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Cattedrale di Modena

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L'attuale bellissimo edificio sorse nel 1099 nel luogo ove, già dal 400, esisteva una chiesa costruita attorno al sepolcro di S.Geminiano.


La facciata del Duomo, di bellissime proporzioni, è suddivisa in tre parti, corrispondenti alle navate interne, da due alti pilastri che delimitano la sezione centrale. Questa è affiancata dalle parti laterali spioventi. Due torrette ottagonali sormontate da edicole aumentano lo slancio della sezione centrale, alleggerita dall'ampio rosone gotico a ventiquattro raggi. Percorre orizzontalmente la facciata un'armoniosa loggia ripartita in sei arcate che circoscrivono altrettante trifore a colonnine sormontate da bellissimi capitelli. Tra le due arcate centrali, più strette, si situa un'edicola, retta da colonne, poggiante sul protiro del portale maggiore, sostenuto da due leoni stilofori di epoca romana, mentre altre due porte laterali, di dimensioni minori, si aprono nella facciata. La loggia si sviluppa lungo i fianchi e le absidi del Duomo, scandendoli ritmicamente.




Il lato meridionale del Duomo si affaccia sulla Piazza arricchito dalle numerose opere d'arte che nei secoli si sono aggiunte al primitivo progetto di Lanfranco. La sopraelevazione della navata centrale è esternamente scandita da lesene culminanti in antefisse, comunemente denominate 'metope', che presentano varie rafurazioni: creature favolose, esseri mostruosi, personaggi in atteggiamenti singolari, acrobatici. Attualmente le metope originali si trovano al Museo Lapidario del Duomo e al loro posto compaiono copie eseguite nel 1948 da Arrigo Boccolari.

La bella porta che si apre sulla sinistra è detta 'Porta dei Principi".


A destra della Porta dei Principi, in alto, si vede un celebre bassorilievo rafurante Giacobbe che lotta con l'Angelo e la Verità che strappa la lingua alla Menzogna

Due leoni in marmo rosso che stringono tra le zampe un animale sorreggono due colonne, una poligonale e una cilindrica, con capitello a fogliami su cui poggia il pronao. Dietro ciascun leone si vedono, su di una base a organetto, quattro esili colonnette annodate con il nodo di Salomone. Una notevole strombatura decorata a motivi geometrici e vegetali incornicia la porta e l'archivolto: nella strombatura di sinistra è scolpita una moneta, che ricorda il diritto concesso dall'Imperatore Federico II alla città di Modena nel 1226 di coniare denaro.

Al culmine della superiore loggia a tre arcate si vede un leone di epoca romana rinvenuto all'inizio dell' '800 nel giardino del marchese Campori. La statua di S.Geminiano, opera recente di Tiziano Quartieri, sostituisce un'immagine in bronzo e rame del Santo eseguita nel 1376 da Geminiano Paruolo per commissione di un tale 'Cichinus Ravaxius' quale ringraziamento per la guarigione dalla peste. Quest'opera è attualmente collocata all'interno dell'abside centrale superiore. L'osso (costola) di balena che si vede appeso nell'edicola della Porta Regia venne rinvenuto, secondo la tradizione, nella Piazza Grande (se ne ha notizia dal 1518).

Il bassorilievo che segue, situato nell'ultima arcatura, fu eseguito nel 1442 da Agostino di Duccio, allievo di Donatello, per commissione del massaro Lodovico Forni. Anche la parte absidale del Duomo presenta il motivo ricorrente della galleria che, come negli altri lati, scandisce longitudinalmente l'edificio. Il prospetto delle tre absidi fu ripristinato nell'aspetto che oggi possiede nel 1897: precedentemente l'abside minore di settentrione era più elevata e, internamente, ospitava una cappella, detta 'delle Reliquie' riccamente decorata a stucco dal Galaverna nel '600. Il proposito di ripristinare nella sua originaria forma il lato orientale del Duomo, comportò la necessaria demolizione della pur bellissima aggiunta seicentesca e il riequilibrio delle due absidi minori che furono così riportate alla stessa altezza.

Sulla sommità della sopraelevazione cuspidata della navata centrale si vede un angelo in marmo, simile a quello della facciata, opera dei Maestri Campionesi, inizio del XIII secolo. Ai lati si trovano due torrette ottagonali sormontate da un'edicola, simmetriche a quelle della facciata.

All'esterno dell'abside maggiore si legge un'iscrizione a lettere romane del canonico Aimone che ricorda la fondazione della Cattedrale per opera di Lanfranco, le sculture che ornano la chiesa e i favori che i fedeli ottengono pregando sulla tomba di S.Geminiano. La lapide fu fatta incidere dal Massaro Bozzalino (1208-l225).

Ai lati della finestra dell'abside maggiore, che presenta un bellissimo fregio a girari di foglie di quercia nell'archivolto e una testa di medusa nella lunetta sottostante (Campionesi), si trovano incise alcune misure modenesi: mattone, coppo, pertica e braccio.

Si notino, nel tratto di galleria a colonnette interrotto dal muro di congiunzione alla Ghirlandina, le uniche tracce di affreschi rimaste risalenti al XIV secolo.

Due leoni stilofori che abbrancano prede tra le zampe reggono le colonne con capitelli a fogliami su cui poggia un protiro sovrastato da un'edicola cuspidata. L'archivolto è ornato da un bassorilievo rafurante un episodio del ciclo cavalleresco bretone: al centro si vede un castello posto in mezzo alle acque in cui è prigioniera Winlogee (Ginevra), sorvegliata da Mardoc. Sulla sinistra l'assalto al castello è guidato da re Artù di Bretagna, accomnato da un cavaliere senza nome e da Isdernus; a difesa del castello esce Burmaetus armato di martello; sulla destra Carradus a cavallo difende il castello dagli assalitori Galvaginus, Galvarium e Che.


Un secondo archivolto a mattoni, inscrive il primo. La parte frontale dell'architrave è decorata da una ricca ornamentazione composta di cinque settori in cui sono scolpiti animali fantastici ai lati e un fregio floreale al centro. Gli stipiti frontali recano fregi a motivo vegetale con ure umane ed animali, retti alla base da telamoni. La parte interna degli stipiti presenta, scolpiti a bassorilievo entro edicolette, i dodici mesi dell'anno simboleggiati da ure umane intente ai lavori di stagione. La decorazione della porta è opera della scuola di Wiligelmo (forse di Nicolò), prima metà del sec. XII.

Anche le metope del lato settentrionale sono copie delle originali conservate al Museo Lapidario del Duomo. Sul fianco settentrionale della chiesa si trova, all'altezza della terz'ultima arcata, una porticina cinquecentesca che, fino ai lavori di isolamento intervenuti alla fine del secolo scorso, era situata in corrispondenza della semicolonna di sinistra in quanto era stata aperta per fungere da passaggio al cortile delle canoniche e quindi era inquadrata nella struttura architettonica di queste ultime. Quando si trattò di ricostruire il lato settentrionale del Duomo, una volta abbattute le canoniche, la porta venne a trovarsi nel punto in cui doveva essere completata la semicolonna e venne perciò spostata verso destra. Secondo alcuni studiosi un'entrata doveva originariamente trovarsi nel fianco settentrionale in corrispondenza della opposta Porta dei Principi: scrive il Messori Roncaglia che, con tutta probabilità, si trattava della 'intrada delle donzelle', di cui parla il Lancillotto nel 1532. Da questa porta proverrebbero i rilievi che oggi ornano la Porta della Pescheria, aperta secondo lo studioso nel '300 contemporaneamente all'erezione delle sagrestie.


L'interno della Cattedrale, semplice e solenne, è a forma basilicale e presenta tre navate e tre absidi. La lunghezza è di 64 metri, mentre la larghezza è di 22. I muri della navata centrale, sorretti da pilastri cruciformi in cotto, formati da quattro semicolonne addossate a un tronco centrale quadrangolare, alternati a colonne monolitiche in marmo, sono percorsi da una loggia (o finto matroneo) a trifore sorrette da colonnine inscritte entro archi, motivo che richiama la loggia esterna che corre lungo tutto il perimetro del Duomo. Superiormente, entro ampie arcate cieche pensili, si aprono strette ed alte finestre a coronamento semicircolare che danno luce alla navata centrale. Il soffitto era originariamente in legno e le attuali volte a cordoni furono innalzate nel '400. Il pavimento in marmo bianco e rosso venne abbassato di quaranta centimetri durante i restauri del 1914/21. Tracce di affreschi tuttora visibili fanno ritenere che tutto l'interno fosse dipinto.

Più oltre si trova un altare detto delle Statuine o di S.Caterina, con una bella ancona di epoca quattrocentesca, eseguita da un Michele da Firenze (nel 1986 l'altare venne restaurato e fu tolta la coloritura).
Sulla parete si vedono anche resti di affreschi ritraenti crociati e santi del sec. XIV, attribuiti a Tommaso da Modena. Più oltre una lapide ricorda Giacomo Fogliani (m. 1518), organista del Duomo.

L'altare successivo presenta una bella arcata rinascimentale fatta erigere dal vescovo Boccaccio o Bociaci attorno al 1480. La bella tavola rafura S.Sebastiano tra S.Giovanni Battista e S.Girolamo e in alto la Madonna col Bambino, S.Lorenzo, S.Rocco e serafini: è opera del ferrarese Dosso Dossi (eseguita con la collaborazione del fratello Battista) e venne qui sistemata nel 1522. Le due tavolette rafuranti S.Lucia e S.Eligio (o Sant'Alò) sono di Luigi Manzini del 1844.

Una scala addossata alla parete conduce al presbiterio. Sul muro si vedono: il monumento sepolcrale di Claudio Rangoni (m. 1537) eseguito dal modenese Nicolò Cavallerini su disegno di Giulio Romano. In cima alla scala a sinistra troviamo la porta della Sagrestia, sopra alla quale è collocata la lapide del canonico Antonio Bertesi (m. 1848). La sagrestia attuale occupa l'area originariamente coperta dalla prima, che però si trovava a piano terreno. La nuova fu edificata nel 1471 su progetto di Pacomio da Corsica, abate del monastero di S.Pietro, e nel 1898 venne ridotta in occasione dell'apertura di Via Lanfranco. La volta presenta tre tondi in cui sono rafurate le maggiori solennità del Duomo: S.Geminiano l'Agnello Pasquale al centro; la Madonna col Bambino. Nella parete ovest si trova una grande tela ad olio che serviva da protezione all'organo e che è stata purtroppo deturpata dai restauri: è di Lodovico Lana e ritrae S.Geminiano che offre la città di Modena alla Madonna (sec. XVII). Seguono due tele seicentesche di Bernardino Cervi: in alto una Gloria di Angeli musicanti; in basso, Cristo appare ai discepoli di Emmaus. Il successivo grande dipinto ad olio, proveniente dal fondo dell'abside maggiore ove fu collocato dal 1762 al 1880, è opera settecentesca di Francesco Vellani e ritrae l'Assunzione della Madonna. Altre due tele di Bernardino Cervi rafurano una Gloria di Angeli con i simboli della Passione e Cristo risorto che appare alle tre Marie.

L'altare della sagrestia, presenta una statua in marmo bianco dell'Immacolata sul tabernacolo. Nella Sagrestia dei Canonici, si vedono alle pareti vari ritratti di benefattori e Nella Sala modulare si trovano altri dipinti, tra cui sono da osservare una copia del S.Geminiano dello Schedoni dipinta da Ludovico Lana e una Madonna seicentesca di Scuola Emiliana.

L' Archivio modulare (accessibile previo accordo telefonico -tel. 217130- martedì, giovedì e sabato dalle 15,30 alle 17 con visita guidata) vanta una ricca raccolta di documenti, pergamene, codici, cinquecentine, incunaboli: materiale assai vario e prezioso di cui hanno ampiamente usufruito anche il Tiraboschi e il Muratori nei loro lavori di storia locale.
Conserva numerosi diplomi e privilegi imperiali, tra cui una donazione di Flavio Astolfo del 750 e diplomi originali di Carlo Magno.
 

Nel Tesoro del Duomo sono conservate molte pregevoli opere tra cui vanno ricordati 22 arazzi di scuola fiamminga del sec. XVI donati dal Conte Sertorio dei Sertorii nel 1593. Rafurano storie del vecchio Testamento: la creazione di Adamo ed Eva, la fabbricazione dell'arca di Noè, la vicenda di Davide e Golia ed episodi della vita di Giacobbe.

Altro prezioso oggetto conservato nel Tesoro è la Stauroteca di Panterio, croce a doppia traversa del sec. XI proveniente da Costantinopoli. Il nome di Panterio, che forse ne fu l'autore, è inciso sul rovescio.

Sull'altare dell'abside è stato collocato nel 1980 un prezioso polittico -datato 23/3/1385- del modenese Serafino dei Serafini. Rafura: nelle cuspidi la Crocifissione, l'Annunciazione, S.Onofrio e S.Caterina d'Alessandria; al centro l'Incoronazione della vergine da parte di Cristo e i committenti inginocchiati; ai lati S.Cristoforo, S.Nicolò di Mira, S.Geminiano e S.Antonio abate; nella predella gli Apostoli.

Una balaustra separa il presbiterio dalle navate laterali: questa si compone di un doppio ordine di colonnine su cui poggiano due trabeazioni. Quella superiore è ornata internamente da fregi a motivi vegetali e animali. E' opera dei Campionesi, fine del XII sec. (di recente ricostruzione è quella centrale).



L'abside è ornata da finti mosaici eseguiti dai pittori Forti e Migliorini nel 1888 interpretando liberamente il mosaico di S.Maria Maggiore di Roma. Precedentemente l'abside maggiore era affrescata con la Gloria dell'Assunta accolta dall'Eterno tra gli angeli musicanti. Il lavoro era stato eseguito da Geminiano Vincenzi nel 1822. Le attuali decorazioni rappresentano l'Incoronazione della Vergine al centro con ai lati i Santi Pietro e Paolo e Angeli e sotto una fascia a motivi vegetali, i quattro Evangelisti e i loro simboli. Nell'arco reale sono rafurati il profeta Isaia e, entro tondi, i quattro dottori della chiesa latina (Gregorio, Agostino, Girolamo e Ambrogio), l'Agnello Divino, poi i quattro dottori della chiesa orientale (Atanasio, Basilio, Gregorio Nazianzeno e Giovanni Grisostomo) e il profeta Geremia.

L'altare maggiore si compone di una mensa a conca di marmo sostenuta da tredici colonnine di cui quella centrale, a spirale, rappresenta Cristo e le altre, appaiate, i dodici Apostoli. E' del XII sec.

L'Altare del Giudizio, detto anche di S.Bernardino o di S.Antonio, è riccamente decorato da affreschi di epoche diverse. In alto, nella lunetta, è rappresentata una Natività e nei pennacchi l'Annunciazione. All'interno dei pilastri laterali si vedono S.Sebastiano, S.Agostino, S.Francesco e S.Caterina d'Alessandria e nello spessore dell'arco i profeti Malachia, Giacobbe, Isaia, Aronne, Abacuc, Elia, Daniele e Davide. Al centro è dipinta la Vergine col Bambino tra S.Girolamo e S.Bernardino da Siena, mentre nello sfondo e in alto è rappresentato il Giudizio Universale. Il Giudizio è attribuito a Francesco Bianchi Ferrari, mentre il trittico centrale e le altre ure a Cristoforo da Lendinara, fine del sec. XV. Il paliotto in scagliola dei Grifoni da Carpi è della seconda metà del '600.

Tra l'altare e la parete di fondo della navata destra si trova il Monumento funebre a Lucia Rangoni (m. 1508), opera di Antonio da Morbegno e Anzelino Tagliapietre di Mantova, 1515. Sotto si vede la lapide che copriva il sarcofago di Domenico Sigisbaldo da Tortona (m. 1568), colpito dal bombardamento del 1944.

Nella parete di fondo si trovano due lapidi: di Giuseppe Baraldi (m. 1832) e di Teofilo Forni (m. 1574). La lapide situata presso i gradini nel pavimento segnata con borchie in rame copre un pilastro della chiesa precedente.

Nella parete di fondo della navata centrale si apre il bellissimo ampio rosone gotico voluto dai Campionesi, sotto al quale si trova il sarcofago del cardinale Giovanni Battista e del fratello Francesco Ferrari, entrambi vescovi di Modena (morti rispettivamente nel 1502 e nel 1507): il loro sarcofago si trovava precedentemente nell'edicola del portale principale del Duomo, all'esterno dell'edificio; sopra si vedono i loro stemmi e al centro quello del loro protettore Alessandro VI.

Nel primo pilastro a sinistra guardando la porta è dipinto un affresco rafurante il Salvatore nei panni di un pellegrino, opera trecentesca (o quattrocentesca) di ignoto. Tra il pilastro e la porta è affissa una lapide a Giacomo d'Altemps, coppiere dell'imperatore Massimiliano, morto nella battaglia di Ravenna nel 1512; più in alto ricordo dei trasferimenti del suo monumento. A destra della porta si trova la lapide sepolcrale di Giovanni Battista Molza (m. 1581).

Sulla sinistra, all'altezza del secondo pilastro, si vede uno stupendo pulpito scolpito da Enrico da Campione nel 1322. Le undici statuine che lo ornano, alcune in terracotta, altre in gesso, sono di ignoto autore del 1400. Rafurano vari Santi, tra cui S.Geminiano posto alla destra della Madonna, rappresentata nella statuetta centrale. Nel parapetto della scala si vedono due affreschi che ritraggono S.Ignazio vescovo di Antiochia in carcere assalito dalle fiere e lo stesso Santo davanti alla Madonna: sono opera di Cristoforo da Modena (1380 circa).

Sulla sponda della scala sono affissi due frammenti di cornice marmorea del '700, probabilmente risalenti alla basilica precedente. Sopra al pulpito un dipinto di Tommaso da Modena rafura la Madonna col Bambino (1300). Sotto, lo stesso tema interpretato da ignoto del XV secolo.

Di fronte al pulpito si trova un rozzo sedile di legno che si voleva riservato alla famiglia Molza (e dal popolino al boia) durante le prediche. Sotto alla scala che conduce in sagrestia, si nota un cippo di marmo su cui anticamente poggiava la statua in legno di S.Geminiano e serviva a raccogliere le offerte. A destra, una lapide ricorda il monumento Sadoleto, un'altra il monumento Forni.

Bello è il grande Crocefisso duecentesco in legno pendente sul pontile con tre altorilievi in alto e ai bracci rafuranti il Redentore, Maria e S.Giovanni.


L' ambone e il pontile, universalmente riconosciuti come uno dei maggiori capolavori dell'arte romanica, sono stati recentemente restaurati e riportati alla loro originale bellezza cromatica, offuscata in precedenza da un pesante strato di sporco trattenuto da sostanze oleose ossidate dal tempo. Furono eseguiti tra il XII e il XIII secolo dai Maestri Campionesi. Smembrati nel 1593 per volere del Vescovo Silingardi con lo scopo di adeguare alle esigenze della liturgia post-tridentina la conformazione dell'area circostante l'altar maggiore, e ricostruiti negli anni tra il 1916 e il 1921 per opera di Tommaso Sandonnini, le due opere appaiono agli interpreti, pur nella loro unitarietà stilistica, lavoro di diversi maestri.

Eleganti colonne, quattro delle quali sorrette da leoni stilofori che stringono tra le zampe animali e guerrieri, reggono il pontile, mentre due colonne più esili, poggianti su telamoni seduti a gambe incrociate, sostengono l'ambone. I capitelli, magnificamente scolpiti, rappresentano motivi vegetali e animali, storie di Santi ed episodi dell'Antico Testamento.: da notare il quinto, il sesto, il settimo e l'ottavo (da sinistra) in cui si vedono il martirio di S.Lorenzo, il sacrificio di Abramo, la creazione di Adamo ed Eva e Daniele nella fossa dei leoni. La cornice, a foglie avvolte, è simile a quella che orna la Porta Regia.

L'ambone, costruito tra il 1208 e il 1225 da Anselmo da Campione, si compone di sei lastre di marmo greco nelle quali sono scolpiti da sinistra: S.Girolamo e S.Ambrogio, S.Agostino e S.Gregorio Magno, S.Matteo e S.Marco, Cristo in trono, S.Giovanni e S.Luca, Gesù che sveglia S.Pietro.

Nel parapetto del pontile sono rafurati cinque episodi della vita di Cristo: la lavanda dei piedi, l'Ultima Cena, la cattura, la condanna di Gesù e il Cireneo: sono opera dei fratelli Campionesi, eseguiti tra il 1170 e il 1220.


L'ingresso principale della cripta è preceduto da due colonne in marmo con capitelli scolpiti a motivi vegetali che reggono l'arcata centrale d'ingresso, nei cui pennacchi si notano due sculture rafuranti, a sinistra, il amento di Giuda e a destra S.Pietro che rinnega Cristo. Interessanti le mensole sul fronte della cripta: le due alle estremità proseguono lateralmente con rilievi rafuranti a sinistra un animale che divora un uomo, a destra -a fianco di una delle due ure capovolte che fungono da mensole- Sansone che smascella il leone.

Le due lapidi sepolcrali ai lati dell'ingresso centrale ricordano il canonico Guido Guidoni (m. 1346) e il Vescovo Bonincontro da Fiorano (m. 1318). I cancelli delle cinque porte sono del 1678: gli ottoni furono lavorati da Rizzardo Ferrari.  La cripta fu ridotta allo stato attuale dal rifacimento di Francesco Rizzardi su progetto di Pietro Battagliola tra il 1728 e il 1735. Lo stucco della volta fu aggiunto nel 1815 dal Tondelli di Reggio su disegno di G.Soli. Nel 1955 fu rifatto il pavimento, venne aperta la finestra centrale precedentemente chiusa da una tela di B.Schedoni e ai vetri delle finestre furono sostituite tre lastre di alabastro africano.

Nell'abside di sinistra fu collocato nel secolo scorso il battistero, opera del 1587 di ignoto in marmo rosso di Verona. Accanto si vede una lapide del Vescovo Luigi Ferrari (m. 1851) e del canonico Francesco Cassiani Ingoni (m. 1838).


Nell'abside centrale, delimitata da una balaustra marmorea che con andamento sinuoso passa attraverso le colonne che sostengono la volta, si conserva la tomba di S.Geminiano: il sarcofago è quello originale ove il corpo del patrono fu deposto il 31 Gennaio 397, giorno della sua morte. Fu qui trasferito il 30 Aprile 1106 dalla cattedrale precedente. L'arca in tufo o pietra mattona dei Lessini poggia su cinque colonnette romaniche ed è chiusa da due antiche lastre di marmo sorrette da un sostegno in bronzo che consente la rimozione della copertura in occasione della festa del Santo, celebrata il 31 Gennaio.

Ai lati del presbiterio due lapidi ricordano la traslazione e la ricognizione del corpo di San Geminiano avvenute, come si è detto, nel 1106 e i restauri terminati nel 1735. Al centro dell'abside una piccola lapide ricorda gli ultimi restauri.


Nell'abside di destra è conservato il celebre gruppo in terracotta rafurante la Sacra Famiglia eseguito da Guido Mazzoni per la famiglia Porrini attorno al 1480. Al centro siede la Madonna col Bambino in braccio e alla sua destra una fantesca soffia sulla pappa. Dietro l'opera del Mazzoni una lapide ricorda Pietro Cavedoni. A destra si legge la celebre lapide sepolcrale in due lastre di Gundeberga, morta il 12 Giugno 570, con tutta probabilità proveniente dal cimitero della prima basilica. Altre lapidi sono collocate su questa parete: di Annibale Tebaldi, del Vescovo Lodovico Masdoni, di Giovanni Torri, del Vescovo Nicolò Boiardi, di Michele Araldi, di Giovanni Boni de Matarellis e di Domenico Azzaloni. Davanti all'ingresso, nel pavimento, sono poste lapidi sepolcrali degli arcivescovi Cugini, Guidelli, Bussolari, Amici. Più avanti, verso la balaustra, si trovano altre lapidi di Vescovi sepolti nel Duomo. L'organo è del 1906.







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