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NEOREALISMO (LETTERATURA)

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NEOREALISMO (LETTERATURA)


Finita la guerra, in un clima di grande speranza, di radicali rinnovamenti, gli intellettuali avvertono l'esigenza di farsi interpreti della realtà sociale e politica.

Si ebbero quindi una serie di iniziative non strettamente letterarie, ma culturali.

Vennero fondate alcune riviste sulle quali condurre il dibattito e diversi scrittori si impegnarono nel mondo dell'editoria per tradurre in pratica la loro visione della cultura. Elio Vittoriani, in particolare, con la sua rivista 'il Politecnico', guidò il movimento e la battaglia per una nuova cultura che si impegnasse nella trasformazione del reale.



Gli intellettuali volevano da un Iato reagire ad una società letteraria chiusa che non aveva saputo impedire il fascismo e la guerra e non si era sufficientemente aperta alla cultura internazionale; dall'altro stabilire un nuovo rapporto tra cultura e masse operaie e contadine, attraverso l'impegno sul piano sociale e politico.


Nasce l'esigenza di rappresentare la realtà contemporanea della guerra, la Resistenza e il dopoguerra, per dare una testimonianza artistica di un'epoca che segnò tragicamente la vita di tutto il popolo italiano. Inoltre si vuole rappresentare la miseria italiana, le contraddizioni ma anche la fiducia nelle possibilità di rinnovamento e di progresso.


La cultura italiana (letteratura, arte, cinema) tende ad assumere un ruolo attivo. Artisti, letterati e cineasti danno voce al proletariato urbano e contadino, ai problemi della guerra e del dopoguerra, della vita democratica e dell'antifascismo resistenziale, all'oppressione sociale, alla questione meridionale.


Ciò comportò la scelta della prosa a scapito della poesia, l'adozione di un linguaggio tendenzialmente chiaro e comunicativo, prevalentemente il "parlato", che offre due vantaggi: si adegua al tema, riproducendo una situazione linguistica media o bassa, di carattere regionale; ed è più comunicativo nei riguardi del pubblico.

Si rifiuta la tradizione letteraria precedente, accusata di aver subito il fascismo, eludendo nei suoi scritti i problemi più veri e scottanti, e il Decadentismo, accusato di aver coi suoi velleitarismi aristocratici e superomistici preparato il terreno alla dittatura e comunque e non offriva più schemi adeguati alla rappresentazione reale.


Le opere non erano quindi di svago, ma libri che aiutassero a prendere coscienza della situazione contemporanea meditando sulla recente storia nazionale, facendo tesoro dell'esperienza in vista della ricostruzione di un'Italia nuova, democratica e antifascista.

I temi principali riguardano a grandi linee:

La lotta partigiana: quella condotta sui monti e nelle camne e la resistenza armata nei quartieri cittadini;

La situazione di miseria e di sbandamento sociale ed esistenziale che segna la guerra e il secondo dopoguerra;

La testimonianza dai campi di sterminio.


ROMANZI NEOREALISTI


A partire dal 1944 è densissima la produzione narrativa, cronachistica e diaristica che riflette gli eventi della guerra e in particolare della Resistenza: fogli clandestini e quotidiani pubblicano testimonianze che vengono espresse quasi per una necessità fisiologica da chi ha vissuto eventi drammatici.

A guerra terminata gli editori ricominciano a pubblicare romanzi: come Uomini e no di Vittorini, Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi (1945), Cronache di poveri amanti di Vasco Pratolini, Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino e Il comno di Pavese (1947).

Il neorealismo può dirsi esaurito già intorno alla metà degli anni Cinquanta. Infatti, convenzionalmente, si ritiene chiuso con la polemica che accomnò la pubblicazione del romanzo di Pratolini, Metello (1955), storia della formazione umana e politica di un operaio sullo sfondo delle lotte sociali in Italia fra 1875 e 1902, da alcuni difeso come opera esemplare di un nuovo realismo, da altri considerato un romanzo fallito soprattutto per la rappresentazione idealizzata e sentimentale della classe operaia.





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