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Ugo Foscolo

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Ugo Foscolo

(Zante 1778 - Turnham Green, presso Londra, 1827)


Ugo Foscolo nacque il 6 febbraio da Andrea, chirurgo di vascello, e da Diamantina Spathis, a Zante, l'antica Zacinto, nelle Isole Ionie, verso la quale il poeta nutrì profonda nostalgia per tutta la vita, innalzandola a simbolo di paesaggio di eterna bellezza, culla di divinità e di eroi; alla nascita gli fu imposto il nome di Niccolò, che egli tramutò in quello di Ugo. La famiglia si trasferì poi a Spalato, e successivamente, dopo la morte del padre (1788), a Venezia, dove il Foscolo raggiunse la madre solamente nel 1792, continuando fino allora gli studi a Zante, presso una zia. A Venezia compose i primi versi, e ben presto frequentò i salotti della Renier-Michiel e di Isabella Teotochi Albrizzi (l'amata Temira del Sesto tomo dell'Io), dove poté conoscere il Pindemonte e il Cesarotti (di quest'ultimo seguì anche alcune lezioni all'università di Padova). Del 1796 è un suo Piano di studi, singolare testimonianza della vastità d'interessi dello scrittore diciottenne e importante documento delle nuove sue tendenze artistiche. Nel 1797 fu rappresentata con successo la sua tragedia Tieste ma, inaspritasi la sorveglianza della polizia, preferì rifugiarsi nella Cispadana e si arruolò fra i cacciatori a cavallo di stanza a Bologna; qui scrisse e pubblicò l'ode a Bonaparte liberatore, premettendovi una lettera dedicatoria alla città di Reggio. Fu di nuovo a Venezia nel breve periodo in cui, dopo la camna d'Italia, vi venne instaurato il governo democratico, e fu ammesso nella società della pubblica istruzione, poi eletto segretario della municipalità: i suoi interventi, animati da passione patriottica e fervore oratorio, furono spesso applauditi. Dopo il trattato di Campoformio, passò a Milano e fu redattore del Monitore italiano; pronunciò inoltre diversi discorsi nelle sedute del circolo costituzionale e scrisse un generoso Esame su le accuse contro Vincenzo Monti. Nel 1798, cessata la pubblicazione del Monitore, rimasto senza occupazione, tormentato dall'amore infelice per la moglie del Monti, Teresa Pickler (arrivò a tentare il suicidio), passò a Bologna, ove fu dapprima impiegato nella sezione criminale del dipartimento del Reno e poi luogotenente nella guardia nazionale (durante la battaglia per togliere Cento ai ribelli, fu ferito a una gamba); a Bologna incominciò la stampa delle Ultime lettere di Jacopo Ortis, che però rimase interrotto alla prima parte per il sopraggiungere degli eventi politici. Nel 1799, seguendo un reggimento di ussari cisalpini, passò per Firenze e riparò, con le truppe del generale Massena, a Genova assediata; qui indirizzò un Discorso su l'Italia al generale Championnet, ristampò l'ode a Bonaparte con l'aggiunta di una lettera nella quale rimproverava a Napoleone il baratto di Venezia e lo ammoniva contro i pericoli di diventare tiranno, e compose l'ode A Luigia Pallavicini caduta da cavallo (v. Odi). Dopo la battaglia di Marengo, svolse diversi incarichi fra Milano, Bologna e Firenze (e qui si innamorò di Isabella Roncioni), e dal 1801 al 1804 si stabilì a Milano. Sebbene angustiato da difficoltà economiche, in questo periodo scrisse con grande alacrità: nel gennaio 1802 pubblicò la coraggiosa Orazione a Bonaparte per i comizi di Lione, e terminò e pubblicò l'Ortis. Dello stesso anno è l'ode All'amica risanata, per Antonietta Fagnani Arese; e del 1803 l'edizione definitiva dei sonetti, dodici in tutto, avendo aggiunto agli otto dell'edizione pisana del 1802 (composti fra il 1798 e il 1801) i quattro piu recenti, che per originalità di stile e forza d'ispirazione sono tra i più alti risultati della sua poesia: Alla sera, A Zacinto, In morte del fratello Giovanni, Alla Musa; nel luglio del 1803 infine pubblicò la traduzione della Chioma di Berenice di Catullo, corredata di quattro discorsi introduttivi, di note, di quattordici Considerazioni, importanti soprattutto come prima formulazione della sua poetica neoclassica. Verso la fine del 1803 chiese di riprendere il servizio militare attivo e di passare allo stato maggiore del generale Pino in Francia, e nel giugno del 1804 era a Valenciennes; rimase tra Valenciennes e Calais in attesa dell'attacco che Napoleone voleva sferrare contro l'Inghilterra. E compose allora l'Epistola in versi di stile oraziano al Monti, stese la prima traduzione del Viaggio sentimentale di L. Sterne, e a questo periodo risalgono anche le prime prove di traduzione d'Omero. Nel gennaio 1806, col pretesto di visitare la madre, ottenne il permesso di ritornare in Italia; dopo quattro mesi di soggiorno a Venezia durante i quali frequentò assiduamente la Albrizzi e i letterati conosciuti in gioventù, riprese il servizio a Milano, e gli fu affidata la traduzione del commentario della battaglia di Marengo scritto dal generale Berthier. La parentesi veneziana aveva ridestato in lui la poesia, e in pochi mesi compose quasi di getto i Sepolcri il suo capolavoro, e tradusse e annotò il primo libro dell'Iliade, che pubblicò nel 1807 (contemporaneamente ai Sepolcri), insieme con la traduzione letterale in prosa del Cesarotti e la traduzione del primo libro del Monti: per seguire personalmente la stampa delle due opere, soggiornò a Brescia, per alcuni mesi, attratto anche dall'amicizia di Camillo Ugoni e di Ferdinando Arrivabene e dall'amore per Marzia Martinengo Cesaresco. Tra la fine del 1807 e i primi mesi del 1808 curò l'edizione delle opere del Montecuccoli, e nel marzo del 1808 ottenne la cattedra di eloquenza nell'università di Pavia, dove si trasferì il 1º dicembre; ma ben presto la cattedra venne soppressa; egli tenne ugualmente la prolusione (Dell'origine e dell'ufficio della letteratura) e le lezioni sulla letteratura, la lingua, la morale letteraria, che durarono fino al giugno 1809, quando ritornò a Milano. Seguì un periodo amareggiato dalle angustie economiche e dagli attacchi di letterati nemici, dalla rottura dell'amicizia col Monti; queste difficoltà culminarono negli attacchi che dové subire dopo la pubblicazione dell'articolo Sulla traduzione dell'Odissea (derise poi i propri detrattori nel Ragguaglio di un'adunanza dell'Accademia de' Pitagorici e nell'Ipercalisse) e nell'insuccesso della tragedia Aiace rappresentata alla Scala nel dicembre 1811. Nell'agosto del 1812 lasciò Milano per stabilirsi a Firenze (ai primi di aprile del 1813 prese dimora sul colle di Bellosguardo): quello fiorentino fu un periodo eccezionale di serenità per il poeta, confortato dall'amore di Quirina Mocenni Magiotti (la "donna gentile" delle lettere), accolto familiarmente nel salotto della contessa d'Albany, e quella pace si rispecchia nella nuova ura di Didimo Chierico. Scrisse allora la tragedia Ricciarda rifece e terminò la traduzione del Viaggio sentimentale (pubblicata a Pisa nel 1813), tradusse altri canti dell'Iliade e soprattutto compose la maggior parte dei frammenti delle Grazie Ritornato a Milano nel novembre 1813, all'indomani della battaglia di Lipsia, riprese il servizio militare e il 20 aprile 1814 tentò invano di frenare la folla scatenata contro il ministro Prina. Con la Restaurazione, sebbene fosse confermato nel suo servizio, non gli mancarono accuse che gli fecero desiderare di lasciare per sempre Milano; riprese allora parzialmente le Grazie, la traduzione omerica, portò avanti l'Ipercalisse. Quando per il 1º aprile 1815 gli fu richiesto un giuramento di fedeltà al governo, ruppe le trattative che stava conducendo per la fondazione di un nuovo giornale patrocinato dall'Austria, e si rifugiò in Svizzera, prima a Lugano, poi a Zurigo, dove rimase fino all'estate 1816; fu allora coinvolto in vicende sentimentali poco onorevoli, trovando unico conforto nella Quirina Mocenni lontana; compì tuttavia e pubblicò l'Ipercalisse, scrisse i discorsi Della servitù d'Italia, pubblicò una nuova importante edizione dell'Ortis, compose i Vestigi della storia del sonetto italiano dall'anno 1200 al 1800. L'11 settembre 1816 arrivò a Londra, e fu subito accolto calorosamente dall'alta società inglese, e in particolare da lord Holland, intorno a cui si raccoglievano i più bei nomi di Londra; ma ben presto incominciarono a farsi sentire le difficoltà economiche. Invitato da un editore a scrivere una serie di lettere "sugli usi, la letteratura, la storia politica dell'Inghilterra e dell'Italia" incominciò a stendere i frammenti delle Lettere scritte dall'Inghilterra, rimaste poi incompiute (note fino a qualche anno fa come Gazzettino del bel mondo) e nel 1818 pubblicò sulla Edinburgh Review un primo articolo su Dante, avviando ormai la sua attività quasi esclusivamente alla critica letteraria. Concluse un accordo per la collaborazione fissa alla Edinburgh Review e alla Quarterly Review, e su richiesta dell'Hobhouse, l'amico di Byron, scrisse il Saggio sullo stato della letteratura italiana nel primo ventennio del secolo decimonono, che gli procurò dure critiche da parte dei letterati milanesi; pubblicò poi l'articolo sui Poemi narrativi (1819), e nel 1821 raccolse in volume i Saggi sul Petrarca, ispirati dalle lezioni tenute a Caroline Russel, dalla quale subì la sua ultima grande delusione amorosa. Preparò inoltre diversi articoli per il New Monthly Magazine (sul Tasso, Michelangelo, Pier delle Vigne, Cavalcanti, ecc.), scrisse per la Quarterly un saggio erudito sul Digamma eolico (1822), compì la traduzione del terzo libro dell'Iliade che il Capponi pubblicò sull'Antologia del 1821, e sviluppando un articolo del 1819 preparò una Storia di Parga, che per varie ragioni non pubblicò. In quegli anni condusse una vita al di sopra delle sue possibilità, e quando nel 1822 morì la nonna della sua liola Floriana Emerytt (nata dalla relazione con una signorina inglese, Fanny, al tempo del servizio a Valenciennes), e le lasciò un discreto patrimonio, egli investì ogni avere nella costruzione di una villa sontuosa, il "Digamma cottage", che dopo un anno dovette abbandonare perché le spese lo avevano rovinato; sommerso dai debiti, si appartò, assistito con grande affetto dalla lia, continuando a scrivere articoli per guadagnarsi da vivere. Lavorò ancora incessantemente alle traduzioni omeriche, e progettò un volume su Dante, del quale pubblicò solamente il Discorso sul testo della Commedia di Dante; nel 1824 apparve l'articolo sulla Letteratura periodica italiana, nel 1825 il Discorso storico sul testo del Decamerone, e nel 1826 scrisse il saggio Della nuova scuola drammatica italiana, pubblicato postumo. Ma ormai la salute continuava a peggiorare e il poeta ammalato non poté più risollevarsi dalla miseria: morì di idropisia nel villaggio di Turnham Green il 10 settembre 1827 e fu sepolto nel piccolo cimitero di Chiswick, presso Londra. Floriana fu affidata alle cure del canonico Riego, uno degli ultimi pietosi amici del poeta, ma di poco sopravvisse al padre. Alla sua morte, tutti i manoscritti foscoliani rimasero al Riego, che nel 1835 li cedette dietro modesto compenso al Capponi, al Mayer e al Bastogi, i quali nel 1844 li fecero trasferire nelle sale dell'Accademia labronica di Livorno, dove sono tuttora custoditi. La salma del poeta fu traslata a Firenze in Santa Croce nel 1871.

Per la irrequietudine e i tormenti, per la ricchezza di esperienze sentimentali e culturali, quella del Foscolo è nel senso più vero della parola una vita romantica. E più che dalle molte vicende il significato di questa vita può essere compreso attraverso la lettura dell'Epistolario: avvincente per la sincerità di cui il poeta fu capace nel confidarsi agli amici e alle donne da lui amate, fedelissimo documento della ricchezza della sua vita interiore e dei drammi che travagliarono la sua anima appassionata e infelice e tormentarono la sua mente acutissima. Vissuto in un'età di crisi politica e culturale, il Foscolo ne rispecchiò infatti, come pochi altri scrittori della sua età, il travaglio. Dagli entusiasmi giovanili per la rivoluzione e democrazia - Le elezioni - I gruppi parlamentari - Il governo - La Corte Costituzionale" class="text">la democrazia egli approdò a una visione dolorosa e scettica della situazione politica italiana; dall'impeto alfieriano e romantico dell'Ortis arrivò all'ideale neoclassico delle Grazie, nelle quali, accanto a frammenti di poesia altissima, stanno brani di raggelata compostezza neoclassica. Ma l'itinerario spirituale del poeta, culminato nella superiore perfezione artistica dei Sepolcri, rivela, nonostante evidenti contraddizioni, una fondamentale coerenza, per la quale a lui guardarono come a un maestro non soltanto i poeti e i letterati, ma anche gli uomini d'azione del Risorgimento, primo fra tutti Giuseppe Mazzini.






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