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STORIA DI TÖNLE

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STORIA DI TÖNLE



L'autore di questo romanzo è Mario Rigoni Stern.

Questi è nato nel 1921 ad Asiago, dove ha trascorso tutta la sua giovinezza e risiede tutt'ora. Oltre alle esperienze di guerra vissute come alpino, Stern ha scritto anche molti libri tra cui: "Il bosco degli urogalli" e "L'anno della vittoria". I monti dove ha trascorso la sua vita sono sempre stati un punto di riferimento per lui e lo dimostra anche in tutti i sui libri, descrivendo quei luoghi che suscitano in lui e nel lettore emozioni particolari.Questo libro racconta la storia di un uomo, Tonle, pastore dell'altopiano di Asiago che alle prese con la guerra e dopo numerose avventure, si spegne proprio su quei monti che anche Stern ama tanto.

Questa storia inizia nel marzo del 1866, Tonle Bitarn stava ritornando a casa con un carico di cose di contrabbando in spalla. Scendeva tranquillamente nel bosco quando sentì l'altolà; era sorpreso e non sapeva che cosa fare però non lasciò andare il carico per poter essere libero di correre e scappare, era troppo vicino a casa ormai e con un salto lasciò il sentiero. Lì però lo aspettava una seconda guardia che lo afferrò per un braccio, l'uomo divincolandosi tirò a caso un bastone e mentre la guardia andava a terra lui cominciò a correre verso valle sotto gli spari; arrivato a casa, nascose la merce e dopo aver spiegato in fretta alla moglie e al padre cos'era successo tornò nel bosco per nascondersi. Dopo un'ora le guardie erano alla contrada, la perlustrarono da cima a fondo ma non trovarono nulla. Da quel momento Tonle cominciò ad essere perseguito dalle autorità.Il giorno seguente la moglie andò dall'avvocato Bischofar che consigliò a suo marito di non farsi più vedere per un po' di tempo, fino a che la cosa non si fosse quietata. Quella sera stessa cominciò la lunga latitanza di Tonle Bintarn che grazie all'aiuto della vedova di un suo vecchio comno di lavoro, cominciò a vendere stampe in tutti i paesi del nord Italia fino nei territori dell'Impero asburgico ; fatto questo, lavorò di qua e di là fino a che racimolò un bel gruzzolo, allora si diresse in Ungheriea dove finalmente fece un contratto fino a dicembre con un allevatore di cavalli per l'esercito. Quell'anno tornò a casa con un bel po' di soldi che distribuì a tutta la famiglia. L'anno successivo, invece tornò a casa con pochi soldi, ma con una razza di patate che diede buoni frutti per molti anni. Il tempo passava e di anno in anno si trovava a fare da spola tra casa e i paesi del nord; un anno si ritrovò a Praga dove trovò lavoro come giardiniere, ma quando cominciò a scendere la prima neve sentì il bisogno di tornare a casa. Passavano e ritornavano le stagioni: dallo sciogliersi delle nevi fino alle nuove nevicate andava per i paesi e gli Stati assurgici, lavorando dove capitava, a volte con buoni risultati, a volte meno. In inverno stava rintanato dentro casa,o nella contrada, o nel bosco a far legna, o in qualche altro posto per non farsi sorprendere dalle guardie che sempre lo avevano in nota per arrestarlo e fargli scontare quindi i quattro anni di prigione.Ma sempre quando l'inverno iniziava, ritornava a casa nelle prime ore della notte ossia quando il buio aveva già fatto svanire il ciliegio che si trovava sul tetto di casa sua ; ogni volta che ritornava trovava un lio o una lia nuovi che quasi per scherzo all'anagrafe risultavano con il suo cognome. Nel frattempo si cominciava a parlare di comunismo e si accendevano delle grosse discussioni. Pian piano arrivò il 1904 e finalmente anche Tonle poté farsi vedere per le strade e per i campi senza il timore di venire arrestato; in quell'anno infatti nella casa regnante nacque il principe ereditario e per l'occasione venne concessa l'amnistia e l'indulto. L'uomo era ormai troppo vecchio per vagare per il mondo e faceva il pastore a tempo pieno, portando il suo gregge ,che con tanti sacrifici aveva allargato, su per i monti che lui conosceva bene. Il 28 giugno del 1914 venne ucciso Francesco Ferdinando, erede al trono degli Asburgo e questo fu il pretesto dello scoppio della prima guerra mondiale. A Tonle la notizia arrivò soltanto un mese dopo l'accaduto ad opera di un carbonaio, poiché aveva portato il suo gregge lontano da casa. Quell'estate cominciarono le manovre sul Moor e su tutti i monti circostanti. Dopo la festa di San Matteo tornò a casa ma quando entrò dalla porta, non c'era come ogni volta sua moglie che rattizzava il fuoco ma al suo posto c'era la nuora, e non c'era neppure suo lio che era solito accostarsi al focolare per fumare la pipa; un brivido gli percorse la schiena, salì al piano di sopra e trovò nella camera sua moglie stesa sul letto, era in fin di vita e suo lio Petar le teneva le mai. Dopo pochi giorni chiuse gli occhi. Passo il tempo e arrivò la primavera del 1915, fu una delle più belle primavere che ci fossero mai state da quelle parti, ma il 24 maggio cominciarono le ostilità di guerra dalla parte italiana. Tonle il giorno prima era uscito con il suo gregge e aveva sentito le prime cannonate ma non ci aveva fatto caso, la notte, però, si sentirono bene e gli abitanti della contrada si rinchiusero in casa aspettando con pazienza la mattina. Passavano i mesi ed i colpi di cannone ormai erano diventati una cosa abituale; venne Natale, negli ultimi giorni di febbraio i ragazzi chiamarono la primavera e così finì anche l'inverno. All'uomo arrivò anche la notizia della morte dell'avvocato Bischofar, colui che lo aveva aiutato quando era latitante era morto, come sua moglie e chissà come quante altre persone. La contrada era piena di soldati tra i quali c'era anche un sardo, anche lui pastore che fece amicizia con Tonle; gli aerei passavano regolarmente sulla testa della gente, le cannonate e i colpi di mitraglia si facevano sempre più frequenti, era cominciato l'attacco delle fanterie austriache. Tutta la gente venne fatta evacuare verso la pianura ma il vecchio Tonle rimase là, nella sua casa , nella sua terra, sui suoi monti che amava tanto, in attesa che tutto finisse. Si sentiva il custode della contrada , era solo, aveva cibo, e stranamente in questo periodo di guerra le colture crescevano più che mai. Pattuglie di soldati perlustravano la città, a volte erano tedeschi, a volte italiani ma il vecchio riusciva sempre ad evitarli, riusciva persino a passare la notte nel suo letto. Una mattina però sentì dei passi in camera sua, erano di un soldato che aveva adocchiato il suo orologio appeso sopra il comodino vicino al letto. Tonle dopo aver cercato di fermare il giovane si ritrovò davanti una pattuglia di austriaci.Questi lo portarono nel loro comando e lo interrogarono, il vecchio che sapeva parlare tedesco spiegò che si trovava lì soltanto per il suo cane e le pecore; i soldati per accertarsi che dicesse la verità e non fosse una spia andarono a controllare assieme a lui e tornando in dietro lo fecero salire sul treno per Trento. Arrivato in gendarmeria venne interrogato due giorni dopo; successivamente venne scortato fino a Gardolo dove dovette lasciare definitivamente i suoi animali ottenendo una ricevuta che lo attestava.Da qui venne spedito al campo di concentramento di Katzenau. Quei giorni furono i più brutti della sua vita, aveva con se solo la sua pipa, non mangiava quasi più poiché quel pezzo di pane che gli davano come pranzo lo scambiava quasi sempre con tabacco da poter fumare, e la minestra che gli davano la sera la dava ad un piccola bambina che gli ricordava molto uno dei sui nipotini. Passarono molti giorni, quando uno di questi, dopo essere andato a scaricare i camion dell'esercito, furtivamente scappò. Per sua sfortuna dopo pochi giorni fu ripreso. Il tempo passava e la pioggia grigia che cadeva sul campo era sempre più insistente, un giorno però arrivò al campo un prete sotto incarico della croce rossa, questi aveva il compito di verificare le condizioni di salute dei "prigionieri", ma sotto l'interessamento della famiglia del vecchio Tonle riuscì anche a farlo liberare.Venne fatto salire sul treno per Milano, alla stazione c'erano i suoi familiari ad aspettarlo ma non vedendoli l'uomo proseguì per la sua strada. Si fermò un po' nel posto per il ristoro dei soldati dove rincontrò anche il giovane soldato sardo. Il mattino seguente prese il treno di nascosto eludendo le guardie, voleva tornare a casa sua, sui monti, ma una volta fermato da un gruppo di soldati gli venne fatta vedere la sua casa attraverso un binocolo. Tutto era stato distrutto, la contrada che amava tanto non esisteva più, c'erano soltanto macerie, morti e tanto dolore.



Non c'era più neppure il ciliegio sopra il tetto della sua casa e nulla più, ora, lo teneva legato a quella terra, travolta e distrutta dalla guerra; Tonle decise quindi di avviarsi verso la pianura dove si erano rifugiati tutti a causa della guerra , compresi i suoi famigliari che in realtà lo stavano ancora cercando. Un giorno nei pressi di San Michele dove i benedettini avevano piantato degli ulivi , una pattuglia di soldati vide un vecchio seduto ai piedi di uno di questi, fecero per salutarlo, ma quest'ultimo non rispose, si avvicinarono e videro che era morto. Anche Tonle, pastore ormai ottantenne si era spento, dopo numerose avventure, sacrifici e anche molto dolore si era addormentato proprio sui monti che amava tanto.

Questo libro, nato dall'insieme di tanti ricordi nel 1974, è ambientato sui monti del nord d'Italia nel periodo che va dalla fine dell'ottocento fino alla prima guerra mondiale. Tonle , pastore-montanaro dell'altopiano di Asiago, plasmato nel carattere dalle numerose vicende accadutegli durante il corso della sua vita, uomo saggio e buono,capace di fare ogni cosa per la sua famiglia è il protagonista di questo racconto; affianco a lui compaiono molti personaggi tra cui sua moglie, donna buona, saggia e comprensiva, l'avvocato Bischofar che lo aiutò in molte occasioni come quando dovette fuggire per aver ferito la guardia, il giovane e affezionato soldato sardo, il lio Petar e altri ancora. Ciò che Stern vuole trasmetterci con questo racconto è come la volontà di un uomo che ama la sua terra possa contrastare la furia e la violenza della guerra e per quanto la vita sia piena di insidie, non bisogna mai arrendersi e continuare a guardare avanti perché prima o poi tutte le cose si aggiustano e tutto finisce per il meglio. In questo libro compaiono molte parole nell'antico linguaggio dell'altopiano: il cimbro; l'autore con un linguaggio relativamente semplice riesce a trasmettere molte emozioni al lettore. Mentre leggevo mi pareva di vedere davanti a me i luoghi che Stern descrive, una sensazione strana mi avvolgeva ed è per questo che mi è piaciuto questo libro, per le emozioni che è stato capace di farmi provare.





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