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Un elaborato di verifica svolto durante l'anno scolastico - Mattia Pascal, mi chiamo o fui?



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Un elaborato di verifica svolto durante l'anno scolastico

Mattia Pascal, mi chiamo o fui?


Premessa: quale ruolo svolge la 'Premessa' nell'ambito del romanzo?

Il romanzo Il fu Mattia Pascal inizia con una breve premessa con la quale il protagonista, Mattia, mette a conoscenza il lettore della condizione sociale in cui vive, della stranezza e dell'assurdità della vicenda da lui vissuta e del motivo che lo ha portato a scrivere questo libro. Per prima cosa egli mette in luce come la sua storia non abbia ormai legami con la realtà in cui è costretto a vivere: infatti Mattia afferma più volte la straordinarietà della propria avventura. Successivamente il protagonista tenta di giustificare la stesura del suo manoscritto affermando che in seguito alle sorprendenti scoperte di Copernico l'uomo - un tempo al centro dell'universo si è ritrovato ad essere paragonato ad un granellino di sabbia nel deserto, continuamente sottoposto alle inesorabili leggi fisiche le quali ne scandiscono la vita e ne decidono la morte. A questo punto Mattia si chiede perché lui, essere umano e quindi atomo infinitesimale, debba scrivere la  storia di una nullità. Fortunatamente la natura ci offre delle 'distrazioni provvidenziali', delle illusioni grazie alle quali riusciamo a dimenticare ciò che siamo veramente. Su di esse, oltre che sulla stranezza della storia di Mattia la quale si astrae da ciò che è il contingente, il protagonista trova la giustificazione del proprio racconto.



2. Secondo i classici canoni del 'romanzo   di formazione' il testo inizia con la presentazione dei genitori, dell'infanzia, della giovinezza e dell'educatore dell''eroe' (ti ricordi Candide?). Sintetizza le caratteristiche di questi personaggi.

Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello ha inizio con la presentazione e con la descrizione dei personaggi che sono stati più vicini e dunque hanno condizionato la vita del protagonista. Il padre muore quando Mattia ha solo quattro anni e mezzo, colpito dalla febbre durante uno dei suoi viaggi di affari. Egli lascia moglie e due li in stato di una agiatezza che molti paesani affermano sia dovuta non già a i suoi affari bensì alle vincite a sectiune. Da subito quindi Mattia sottolinea la malignità e l'invidia dei suoi compaesani pronti ad adombrare senza pietà la fama di chiunque abbia proprietà e fortuna. Il padre infatti ha progressivamente acquistato gran parte delle terre intorno al paese e alcuni edifici con lo scopo di riposavi dopo anni di duro lavoro. La madre viene invece presentata come schiva, placida, incapace di portare avanti gli affari della famiglia e sottoposta dunque alle continue ingiustizie dell'amministratore al quale ha affidato i beni del defunto marito. Gracile di costituzione, ella, una volta vedova,peggiora ulteriormente e sembra mantenersi in vita solo per amore dei due li verso i quali dimostra una tenerezza quasi morbosa. La madre che si era sempre abbandonata  all'intelligente guida del marito, adesso si sente persa, da sola, e non riesce a reagire alla disgrazia che le è capitata.

Un'altra ura caratteristica che appare nell'infanzia di Mattia è la zia Scolastica, sorella del padre, donna energica e fiera che speso viene a fare visita alla povera vedova e la rimprovera aspramente poiché lascia che l'amministratore Malagna continui indisturbato a dilapidare tutti i beni della famiglia. Zia Scolastica non può sopportare la completa inettitudine della madre, per questo ella vorrebbe che si risposasse e per giunta con un vecchio amico del padre di Mattia: Gerolamo Pomino, vedovo calmo e mansueto un tempo innamorato di Scolastica. Nella presentazione della sua famiglia e della sua infanzia, il protagonista parla anche del suo 'precettore', un certo Pinzone, di aspetto orribile e di carattere meschino.. Egli contribuisce insieme al Malagna al completo prosciugamento dell'eredità.

Ovviamente Mattia e il fratello non traggono alcun vantaggio dagli insegnamenti di Pinzone, il quale si dimostra tutt'altro che un maestro, tanto che sarà anch'egli uno dei tanti motivi per i quali la zia Scolastica giornalmente si infuria. Dunque il lettore si trova davanti ad un Mattia infantile, costretto alla più completa ignoranza  e innocentemente consapevole della ingiustizia della vita, brutto nell'aspetto, con dei grossi occhiali rotondi che dovrebbero correggere l'occhio che tende a storcersi sempre di più e con una barba rossiccia che gli invade il volto a scapito del piccolo naso, al contrario del fratello, bello nel viso e nel corpo. Una volta giovinetto, il protagonista continua ad essere vittima delle cattiverie del Malagna, il quale rimasto vedovo e desideroso di avere un lio, sposa Oliva, la ragazza della quale Mattia è innamorato. La fanciullezza del nostro 'eroe' termina con il matrimonio con Romilda, lia della vedova Pescatore, donna malvagia e invadente il cui unico scopo sarà - secondo Mattia - quello di avvelenargli la vita.

Il protagonista conosce Romilda, giovane e graziosa, grazie a Gerolamo II Pomino, lio dell'ex spasimante di Scolastica, giovane privo di personalità e di iniziativa. Anche Pomino è innamorato di Romilda, la quale però lo rifiuta innamorandosi di Mattia nel quale vede una via di fuga dalla famiglia e dalla madre che la opprime. Precedono il matrimonio una serie di vicende quasi incestuose, al limite di una trama boccaccesca, nella quale si alternano tradimenti e ingiustizie le quali si ripercuotono su Mattia, il quale, contagiato da clima in cui è stato costretto a vivere e rovinato finanziariamente, non tarda a confermarsi per una delle tante ure di  'inetto' del Novecento letterario italiano.

3. Nel modulo V  - Maturazione - Mattia come articola, nel suo racconto, questo processo? Il lettore pensa che questa maturazione segua un reale mutamento nella psicologia del protagonista?

In seguito al matrimonio con Romilda, le condizioni del protagonista continuano a peggiorare; la vedova Pescatore diventa sempre più malvagia ed egli 'grazie a Malagna' perde ogni suo possedimento e si ritrae costretto a cercare un'occupazione per vivere. Dopo poco, con l'aiuto di Pomino egli diventa bibliotecario e così passa intere giornate in una chiesina sconsacrata fuori mano, sporca e polverosa, nella più completa solitudine. E' proprio in questo luogo che Mattia interiorizza una sua maturazione: il protagonista, non avendo niente d fare, dato che gli abitanti del paese non hanno alcun interesse a frequentare la biblioteca, inizia a leggere alcuni libri, soprattutto di filosofia. Mattia inizia così a riflettere sulla propria inettitudine, sulla sua misera esistenza e sull'impotenza di mutarla e di renderla migliore.



Egli scorge l'assurdità della sua vita, la sua miseria, la famiglia che da lui è vista come una sorta di prigione, come un luogo di agonia e di sofferenza, dal quale si ritrova costretto a fuggire, oppresso da tutto ciò che lo circonda.

La maturazione spinge il protagonista a ricercare le cause della sua attuale situazione; egli domanda al caso perché proprio a lui deve essere toccata tanta sfortuna, ma l'unica risposta che ottiene è un susseguirsi di altre atroci disgrazie quali la morte delle due lie e della madre, che lo porteranno alla fuga da quel calvario che da troppo tempo è costretto a sopportare silenziosamente. Mattia non subisce però un reale mutamento psicologico, egli dimostrerà insofferenza per le convenzioni sociali, il suo senso di estraneità alla vita che conduce, la sua profonda solitudine e tenterà di lottare contro ciò che ha determinato questa sua situazione, ma purtroppo egli è un 'inetto' e come tale non riuscirà a mutare la propria vita, non uscirà dalla 'forma' di cui è prigioniero, ansi ne diventerà sempre più schiavo.

4. modulo VI: 'Estrarre la logica dal caso, come dire il sangue dalle pietre': contestualizza questa espressione e indica come possa essere considerata emblematica per la comprensione del testo pirandelliano.

La frase 'Estrarre la logica dal caso, come dire il sangue dalle pietre' è una delle frasi emblematiche che ci permettono la comprensione del testo pirandelliano. In essa infatti è contenuto uno dei temi fondamentali del romanzo, ovvero il caso che regna nelle vicende umane e che le rende paradossali. Nel modulo VI, il protagonista fugge dalla sua squallida realtà familiare alla volta di Montecarlo dove si reca al casinò con l'intenzione di buttare via gli ultimi soldi che gli sono rimasti. Una volta che comincia a giocare, però, Mattia comincia a vincere somme esorbitanti, tanto che molti dubitano che le vincite siano dalla attribuire alla sola fortuna. Il caso che precedentemente aveva voluto vedere il protagonista prostrato davanti ad una miriade di disgrazie, adesso gli offre la libertà di farsi un'altra vita con le ottantaduemila lire vinte. Dunque, si viene a creare una situazione assurda, difficile da risolvere; l'opportunità di fuggire dalla vecchia vita, il rimorso per l'abbandono della famiglia ed il dolore per la perdita delle lie e della madre si mescolano insieme ed insidiano malignamente Mattia il quale ancora una volta è stato sopraffatto dal caso che ne ha da sempre governato la vita. Egli tenta disperatamente di cogliere il nesso logico delle vicende che lo hanno travolto ma non vi riesce perché non c'è logica in quello che il caso decide ed è paradossale anche solo pensare di trovare le risposte ai tanti perché che Mattia si pone.

5. Il romanzo delinea la ura di un 'eroe' privo di volontà, velleitario, spesso illogico ma anche consapevole dei propri limiti: di che cosa Mattia vuole liberarsi trasformandosi in Adriano Meis?

Mattia Pascal, uomo timido ed umile, decide, dopo aver fatto una grossa vincita al casinò di Montecarlo, di tornare a casa e cercare - per mezzo del denaro in suo possesso - di rimediare ad una situazione familiare umiliante. Durante il suo ritorno egli apprende da un giornale che al sua paese lo ritengono morto, dato che è stato nel suo podere viene ritrovato il cadavere di un suicida, che i familiari riconoscono per Mattia. A questo punto il protagonista è ufficialmente morto e dunque finalmente libero. Egli, sempre casualmente, cambia nome e diventa Adriano Meis, uomo senza alcun passato al quale però è data l'opportunità di costruirsi un futuro.

Adriano-Mattia si sente improvvisamente libero, giovane, felice: egli prova l'ebbrezza di recidere il suo squallido passato per cominciare una nuova vita. Nel corso del viaggio, Adriano ride pensando ai luoghi della sua sofferenza, alle persone grette e malvagie che è stato costretto a frequentare, alla moglie inasprita alla quale ormai è legato solo per mezzo della 'fede' la quale finirà al più presto nello scarico del bagno di una stazione ferroviaria. Ma Adriano non vuole liberarsi solo della sua precedente esistenza, ma anche di Mattia Pascal. Egli infatti si sbarba, cambia occhiali, si fa allungare i capelli ed il suo intento sarebbe quello di cambiare il proprio carattere per non incorrere nel pericolo di essere sottoposto a quelle che lui ritiene ingiustizie. Purtroppo Mattia, o meglio Adriano, non raggiungerà mai i fini che si è proposto in quanto egli non sarà capace, prigioniero di se stesso, di indossare un'altra forma e si troverà nuovamente al centro di situazioni grottesche e patetiche nelle quali saprà dimostrare soltanto la sua inettitudine. Adriano come Mattia non potrà raggiungere la vita, che viene considerata come una sorta di flusso dinamico, ma sarà costretto a restare prigioniero di quella parte fissa che è la forma la quale in fondo rappresenta per il protagonista è l'unico modo di esistere.

6. Richiamandoti alla memoria la distinzione che Pirandello fa tra 'comico' ed 'umoristico' per quale ragione si può parlare di descrizioni 'umoristiche' nel caso di Anselmo Paleari e Silvia Caporale (modulo X)?

Nel saggio 'L'umorismo' Pirandello enuncia la distinzione tra 'comico' ed 'umoristico' affermando che l'opera comica si limita a registrare il contrario, cioè l'anomalia, ciò che non dovrebbe essere, e dà appunto di esso 'un avvenimento' senza ricercarne le cause. L'opera umoristica, attraverso la quale Pirandello traduce la sua amara e sconsolata visione della vita, è invece caratterizzata dalla riflessione, che muta la sensazione comica in tragica, ovvero registra quello che viene chiamato il sentimento del contrario. Questo tipo di forma fa sì che il lettore abbia una dolorosa cognizione dell'individuo e della realtà, impersonati da personaggi i quali vengono dall'autore 'denudati' dalle apparenze e dagli atteggiamenti retorici per mettere in luce il reale. Resa nota questa differenza fra i due termini risulta evidente che la vicenda di Mattia è tutt'altro che comica, anzi tutto il romanzo è permeato dal sottile umorismo pirandelliano.

Le descrizioni di Anselmo Paleari e della sua coinquilina Silvia Caporale, sono anch'esse 'umoristiche' in quanto il protagonista presenta i due personaggi sottolineando gli aspetti più ridicoli, ma evidenziandone anche la dolorosa condizione esistenziale: Anselmo, il vecchio sessantenne apre la porta 'vestito' di mutande di tela con i piedi scalzi e un turbante di spuma in testa; Silvia, insegnante di pianoforte, è brutta, con un paio di baffi sotto il naso sempre rozzo e ha delle facoltà di medium. Entrambi i personaggi nascondono dietro questa maschera che può risultare ridicola, una profonda sofferenza. Paleari, che faceva parte di una scuola di teosofia, è stato messo a riposo dal capo sezione del ministero dove lavorava ed in seguito a ciò, egli si è rovinato sia finanziariamente sia mentalmente in quanto ora Anselmo si è completamente astratto da quella che è la vita reale per fantasticare sui suoi 'studi' e le sue 'meditazioni'.

La signorina Silvia Caporale invece nasconde dietro i suoi dolentissimi occhi, notti di pianto e di sbornie che forse le fanno dimenticare almeno per un attimo di essere così brutta e quindi di non poter essere amata da nessun uomo. Ella è condannata alla solitudine e all'infelicità, odia la sua vita, ma soprattutto il suo aspetto a causa del quale alimenta il suo senso di esclusione legato al fatto che ci le sta vicino lo fa solo per pietà.

7. Quali motivi spinsero Mattia a 'suicidare ' Adriano Meis (modulo XVI)?

Dopo aver vissuto come Adriano Meis, Mattia si accorge che la primitiva sensazione di leggerezza e di libertà da lui provata nel momento della sua prima morte non era altro che un'illusione; infatti adesso il protagonista si accorge che Adriano può lasciarsi vivere come uno straniero nel mondo a condizione di non lavorare, né possedere, né amare.

Durante la sua permanenza in casa Paleari, infatti, avvengono delle vicende che portano Mattia alla consapevolezza di essere ancora una volta impotente di fronte alla persecuzione del caso. Per prima cosa, Terenzio Papiano ruba al protagonista ben dodicimila lire e Adriano non può fare altro che subire silenziosamente il furto, nell'impossibilità di poterlo denunciare.

Così facendo egli ferisce Adriana Paleari, alla quale è costretto a mentire spudoratamente, perché non può rivelarle i reali motivi del suo comportamento. Mattia ama Adriana, ma si rende conto di non poter provare niente per lei, e le sue continue menzogne sono solo la ragione dell'accresciuta sofferenza della 'bambina'.

Con l'episodio del litigio con il pittore Bernaldez si chiude la vita di Adriano Meis, il quale, una volta sperimentata l'illusorietà del suo tentativo di crearsi una nuova vita, prende coscienza che il suo inserimento nella società è impossibile, senza l'ufficialità dello stato sociale.

Profondamente amareggiato, Adriano cerca una via d'uscita a questa situazione e trovandosi solo davanti ad un ponte, decide di simulare il suicidio per ritornare ad essere Mattia Pascal.

Dunque Adriano Meis, che non ura in nessuna anagrafe, che non può lavorare né amare, al quale non è nemmeno concesso di denunciare chi lo deruba  né di sfidare a duello chi lo offende, adesso si uccide, e rinasce al suo posto Mattia con l'intento di vendicarsi di chi lo ha reso solo un'ombra, ovvero della propria famiglia la quale lo ha condannato ad una morte eterna.

8. Il modulo successivo crea un evidente parallelismo con i moduli VII e VIII. Quali sono i momenti comuni?

Nel momento della sua 'reincarnazione' Mattia prova le medesime sensazioni che hanno caratterizzato la nascita di Adriano Meis. anche questo episodio si svolge in un treno, il quale però questa volta invece di allontanarsi dal paesino natale del protagonista, vi si avvicina. Man mano che esso procede, Mattia si sente sempre più vivo e pensa a quanto sia stato stupido anche solo a pensare di poter vivere come 'un'ombra con una cappa di piombo addosso'.

Come ha fatto precedentemente, anche ora il protagonista pensa al proprio suicidio e cerca di immaginarsi le reazioni delle persone che lo conoscono e alle motivazioni che si sarebbero date per l'inaspettato evento. Giunto a Pisa, Mattia attua nuovamente la trasformazione del suo aspetto, come già aveva fatto Adriano, e si reca negli stessi luoghi dove Meis era stato durante il suo errare. Per un momento il protagonista si sente nuovamente sia Mattia che Adriano, le due forme che avrebbero dovuto essere opposte che in realtà si assomigliano così tanto da sembrare la stessa. La medesima sensazione di essere 'sdoppiato', Mattia l'aveva sentita anche due anni prima, quando a camminare per le strade di Pisa c'era Adriano.

9. Quale rapporto esiste fra l'esordio e la conclusione del romanzo, fra 'Io mi chiamo Mattia Pascal' e 'io sono il fu Mattia Pascal'?

Nell'esordio del romanzo, il protagonista afferma più volte:

- Io mi chiamo Mattia Pascal.

Questa frase serve al protagonista ad affermare se stesso e la sua identità, ma quando egli si rende conto che la certezza del suo nome non gli basta e tenta di andare alla ricerca del Mattia al di là della 'forma' il protagonista si accorge di non essere nessuno.

In questa conclusione si scorge il relativismo pirandelliano; infatti come non si può dare un'interpretazione univoca della realtà in quanto essa cambia da soggetto a soggetto, anche l'uomo si trasforma (ciascuno è 'uno, nessuno e centomila') nel corso della vita. Ma essere centomila è come essere indeterminati e quindi nessuno.

Il grottesco finale dunque è l'opposto dell'esordio. Nega assolutamente anche quella misera verità a cui il protagonista fa appello. Egli, colpevole di aver tentato di ottenere una vita più autentica e gratificante, è condannato ad essere quel 'fu Mattia Pascal' che lui stesso aveva seppellito.








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