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ODISSEA



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ODISSEA


L'Odissea è un poema epico greco scritto da Omero; è diviso in 24 libri e dodicimila versi. Narra il ritorno di Ulisse da Troia a Itaca nelle sue ultime quaranta giornate di viaggio.

I primi quattro libri vengono chiamati "Telemachia", poiché il principale protagonista è Telemaco, lio di Ulisse, il quale è in cerca del padre che a dieci anni dalla fine della guerra di Troia non ha ancora fatto ritorno a casa, dove i Proci, pretendenti di Penelope, moglie di Ulisse si sono stanziati.

Ulisse infatti è trattenuto da sette anni nell'isola di Ogigia dalla ninfa Calipso, che si è innamorata dell'eroe. La dea Atena, spinta dalla compassione, convince Zeus a far tornare l'eroe in patria. Allora è mandato il dio Ermes presso la ninfa che rende libero Ulisse; rifornito d'acqua e cibo riprende il mare con una zattera costruita da lui stesso in quattro giorni. Per diciotto giorni naviga nelle acque senza mai addormentarsi, fin quando non scorge un'isola, ma Poseidone, il dio del mare, che non gli ha mai perdonato l'accecamento di suo lio Polifemo gli scatena una tempesta e lo fa naufragare.



La ninfa Leucotea lo soccorre e gli dona una fascia miracolosa con la quale Ulisse riesce a nuoto a raggiungere la terra avvistata: Scheria, la terra dei Feaci. Stanco, si addormenta sulla riva del fiume ed è trovato da Nausicaa, la lia del re, alla quale è apparsa in sogno Atena suggerendogli di recarsi al fiume a lavare le vesti nuziali. Mentre gioca con le ancelle la palla cade nel fiume e trovano Ulisse. La fanciulla lo conduce dal re Alcinoo suo padre.

Durante un banchetto Demodoco, un aedo cieco che accomna il suo canto con la lira, narra sul cavallo di legno e la presa di Troia; Ulisse, che fino a quel momento ha celato la propria identità, si commuove nell'ascoltare il racconto e svela la propria identità. Inizia il racconto del suo lungo viaggio.

Dopo la caduta di Troia durante il ritorno le navi di Ulisse, per volere degli dei, sono spinte dai venti nella terra dei Ciconi, dove l'eroe decide di saccheggiare la città d'Ismaro ma è messo in fuga.

La tempesta lo spinge nella terra dei Lotofagi, i mangiatori di loto, un fiore che dona l'oblio. I comni lo assaggiano e dimenticano tutto.

Il viaggio continua nella terra dei Ciclopi, dove Ulisse incontra Polifemo, un gigante selvaggio con un solo occhio sulla fronte, ma grazie alla sua astuzia si mette in salvo con i suoi comni: offre una ciotola di vino e dice al mostro di chiamarsi Nessuno; quando Polifemo si addormenta per terra ubriaco, Ulisse e i comni conficcano un palo di fuoco nell'unico occhio del mostro.

Giunti nell'isola di Eolo, il re dei venti, sono bene accolti e Ulisse riceve in dono dal dio un otre contenente tutti i venti della tempesta e fuori è rimasto solo Zefiro, propizio per la navigazione. Ma i comni, credendo ci fosse un tesoro, la aprono provocando una tempesta che li riporta sull'isola Eolia. Ripartiti da lì, giungono nella terra dei Lestrigoni, feroci giganti, i quali distruggono con grandi massi le navi che mettono l'ancora. La flotta di Ulisse è l'unica a salvarsi poiché rimangono nella rada.

Altra tappa è l'isola di Eea, nell'estremo oriente, patria della maga Circe, ninfa lia del Sole, si dividono in due gruppi e i componenti del primo sono trasformati in maiali, ad eccezione di Euriloco che, temendo un tranello, rimane fuori; informa Ulisse dello spiacevole accaduto. L'eroe brandisce arco e spada e si appresta ad andare in loro soccorso. Sulla strada incontra Ermes/Mercurio che gli dona un farmaco che lo rende impermeabile agli incantesimi della maga, la quale s'innamora di Ulisse che accetta il suo amore ma a condizione che gli siano restituiti gli amici. Circe fa ritornare uomini ancora più belli i suoi comni. Dopo un anno Ulisse fa sapere alla maga che deve ripartire; ella acconsente a condizione però che si rechi nell'Ade per conoscere il suo destino e gli dona un montone e una pecora nera per sacrificarli agli dei infernali. Qui fa bere il sangue delle vittime immolate all'indovino Tiresia che si risveglia e gli predice il suo ritorno in patria e le dure prove che lo attendono; inoltre incontra sua madre Anticlea e Achille. Compiuto il dovere torna da Circe per congedarsi ed è messo al corrente su come schivare i pericoli che lo attendono.



Attraversa il lido delle sirene ammaliatrici e tappa le orecchie ai comni con la cera e si fa legare a un albero. Supera lo stretto tra Scilla (un mostro marino con sei teste e dodici braccia che divora tutti i marinai che passano nelle sue vicinanze: lo stretto di Messina) e Cariddi (un altro mostro marino) lia di Poseidone e Gea.


Approdano nella Trinacria: i comni vinti dalla fame uccidono i buoi sacri al Sole, Ulisse solo se ne astiene ed è l'unico a sopravvivere; infatti ripreso il mare un fulmine di Zeus vendica i comni per l'offesa fatta. Giunge infine nell'isola di Ogigia, presso la ninfa Calipso.

Al sentire il racconto i Feaci si commuovono e lo conducono ad Itaca con una nave mentre dorme. Al risveglio crede di essere stato beffato, Atena gli appare dinanzi nelle vesti di un pastore e lo informa del suo ritorno in patria e lo trasforma in mendicante. Arrivato alla capanna del porcaro Eumeo incontra suo lio Telemaco e insieme preparano il piano di vendetta contro i Proci.

Ulisse si presenta alla reggia travestito da mendicante, è riconosciuto dal suo cane Argo che muore ai suoi piedi e dalla vecchia nutrice Euriclea che nota una cicatrice alla gamba mentre lo lava .

L'eroe subisce gli oltraggi dei Proci e dei servi infedeli che pretendono la mano di Penelope, la quale dichiara di sposare uno di loro soltanto dopo aver completato una tela che di giorno tesse e di notte disfà. Esausta delle loro proposte propone una gara: sposerà colui che riuscirà a tendere l'arco di Ulisse e far passare la freccia attraverso dodici asce doppie messe in fila. Il mendicante è l'unico a riuscirci. Con l'aiuto del lio e d'altri servi rimasti fedeli si vendica dei Proci. Penelope non è sicura che sia proprio quello suo marito, così lo mette alla prova ordinando a Euriclea di portare il letto coniugale; ciò è impossibile poiché non si può muovere, infatti, egli stesso lo ha costruito da un grande tronco di ulivo senza sradicarlo e attorno ha edificato la stanza nuziale e tutta la casa. Questo segreto è conosciuto solo da Ulisse, Penelope e una fidatissima ancella: Attoride. L'eroe rende noto il fatto a sua moglie, la quale ha riconquistato la fiducia e abbraccia commossa il marito. Infine Ulisse abbraccia il suo vecchio padre Laerte e per farsi riconoscere descrive esattamente gli alberi del podere di famiglia.






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