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Profilo di Giacomo Leopardi

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Profilo di Giacomo Leopardi


Sullo sfondo della società letteraria italiana del primo Ottocento, Giacomo Leopardi spicca come un caso originale e in gran parte isolato. Nacque nello Stato Pontificio, una parte d'Italia esclusa dal flusso delle novità intellettuali. Inoltre fu oppresso fin dall'infanzia dalla sua famiglia, che era nobile ma oberata dai debiti causati dalle speculazioni infelici del conte Monaldo. Soprattutto il rapporto col padre, che desiderava una discendenza fedele ai canoni dell'antica nobiltà, fu fonte di angoscia, poiché il poeta non si sentì mai all'altezza delle sue aspettative. La salute fragile e le difficoltà economiche acuirono tale stato di disagio: Leopardi tentò sempre di sfuggire alla famiglia stabilendosi in città animate, ma che imponevano un tenore di vita troppo alto a chi viveva dei guadagni modesti della scrittura. Privato di una formazione culturale a livello europeo, Leopardi fu costretto a ripiegare sui classici, sia greci e latini sia italiani, di cui la biblioteca del padre era fornitissima. Ne nacque un vero e proprio amore per la classicità, che lo pose al di fuori del Romanticismo ormai affermato nell'Italia del primo Ottocento e lo rese uno dei lirici più originali della nostra letteratura. Altro elemento determinante per la sua poesia fu la profonda cultura filosofica fortemente marcata dall'Illuminismo. Nella provinciale Recanati, infatti, le opere degli illuministi francesi erano quanto di più trasgressivo si potesse immaginare, ma furono lette avidamente dall'adolescente Giacomo. Poesia classica e tradizione illuministica sono dunque le due fonti della sua lucida intelligenza e dell'aspirazione a riflettere sull'uomo con l'acutezza di un filosofo e la musicalità di un poeta. La sua poesia è animata da una filosofia negativa: l'autore crede che il mondo sia dominato da una forza spietata, una sorta di divinità del male identificata con la Natura, a cui a partire dal 1833 darà il nome di Arimane, lo spirito del male dello Zoroastrismo, l'antica religione persiana. Solo negli ultimi anni appare al poeta una possibilità di reazione al male: una volta accettata la propria realtà di dolore e sofferenza, senza illusioni, gli uomini devono allearsi tra loro contro la Natura, l'unico nemico comune. È il messaggio di fratellanza de "La ginestra", che avrebbe potuto svilupparsi se il poeta non fosse morto prematuramente.



Leopardi sviluppa una straordinaria capacità poetica fin dall'adolescenza, un talento lirico difficilmente uguagliabile. Ne è conferma la creazione di un genere nuovo, che passa attraverso un modello greco: l'"idillio", un breve componimento che gli dà modo di esprimere al meglio i propri temi. La parola "idillio" in greco antico significa "piccola immagine"; nei testi dei poeti greci il componimento si riduceva alla contemplazione di un paesaggio agreste allegro e luminoso. Ma Leopardi lo reinvesta, facendo convivere l'elemento classico con lo spirito contemporaneo, e adattandolo a strumento della propria ricerca filosofica. L'idillio leopardiano, infatti, è diviso in due parti ben distinte: la prima consiste nella descrizione di un piacevole luogo campestre, in apparenza sereno. Nella seconda, di vera e propria riflessione filosofica, l'immagine serena si rivela un semplice spunto per meditare sull'infelice condizione umana e sulla crudeltà della Natura, nascosta dietro l'apparenza di calma e perfezione del paesaggio. Infatti, è la Natura il bersaglio principale del risentimento del poeta: doppiamente responsabile dell'infelicità degli uomini, in quanto li ha creati solo per farli soffrire e morire senza alcuno scopo. Nei "Canti" gli idilli si dividono in Piccoli (L'Infinito, Alla luna, La sera del dì di festa), che mantengono una misura breve, e in Grandi Idilli (A Silvia, Le Ricordanze, Il passero solitario, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio), molto più ampi e articolati.

La constatazione dell'infelicità umana attraversa come una linea continua l'intera opera di Leopardi. Il poeta crede che il mondo abbia una sostanza solo fisica, materiale, che sia governato da leggi ripetitive, meccanicistiche, che non abbia un fine, o almeno non un fine comprensibile all'uomo: che non esista un mondo ultraterreno, una vita oltre quella fisica. Fonti principali di questa concezione filosofica sono il Materialismo e il Sensismo del Settecento francese, due filoni del movimento illuminista. Secondo il Materialismo, il cui principale esponente fu il medico Julien Offroy de La Mettrie (1709-l751), la facoltà di provare sensazioni e dunque di pensare è propria della materia; l'uomo stesso è un insieme di meccanismi pensanti, che non presuppongono l'esistenza di una parte immateriale, quella che viene definita "anima". Secondo il Sensismo, i cui principali rappresentanti furono Claude Helvetius e il barone d'Holbac, la psiche dell'uomo è un prodotto delle sue sensazioni, cioè dei segnali e dei messaggi che gli inviano i sensi. Quindi tutte le emozioni, le passioni, i sentimenti altro non sono che manifestazioni della materia e non di un inesistente spirito astratto.


"Lo Zibaldone" riunisce tutte le annotazioni, le riflessioni filosofiche, le osservazioni sulla poesia e sulla vita che il poeta accumulò per 4526 ine complessive, e che accomnarono la composizione delle più grandi poesie. Fu pubblicato per la prima volta da Giosuè Carducci nel 1898. E' un'autentica miniera di precisazioni, per chi vuole meglio comprendere la poetica di Leopardi e la sua straordinaria profondità di pensatore.





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