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Posizionamento e persuasione



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Posizionamento e persuasione

4.3.1 - Persuasione, potere e comunicazione.

Le persone intraprendono un processo di comunicazione con lo scopo principale di ottenere che l'interlocutore modifichi il suo comportamento adeguandolo alla volontà di chi a tale processo dà inizio. Operando in questo senso la comunicazione pare orientarsi anche ad altri scopi, tutti, però, di una qualche matrice manipolativa, sia che si tratti di modificare atteggiamenti, che valori o credenze della controparte[1]. Del resto, alla fine, non si può fare a meno del constatare come atteggiamenti, valori, credenze altro non costituiscono che la necessaria premessa all'adozione di determinati comportamenti. Nel dare avvio al processo comunicativo, la naturale convinzione di cui l'emittente è portatore è quella di andare a mutare il corso degli eventi in senso a lui favorevole attraverso la modificazione del comportamento di chi riceve le informazioni



Se è vero che la comunicazione presenta sempre, tra i propri fini, la modificazione del comportamento dell'interlocutore, allora risulta anche evidente che la problematica della comunicazione coincide con la problematica del potere. Quest'ultimo è inclusivo di due significati simili, ma non identici. Da una parte, infatti, il potere implica mancanza di ostacoli a fare, assumendo, quindi, una veste eminentemente negativa riguardo alla possibile frapposizione di intralci. Dall'altra, esprime la capacità di ottenere che il comportamento dei terzi si adegui alle intenzioni dei detentori del potere; in questo caso presenta una connotazione positiva che favorisce questi ultimi. Ciò che più conta, ed accomuna entrambe le preurazioni date di potere, è che esso comporta l'adeguamento del comportamento dell'interlocutore all'interesse del detentore del potere. È nella capacità di persuasione (o di dissuasione, secondo l'angolo visuale da cui si guarda la questione) che si esprimono le posizioni di forza relativa ed il potere.

Coincidendo le problematiche della comunicazione con le problematiche del potere, occorre analizzare preventivamente la coniugazione della prima con il secondo, la quale può dare luogo a tre situazioni che possiamo ritenere pure:


al potere inteso come coercizione corrisponde un modello comunicativo che si risolve in un ordine imperativo;

il potere si esprime in una attività di convinzione attraverso la formulazione di una spiegazione razionale (convinzione);

il potere viene esercitato attraverso un'opera di persuasione.


Possiamo assumere, ai nostri fini, che il potere venga esercitato mediante il ricorso alla convinzione ed alla persuasione, escludendo quindi il caso della coercizione. "Convincere" una persona significa fare appello alle sue capacità di razionalizzazione in modo da dimostrare la validità della base delle asserzioni espresse, la quale verrà in seguito assunta per data al reiterarsi delle medesime condizioni. "Persuadere" una persona, invece, vuole dire modificarne gli atteggiamenti ed i comportamenti abituali in questo caso attraverso una strategia comunicativa volta a sfruttare gli elementi simbolici, più che quelli logici, facendo appello a emozioni ed agli avariati aspetti - anche irrazionali - della psiche.

Oggi, tuttavia, la psicologia tende a superare questa distinzione considerando che non esistono messaggi totalmente razionali o totalmente emotivi. Un incremento delle caratteristiche logiche di un messaggio non implica un decremento delle sue caratteristiche emotive, e viceversa. Anzi, il messaggio più persuasivo è probabilmente quello in cui coesistono il massimo di logicità e di emozionalità.

In seguito alle considerazioni testé espresse, potremmo dare una possibile definizione del processo di persuasione intendendolo come l'atto di manipolare simboli - verbali e non verbali - in modo da produrre cambiamenti nel comportamento valutativo o negli atteggiamenti di coloro che tali simboli sono chiamati a interpretare.

Nel più elementare modello di persuasione un individuo tenta di far percepire ad un altro due diversi stimoli collegati da una relazione: il primo, lo "stimolo-oggetto", costituisce l'oggetto della persuasione, la tesi controversa; il secondo, lo "stimolo motivazionale", riguarda una tesi che non incontra l'ostilità aperta dell'interlocutore e sulla quale, anzi, è presumibile che ci sia, o possa essere trovato, accordo. In questo contesto, al persuasore spetta il compito di costruire una specie di sillogismo, ovvero trovare l'accordo sullo stimolo motivazionale e mostrare come da esso discenda necessariamente lo stimolo-oggetto.

La realtà, tuttavia, si presenta assai più variegata e complessa di quanto riesca ad esprimere questo paradigma di base, dal quale, peraltro, conviene comunque prendere le mosse. Solitamente, infatti, esiste una pluralità di stimoli motivazionali e dovranno, di conseguenza, essere enunciate più tesi e affermazioni che, corroborate dalle rispettive prove e testimonianze (dati, fatti storicamente provati, . ), dovrebbero portare l'interlocutore a riconoscere la necessità di aderire a quella che gli è stata provata.


4.3.2 - Tecniche di persuasione.

Le più comuni tecniche di persuasione possono essere derivate (e quindi sviluppate) direttamente a partire dalla considerazione della teoria della gerarchia dei bisogni[3] e di quella della dissonanza cognitiva. Damascelli individua quattro tipiche tipologie di intervento comunicativo orientato alla persuasione :


A.   Tecniche di persuasione basate sul fattore paura/bisogno di sicurezza.

B.    Tecniche di persuasione basate sul bisogno di appartenenza.

C.   Tecniche di persuasione basate sul bisogno di stima e autostima.

D.   Tecniche di persuasione basate sulla dissonanza cognitiva.



A - Tecniche di persuasione basate sul fattore paura/ bisogno di sicurezza.


Accordandoci a quanto già illustrato in particolare nel secondo modulo[5], non possiamo non riconoscere come, nell'epoca del provvisorio e della precarietà, le situazioni sociali si fanno talmente instabili da generare una generale apprensione e paura in chi si trova ad affrontarle. Il più potente fattore scatenante, in proposito, è costituito dal cambiamento, il quale sconvolge l'ordine degli schemi mentali pregressi attorno ai quali la persona edifica i propri schermi difensivi: una volta aperto un varco nelle sicurezze su cui confidava, si apre per essa uno scenario sconfortante ed inizia la ricerca di una rapida ritirata entro un guscio protettivo alimentato da nuovi, e in genere di taglio inferiore, convincimenti ed atteggiamenti tendenti (e miranti) ad una rinnovata abitudinarietà in grado di ricreare un certo equilibrio, seppure ad un livello più basso. Si tratta, a ben vedere, di ricorrere a concetti ben noti e presenti da molto tempo nell'armamentario semantico di cui hanno fatto uso gli uomini nei secoli (spesso, ad esempio, capita di imbattersi in messaggi incentrati su di un'allegoria la quale, costituita da elementi tipici - la metafora, la personificazione, il conflitto morale -, svolge oggi per la pubblicità una funzione analoga a quella che ricopriva nella letteratura medievale ).

La percezione, più o meno conscia, della paura e l'importanza del bisogno di sicurezza costituiscono l'elemento portante della persuasione che si basa proprio su quest'ultimo elemento. D'altra parte, il bisogno di sicurezza occupa il secondo gradino nella scala gerarchica dei bisogni di Maslow, subito dopo i bisogni fisiologici. In virtù di queste considerazioni è facile, allora, comprendere le ragioni del successo di quei messaggi che, anziché contrastare le paure, si incentrano sulla loro esagerazione, confermando il pubblico nelle sue insicurezze latenti ed enfatizzando gli elementi rassicurativi che la marca è in grado di evocare. L'efficacia di questo genere di argomenti comunicativi è dovuta essenzialmente al fatto che essa fa appello a un fondamentale aspetto irrazionale della personalità umana: è molto più facile rimanere persuasi degli aspetti negativi di una vicenda e che tutto vada male, piuttosto del contrario.

Tipico esempio di una strategia comunicativa di matrice persuasiva che fa leva sul bisogno di sicurezza è il ricorso a testimonial, i quali, soprattutto con riferimento ai nuovi marchi o prodotti, incoraggiano il potenziale acquirente alla prova sulla base dell'associazione con il successo che la presenza del testimonial genera. In particolare, si riduce il rischio percepito di un eventuale insuccesso, dal momento che consumatore e la marca" class="text">il consumatore si sentirà spalleggiato dalla stessa aura di approvazione generalizzata che circonda il personaggio al centro del messaggio: la riprovazione connessa ad un errore diverrà assai più improbabile in quanto numerose sono le persone che percepiscono positivamente il portato valoriale e simbolico del testimonial e che cercheranno, nel possibile, di imitarne il comportamento. Il fallimento della prova, così, passerà da una scelta personale scorretta (origine di demerito) ad un errore condiviso, perciò plausibile e senza dubbio più accettabile.



Significato analogo ed equivalente è quello derivante dall'adozione di un tono comunicativo fortemente aggressivo (ad esempio portato avanti, nel tentativo di riposizionare la concorrenza, dalla pubblicità ativa) che, al limite, manchi di rispetto per gli interlocutori[7], le tesi dei quali vengono svilite e ridicolizzate. In questo caso, il meccanismo attivato è quello che spinge le persone più timide ed insicure a schierarsi dalla parte di chi dileggia o comunque a rimanere neutrali nel timore di ritrovarsi dalla parte di chi subisce un così cruento attacco psicologico e morale. E, d'altra parte, per vincere paure e insicurezze, potrà emergere la tendenza a schierarsi dalla parte di chi appare più forte e sicuro.



B - Tecniche di persuasione basate sul bisogno di appartenenza.


A volte, la strategia persuasiva viene impostata facendo leva soprattutto nella tendenza al conformismo di gruppo. In effetti, trovarsi inseriti in un gruppo e trovarsi in posizione minoritaria significa per gli individui essere sottoposti a forti pressioni intese a ripristinare la conformità con le opinioni ed i comportamenti della maggioranza. Andare contro corrente all'interno di una comunità, la quale richiede comportamenti rientranti nei canoni di accettabilità affermati in relazione alle specifiche circostanze e al tempo in cui si svolgono, non è affatto cosa semplice, specialmente se si parte da una posizione di debolezza relativa e se uno dei motivi di fondo che spingono alla partecipazione al gruppo esercitante la pressione è dato dal bisogno di sicurezza. Infatti, il pericolo percepito è proprio quello di mettere in crisi la stabilità del sottile equilibrio raggiunto.

Tuttavia, considerazioni analoghe valgono e possono essere traslate in presenza di un sottogruppo che abbia coscienza di sé e della posizione ricoperta all'interno del gruppo di rango superiore manifestando un autonomo pensiero ed un'autonoma volizione. Con riferimento all'appartenenza siamo in presenza, cioè, di un concetto ed un sentimento di natura ricorsiva, che si ripresenta a qualsiasi livello di aggregazione sociale ogniqualvolta ne sussistano le condizioni.

Solo in quest'ottica, infatti, è possibile spiegare il fenomeno delle "minoranze attive" descritto da Moscovici, in forza del quale piccoli gruppi di persone riescono a modificare, attraverso i loro comportamenti, idee, artefatti comunicativi (verbali e non verbali) le opinioni ed il modo di pensare (in una parola, la cultura) della comunità di livello superiore della quale sono parte integrante[8].

Lo stile di comportamento tenuto dalla minoranza attiva risulta essere determinante per il conseguimento e l'affermazione di quel mutamento culturale da essa portato avanti e permette la trasmissione di concetti ad un tempo efficaci ed originali[9]. Affinché la minoranza eserciti un'influenza che sfoci in un cambiamento significativo a livello di cultura e di senso comune (cioè a livello di luogo comune e di rappresentazioni ingenue della realtà), è necessaria la presenza di precisi elementi all'interno della sua strategia comunicativa:


deve porsi all'attenzione del pubblico facendosi notare e calamitando l'interesse verso le proprie iniziative e le proprie idee;

deve minare le certezze, gli schemi mentali e le convinzioni sedimentate nelmemoria - I processi di memorizzazione dall'acquisizione al richiamo - Studi comparati" class="text">la memoria del gruppo di livello superiore, insinuando l'ombra del dubbio e creando le premesse per lo sviluppo di dibattiti e discussioni al suo interno[10];

deve dimostrarsi coerente nelle proprie convinzioni e nei propri comportamenti;

deve rimanere fedele alle proprie posizioni originarie;

deve mostrare di credere fermamente in quello che propone all'attenzione altrui;

deve manifestare sicurezza, competenza ed autonomia;

deve mostrare una certa flessibilità, cioè deve presentarsi non dogmatica, bensì disponibile all'ascolto e all'analisi delle valutazioni critiche che vengono mosse dalla controparte.


Accanto allo stile comportamentale, un altro fattore determinante è rappresentato dal grado di sintonia (o fusione) raggiunto con il mercato e con lo "spirito del tempo", il complesso degli assunti e dei valori che orientano, in un dato momento, il modo di pensare ed i comportamenti di una società, confermando l'importanza rivestita dalla relativizzazione dei concetti di cui si alimenta il pensiero umano.

Rispettate queste condizioni, il gruppo minoritario si dimostra capace di imporre, almeno parzialmente, le proprie idee e di generare e sviluppare atteggiamenti favorevoli nei suoi confronti. Per la marca, tutto questo si riversa nell'accrescimento del suo valore per il tramite della maggiore visibilità a della comprensione più spinta dei suoi significati da parte dei potenziali acquirenti cui il messaggio comunicativo si rivolge.



C - Tecniche di persuasione basate sul bisogno di stima e autostima.


L'uomo, animale sociale, non può non vivere al centro di una rete di relazioni e quindi tende inevitabilmente e costantemente a misurare se stesso con gli occhi e con il metro del gruppo si appartenenza. Ogni persona, tuttavia, avverte come pressante il timore dei propri difetti (reali o immaginari) e di non essere all'altezza di quanto viene richiesto dal gruppo. Di qui il bisogno di essere continuamente rassicurati sull'adeguatezza delle proprie qualità e dei comportamenti posti in essere.

Talvolta succede che nell'esaltare doti delle quali è cosciente di non poter disporre nella misura desiderata, mentre il soggetto loda le virtù del proprio pubblico di riferimento, contemporaneamente esso attacchi con accanita violenza verbale e disprezzo gli "altri" facendoli divenire un utile parafulmine su cui scaricare le proprie ansie irrisolte e la propria aggressività da mancato raggiungimento di un obiettivo. Questa tecnica basata sia sulla lode e la rassicurazione, che sull'odio ed il disprezzo per gli "altri" consente di raggiungere un duplice obiettivo: quello di elevare la coesione del gruppo indirizzando un odio che supera ogni razionalità verso l'esterno del gruppo stesso, e quello di rassicurare e elevare il senso di soddisfazione dei membri del gruppo legato direttamente alla sua appartenenza.



D - Tecniche di persuasione basate sulla dissonanza cognitiva.


Secondo la teoria della dissonanza cognitiva, due elementi cognitivi (dove per "elemento cognitivo" si intende ogni cosa che possa essere conosciuta, comprese le credenze e gli atteggiamenti) sono in relazione dissonante se, considerati a sé stanti, il contrario di un elemento è conseguenza dell'altro; sono invece in relazione consonante se un elemento è la conseguenza dell'altro.

Esiste una serie di situazioni tipiche nelle quali si verifica dissonanza e di cui occorre tenere la dovuta considerazione nel momento in cui si delinea la strategia comunicativa che la marca userà per dare sviluppo al proprio posizionamento:

Una volta che la persona opera una scelta, da quel momento in poi tutti gli elementi a favore delle alternative scartate e tutti gli elementi a sfavore dell'alternativa seguita si pongono in posizione dissonante rispetto alla scelta ormai fatta. Inoltre, maggiore è l'importanza percepita della decisione in questione, più forte sarà la dissonanza. L'individuo tende, allora, a ridurre la dissonanza minimizzando o negando le informazioni dissonanti e ricercando e valorizzando quelle che, invece, gli offrono delle conferme circa la validità della scelta fatta.



Nello studiare la strategia comunicativa l'impresa deve perciò tenere in piena considerazione la possibilità che i propri interlocutori siano talmente coinvolti nelle scelte da loro compiute che coglieranno qualsiasi occasione per ignorare, rifiutare o negare i messaggi che si collocano in posizione dissonante con tali scelte.

Se si ottiene, con le minacce o con le blandizie, che una persona di comporti in modo difforme rispetto alle sue credenze, convinzioni, valori, si crea in essa una situazione di dissonanza. Se, invece, egli non accetta l'imposizione, l'attrattiva delle ricompense rifiutate o la negatività delle punizioni che dovrà subire si pone come dissonante rispetto alla situazione in cui tale persona si è messa, dal momento che ora le ricompense sono irraggiungibili e le punizioni sono ormai inevitabili. Anche in questo caso la dissonanza sarà tanto maggiore, quanto più profonda ed importante è la credenza o il valore in gioco. La persona sarà tentata di ridurre la dissonanza - e quindi cercherà di giustificare il suo comportamento - minimizzando l'importanza della credenza violata o addirittura modificando la credenza stessa, oppure rendendo massima la percezione della punizione evitata violando la credenza, oppure, ancora, rendendo massimo il valore della ricompensa ottenuta col comportamento scelto. Le implicazioni di questo aspetto della dissonanza cognitiva in termini di strategie persuasive consistono, in primo luogo, nella possibilità di ottenere un mutamento duraturo negli atteggiamenti offrendo una giustificazione sufficiente, anche solo temporaneamente, a far mutare gli atteggiamenti stessi, in modo che chi abbia tenuto un comportamento in contrasto con la propria precedente opinione sia portato successivamente a ridurre la situazione di dissonanza. In secondo luogo, se si riesce nell'intento di ottenere che l'individuo sostenga una volta in pubblico una tesi che intimamente non condivide, egli, per ridurre la dissonanza, sarà poi portato a mutare durevolmente le proprie convinzioni.

La situazione di dissonanza nella quale un individuo che abbia occasione di ricevere informazioni che contraddicono le sue credenze si viene a trovare, sarà tanto maggiore, quanto più importanti e profonde sono le credenze in questione, quanto più l'informazione ricevuta si pone direttamente in contrasto con esse, e quanto più questa informazione appare incontrovertibile.

L'individuo sarà allora portato a ridurre la dissonanza giungendo alla conclusione che le sue attuali credenze sono di scarsa importanza, oppure cercando il modo di fare coesistere sia le sue credenze che le informazioni ricevute, ovvero contestando (se possibile) la veridicità delle informazioni stesse, e, infine, cambiando le sue opinioni (ma solo come ultima ratio).

Nel momento in cui l'individuo si trova faccia a faccia con qualcuno che ha opinioni contrastanti con le sue, la dissonanza aumenterà con il livello di autorevolezza e di stima di cui l'interlocutore è portatore, nonché con l'importanza e la profondità degli argomenti sui quali verte il dissenso. Anche da questa considerazione viene fuori il surplus di valore per la marca che potenzialmente può portare l'associazione ad un testimonial.

In questa situazione, la persona cercherà di ridurre la dissonanza cercando di far cambiare opinione all'interlocutore portandolo sulle proprie posizioni, minimizzando l'importanza dell'interlocutore stesso (operazione tanto più difficile quanto più questi goda di una reale autorevolezza), minimizzando l'importanza o la dimensione del disaccordo, cercando di raccogliere informazioni e testimonianze favorevoli alla propria tesi (ovvero, cercare di reperire altre persone che possano aggiungersi nel sostenerla), o, infine, cambiando opinione.


Una particolare tecnica che è possibile utilizzare, sempre con riferimento al concetto di dissonanza cognitiva, è quella per la quale si cerca di avere un accesso alla mente del potenziale cliente all'apparenza il più possibile innocente e disinteressato, senza comportare altri impegni, per poi arrivare via, via a cose più impegnative[11]. Il meccanismo persuasivo si basa sul fatto che ad un certo punto viene a crearsi ad arte una situazione di dissonanza tra le risposte date e la primitiva disposizione d'animo (o il primo proposito) di non consentire l'accesso alla propria attenzione e disponibilità. In sostanza, avviene che, avendo violato le proprie precedenti opinioni e credenze, la persona ristabilisce l'equilibrio spostandosi sul versante opposto e accettando come cosa positiva la tesi ad esso corrispondente.

Anche il ricorso alla distribuzione di campioni-omaggio tenta di indurre una situazione di dissonanza nel potenziale cliente, per risolvere la quale egli sia indotto a modificare le proprie abitudini: attraverso la prova ripetuta del campione, la persona, dovendo giustificare a se stessa il "tradimento" della precedente opinione, sarà indotta a riconoscere nella nuova marca delle qualità insospettate in grado di sostituire, come se si trattasse di una conquista autonomamente raggiunta, quella che in precedenza occupava il relativo spazio mentale.


4.3.3 - Dinamicità delle posizioni strategiche: la marca tra cambiamento di prospettiva e adattamento.

Abbiamo osservato come la comunicazione persuasiva costituisca un elemento fondamentale del posizionamento strategico e come i concetti da essa espressi debbano essere pervasivi rispetto a tutti quegli elementi di contatto tra l'offerta dell'impresa ed il target di riferimento che sono in grado di dare origine alle particolari associazioni che vanno a definire la posizione competitiva della marca.

A riguardo, il principale problema che gli strateghi d'impresa si trovano ad affrontare è, quindi, l'individuazione della direzione verso cui orientare l'immagine di marca, in modo da raggiungere lo spazio mentale del consumatore che maggiormente la valorizza e che meglio esprime i tratti dell'esigenza da soddisfare così come quest'ultima scaturisce dalla fusione raggiunta con il potenziale acquirente.

Non si tratta, tuttavia, di una questione così generica come la si potrebbe intendere ad un primo approccio. In realtà, esistono implicazioni, talvolta anche molto sottili e difficili da individuare correttamente, che spingono verso una piuttosto che verso l'altra attività da inserire nella più ampia trama strategica d'impresa in modo da ottenere il risultato atteso in termini di associazioni evocate e, per loro tramite, di posizione raggiunta. Oltre a ciò, la definizione di una strategia di posizionamento deve fare i conti da una parte con tutto quanto si trova già nella mente del potenziale cliente, e dall'altra con il fatto che, verosimilmente, esisteranno dei competitori insediati in posizioni altrimenti appetibili per la marca o che influenzano, comunque, le possibilità a disposizione della concorrenza.

In questo modo, l'impresa al centro del processo di posizionamento viene a trovassi nella condizione di muoversi tra aperture mentali e spazi competitivi che possono rivelarsi ampi o stretti, lineari o frammentati, con possibilità di ripiego su posizioni coperte e maggiormente difendibili o con il rischio di ritrovarsi completamente allo scoperto in balia di eventuali attacchi da parte della concorrenza. Inoltre, occorrerà considerare quali potranno essere i possibili scenari competitivi che si vengono a determinare in seguito all'intrapresa di questa o quella particolare azione di marketing.

L'importanza del conoscere il funzionamento del momento interpretativo posto in essere da parte dei consumatori e dei processi mentali attraverso i quali gli stimoli si rivestono di significati, diviene determinante nel momento in cui si manifesti la necessità di un riposizionamento. In questa situazione, l'adozione di linee di azione in grado di attivare meccanismi persuasivi ricopre un ruolo prioritario. Allora, infatti, il problema centrale da affrontare diviene quello di riuscire a far mutare l'immagine della marca così come essa viene percepita dalla mente. Si tratta, in sostanza, di essere in grado di far mutare la prospettiva secondo cui i concetti di cui la marca è espressione vengono guardati dal target di riferimento, ponendosi in sintonia (fusione) con quanto esso vive in termini sia di esigenze avvertite, che di aspettative latenti. Quello che da un punto di vista può non apparire idoneo a risolvere un problema percepito (di qualunque natura - funzionale, simbolica . - esso sia), magari può diventarlo da un'altra angolazione. La relatività dei punti di osservazione e valutazione dei protagonisti al centro dell'arena competitiva è il punto centrale che ad un tempo sintetizza e promuove la dinamicità delle posizioni occupate in un particolare mercato.

Se il livello di orientamento al mercato e di fusione con esso è ad uno stato avanzato, l'impresa si dimostrerà probabilmente in grado di superare, tramite una manovra di aggiramento semantico, l'ostacolo comunicativo che si oppone ad una piena assimilazione, da parte dei consumatori, degli elementi che caratterizzano l'identità di marca. Altrimenti, occorre avere, comunque, la consapevolezza dei propri limiti di iniziativa e di visione strategica e l'umiltà di seguire una posizione che magari presenta un taglio inferiore, ma che, nella realtà, maggiormente aderisce alle effettive possibilità posizionali della marca.

Nonostante un avanzato stato conseguito nel processo di fusione con il mercato, tuttavia, può accadere che ciò non risulti sufficiente per conferire visibilità e spessore alla posizione verso la quale l'impresa va a muoversi. In effetti, l'immagine, nella totalità o solamente in poche (ma determinanti) delle associazioni da essa richiamate, può risultare così fortemente radicata da non lasciare altro spazio che quello per un intelligente adattamento a quanto risulta già presente nella mente dei potenziali compratori e disposto attorno ad un modello di significati ormai consolidato. L'adattamento può rappresentare, in altre parole, la risposta più confacente ad una situazione in cui sia ben chiaro ai consumatori chi detenga la leadership della categoria di riferimento e su quali basi ciò sia possibile. Nono solo: come abbiamo visto nel secondo modulo[12], le rispettive posizioni occupate dai concorrenti presenti nella scala valutativa inerente una determinata categoria di prodotto sono note alle persone una volta che tale categoria sia stata creata ed entri a far parte del loro mondo concettuale di riferimento.

Starà alle specifiche caratteristiche circostanziali indicare se sia più conveniente per la marca un approccio adattivo, piuttosto che uno volto ad aggirare gli ostacoli concettuali che si frappongono al raggiungimento di una determinata posizione o, ancora, uno che consenta un'azione così pertinente, repentina e ficcante da rendere possibile l'appropriazione di uno spazio rimasto vuoto e disponibile per la miopia strategica degli avversari o perché qualcuno di essi ha lasciato libero in seguito ad un'opzione di riposizionamento o ad un errore strategico (un riposizionamento attuato senza che ne sussistesse la volizione).







Fiocca (R. Fiocca, Relazioni, valore e comunicazione d'impresa. La comunicazione integrata nell'economia delle imprese, EGEA, 1993, p. 45) definisce comunicazione «tutto ciò che, esplicitamente o implicitamente, incide (modificandoli o rinforzandoli) e sugli atteggiamenti delle persone», rendendone la vastità del campo di applicazione. Non si tratta di una definizione eccessivamente generica, ipotizzando, l'autore, che la comunicazione crei valore economico arrecando benefici diretti per l'impresa, se gestita correttamente ed in maniera intelligente, sia in termini di capacità competitiva, sia sul versante reddituale. Di più: per Fiocca «Il valore dell'impresa si evince dalla capacità dell'impresa stessa di adattarsi, in modo continuo e articolato, ai fabbisogni espressi dalle domande (di mercato, di lavoro, di capitali); fabbisogni che hanno la peculiarità di essere individuali e mutevoli nel tempo (p. 10)». Ritroviamo, in queste parole, concetti riconducibili a quell'ideale di fusione con il mercato che abbiamo riconosciuto essere il punto di fuga verso cui far convergere le prospettive strategiche aziendali, allo stesso modo in cui traspare il rilievo in cui l'autore pone i fenomeni associativi e la loro funzione di connettori di significati tra le parti coinvolte nel processo comunicativo: «Le capacità di adattamento dell'impresa si realizzano nelle relazioni. E la comunicazione è l'elemento centrale (il vettore) di tali relazioni (p. 10)».

In un'opera successiva (R. Fiocca, E. Corvi, Comunicazione e valori nelle comunicazioni d'impresa, EGEA, 1996, p. 19), la relazione riconosciuta tra comunicazione e valore emerge ancora più chiaramente: «L'obiettivo ultimo della comunicazione è la creazione e la diffusione del valore d'impresa». Allo stesso modo, gli autori (p. 22) evidenziano il nucleo centrale del problema della simbiosi dell'impresa con il mercato: «Allorché si afferma che l'obiettivo finale della comunicazione nei confronti del sistema-ambiente e del sistema-impresa è rintracciabile nella modifica degli atteggiamenti, che consentono lo sviluppo di comportamenti funzionali alle finalità dell'impresa, si intende sostenere che la comunicazione consente all'impresa di intrattenere migliori relazioni con l'ambiente. Migliori relazioni con l'esterno e al suo interno significano maggiore sintonia, superiore capacità di rispondere ai bisogni e alle esigenze dell'ambiente di riferimento e più elevate possibilità di assolvere al meglio il ruolo dell'impresa come unità economica. La comunicazione è quindi un meccanismo di avvicinamento dell'impresa ai mercati e, più in generale, ai sistemi ambientali; essa rappresenta il vettore principale dei flussi di relazioni che inseriscono l'impresa nell'ambiente in modo unitario e sistemico, e crea valore avvicinando reciprocamente domanda e offerta».

Favorevole nel senso di andare nella direzione desiderata, qualunque essa sia.

Secondo Maslow (v. A. H. Maslow, Motivation and personality, Harper & Row, 1954, citato, tra gli altri, in N. Damascelli, 1993, op. cit., p. 88) i bisogni umani si dispongono secondo una precisa gerarchia (una scala gerarchica "di prepotenze"), in base alla quale il passaggio al livello superiore nella ricerca della soddisfazione dei bisogni, avverrebbe solo in seguito al soddisfacimento di quello attualmente percepito come attuale ed incombente.

L'uomo, nella visione dell'autore, tende a soddisfare prioritariamente i bisogni fisiologici, e quindi, rispettivamente, il bisogno di sicurezza e protezione, quello di socialità e appartenenza al gruppo), quello di stima, quello di autorealizzazione. La struttura dei bisogni presenterebbe, inoltre, un'evoluzione in funzione dell'evoluzione dell'individuo.

In realtà, comunque, sussiste sempre una certa coesistenza tra le diverse categorie di bisogni, l'importanza particolare delle quali può variare secondo le caratteristiche dei singoli individui, delle loro esperienze cumulate nel tempo e delle interpretazioni ad esse date, dei diversi aspetti circostanziali.

In una successiva rielaborazione, Maslow aggrega  i bisogni fisiologici e di sicurezza nella comune categoria dei bisogni da deficit (quelli che spingerebbero l'individuo a colmare le carenze organiche e psicologiche) ed i bisogni di appartenenza, di stima, di autorealizzazione in quella dei bisogni collegati con la crescita dell'individuo (quelli che lo spingono a migliorare e realizzare se stesso).

N. Damascelli, 1993, op. cit., pp.96-l03.

Cfr. par. 2.3.

Per uno studio sulla relazione tra l'allegoria e la strategia pubblicitaria si veda: B. B. Stern, Medieval allegory: roots of advertising strategy for the mass market, Journal of marketing, luglio 1988, pp. 84-94.

Naturalmente, deve risultare che questo è quanto essi si aspettano necessitando di un qualcosa che li istighi e li forzi ad un comportamento che, altrimenti, non avrebbero il coraggio e la forza di seguire. Spesse volte, infatti, il bisogno di sicurezza diviene bisogno di avere una sorta di padre-padrone cui affidare la propria sorte e che sollevi dalle problematiche - stressanti e potenzialmente sconvenienti per gli equilibri, di qualunque livello essi siano, così faticosamente conseguiti - del pensare.

S. Moscovici, Psicologia delle minoranze attive, Boringhieri, 1981 (citato in: A. S. de Rosa, A. H. Smith, strategie comunicative da «minoranza attiva» nello scenario dei pubblicitari: il caso Benetton - Toscani, in "Micro & Macro Marketing", aprile 1997, pp. 104-l07.

La risposta cognitiva delle persone esposte a comunicazioni originali e minoritarie risulta, in effetti, particolarmente elevata: le posizioni espresse dalle minoranze dissenzienti, in altre parole, sono in grado di ricevere una maggiore attenzione e costituire oggetto di una più profonda riflessione critica, favorendo un eventuale cambiamento di opinione (il quale si dimostra più stabile di quello prodotto da una fonte maggioritaria). Tale cambiamento avviene in forma indiretta, a livello latente, quindi, ritrovando una certa stabilità, anche ad un livello cosciente. Le minoranze dissenzienti, infatti, producono e manifestano uno strano potere: persistendo nella difesa allo stesso tempo oltranzista, ma ragionata, flessibile e attenta delle proprie posizioni, determinano a livello profondo una modificazione degli atteggiamenti la quale, tuttavia, corrisponde spesso - ad un livello manifesto - all'espressione di critiche e valutazioni negative.

Pare, inoltre, che le fonti minoritarie stimolino, nell'ambito di una situazione problem-solving, la formazione di risposte cognitive più articolate, creative e ragionate, ma anche più poliedriche, e conflittuali di quelle indotte da una fonte maggioritaria. Le minoranze attive, in effetti, stimolerebbero un pensiero di tipo «divergente» che porterebbe ad interpretazioni nuove, originali e relativamente diversificate dei problemi oggetto di discussione.

Infine, si può ipotizzare che le fonti minoritarie facilitino il ricordo delle  informazioni presentate attraverso una comunicazione: le informazioni trasmesse da un gruppo minoritario che si oppone ad alcune delle norme e delle idee della comunità verrebbero ricordate più facilmente di quelle inviate da un gruppo maggioritario che incarna i modelli culturali radicati nel senso comune.

Una particolare tattica utilizzabile dal gruppo minoritario attivo consiste, appunto, nel creare un conflitto per poi gestirlo a proprio vantaggio attraverso l'adozione coerente di stratagemmi retorici volti a spostare l'ago della bilancia verso una maggiore accettazione delle proprie posizioni. Essenziale, a riguardo, è il passaggio più diretto possibile tra la comunicazione e l'azione, tra il dire e il fare, di modo che mentre da una parte vengono con risolutezza e prontamente confutate le critiche, dall'altra si dimostra la fondamentale coerenza e limpidezza della propria condotta strategica.

Tale comportamento è riconducibile a quello tipico del venditore che mette il piede nella porta, forzando la volontà e la ricettività del padrone di casa attraverso l'offerta di campioni gratuiti o con la scusa di una semplice indagine informativa.

Cfr. par. 2.1.3.


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