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MARIA STUART Di Friedrich Schiller

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MARIA STUART

Di Friedrich Schiller



Maria Stuart, lia di Giacomo V Stuart e di Maria di Guisa e nipote di Enrico VIII d'Inghilterra, resta orfana ancor bambina e allevata in Francia, vi sposò il Delfino che stava per salire al trono sotto il nome di Francesco II. Vedova dopo due anni, Maria tornò in Scozia e sposò nel 1656 il cugino Lord Darnley. Costui, dopo averle fatto uccidere l'amante Davide Rizzo, fu a sua volta ucciso in una congiura ordita dal nuovo favorito di Maria, il nobile scozzese Bothwell, alla quale sembra non fosse estranea la regina stessa. Incapace di sottrarsi alla catena di intrighi e fatti di sangue, Maria sposò poco dopo l'assassino del marito, e s'inimicò del tutto i nobili scozzesi, molti dei quali già le erano ostili per il suo cattolicesimo. Stretta tra opposte fazioni in lotta, Maria si vide costretta a cercar rifugio alla corte della regina Elisabeth d'Inghilterra ma costei, anziché offrirle protezione, la tenne prigioniera diciotto anni sotto l'accusa di pretendere al regno e di fomentare il desiderio di ribellione dei cattolici inglesi contro la regina anglicana. Sottoposta a processo per alto tradimento, fu decapitata nel 1587.

Schiller si discosta dalla verità storica creando ex-novo alcuni personaggi (Mortimer, l'anglicano convertito al cattolicesimo, impulsivo e appassionato paladino della Stuart) e alcune situazioni estranee alla tradizione, come l'incontro tra le due regine e l'amore del favorito di Elisabeth, il conte Leicester, per Maria. L'età stessa delle due protagoniste è diversa da quella reale: al momento della condanna Maria aveva 45 anni ed Elisabeth 53, mentre a Schiller preme che il contrasto non sia solo tra due regine, ma anche e soprattutto tra due donne, e che la condanna non sia determinata solo dalla prudenza politica, ma anche e soprattutto da gelosia e da vanità offesa. Maria dev'essere giovane e bellissima ed Elisabeth "ancora una giovane donna che può permettersi di avere qualche pretesa" .La tragedia riguarda gli ultimi tre giorni di prigionia della Stuart prima della sua esecuzione: la storia tormentata di Maria, i diciotto anni di carcere, il lungo processo non sono oggetto diretto del dramma e sono presenti solo nella consapevolezza e nel ricordo, a conferire verità all'immagine dell'anima dell'eroina come Schiller la vede nell'ultimo stadio del suo destino. In questo convergere della tragedia sul dramma interiore della protagonista, che percorrere con slancio quasi mistico le tappe verso l'accettazione totale del proprio destino, la Maria Stuart sembra ricordare le tragedie dei martiri dell'età barocca. Il che non esclude un'atmosfera pregna di romanticismo nella storia dell'eroina bella, colpevole e sfortunata, sacrificata alle trame di governo.



Il dramma ruota intorno alla fondamentale antitesi amore - politica: da un lato il mondo di Maria, che è amore bellezza moralità e morte trasuratrice, dall'altro il mondo di Elisabeth, che è politica necessità ipocrisia e trionfo apparente. La vera vittoria è di Maria, che dà alla morte il significato religiosi di espiazione e ne ottiene la suprema dignità morale, mentre Elisabeth, vittoriosa nel campo della politica, perde appunto per questo la dignità e l'amore. Il contrasto amore - politica non è solo esterno, ma è anche nell'animo di ognuna delle due protagoniste.

Nella ura di Maria, che accetta di volere quello che la legge della necessità le impone e si assoggetta all'ingiusta sentenza vedendo in essa la punizione di un delitto lontano, "si attua concretamente la conciliazione della libertà e della necessità".

La Maria Stuart è la migliore esemplificazione delle leggi sull'arte tragica teorizzate da Schiller nel saggio Vom Erhabenen, 1793 (del sublime), dove si dice che se la prima legge dell'arte tragica è rappresentare la natura sofferente, la seconda legge è rappresentare la resistenza morale a quelle sofferenze.

Il dramma è notevole non solo per pregi poetici, ma anche per pregi specificatamente teatrali. E' un crescendo serrato verso la catastrofe, il fatale tratto di penna di Elisabeth che suggellerà la sentenza già pronunciata e segnerà la sorte di Maria. Tuttavia il culmine dell'azione non è tanto nel gesto stesso, quanto nel momento che determina nell'animo di Elisabeth la decisione di compierlo: precisamente nell'incontro - scontro tra le due regine nel terzo atto, quasi esattamente a metà tragedia.

La prima rappresentazione ebbe luogo nel Teatro di corte di Weimar il 14 giugno 1800.


ATTO PRIMO

Il custode di Maria (Paulet) e la sua nutrice hanno una discussione:

lui "donna astuta che cova continue insidie e sventure". Lei la difende e compatisce.

Arriva Maria e chiede al custode:

colloquio con Elisabetta

redigere testamento

confessarsi

se è stata decisa la sua sorte

Maria - Anna (nutrice): Maria parla pentita dell'assassinio di suo marito Lord Darnley

Maria - Martiner (nipote del custode): lui le dice che è dalla sua parte, è un protestante convertito al cattolicesimo. Le dice che la vogliono condannare a morte, ma lui ha un piano di fuga. Lei gli dà una lettera per il conte di Leicester

Il custode le comunica la sentenza, ma lei lo sfida e accusa l'Inghilterra di aver fatto un processo irregolare

Custode e il Gran Cancelliere discutono la sentenza: il custode riconosce l'irregolarità e teme che Elisabeth le conceda la grazia. Il Cancelliere (Burleigh) dice che la si può avvelenare, così non ci saranno problemi, ma Paulet non è d'accordo.


ATTO SECONDO

Ambasciatori del re di Francia vogliono avere da Elisabeth una risposta per il matrimonio. Lei rimanda, ma lascia dei doni in pegno (anello e un nastro dell'ordine della giarrettiera)

Elisabeth e i conti parlano riguardo Maria. Consigli:

Burleigh à ucciderla perché è una minaccia

Shrewsbury à la difende, deve salvare sua sorella

Leicester à è innoqua, è una regina senza trono e senza appoggi (nemmeno più la Francia), lasciarla viva ma con la continua minaccia del patibolo

Elisabeth riceve la lettera di Maria e ne è commossa. Elisabeth e Mortimer (finge) si mettono d'accordo affinché Maria muoia senza gettare scompiglio (avvelenata), perché se Elisabeth dà il via alla sentenza:

popolo scontento perché è sua sorella

potrebbero dire che le ha rubato il trono che le spettava

Ma se non la condanna è pericolosa perché la sua presenza alimenta le speranze cattoliche. Avvelenandola, si finge clemente davanti al popolo e se ne libera.

Paulet gli consiglia di non aiutare la regina

Mortimer e Leicester parlano perché Leicester è dalla parte di Maria: un tempo era suo promesso sposo, ma la respinse perché aspirava ad Elisabeth (diventa il suo amante). Ora si vede soppiantato dal re di Francia e si rende conto di ciò che ha perduto con Maria. Quando viene a sapere del piano di fuga di Mortimer ha paura di venirne coinvolto e che si venga a sapere à codardo

Elisabeth - Leicester: lui la convince a vedere Maria.


ATTO TERZO

Maria incontra Elisabeth con Leicester, Maria ne supplica la grazia, ma poi Elisabeth la provoca, lei s'infuria e la insulta

Maria - Mortimer: lui, infiammato di passione, la salverà, ma la vuole possedere. Lei fugge spaventata

Arriva la notizia del tentato attentato ad Elisabeth


ATTO QUARTO

si caccia l'ambasciatore di Francia perché è responsabile dell'attentato e si crede sia stato mandato dal re

Mortimer - Leicester: Mortimer gli dice che sono stati scoperti. Leicester ha paura e lo accusa davanti alle guardie di tradimento, salvandosi. Mortimer si uccide.

Leicester - Elisabeth - Burleigh: Leicester le dice che aveva fatto il doppio gioco con Maria per controllare tutta la situazione e per curare e smascherare Mortimer, Burleigh per permettergli di scagionarsi completamente propone che sia lui ad eseguire la sentenza (che ora vuole anche Leicester)

La folla fa pressioni per la decapitazione della Stuart, perché teme un altro attentato ad Elisabeth (à indecisa, poi decide à Maria deve morire perché è la causa di tutti i suoi mali, la Francia, la nascita illegittima, i tormenti). Firma la sentenza ma la dà a Davison perché la trattenga, per prendere tempo perché non è sicura

Burleigh - Davison: Burleigh gli strappa di mano la sentenza


ATTO QUINTO

Attorno a Maria si riuniscono i suoi affettuosi domestici e il maggiordomo Melvil

Maria è serena perché la morte significa la fine delle sue pene. Benedice tutti e si fa promettere che lasceranno l'Inghilterra e si rifugeranno in Francia

Melvil è diventato un sacerdote per dare a Maria l'estrema unzione. I suoi peccati:

odio per Elisabeth

amore per Leicester

ha fatto uccidere il marito

Melvil scopre che non è stata Maria ad ordinare gli attentati ad Elisabeth e quindi è condannata ingiustamente

Maria - Burleigh - Leicester - Paulet. Ultimi desideri:

sia rispettato il testamento

i suoi servi sono liberi

il suo cuore sia portato in Franci

fraterno saluto ad Elisabeth

Perdona Leicester. Lui, solo, si pente

Shrewsbury - Elisabeth: lui le dive che ha scoperto che la testimonianza degli scrivani di Maria era falsa, lei non ha mai ordinato attentati. Elisabeth rivuole la sentenza che ha dato a Davison, ma lui non l'ha più.

Burleigh arriva e comunica l'avvenuta esecuzione. Elisabeth lo condanna all'esilio per non aver chiesto prima la sua volontà e Davison viene condannato alla pena capitale. Vuole Shrewsbury come fidato consigliere, ma lui è troppo vecchio e si dimette. Leicester si è imbarcato per la Francia e "la regina si domina e resta in atteggiamento tranquillo.






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