe rapporti d'amicizia con Brunetto Lantiti e alcuni poeti della scuola "stilnovista " : tra loro, diventerà particolarmente caro Guido Cavalcanti.

La donna cantata da Dante nella maggior parte delle sue opere è Beatrice, anche se nella realtà, i contatti avuti con lei sono stati occasionali; Dante vede in Beatrice, tutti quei valori spirituali che danno un senso alla vita. La storia di quest'amore è descritta nella vita nuova, che è un rendiconto delle esperienze affettive avute dopo la morte di Beatrice. In questo periodo, per reagire a questo profondo sconforto si ritira nei conventi francescani e domenicani per dedicarsi agli studi filosofici; successivamente Dante si dedica alla vita politica con l'intento di ricostruire quella giustizia, trovata finora nei libri filosofici e teologi.



In una Firenze, lacerata da lotte interne, Dante si propone di dare il suo aiuto per riportare la pace tra i cittadini: egli si allea con i guelfi bianchi e si oppone alle pretese del papa.   Nel 1301, viene eletto tra i sei priori e condanna al confino i capi delle fazioni contrapposte e alcuni esponenti del suo partito, tra cui Cavalcanti. In quest'anno, Dante viene accusato di essersi opposto al papa e di essersi appropriato del denaro pubblico, viene così multato e condannato a due anni di confino. Nel 1302 viene condannato in contumacia ad essere bruciato. Da questo momento viene tagliato fuori dalla città. L'esilio sconvolge la vita di Dante, poiché è costretto a vagare nelle corti Italiane in cerca di ospitalità.

Nel 1315 rifiuta di sottostare alle condizioni umilianti di una grazia concessa, che gli permetteva di rientrare a Firenze.

Questa situazione, rende l'orizzonte di Dante, non più ristretto alla società fiorentina, ma aperto su tutta l'Italia e sulla cristianità; si sente così investito di una missione: portare un messaggio, che conduce l'umanità alla pace. Così si dedica con impegno al lavoro letterario e scrive opere in cui riflessione scientifica e filosofica si coniuga con quella religiosa e morale: Tra il 1304 e 1313 scrive il Convivio, il De vulgari eloquentia, l'inferno e il purgatorio.

La visuale di un'Italia distrutta dai vari conflitti, convince Dante che l'unico rimedio alla degenerazione politica e morale del mondo stia nel rinnovo delle due autorità principali: un imperatore capace di governare con forza la cristianità e un papa che si dedichi ai problemi religiosi. Così, quando Arringo VII sbarca in Italia, vede in lui chi farà cessare le lotte fratricide e gli consentirà di ritornare a Firenze: in cambio, Dante scrive lettere violente ai principi italiani e a chi si oppone all'imperatore. Nel 1313 Arringo muore senza aver portato a termine la sua impresa, nonostante tutto Dante continua a imporsi sulla sua convinzione, che viene esposta nel De monarchia.

Tra il 1312 e 1318 va a Verona presso la corte di Cangrande della Scala, dove si riunisce con la moglie e i li. In seguito va a Ravenna, sotto la protezione di Guido Novello; lì lavora all'ultima parte del suo poema : il paradiso. Dopo aver terminato la sua opera, confida di tornare a Firenze, ma Guido Novello lo manda come ambasciatore a Venezia. Sulla via del ritorno, Dante si ammala e muore a Ravenna nel 1321.


LE RIME, LA VITA NUOVA, IL FIORE

Tra le poesie scritte da Dante alcune sono state antologizzate da lui stesso nella Vita nuova e nel Convivio; le altre,sono comprese sotto il titolo di Rime. Le più antiche, scritte a partire del 1283, riprendono la maniera oscura di Guittone D'Arezzo; ma successivamente, Dante, si avvicina alla poetica stilnovista. Il tema principale è l'amore che fa soffrire o gioire l'innamorato.

Dopo la morte di Beatrice, Dante attraversa un periodo di smarrimento, che lo induce ad approfondire, la sua concezione dell'esperienza amorosa: nella Vita nuova egli vuole riepilogare la storia del suo amore per Beatrice.

Tra le sue poesie, egli raccoglie quelle che si presentano meglio allo scopo e le alterna a brani di prosa che commentano i versi e fanno da filo conduttore alla storia. Nasce così un romanzo, fatto da 42 moduletti in prosa e 31 liriche. Questo romanzo, è un racconto di una vicenda interiore, di un percorso morale e intellettuale in cui, più che i fatti concreti conta il loro significato spirituale e simbolico.

Quella che Dante racconta è una storia d'amore basata su fatti reali, ma l'indeterminatezza dei luoghi, delle vicende, dei personaggi, il ricorso alla simbologia dei nomi e dei numeri la proietta su un piano astratto.

Dante passa dall'amore- passione cantato da Cavalcanti all'amore carità che si apa dell'essenza spirituale della donna. Il motivo guinizzelliano della donna-angelo che perfeziona il "cor-gentile" si colora di intonazioni mistiche e visionarie: la morte di Beatrice è annunciata da sconvolgimenti cosmici simili a quelli che nei vangeli accomnano la morte di Cristo.



La lingua elevata, fluida delle poesie, accostata a una prosa "poetica", ritmata, ricca di latinismi e di immagini tratte dalla tradizione lirica, avvolge in un clima teso l'alternarsi di riflessioni, sogni e sa trasmettere il senso di un'ispirata avventura intellettuale.

Tra l'ultimo decennio del secolo e i primi anni dell'esilio sperimenta un'amplia gamma di forme poetiche approfittandosi dei più diversi metri, temi e stili.

Nei tre sonetti della "tenzone", scritti attorno al 1290, si cimenta con lo stile "comico". Di intonazione comica è anche il Fiore: esso è un rimaneggiamento in 232 sonetti del Roman de la rose , ricco di anomalie metriche e allusioni scurrili.

Altrettanto lontane dalle dolcezze stilnoviste sono le "rime petrose" dedicate a una donna detta "pietra" per la durezza del suo cuore .

Un terzo gruppo di rime, è legato agli studi teologici e filosofici a cui Dante si appassiona dopo la morte di Beatrice. Lo stile è ancora quello della poesia amorosa,  l'uso di questo stile sta a significare che la ricerca intellettuale e morale è vissuta dal poeta con la stessa dedizione profusa nella celebrazione della sua donna.



IL CONVIVIO

L'esilio strappa a Dante i principali punti di riferimento affettivi, politici, economici e lo costringe a ridefinire la propria visione del mondo. Ne scaturisce un'ampia riflessione filosofica e teologica, che trova il suo sbocco in due trattati scritti tra il 1304 e il 1307: il convivio e il de vulgari eloquentia.

Il convivio doveva essere composto da 15 parti: una di introduzione e 14 di commento. Dante ne porta a termine quattro: quella introduttiva più tre, dedicate a tre sue rime di contenuto filosofico. Il titolo (convivio) si riferisce all'intenzione di offrire il cibo della sapienza a quanti ne sono privi.

La novità di quest'opera sta nel fatto che, argomenti tradizionalmente affrontati in latino, vengono trattati in lingua volgare, per un più vasto pubblico di. Il volgare, può trattare tutti gli argomenti e cimentarsi con tutti gli stili.

Nell'introduzione, Dante dichiara di accingersi a scrivere un'opera colta per risollevare la propria reputazione di intellettuale, ma la motivazione più profonda è di ordine morale: diffondere il sapere significa combattere contro il disordine che opprime l'umanità. Un simile compito può essere svolto solo da uno studioso incorruttibile, disinteressato che miri a indurre gli uomini a scienza e virtù. Attribuendo e se stesso questo compiuto, egli prosegue la costruzione di quella ura di solitario profetico che troverà il suo compimento nella commedia.

Per gli studiosi, il convivio è importante per il definirsi di alcuni temi fondamentali nell'evoluzione del pensiero di Dante. Nella quarta parte, ad esempio, egli ripropone il concetto stilnovista che la nobiltà non è legata alla nascita ma alla bontà dell'animo.

In contrasto con la Vita nuova, il convivio, vuole essere un'opera "temperata e virile": la prosa che Dante vi sperimenta procede secondo un rigoroso ordine logico, basato sulla chiarezza, il vigore e la lucidità degli argomenti.


IL DE VULGARI ELOQUENTIA

Le risorse del volgare come lingua letteraria, sono l'argomento principale del trattato in prosa latina De vulgari eloquentia, progettato in quattro libri, di cui solo il primo e parte del secondo furono portati a termine. Quest'opera è stata scritta il latino poiché è destinata a un pubblico di specialisti.

In questo trattato ci sono alcuni concetti nuovi di grande importanza storica:



i giudizi che Dante pronuncia sui poeti del suo tempo e della generazione precedente

la sottolineatura del rapporto tra unità linguistica e unità politica d'Italia e la tesi che una lingua italiana debba nascere del contributo di diversi dialetti

la catalogazione dei volgari regionali offre la prima carta dialettale d'Italia.


IL DE MONARCHIA

Il de monarca è un opera di tre libri scritta in latino. In esso Dante affronta il tema della monarchia universale, e sferra un attacco alle tesi teocratiche formulate dal suo nemico papa Bonifaccio VIII.

Nel primo libro sostiene la necessità di una monarchia universale per la salvaguardia della giustizia e della pace. Nel secondo dimostra che Dio ha scelto per questa funzione l'impero di Roma. Nel terzo afferma che anche l'imperatore trae il suo potere da Dio.

Un imperatore che governi saggiamente e un papa intento alle cose dello spirito: sullo sfondo dell'irreversibile crisi politica delle due istituzioni universali, questa proposta appare un'utopia, più che un'ipotesi praticabile. Tuttavia ha un impatto incisivo sul dibattito teologico e politico del tempo: da un lato sembra incrinare le gerarchie del pensiero religioso attribuendo un valore autonomo alle finalità terrene dell'uomo; dall'altro ridimensiona l'autorità del papa a favore di quella dell'imperatore.  Dopo la morte di Dante, il de monarchia sarà bruciato e considerato libro eretico. Nel cinquecento sarà letto con interesse nell'ambiente della riforma protestante: la chiesa lo includerà nell'indice dei libri proibiti, dove resterà fino al 1881.



LE ALTRE OPERE IN LATINO

Tra le altre opere di Dante, troviamo tredici lettere in latino, rivolte a destinatari illustri e composte secondo le regole dalla retorica medievale. Più significative sono quelle di contenuto politico, nelle quali Dante si presenta come colui che ha ricevuto il compito da Dio, di predicare il ripristino della pace. Di attribuzione discussa è la lettere con la quale Dante dedica il Paradiso a Cangrande della Scala.

Ispirate al modello virgiliano sono sue ecloghe: componimenti pastorali in esametri latini, scritti per rispondere al docente universitario di Bologna, Givanni del Virgilio, che aveva invitato Dante ad abbandonare il volgare utilizzato nella commedia, per scrivere in latino.




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