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SEMIOTICA (appunti delle lezioni)

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SEMIOTICA (appunti delle lezioni)


I° lezione (7 ott. 2008)

Semiotica: studio dei sistemi di segni.

Segno inteso come segno linguistico, ovvero ogni prodotto costitutivo dell'attività di linguaggio degli animali umani. (definizione minimale)

Cosa s'intende per attività di linguaggio: un groviglio di operazioni logico-cognitive che vanno sotto il nome di:

rappresentazione

referenziazione

regolazione intersoggettiva

Questa definizione è di Antoine Culioli. Il problema che solleva è la definizione di operazione.

Per riuscire a definire cosa un'operazione sia, è utile definire in primo luogo il concetto di operazione matematica, in quanto definizione abbastanza sicura e completa.



Per definire il concetto di operazione matematica bisogna definire i concetti di operatore e operando.

Operatore: ogni regola procedurale di calcolo che rechi in sé dei posti vuoti.

Es: + à simbolo grafico dell'operatore di addizione, reca due posti vuoti: ( . ) + ( . )

Si può anche definire un operatore matematico binario o un operatore matematico che ha arietà uguale a 2.

Operando: è complementare all'operatore in quanto gli operandi sono i dati su cui si applicano gli operatori per generare dei risultati. (ad esempio i numeri naturali)

Giunti a questo punto possiamo definire il concetto di operazione matematica: l'esecuzione dell'applicazione di operatori n-ari su n operandi. Oppure ogni combinazione regolata di operatori n-ari su n operandi.

Es: 2+3 è un'operazione (matematica in questo caso)

Ogni operazione deve rispettare una certa sintassi, l'insieme di regole che vincolano lo svolgimento del calcolo in una direzione anziché in un'altra. E' di tipo gerarchico, si basa sulle regole "del prima e del dopo".

Il computo (calcolo) di un'operazione complessa (l'assemblaggio di più operatori gerarchizzati) può essere sciolto o decomposto nel sottocomputo di più operatori gerarchizzati (ovvero attivati sempre secondo le regole del prima e del dopo)


Esistono delle interferenza a livello cognitivo tra la capacità di linguaggio e la capacità di calcolo.

La capacità di linguaggio è l'insieme di potenzialità biocognitive che permettono agli animali umani di parlare e comprendersi.

Se un animale sa contare, inevitabilmente sa anche usare il linguaggio.

Gli animali non umani non sanno contare ma compiono un'operazione di subitizzazione (George Lalof) tra gruppi di oggetti numerosi tra loro distinti. Sanno distinguere tra un oggetto singolo e più oggetti ma non sanno attribuire valori numerici.

Calcolare significa scrivere e riscrivere secondo certe regole, manipolando determinate conurazioni di simboli. E questa è una prerogativa umana.


Dopo avere chiarito il concetto di operazione si può passare a chiarire cosa siano: le operazioni di rappresentazione, le operazioni di referenziazione e le operazioni di regolazione intersoggettiva.

Operazioni di rappresentazione: l'insieme complessivo di risorse espressive potenziali che ogni popolazione di enunciati mobilita per riprodurre fatti, accadimenti reali o eventi immaginari cui i membri di una comunità di parlanti assegnano particolare valore o significato.

Riproduzione significa ricreare verbalmente, tramite il linguaggio, un certo stato di cose.

Operazioni di referenziazione (referenciation): l'insieme complessivo di risorse espressive potenziali che una qualsiasi popolazione di enunciati mobilita per fabbricare i rapporti che legano le espressioni di una lingua ai pezzi di mondo che essa intercetta.

(Mondo inteso non solo come realtà tangibile)

Operazioni di regolazione intersoggettiva: l'insieme complessivo di risorse espressive potenziali che una qualsiasi popolazione di enunciati mobilita per accordarsi sui contenuti di rappresentazioni enunciative eterogenee onde equilibrarne i rapporti interni.


Gottlob Frege fa notare come gli operatori matematici siano insaturi, bisognosi cioè di completamento (posti vuoti).

Gli operatori linguistici sono tutte le forme della lingua che si applicano su forme dello stesso tipo modificandone aspetti o proprietà essenziali.

Le lingue storico-naturali quindi sono neutrali rispetto all'opposizione saturo-insaturo che risolve e in parte esaurisce le differenze tra operatori e operandi matematici.

Gli operatori linguisti, essendo indipendenti dall'opposizione saturo-insaturo, portano una stessa unità linguistica a poter essere, simultaneamente, operatore e operando. Ci troviamo di fronte non ad una gerarchia ma ad una eterarchia. Ciò non significa che nel linguaggio non potremo trovare delle gerarchie, anzi. Ma le troveremo in seno ad una eterarchia. Non è possibile invece che una eterarchia sorga in una gerarchia.

Ci troviamo di fronte a delle polioperazioni, operazioni complesse che non possono essere decomposte in sottoperazioni gerarchicamente ordinate.

Es: gatt(a) à 2 operatori grammaticali à femm.; sing. (eterarchia)

A questo punto:

l'attività di linguaggio è un groviglio di polioperazioni di rappresentazione, referenziazione, regolazione intersoggettiva.

Ad un certo livello di descrizione non c'è gerarchia fra gli operatori di rappresentazione, referenziazione, regolazione intersoggettiva, ma sfumano continuamente le une dentro le altre.

Quest'insieme complesso di chiama lexis (Culioli).

Lexis: materiale lessicale primario di una lingua in cui sono condensate le polioperazioni di rappresentazione, referenziazione, regolazione intersoggettiva. E' come un magma dove ogni tanto sorgono concrezioni.   à l'insieme di potenzialità espressione di rappresentazione, referenziazione e regolazione intersoggettiva.

I parlanti devono riappropriarsi costantemente della lexis utilizzando framemtni per una situazione particolare.

Enunciazione: procedure attivate per riappropriarsi continuamente della Lexis da parte di una comunità di parlanti.


II° lezione (15 ott. 2008)


L'attività di linguaggio degli animali umani può essere ridefinita come groviglio di polioperazioni di referenziazione, rappresentazione e regolazione intersoggettiva.

Sapere parlare implica:

saper riprodurre verbalmente ciò che si vuole comunicare (rappresentazione)

capacità di fabbricare rapporti che permettano di legare le espressioni di una lingua ai pezzi di mondo che essa intercettano (referenziazione)

capacità di regolare intersoggettivamente i propri comportamenti in relazione agli altri (regolazione intesoggettiva)

Pezzo di mondoà realtà fisica e non (es: una persona, un romanzo)

Queste tre operazioni cooperano nella polioperazione di enunciazione (produce, cioè, enunciati)

Enunciazioneà Lexis

Impiegare una lexis significa che i parlanti si riappropriano delle forme di una lexis.

Appropriarsi di una lexis significa ancorare le forme di cui una lexis è composta a situazioni effettive di discorso. Quindi abbiamo un processo di enunciazione.

I meccanismi di enunciazione che i parlanti umani impiegano ogni qualvolta parlano sono descrivibili come procedure di ancoraggio di una lexis a situazioni effettive di discorso.

Situazione effettiva di discorso (SIT): insieme composto da 4 elementi:

istante temporale di enunciazione (T)

luogo di enunciazione (L)

enunciatori (attori dell'enunciazione) (E)

coenunciatori (Ec) (ascoltatori)

Quindi:

SIT. = (T+L+E+Ec)

Dove E ed Ec possono essere simultanei (Es: in un monologo siamo sia parlati ed ascoltatori).

Sono proprietà fluide.

Ogni parlante umano è potenzialmente enunciatore e coenunciatore.

Possiamo descrivere l'ancoraggio di una lexis ad una situazione con un sistema formale.

Lexis=  lambda l

Operatore di reperage = epsilon (operazione di ancoraggio)

l (SIT) à ancoraggio di una lexis ad una situazione effettiva di discorso


Possiamo chiamare enunciati risultati di una particolare classe di polioperazioni complesse che culminano nell'ancoraggio di una lexis a una situazione effettiva di discorso.

Referenziazione, rappresentazione e regolazione intersoggettiva interferiscono costantemente con le polioperazioni di enunciazione.

La genesi di un enunciato non è mai un elemento di rappresentazione neutro.

CIOE' ogni qualvolta un parlante si impegna in un atto di enunciazione comporta la possibilità di riprodurre verbalmente qualcosa mediante il linguaggio.

Attività di rappresentazione: capacità di intrattenere relazioni enunciative con altre società di parlanti e in questo modo modificare la percezione che ognuno ha di sé e di come l'altro ci percepisce.


LEZIONE 3


  1. la genesi di un enunciato non è mai un evento regolazionalmente neutro.

Se individuare un enunciato significa sempre individuare un enunciato rispetto ad uno spazio enunciativo, cioè ad un insieme di enunciati di cui quell'enunciato particolare è parte, allora significa che individuare un enunciato presuppone sempre individuare l'attività di una collettività di soggetti parlanti, cioè di un insieme di soggetti in grado di ancorare una lexis ad una situazione effettiva di discorso.

Questo significa che ogni atto di enunciazione è sempre accomnato da atti di enunciazione dello stesso tipo .Ad esempio un parlante (il prof) produce degli enunciati, si riappropria sistematicamente della propria lexis, e altri parlanti (gli alunni) producono altri enunciati, pongono delle domande; ciò significa che gli enunciati del prof sono accomnati da altri atti di enunciazione, e l'insieme di questi costituisce uno spazio di enunciati condiviso, e per costruire questo spazio di enunciati bisogna attivare reciprocamente le operazioni di regolazione intersoggettiva.

Quindi: Le operazioni che hanno come risultato la genesi di un enunciato sono strettamente connesse con le operazioni di regolazione intersoggettiva.

La genesi di un enunciato non è mai un evento isolato. Anche il monologo è una forma di dialogo: anche se un interlocutore dovesse trovarsi in una situazione di isolamento, l'atto di enunciazione non è mai un che di privato e un che di isolato; nel senso che ciò che caratterizza l'attività enunciativa dei soggetti parlanti è la capacità di raddoppiarsi, cioè di essere contemporaneamente parlante e ascoltatore, e queste due funzioni coabitano simultaneamente all'interno di uno stesso soggetto. Quindi, il monologo diventa una forma interiorizzata di dialogo. Anche in questo caso si ha uno spazio di enunciati che il parlante in isolamento sta generando.

Altro esempio: dico un enunciato del tipo "sono stanco" e poi mi addormento. Ogni enunciato ha una storia, nel tempo è preceduto da altre situazioni in cui sono stati prodotti enunciati. Questi enunciati si collegheranno con l'enunciato prodotto in una situazione limite di isolamento.


  1. la genesi di un enunciato non è mai un evento rappresentazionalmente neutro.

Ogni volta che vi sono delle soggettività parlanti che risultano impegnate nel tentativo di ancorare lexis a situazioni effettive di discorso, quest'operazione comporta sempre la possibilità di intrattenere delle relazioni enunciative con altre soggettività parlanti, e in virtù di queste relazioni enunciative le singole soggettività parlanti modificano costantemente il proprio modo di percepirsi e di percepire gli altri.

Rappresentazioneà duplice accezione: a)capacità di produrre verbalmente un certo stato di cose; b)capacità che ciascun soggetto ha di intrattenere con altri soggetti delle relazioni enunciative.

Rif. Culioli 5 (fotocopia)



  1. la genesi di un enunciato non è mai un evento referenzialmente neutro.

Quando si ha enunciazione, ovvero soggetti impegnati nella complessa operazione di ancoraggio lexis ad una effettiva situazione di discorso, entrano in gioco operazioni di tipo referenziale.

I soggetti parlanti, ogni qualvolta innescano l'attività enunciativa, si impegnano in una seconda attività: nella incessante produzione di complessi sistemi di valori referenziali.

Rif. Culioli 6 (fotocopia)

La nozione di valore referenziale (in franc. Valeur referenciel) non va confusa con la nozione di referente.


REFERENTEà pezzo di mondo extralinguistico a cui gli enunciati si applicano.

Referenziareà costruire dei rapporti mediante i quali sia possibile legare pezzi di mondo (referenti) alle espressioni di lingua che essi intercettano.

VALORE REFERENZIALEà entità ibrida che sta a metà strada tra ciò che è linguistico e ciò che non lo è. Ovvero: particolare classe di polioperatori complessi che i parlanti attivano ogni qualvolta vogliono costruire rapporti (ponti referenziali) tra le espressioni (forme enunciative) di una lingua data e i pezzi di mondo che essi intercettano.


VALORE REFERENZIALE ≠ REFERENTE

Spazio dei valori referenziali (Culioli)à spazio, tra linguaggio e mondo, di relazioni ibride in cui linguistico e non linguistico sono mescolati insieme.


Anche se valori referenziali e referenti sono unità distinte, c'è un rapporto fra di loro: è un rapporto che si può mettere a fuoco analizzando al dettaglio quali operazioni intervengono nella prassi enunciativa.

Esempio. Il est bon.

Comportamento referenziale di ilà in alcuni contesti il non rinvia a nulla: ad esempio il pleut (piove). In altri contesti può rinviare a tipi diversi di referenti: es. a)oggetti alimentari, b)oggetti di pubblica utilità, c)un notaio, ecc .

Quindi, a meno di ulteriori informazioni, il diventa la sede di più percorsi referenziali.

Il è una forma linguistica polireferenziale: cioè può attivare potenzialmente più percorsi referenziali che ritagliano diversi pezzi di mondo.

àÈ possibile, attraverso una semplice operazione che riguarda la trama di rapporti che tiene unite le forme linguistiche che compongono l'enunciato, ridurre o ampliare l'universo referenziale (il numero dei possibili referenti) di il. à es. il a été bon.

QuindiàIntervenendo nel tessuto di relazioni sintattiche che governa la forma di un enunciato, possiamo o ridurre o ampliare l'insieme dei possibili percorsi referenziali che una certa unità linguistica è in grado di attivare in alcune circostanze anziché in altre.

Un parlante di lingua francese troverà innaturale usare una forma enunciativa come il a été bon x riferirsi ad oggetti alimentari o ad oggetti di pubblica utilità, ma la utilizzerà x riferirsi ad individui rispetto ad una certa prestazione. Ecco quindi che si riduce l'insieme dei possibili percorsi referenziali.

Esistono delle operazioni, interne al tessuto predicativo di un enunciato, che orientano le possibilità referenziali di una certa unità linguistica.

Questo tipo di entità è il valore referenziale.


Valore referenzialeà aspetto linguaggio-dipendente del referente.


Vi è almeno un aspetto del referente che dipende dal linguaggio: la possibilità di determinarne il tipo.


Allora, che tipo di rapporto è quello fra attività di linguaggio e mondo? È un rapporto di interiorità o di esteriorità?possiamo limitarci a pensare linguaggio e mondo come due sfere separate?

L'impegno del teorico del linguaggio è quello di definire il confine fra le due sfere.




LEZIONE 4 -


Rapporto tra attività di linguaggio e mondo.

Soluzione di compromesso, in parte giustificata dall'ipotesi dei valori referenziali: il rapporto fra attività di linguaggio e mondo non è né un rapporto di interiorità, se x rapporto d'interiorità intendiamo l'idea per cui il mondo è completamente inglobato dall'attività di linguaggio, né un rapporto di esteriorità, se x rapporto di esteriorità intendiamo il fatto opposto, cioè che linguaggio e mondo costituiscano le due estremità opposte separate dal vuoto.

Il rapporto tra attività di linguaggio e mondo può essere definito come un complesso rapporto di interiorità ed esteriorità.

Bisogna quindi postulare l'esistenza di un sistema, il sistema dei valori referenziali, di relazioni ibride in cui sono costantemente mescolati aspetti linguistici ed extralinguistici.


Roland Barthes.

Cos'è la semiologia? Qual è la differenza tra semiotica e semiologia?

La semiologia è la scienza generale dei segni, riflette sullo statuto dei segni.

Una prima differenza tra semiotica e semiologia è culturale: il termine semiotica si è imposto negli studi di autori di lingua anglosassone, ed è stato introdotto dal matematico Pierce; il termine semiologia (sémiologie) invece si è imposto negli studi di autori di lingua francese, ed è stato introdotto da Saussure.

Un'altra distinzione è di natura terminologica: il termine semiotica può avere due accezionià1. scienza generale dei segni; 2. sistemi particolari di segni su cui la semiologia riflette (es. le semiotiche visuali, gestuali, ecc.).


Che cos'è un segno?

Ø  S. Agostino - (De magistro)à aliquid stat pro aliquo. (trad. qualcosa che sta per qualcos'altro)

Questa è una buona definizione xkè è una definizione operativa, spiega quello che fa il segno.

Se il segno è qualcosa che sta x qualcos'altro, allora la sua struttura è una struttura di rinvianza, cioè qualcosa funziona come segno se è in grado di rinviare a qualcos'altro.

Es.) il semaforo: verde=passa, giallo=quartìati, rosso=fermati.

Queste sono strutture di rinvianza: segni cromatici che rinviano a dei significati.

Ø  Sesto Empirico - (Adversus matematicos)à eitode . tode. (trad. Se questoallora quell'altro)

Questa definizione è importante xkè permette di individuare l'intelaiatura logica della nozione di segno: i segni sono particolari strutture di rinvianza regolate dalla regola dell'implicazione.

Regola dell'implicazione: pàq (se p allora q)


Quindi: un segno è una struttura di rinvianza governata dalla regola dell'implicazione (pàq).


Possiamo allora definire la semiologia come la scienza generale di particolari classi di strutture di rinvianza (aliquid stat pro aliquo) che rispondono alla regola dell'implicazione (pàq).


Saussure - nozione di linguistica (fotocopia)

Barthes, nel primo cap., mette in relazione la linguistica con la semiologia, citando Saussure.


Linguistica à (def. di Culioli) studio dell'attività di linguaggio colto attraverso la diversità delle lingue.


Lingua storico-naturale à (def. di William Croft) una lingua storico-naturale è una popolazione di enunciati.

Si noti che il termine popolazione è volutamente un termine biologico.

Possiamo quindi affermare che: una lingua storico-naturale è una popolazione di enunciati che sono traccia di operazioni di rappresentazione, referenziazione e regolazione intersoggettiva.


Questa definizione va raffinata ulteriormente. Si potrebbe definire una lingua storico-naturale come l'attività che ci permette di trasferire alcuni particolari della nostra esistenza.

La nozione di lingua non va sovrapposta con la nozione di attività di linguaggio. C'è una diversità delle lingue, ma non è unica: le lingue sono diverse ma nello stesso tempo possiamo individuare delle operazioni che rimangono costanti; queste operazioni sono le operazioni di rappresentazione, referenziazione, regolazione intersoggettiva, negazione, ecc .


Rapporto tra semiologia e linguistica.

Secondo Saussure à la linguistica è una sottoparte della semiologia.

Secondo Barthes à la semiologia è una sottoparte della linguistica.

Barthes sostiene che la semiologia è una parte della linguistica. Si tratta di un'autentica rottura epistemologica rispetto a quello che sosteneva Saussure. La sua tesi è sostenuta dal fatto che l'animale umano accede a particolari semiotiche non linguistiche solo e soltanto mediante il linguaggio. Queste semiotiche non linguistiche non potrebbero esistere senza l'attività di linguaggio. (esempio della scuola guida)


codice semiotico à regola di corrispondenza tra particolari classi di segni con altre particolari classi di segni.   AàB


In conclusione, non si può pensare la semiologia a prescindere dalla linguistica.



LEZIONE 5


Barthes sostiene che ogni qualvolta abbiamo a che fare con segni (particolari classi di strutture di rinvianza) che hanno un intrinseco valore sociale (il cui funzionamento coinvolge la vita di individui in una comunità), il nostro accesso a tali segni non può non essere mediato dall'attività di linguaggio.


Valore socialeà condiviso da una collettività


Barthes insiste sulla possibilità di un ricambio strutturale tra semiotiche non linguistiche e il sistema della lingua (potenzialità espressive di cui dispone l'animale umano). Nel momento in cui ciò avviene, si attivano le significazioni di quel particolare sistema semiotico.


Significazionià significato potenziale, che non è ancora effettivamente realizzato.


Quindi, le significazioni, per essere realizzate, hanno bisogno sempre e cmq del ricambio strutturale tra sistema semiotico e la lingua.


(fotocopia)

Dobbiamo pensare la semiologia come parte di un programma di ricerca più ampio ke potremmo chiamare trans linguistica.

Linguistica come trans linguisticaànon si limita più soltanto a cogliere l'attività di linguaggio attraverso la diversità delle lingue, ma anche attraverso i testi che compongono il tessuto delle lingue storico-naturali.


Testoà modo di organizzazione dei nuclei di significato che le lingue veicolano. Possono essere pensati come una conurazione di forme linguistiche (marcatori) che sono traccia di operazioni di rappresentazione, referenziazione e regolazione intersoggettiva.


Sono testi: racconti, miti, articoli giornalistici, ecc . ma anche gli enunciati, i discorsi, le lezioni, i quadri . Quindi, secondo Barthes, anche una porzione di semiotica non linguistica è in grado di veicolare operazioni di rappresentazione, referenziazione e regolazione intersoggettiva; allora, la linea di demarcazione tra semiotiche linguistiche e non linguistiche diventa molto debole.


Secondo Barthes, non solo la semiologia è una parte della linguistica, ma è precisamente quella parte specifica che ha per oggetto le grandi unità significanti del discorso (testi).

La semiologia, come scienza generale dei segni, non può che essere parte di una trans linguistica (disciplina che ha per oggetto le grandi unità significanti del discorso).





LEZIONE 6


Barthes analizza una opposizione fondamentale della riflessione saussuriana: l'opposizione LANGUE / PAROLE.


Secondo Saussure, langue/parole possono essere pensate come aspetti del linguaggio.



LINGUAGGIOà insieme eteroclito (eterogeneo) di fattori.

Ovvero, aspetti fisici e fisiologici, psichici e mentali, ecc . questo insieme eteroclito di fattori, però,  non costituisce il vero oggetto della linguistica.


LANGUEà aspetto sociale del linguaggio. Ovvero, un sistema grammaticale di forme virtuali sedimentate nel cervello di una collettività di individui.


PAROLEà atto individuale di appropriazione/esecuzione che ciascun parlante innesca per poter impiegare la langue.


Tra langue e parole vi è un rapporto di presupposizione reciproca: "non c'è langue senza parole, e non c'è parole che si situi fuori della langue. È in questo scambio che risiede l'autentica prassi enunciativa." (Barthes, end-out, 1)

Potremmo impostare quindi questa equazione:


LANGUE + PAROLE = PRASSI ENUNCIATIVA


Quindi:

LINGUAGGIO - PAROLE = LANGUE


Osserva Barthes: se non vi fosse l'atto di parole, che costituisce il motore dinamico della langue, la langue sarebbe un'istuzione sociale immutabile, mentre ciò che costituisce la langue è proprio la capacità di mutamento, che dipende sempre e comunque dagli atti individuali di parole. D'altra parte, senza la langue non potrebbero esserci atti di parole.

Potremmo quindi pensare langue e parole come aspetti di un solo processo: la prassi enunciativa.


PRASSI ENUNCIATIVA

Secondo Saussure, la parole ha una duplice valenza:


Atto di parole à atto di fonazione (emissione di suoni linguistici, o foni)

à insieme di possibili combinazioni che ciascun parlante è in grado di compiere sulle forme della langue.


La nozione di segno linguistico secondo Saussure.


SEGNO LINGUISTICOàentità composta da immagini acustiche (significanti) e concetti (significati).


Immagine acusticaàcorrelato psico-materiale dei concetti (significante)

Concettoàfatto di coscienza, o contenuto ideativo, che un segno veicola (significato).


Ad esempio: la parola cane è un segno linguistico bifacciale, xkè veicola un aspetto materiale, relativo al significante (immagine acustica), e un contenuto ideativo relativo al significato (concetto).

Osserva Saussure: volendo analizzare le immagini acustiche indipendentemente dai contenuti ideativi non si farebbe linguistica, ma fisiologi . al contrario, volendo analizzare i contenuti ideativi separatamente dalle immagini acustiche, si farebbe psicologia e non linguistica . faccio linguistica quando considero immagini acustiche e contenuti ideativi come parti integrate di un tutto, cioè del segno linguistico. Quindi, c'è una sorta di capovolgimento delle priorità: prima accediamo ai segni linguistici, e poi cogliamo, all'interno del segno linguistico, il lato del significante e il lato del significato. Senza il segno linguistico non possiamo pensare né il significato né il significante.


LEZIONE 7


SIGNIFICATO + SIGNIFICANTE = SEGNO LINGUISTICO


Osserva Saussure: se pensassimo separatamente il significato dal significante, o viceversa, non avremmo più a che fare con oggetti che sono specifici dell'indagine semiologico-linguistica; avremmo, da una parte, dei concetti, che sono oggetto dell'indagine psicologica; dall'altra, avremmo immagini acustiche, che sono oggetto dell'indagine fisiologico-fonetica. Invece, significato e significante, sono oggetti linguistici. Quindi, vi è una sorta di priorità del segno linguistico rispetto al significato e al significante: possiamo parlare di significato e significante solo all'interno del segno linguistico.


Quest'idea può essere ulteriormente chiarita introducendo la nozione di emergenza, che non appartiene alla semiotica ma alla biologia teorica:


EMERGENZAà si parla di emergenza quando si ha a che fare con le proprietà che riguardano un intero che hanno la caratteristica di non essere riducibili a proprietà di singole parti componenti.


Quindi:

Proprietà emergente (Claus Emmeche)à proprietà di sistema non riducibile a proprietà di singole parti componenti.


Potremmo allora dire che significato e significante sono proprietà emergenti.

Osserva D. Piotrowski: se il ragionamento di Saussure è corretto, allora abbiamo a che fare con una sorta di capovolgimento delle priorità ontolinguistiche; ovvero, anziché supporre che le parti precedano nel tempo gli interi di cui sono costituenti, c'è una precedenza dell'intero rispetto alle sue parti costitutive.


Il discorso Saussuriano sulla struttura del segno linguistico, e su cui Barthes riflette, riguarda anche un altro aspetto: la nozione di valore (valeur du signe linguistique).


Secondo Saussure:

valore del segno linguisticoà ruolo che un segno linguistico gioca nel sistema della langue.


Ma come si definisce il valore del segno linguistico?

Secondo Saussure, il ruolo di un segno linguistico si definisce sempre e comunque in relazione al ruolo di altri segni linguistici. Quindi, la nozione di valeur, è una nozione relazionale, e si gioca per via differenziale (cioè, si stabilisce differenziando il ruolo che quel segno linguistico svolge rispetto al valore di altri segni linguistici).


Osserva Barthes: il segno linguistico è quindi un valente-per; cioè, ogni segno linguistico ha un valore rispetto ad un altro segno linguistico.


Esempio:


prendiamo la parola "cane". Potremmo dire che questo segno linguistico ha un ruolo nel sistema della langue. Questo ruolo (valore) è definito per differenza, cioè considerando la trama di relazioni differenziali che quel segno linguistico intrattiene con altri segni linguistici.


La critica che viene mossa a Saussure è questa: la nozione di valeur è una nozione troppo restrittiva. Il valore di un segno linguistico non dovrebbe consistere anche nella capacità di ancorarsi al mondo?

Osserva Saussure: la valeur di un segno linguistico è sempre bimodale. Cioè, la valeur di un segno  linguistico si stabilisce sia nelle relazioni che il segno intrattiene con altri segni, sia nelle relazioni che il segno intrattiene con pezzi di mondo extralinguistici.

Quindi, la valeur è qualcosa che si gioca contemporaneamente dentro il sistema della langue ma anche al di fuori, cioè nel rapporto tra langue/mondo/parole. Ad esempio, si potrebbe dire: "quel cantante è un cane" e questa designazione potrebbe allontanarsi dall'uso principale della parola "cane", ma che comunque si riferisce sempre al mondo.


Si potrebbe parlare, secondo la terminologia saussuriana, di rapporti sintagmatici e paradigmatici.

Potremmo dire che il valore di un segno linguistico si gioca almeno su 2 assi: l'asse paradigmatico e l'asse sintagmatico. (rif. Linguistica generale)


Saussure prima di introdurre la nozione di paradigma parla di associazioni: cioè fa riferimento alla possibilità che un segno possa essere associato ad altri segni. Questo gioco di associazioni si fa in absentia, cioè in assenza di quella forma.

Saussure definisce il paradigma come un assemblaggio di forme che può avere più centri privilegiati e quindi più periferie correlate.

Invece, definisce l'asse sintagmatico come la possibilità di combinare una forma ad altre forme in presentia, cioè quando si integra una forma con altre forme.


Quando parliamo di valore di un segno linguistico, il ruolo del segno linguistico può essere definito sia in relazione alla trama di rapporti differenziali che intrattiene con altri segni, sia in rapporto ai pezzi di mondo su cui possiamo proiettare quel segno.

Quindi, potremmo parlare di una valeur interna e una esterna contemporaneamente.


LEZIONE 8


La nozione di valeur, in Barthes e Saussure, è contemporaneamente intrasistemica ed extrasistemica, cioè allo stesso tempo interna ed esterna al sistema della langue.


PARADIGMA (Saussure)à associazioni (o famiglie) di forme all'interno delle quali è possibile individuare un centro, e, rispetto ad un centro, individuare una periferia.

oppure àassemblaggio di forme virtuali entro cui è possibile distinguere un centro e una periferia.


I paradigmi sono quindi associazioni di forme che si giocano in absentia: cioè riguardano tutte le forme potenziali assenti che una forma è in grado di evocare. Potremmo quindi dire che un paradigma è un assemblaggio di forme virtuali in absentia.


SINTAGMAà gruppo di parole che, preso come un tutto, forma un'entità omogenea.


Come facciamo a produrre sintagmi? Una prima ipotesi di lavoro, intorno alla quale lavora Chomsky, è che le unità sintagmatiche siano generabili a partire da un lessico e da un'operazione elementare che Chomsky chiama fusione (merge).

Quindi:

(Chomsky)àle unità sintagmatiche sono unità complesse che possono essere generate a partire da un lessico e un'operazione di fusione (merge).


LESSICO (Chomsky)à sistema di corrispondenze tra proprietà di suono (tratti fonetici) e proprietà di significato (contenuti semantici).


Un'unità lessicale è il risultato delle connessioni tra una certa proprietà di suono e una certa proprietà di significato.


Operazione di fusione (Chomsky)à procedura elementare che consiste nell'attaccare un'unità lessicale x ad un'altra unità lessicale y, ottenendo così un composto del tipo xy.


Osserva Saussure: all'interno di un'unità sintagmatica, ogni forma dipende dall'altra.


LEZIONE 9




LEZIONE 10


CORRELATOà ciò a cui un enunciato si riferisce.


REFERENZIALITA'à il rapporto che sussiste tra un enunciato e il suo correlato.


È un tipo particolare di rapporto che non può essere paragonato né al rapporto che un nome ha un oggetto, né al rapporto che una proposizione ha con il suo valore di verità, né al rapporto che una frase ha con il proprio senso.


PROPOSIZIONE (Foucault)à oggetto logico che può essere valutato secondo i valori di verità del vero o del falso.


FRASE (Foucault)à unità minima di una lingua storico-naturale.


In che cosa una frase si differenzia da una proposizione? Osserva Foucault: frase e proposizione possono anche rinviare allo stesso oggetto linguistico, ma rispondono ad esigenze diverse.

Ovvero, se analizzo un certo oggetto linguistico come proposizione mi limiterò ad analizzarlo in base ai criteri del vero e del falso; se lo analizzo come frase mi limiterò ad analizzarlo in relazione ai modi di organizzazione di una lingua storico-naturale.

Quindi, secondo Foucault, frase e proposizione sono costrutti teorici che rinviano allo stesso oggetto linguistico ma che rispondono ad esigenze descrittive diverse.

Si può dare un'ulteriore caratterizzazione delle proposizioni:

data una classe di frasi che appartengono a lingue differenti, ma che risultano legate da stretti rapporti di sinonimia, la proposizione coincide con questa classe di rapporti di sinonimia.

Esempio:

  1. il gatto ha mangiato un topo.
  2. Le chat a mangè un souri.

Se individuiamo una classe di frasi appartenenti a lingue storico-naturali diverse, ma che sono legate da rapporti stretti di sinonimia, allora la proposizione, come oggetto logico astratto, coinciderà con questa classe di relazioni di sinonimia.


ENUNCIATO (Foucault)à dispositivo astratto di operazioni che ci consente di stabilire se in presenza di una certa combinazione di segni abbiamo una frase o una proposizione.


Frase e proposizione spesso coesistono, ma non sempre: esistono delle situazioni comunicative in cui la valutazione del vero e del falso non sempre può essere applicata correttamente, come, ad esempio, il caso di una preghiera, o un ordine .


ULTIMA LEZIONE


La nozione di referenzialità è stata introdotta da Michelle Foucault in un saggio che si chiama "La biologia del sapere".

Il problema che si pone Foucault è: che rapporto sussiste tra un enunciato e ciò a cui esso si riferisce (referenzialità)?


REFERENZIALITA'di un enunciatoà nucleo potenziale di percorsi referenziali che un enunciato è in grado di attivare in relazione ad un altro enunciato, ad uno spazio enunciativo, a un valore di verità, ad una situazione immaginaria, al suo senso .


Quindi, la referenzialità può essere intesa come un campo di possibilità, un insieme di leggi di esistenza che ci permettono di stabilire rispetto a che cosa un determinato enunciato intrattiene una determinata relazione.


Esempio: "Ulisse giunse ad Itaca immerso in un sonno profondo"

Osserva Frege: il nome proprio "Ulisse" rinvia effettivamente a qualcuno che sia esistito storicamente? Ha una sua denotazione (oggetto)?

Secondo Frege un oggetto è un'entità satura, cioè priva di posti vuoti.


Poiché "Ulisse" al 90% non ha una sua denotazione, risulta problematico impegnarsi sulla denotazione dell'intero enunciato e sul suo valore di verità. Ma, rispetto al suo spazio enunciativo (l'Odissea), l'enunciato ha un valore di verità.

Ammettendo che l'enunciato non abbia un referente, ha comunque una sua referenzialità, ed è grazie alla referenzialità che possiamo stabilire se l'enunciato ha un valore di verità.

Non solo: grazie alla referenzialità possiamo stabilire se l'enunciato ha un senso, e tanti altri campi di possibilità.


Esempio: "incolori idee verdi dormono furiosamente" (Chomsky).


Osserva Chomsky: quest'enunciato dal punto di vista sintattico è ben formato, cioè rispetta i criteri di una buona grammatica, ma dal punto di vista semantico è inaccettabile.

Il ragionamento di Foucault è questo: ammettiamo che l'enunciato sia privo di senso, ma in ogni caso ha una sua referenzialità. Infatti, anche se semanticamente inaccettabile, l'enunciato può ricorrere in uno spazio enunciativo, come ad esempio un sogno, e rispetto a quello spazio enunciativo può avere un senso.






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