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A CHI FA PAURA IL SETTE IN CONDOTTA



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A CHI FA PAURA IL SETTE IN CONDOTTA


'A chi fa paura il sette in condotta' è un articolo saggistico di Mario Pirani, pubblicato il 2 febbrario 2001 sul quotidiano 'La Repubblica'.

In questo articolo si parla soprattutto delle riforme che rischiano di far decadere completamente la scuola pubblica.

Pirani si propone di farci vedere come, grazie a queste riforme, gli insegnanti non abbiano più mezzi per contrastare la maleducazione e la sfrontatezza dei ragazzi nelle scuole.

In favore della sua tesi il giornalista ci porta anche alcuni esempi.



Con la scissione del comportamento dal profitto, non esiste più nessuna norma disciplinare che dia vigore alla valutazione del comportamento e che fornisca qualche arma di dissuasione agli insegnanti.

Infatti oggi non c'è più il sette in condotta. Inoltre non c'è neppure il quattro in profitto visto che l'alunno può disporre delle <<interrogazioni programmate>>, che lo informano anche sulla data e sull'argomento dell'interrogazione.

Ora si annuncia anche la morte legale della bocciatura a partire dai sette anni della scuola di base.

Con l'abolizione dei voti, delle elle, della bocciatura e di quant'altro si stanno ponendo le basi per una scuola di mercato, basata esclusivamente sulle nuove <<offerte formative>>, che attraggano i giovani, liberandoli dal vecchiume della didattica tradizionale, senza deluderli e senza rendere faticoso il loro lavoro. Così gli unici a conservare la didattica tradizionale sarebbero le scuole private cattoliche.

I sostenitori di questi riforme affermano che il loro intento è quello di adeguare la scuola alla modernità. Ma, il mondo d'oggi richiede una durissima competizione. Prevale solo chi è abituato a gareggiare. Da una scuola permissiva, senza un corpo docenti autorevole, non possono che uscire giovani disabituati ad ogni regola e impreparati culturalmente e spiritualmente alla competizione. Si salveranno quasi sempre i li di famiglie benestanti e colte che posseggono altri mezzi di educazione e di formazione.

Il disagio diffuso è anche confermato dalle centinaia di lettere, e-mail, fax che la redazione de 'La repubblica' ha ricevuto dopo la prima lettera di protesta pubblicata dal giornale.

Pirani confuta anche chi non è d'accordo con lui.



C'è,infatti, chi sostiene che la disciplina non serve a nulla visto che il bravo insegnante non avrebbe bisogno di armi dissuasive. Infatti, secondo Citati e Lodoli, sono molti gli insegnanti che sopravvivono al massacro quotidiano. Questo atteggiamento a vista del giornalista è un alibi per rigettare la colpa di questo degrado sugli insegnanti, incapaci di ascoltare i ragazzi, di inventarsi attività coinvolgenti, insomma di esercitare la loro professione.

Altri dicono invece che questo degrado derivi dalla fine della ura del padre e quindi dalla caduta di ogni autorità e di ogni valore.

C'é inoltre chi, come l'ex-ministro Berlinguer, dice che questa maleducazione è causata da un'eccesso di libertà tipica di tutte le società.

In conclusione possiamo dire che gli insegnanti si trovano oggi a non avere più mezzi per contrastare la maleducazione e la sfrontatezza dei ragazzi nelle scuole. Inoltre si rischia che le riforme scolastiche dei prossimi anni portino ad avere una scuola di mercato basata solo su attività integrative, miranti a semplificare la vita degli studenti.

Io sono d'accordo con Mario Pirani visto che anche a mio parere la scuola sta subendo delle trasformazioni che peggioreranno la sua situazione. Però secondo me il degrado della scuola pubblica è anche a volte dovuto agli insegnanti che organizzano le interrogazioni programmate e che evitano di mettere quattro in profitto a chi in realtà se lo merita.







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