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vCesare Pavese - Analisi di "Paesi Tuoi", "La Casa in collina"

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Cesare Pavese

Il carattere dell'autore si presenta timido, introverso ed educato; lio di madre, energica e severa, rimase presto orfano di padre. Fin dalla sua infanzia, Pavese, matura in sé una fragilità psicologica, con cui dovrà sempre venire a patti, fino al momento della morte per suicidio, avvenuta il 27 agosto del 1950. Appassionato estimatore della cultura americana, insieme a Vittorini,  alimenterà un vero e proprio mito dell'America, come terra dell'individualismo e della libertà, traducendo autori importanti come Dickens, Joyce, Melville (<< Moby Dick >>).

L'iscrizione al Partito Comunista (1945), contribuisce, insieme alle illusioni sentimentali, ad aumentare il suo disagio (infatti, già nel maggio del 1950, parla di suicidio).

Il primo lavoro importante, "lavorare stanca", è in poesia: qui si evidenzia uno sperimentalismo tecnico e metrico che porta lo scrittore, di contro al gusto imperante di tipo ermetico, a costruire una specie di poesia-racconto, tesa a stabilire un ampio rapporto di comunicazione con i lettori. I temi ed i motivi della raccolta sono già quelli delle importanti opere future, sia in prosa che in poesia: coppie opposizionali, quali la camna e città, ozio e lavoro, infanzia e maturità, uomo e donna, etc. A lavorare stanca, che è un insuccesso, seguono Paesi Tuoi del 1941, che evidenzia subito il carattere fortemente innovativo, La casa in collina del 1948, Ferie d'Agosto del 1946, La Luna e i falò del 1950.



La vita dello scrittore è rispecchiata in molte di queste opere: infatti la sua esperienza al confine, in un paesino della Calabria, dove viene inviato perché trovato in possesso di lettere compromettenti (vedi il racconto il Carcere), la mancata partecipazione alla guerra partigiana dopo l'8 settembre (infatti si rifugia da una sorella), le riflessioni sul mito e sulla religione, daranno alimento continuo alla sua produzione. Certamente originale è l'impianto delle sue opere liriche che, in contrasto con la tendenza dell'ermetismo dominante, sono viste da lui come poesie-racconto che, rifiutando ogni chiusura all'interno dell'io, devono aprirsi all'esterno, stabilendo un più ampio rapporto di comunicazione coi lettori: a ciò contribuisce il "verso lungo", superiore all'endecasillabo, che si richiama alle forme epiche della letteratura.

Il mito ha un'importanza centrale nella poetica di Pavese, ognuno di noi, dà un significato assoluto a un luogo e ad ognuno di noi tornano alla memoria i luoghi dell'infanzia, ebbene durante l'infanzia il mito viene vissuto spontaneamente ed inconsapevolmente, non solo, ma il mondo infantile è decisivo per lo sviluppo dell'individuo, perché ne determina il destino. Ecco perché Le Langhe e la collina, che per lui è il luogo mitico, in quanto lì ha trascorso l'infanzia ed ecco perché ad esse ritorna ossessivamente trascrivendo attraverso simboli, le vicende che vi colloca. Accanto ed all'interno di tale mito, ci sono quelli della terra e della donna. Tali miti, rappresentano l'elemento preesistente, comune e universale, ma oscuro e misterioso a cui la poesia deve dare chiarezza, forma e ordine. Allo scrittore non interessa presentare un'immagine naturalistica della realtà, ma trascriverla attraverso simboli, dunque non rappresentare la realtà esterna delle cose, ma la "realtà segreta che affiora" al di sotto ed al di là delle apparenze esteriori.


Analisi di "Paesi Tuoi"

Berto, il protagonista, è insieme narratore e spettatore-attore delle vicende che descrive: egli rappresenta il modo di pensare dell'autore. Il tema della tragedia, latente in tutta la narrazione, trova il suo acme (=punto culminante), nella morte di Gisella, da cui si sprigionano le forze di un'umanità selvaggia e ferina, (vedi Talino à fratello) circondata da simboli che ci fanno pensare ad una realtà ancestrale (=antica, vecchia) - (l'acqua del secchio ed il sangue che la zampilla dal collo).

Si tratta di significati metaforici, che culminano nella "mammella" scoperta dalla ragazza moribonda: esse sono il simbolo del sesso, della maternità e della vita e sono costantemente associate all'immagine delle colline . Pavese trasferisce nella natura, i tabù dell'incesto e del sangue: infatti il sesso diventa una violenza che dapprima repressa, si scatena in un'istinto di morte proprio nel momento (la raccolta del grano) in cui la terra è più generosa e vitale.

Il mito classico d'altronde ha parlato delle sacerdotesse di Bacco, che invasate, fanno a pezzi il corpo di Penteo nella tragedia "Le Baccanti" di Euripide.

Il sangue di Gisella, giovane e forte, si trasforma quasi in un tributo alla terra di cui alimenta il vitalismo. E, se Berto, cittadino, guarda alla morte della giovane con raccapriccio e senza comprenderla, per il padre di lei, Viverra, la morte non altera il ritmo della vita, per cui egli ordina di riprendere i lavori giacchè la fa rientrare nel ciclo vitale regolato da leggi eterne ed immutabili che accanto alla vita contemo la morte.


La Casa in collina

In questo romanzo, si ritrova molto di Pavese, dove il protagonista, Corrado, insegnante di scuola media, si rifugia sulla collina torinese presso due donne (madre e lia) per sfuggire ai bombardamenti: in un'osteria, dove si incontrano gli abitanti del luogo a discutere di politica e di opposizione al fascismo, ritrova Cate, ed il lio di lei, Dino, di cui sospetta di essere il padre.

L'incontro lo pone di fronte a due tipi di responsabilità: morale e politica, giacchè egli la evitato l'impegno politico ed anche quello morale, avendo abbandonato Cate, per rifugiarsi in un'egoistico isolamento. Cate sarà catturata dai tedeschi; Corrado si allontanerà per essere raggiunto da Dino, che andrà a combattere coi partigiani, mentre il protagonista, Corrado, tornato nelle natali Lanche, continuerà a sentire la precarietà dell'esistenza, aumentata dalle immagini di dolore ancora negli occhi.

La vicenda permette all'autore l'occasione di abbandonarsi ad una meditazione riguardante il significato della guerra e della vita. Corrado, infatti, ritornato nel grembo rassicurante delle sue colline, non vi trova la sicurezza cercata, giacché è costretto a condividere la sorte degli altri uomini: in particolare gli sfugge il senso della guerra e dell'orrore che provoca, e inoltre le motivazioni politiche non bastano a giustificare, anzi egli sente il bisogno di andare al di là di esse per riflettere sulla solidarietà e sulla pietà umana. La realtà della guerra è data dai morti che non hanno colore: per questo "ogni  guerra è una guerra civile, ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione"; i sopravvissuti non hanno colpe, ma la fine di quegli uomini, è comunque assurda e va ripensata e superata, attraverso una riflessione alta, solenne, e non partigiana.








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