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Comunicare con il pianto - Le fasi del pianto - Capire i pianti del neonato

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Comunicare con il pianto

Alla nascita possediamo delle capacità iniziali, ossia degli schemi di comportamento parziali che con la maturazione e l'esperienza si perfezionano, ma che in principio danno la possibilità di interagire in qualche modo con l'ambiente. Il pianto dalla nascita fino a circa un mese d'età è l'unico suono che il neonato produce.

Questa attività dei neonati è più complessa e variata di quanto comunemente si creda. Il pianto di un neonato è una competenza piuttosto organizzata che può esprimere stati psichici diversi.

Le fasi del pianto

Il pianto di un neonato si tratta di una attività di inspirazione ed espirazione, di alternanze di suoni e di pause. Coloro che li hanno studiati distinguono i vari tipi di pianto sulla base della lunghezza delle fasi e dell'altezza dei toni che li compongono.

Le fasi sono quattro:

l'espirazione;

una pausa;

l'inspirazione;

un'altra pausa.

Una delle caratteristiche tipiche del pianto di dolore è un'espirazione molto lunga seguita da una lunga pausa. Il pianto di rabbia invece non ha pause lunghe ma è formato da tante esplosioni molto ravvicinate che danno l'impressione di un'unica tirata.

Il pianto non è soltanto l'espressione di un disagio o di un dolore, ma serve al neonato per sollecitare le cure materne in vari modi.

Capire i pianti del neonato

Quando il piccolo non dispone ancora del linguaggio delle parole può utilizzare il pianto come richiamo, per fare accorrere l'adulto quando ha fame o vuole essere preso in braccio. I lattanti possono anche <<imparare>> a piangere, attraverso un meccanismo di condizionamento, in quanto presto intuiscono che il pianto può comportare una confortante dose di attenzioni.



Imparare a piangere

Dagli studi in questo campo è emerso che l'attenzione sollecita di un genitore verso un pianto motivato non <<vizia>> un bambino molto piccolo. Nei bambini più grandicelli un pianto che abbia il solo scopo di attirare l'attenzione può anche essere ignorato, perchè crescendo il bambino dovrebbe comunicare con il linguaggio.

Il pianto è spesso una spia di uno stato interno, un meccanismo che rappresenta una delle reazioni del sistema nervoso non molto diverse da quegli automatismi che ci portano ad arrossire; il pianto è anche un meccanismo liberatorio e come tale ha una sua funzione positiva.

Il pianto da 0 a 2 anni

Il pianto può assumere caratteristiche diverse non solo in relazione agli stimoli che lo determinano, ma anche in relazione all'età del bambino, segnando le tappe del suo sviluppo:

a 2 mesi, il pianto si modifica: non si limita più ad esprimere sensazioni elementari ma inizia ad essere un mezzo per comunicare emozioni e paure. Il bambino ora piange meglio, senza produrre più dei rumori nell'inspirazione;

a 7-8 mesi, il pianto esprime rabbia o richiesta d'attenzione. Ora il bambino pronuncia anche le prime bisillabe;

a 2 anni, il pianto è una componente naturale e può esprimere la paura che il bambino ha di sbagliare.




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