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Paul Verlaine



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Paul Verlaine


Nato nel 1844 in una famiglia della piccola borghesia agiata di Metz, Paul Verlaine compone poesie fin da ragazzo manifestando una sorta di dualismo che lo spinge ora verso delicate effusioni del sentimento, ora a improvvise brutalità. Nei Poemi saturnini del 1866 è evidente l'influsso "maledetto" di Baudelaire, mentre nelle Feste galanti del 1869 traspare una delicatezza quasi settecentesca, pervasa tuttavia da un'inquietudine decadente. Alla caduta del Secondo impero, Verlaine vive a Parigi la breve folgorante avventura della Comune e proprio allora si lega di amicizia particolare con il giovanissimo Arthur Rimbaud, giunto da Charleville per "morire con il popolo". La tempestosa relazione si conclude tre anni dopo in Belgio con il colpo di pistola che Verlaine spara a Rimbaud, quando questi decide di rompere il legame. Le conseguenze non sono tragiche, ma Verlaine viene incarcerato prima a Bruxelles, poi a Mons. Queste circostanze operano in lui una profonda crisi religiosa espressa in Romanze senza parole del 1874. Scontata la pena, insegna per qualche anno all'estero e diventa poi agricoltore manifestando sempre pentimento e buoni propositi, ma presto ricade in disordini di ogni tipo, compreso l'alcoolismo. Ritornato a Parigi diventa ura di primo piano del nascente decadentismo e del pre-simbolismo. Nel 1844 pubblica la raccolta di saggi I poeti maledetti e poesie in cui si alternano vena religiosa (Liturgie intime, 1892; Elegie, 1893) e vena crudamente erotica (Parallelamente, 1889; Carne, 1896), versi squisitamente spirituali (Felicità, 1891) e versi diabolicamente ambigui (Canzoni per lei, 1891). Muore in povertà in un ospedale parigino nel 1896.


Opere principali

Poemi saturnini (1866); Feste galanti (1869); Buona canzone (1870); Romanze senza parole (1874); Saggezza (1881); I poeti maledetti (1884); Allora e ora (1884); Memorie di un vedovo (1886); Amore (1888); Parallelamente (1889); Felicità (1891); Canzone per lei (1891); I miei ospedali (1891); Liturgie intime (1892); Elegie (1893); Confessioni (1895); Carne (1896).





Il cielo è al disopra del tetto


Anche se precedente alla conversione, questa lirica, scritta dalla prigione di Bruxelles nel settembre 1873, consente di immaginare l'itinerario spirituale di Verlaine. L'intensità del sentimento non è inferiore alla freschezza dell'arte.

da Saggezza III, 6


«Il cielo è, al di sopra del tetto,

Così azzurro, così calmo!

Un albero, al di sopra del tetto,

Dondola la sua palma.


La campana, nel cielo che si vede,

Rintocca dolcemente.

Un uccello, sull'albero che si vede,

Canta il suo lamento.


Dio mio, Dio mio, la vita è là,

Semplice e tranquilla.

Quel placido brusío

Viene dalla città.


Che cos'hai fatto, tu che sei qua

E di pianger non smetti,

Di', che ne hai fatto, tu che sei qua

Della tua giovinezza?»


Saggezza

In prigione Verlaine prova un pentimento sincero che lo riavvicina a Dio. E' la conversione, maturata per molti mesi, a ispirargli i poemi mistici, pubblicati nella raccolta Saggezza nel 1881, dove il poeta descrive la lotta contro le tentazioni e il proposito di condurre una vita migliore.






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