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DITTERI



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DITTERI


Zanzare e mosche sono due nomi pieni di significato, ai quali si collega un vero senso di malessere; sanguinaria l'una, oltremodo molesta, sporca, proatrice di malattie l'altra; esse fanno il terzetto con la pulce. E' difficile vincere il fastidio se non la ripugnanza che tali bestie suscitano, ma esse offrono in compenso un vasto materiale di osservazione e di studio.

I caratteri fondamentali si riassumono in due sole ali, una proboscide atta a suggere, di solito sangue, un torace con i suoi tre segmenti saldati, e cinque articoli ai piedi; relativamente allo sviluppo presentano forme diverse nelle quali appaiono la larva, la ninfa, l'insetto perfetto. Il tronco dei Ditteri concorda nella sua struttura con i due ordini precedenti. La testa si trova unita al petto mediante un filo sottile, e si può voltare a destra e a sinistra. Il primo dei tre segmenti toracici lascia vedere dal di sopra soltanto le sporgenze scapolari, mentre il secondo, che porta le due ali, ottiene uno sviluppo maggiore. Lo scudetto è sempre distinto, e si stende in modo tale da ombreggiare la parte dorsale dell'addome, quest'ultimo di solito non peduncolato. Il numero dei suoi articoli, importante in certi casi agli effetti della distinzione, varia da quattro a otto; si contano generalmente dalla parte del dorso. Spesso gli organi della generazione sporgono, diversamente conformati nel maschio, sotto forma di ovopositore retrattile e protrattile nella femmina; vi sono inoltre altri segni che aiutano a distinguere i due sessi. Anche i Ditteri, come gli imenotteri, possono essere nudi ò rivestiti di peli per lo più setolosi o lanosi come nelle api; molto raramente il rivestimento è fatto di scagliette come quello delle farfalle e dei coleotteri. Le zampe sono articolate al corpo da anche peduncolate, hanno un segmento femorale, il piede con cinque articoli, il cui primo (metatarso) di solito si prolunga, e terminano in due uncini; fra di essi si può osservare l'uncino anale, ma più spesso ancora si trovano due o tre palette, grazie alle quali le mosche possono passeggiare sugli oggetti più lisci. Le ali, il cui pelo è talvolta visibile, sono trasparenti, alquanto torbide; possono avere disegni eleganti, formati da macchie variopinte, che, come negli imenotteri, hanno la loro base nel colore fondamentale, e non se ne allontanano molto. Data l'uniformità che domina fra i Ditteri, la venatura delle ali acquista una singolare importanza rispetto alla loro suddivisione. Prestando un po' di attenzione, esaminiamo alcune forme principali.



Vediamo per primo che dominano le vene longitudinali, quindi cellette allungate. Per quanto molteplice sia la ramificazione, si riconoscono due tratti principali che partono indipendentemente dalla base e lasciano libero uno spazio più o meno esteso tra di loro; questi due tronchi principali si collegano sempre mediante una venatura trasversale.

Per lo più un terzo ramo, proveniente anch'esso dalla base dell'ala, segue il margine interno, e può essere talvolta indistinto o ben sviluppato. Il margine anteriore stesso forma la costa che suole cessare all'estremità, ma può anche continuare; il limite dell'ala, diventato più fino, indica il suo termine.

Questa vena non è contata nella ulteriore indicazione delle altre vene longitudinali; bisogna stabilire a questo riguardo che tre di queste appartengono al ramo principale anteriore, tre al posteriore, di modo che soltanto sei vene longitudinali risultano contate, e che fra la terza e la quarta esiste la congiunzione dei due rami principali mediante la vena trasversale anteriore. I vari scrittori inoltre sono ancora discordi nella indicazione delle cellette. Comunque, si sa che ogni cella si dice completamente «chiusa», quando è limitata interamente da vene, «aperta», invece, se da una parte il margine dell'ala costituisce la chiusura. In molte famiglie esiste proprio dietro le ali anche una scaglietta più o meno grande sotto la quale è nascosto in parte, o completamente, il bilanciere.

Quei bottoncini peduncolati che colpiscono facilmente lo sguardo, appena sono, come nelle zanzare, «scoperti», formano un organo speciale dei Ditteri, e ad essi vengono attribuiti vari impieghi.

Secondo le ricerche del Dott. Landois i bilancieri servono a far muovere il segmento ronzatore nell'apparato vocale, operando tuttavia soltanto in seconda linea con questo movimento sulla respirazione e sull'attitudine al volo.

Nelle mosche e nelle zanzare le trachee della cassa toracica sono trasformate in apparato vocale. Un apparato ronzante isolato ha presso a poco la seguente struttura: le numerose trachee si avvicinano gradatamente ad ogni stimma fino a formare un solo canaletto; questo si dilata all'estremità in una vescica semicircolare, la cui apertura esterna è in pari tempo il margine dello stimma stesso. La vescica tracheale si piega spesso in delicate lamelle che vengono mantenute scostate da uno speciale segmento ronzatore, il quale si trova subito al di sotto dell'apertura dello stimma.

Quando per mezzo delle trachee l'aria viene aspirata o espirata, mette in moto oscillatorio le lamelle di chitina della cavità vocale, per cui il suono che passa per l'organo respiratorio può ben essere definito «voce».

Naturalmente, la struttura di questo apparato vocale presenta una grande varietà nei diversi Ditteri, anche se rimarrebbe molto difficile studiarla più profondamente e minutamente.

Per quanto riguarda il capo, si può dire che la maggior parte della sua superficie è occupata dagli occhi che sono nudi o cigliati; in molti maschi sono riuniti sul vertice, mentre nelle femmine rimangono sempre divisi, sia pure da una semplice linea frontale. Di solito vi si trovano tre occhi accessori.

Le parti dell'apparato boccale sono più cornee nei succiatori, più carnose negli altri; è ovvio che gli elementi isolati di tale apparato sono di forma diversa a seconda che servano a pungere, a succhiare od a mordere.

La nomenclatura di una descrizione minuziosa definisce «epistoma» lo spazio compreso fra le antenne, il margine interno degli occhi e quello della bocca; viene chiamato «mistace» (mystax) il rivestimento villoso che si trova sulla parte del capo situata al di sotto degli occhi, o sotto i margini della bocca, in contrapposto alla barba che si trova invece sulle guance. I peli isolati che circondano i lati della faccia si chiamano setole e mustacchi; questi ultimi sono sull'orlo superiore della bocca.

In mezzo ai peli setolosi del corpo, specialmente sull'addome, se ne trovano spesso alcuni che si distinguono dagli altri per la loro lunghezza e grossezza, e sono chiamati «macroceti».

Le antenne, che si trovano sempre sulla linea limitrofa dell'epistoma e della fronte, considerate come appartenenti a questa, presentano due casi essenziali.

Nei macroceri, o longicorni, constano di molti articoli (talvolta sino a 36) che possono essere filiformi, perliformi, a spazzola, nei maschi molto pettinati, e distinti come staffili dai due articoli radicali, più grossi e diversamente conformati. Nei brachiceri, o brevicorni, si distinguono soltanto tre articoli, due brevi radicali anelliformi, ed un articolo terminale più grande e di forma diversa; su questo esiste una setola, presso la base, sul dorso, detta perciò setola dorsale, e che si trova sulla punta o vicinissima ad essa. Osservandone con somma attenzione la posizione, se è semplice o articolata, nuda, villosa o penniforme, se ne possono trarre le basi per la distinzione dei generi.

Oltre alle due forme di antenne già descritte, ne esiste una terza che può tuttavia essere ascritta alla seconda; in molti casi, cioè, il terzo articolo appare cerchiato, o presenta un uncino invece di una setola, che talvolta può essere cerchiato. Di solito non esistono mai più di sei articoli con tale struttura.

Le larve dei Ditteri, prive di piedi, abitano l'acqua, la terra, le materie animali o vegetali in decomposizione, e le piante vive, delle quali sono la rovina.

Si trovano anche come parassite in altre larve o in animali dal sangue caldo, ovunque possano prendere il loro cibo allo stato liquido, succhiandolo. Di solito non cambiano pelle durante il loro periodo di crescita. Alcuni tipi di larve, più sviluppate, hanno il capo corneo, con apparato boccale imperfetto, ma esistente, con labbro superiore ed inferiore, ed occhi più o meno perfetti. Sono prive di piedi ed in loro vece esistono peli pungenti, o bitorzoli setolosi, che aiutano molto la larva nel suo strisciare.

Nel secondo tipo di larve, molto più numerose, non si distingue il capo, ma soltanto una estremità aguzza da una parte, ottusa dall'altra. La prima, che si può ritirare nella parte seguente del corpo, rimane assolutamente carnosa; l'apparato boccale presenta due uncini cornei, verticali, operanti l'uno contro l'altro, che servono alla larva a sbranare le parti del cibo e a tenersi durante lo strisciare. In queste larve si trovano all'estremità mozzata e più grossa del corpo, e sopra bitorzoli e rialzi, detti i porta-stimmi, due stimmi laterali; due altri, di solito molto nascosti, si debbono cercare davanti, sui lati del secondo segmento. Queste differenze fra i due tipi di larve spiccano di più nel periodo della trasformazione, poiché quelle del primo tipo rigettano la loro pelle di larva lasciando vedere come scolpite le ninfe con ben distinte le varie parti dell'insetto perfetto, quelle invece appartenenti al secondo tipo non strappano la pelle, ma anzi vi si ritirano dentro. In queste, inoltre, la pelle nella quale si sono chiuse, si indurisce sino a formare le così dette botticelle, nelle quali una leggera sporgenza indica il luogo dei porta-stimmi della larva.

Mentre tutte riposano fuori dell'acqua, le ninfe delle zanzare che vivono nell'acqua si comportano in modo analogo alle loro larve. Così, attraverso le differenze accennate fra le larve e le ninfe, si possono trarre conclusioni generiche riguardo all'insetto perfetto: dalle ninfe scolpite verranno fuori longicorni o zanzare, dalle botticine mosche o brevicorni. Naturalmente, vi sono anche qui delle eccezioni.

@Mosca verde


TIPULARIE O ZANZARE


In questa prima famiglia dei Ditteri troviamo le Tipularie o Zanzare (Tipulariae). Per quanto diverse esse possano sembrare nella mole, nella struttura del corpo e nel modo di vivere, si riconoscono facilmente per il corpicino allungato, delicatissimo nelle specie più piccole, per le lunghissime zampe filiformi, per i lunghi articoli dei palpi, e per le antenne ricche di articoli e spesso elegantissime. Si dànno a questi insetti vari nomi: in Sudamerica si chiamano «mosquitos», in Surinam «trombette del diavolo», e dovunque sono detestate per il loro carattere sanguinario. Molte zanzare vivono nell'acqua allo stato larvale e di ninfa: possono respirare sotto o sopra l'acqua usando branchie esterne o tubi respiratori. Le branchie possono essere capillari e cigliate o lamelliformi, e si trovano di solito, come negli altri, sul primo e sull'ultimo anello del corpo.

La Zanzara Anellosa (Culex annulatus) può presentare il genere dei Culicidi; sono zanzare caratterizzate da una lunga proboscide aculeiforme, da ali mediocremente larghe, tese piatte sul corpo allo stato di riposo, tondeggianti sull'estremità. Hanno almeno sei vene longitudinali di uguale grossezza, molto villose, di cui quella marginale scorre tutto intorno con uguale spessore; sono prive di occhi sfaccettati, ed hanno un solco trasversale sul dorso del torace. Soltanto nel maschio si prolungano oltre la proboscide i palpi con peli ruvidi a cinque articoli e le antenne che ne hanno quattordici; queste sono penniformi e formano intorno al capo una corona di peli. Infatti, fra le zanzare che pungono non potremo mai vedere tale ornamento, poiché le femmine ne sono prive; in compenso si vedrà il loro ventre farsi più rosso e tondo, mentre aspirano a lunghi sorsi il nostro sangue.

Questa specie ha bianche fasce all'addome ed alle zampe, di color bruno scuro, due strie scure sul dorso e cinque macchiette sulle ali.

Il C. pipiens, ancora più comune, è una zanzara piccola, cerchiata anch'essa all'addome, ma senza disegni ai piedi e alle ali. Le larve di questa zanzara e della precedente vivono a milioni nelle acque stagnanti; questi piccoli esseri, con il tubo respiratorio lateralmente piantato nel penultimo articolo addominale, pendono alla superficie dell'acqua con il capo all'ingiù. Sulla testa si trovano due sporgenze che sono le mandibole, le quali si muovono di continuo, producendo una specie di movimento e conducendo all'apertura boccale le piccole molecole che già colorano in nero l'intestino. In questo modo, oppure sollevandosi con la parte anteriore del corpo, e palpeggiando intorno con le altre due appendici che sono le antenne, questi animaletti vivono nella calma, interrotta solamente dal troppo avvicinarsi dell'uno all'altro, il che provoca un po' di scompiglio, scompaiono invece al più lieve incresparsi dell'acqua, con moti serpentini verso il fondo.

Per fare la muta, il corpo si squarcia dietro la testa, e da quella fessura esce l'animale stesso, solamente con un corpo più voluminoso. Le vecchie spoglie galleggiano sull'acqua, si sciolgono gradatamente, e diventano nuovo cibo per altre larve. Prima di raggiungere la dimensione media di 8 mm., questo animaletto compie tre mute. Quando per la quarta volta l'epidermide si fende sulla nuca, la larva si trasforma in ninfa; questa si appende, con due trachee che stanno dietro la testa, alla superficie dell'acqua, e si comporta come la larva, salendo e scendendo, con la coda rivolta verso la parte anteriore del suo corpo.

Dopo otto giorni ha termine la vita della ninfa; una fessura della pelle libera la zanzara; appaiono prima sei lunghe zampe, poi un esile corpo con due ali. Dopo questo sforzo l'animaletto si riposa, adagiandosi sulle sue spoglie, e intanto lascia che si asciughino le ali. Appena in forze, abbandona immediatamente la superficie liquida, per librarsi nel suo nuovo e solo elemento: l'aria. Solo la femmina fecondata tornerà sull'acqua per deporre le sue uova che possono essere anche 300-350 per volta. Se si pensa che da esse in quattro o cinque settimane nasceranno altrettante zanzare atte alla riproduzione, non ci si potrà più stupire delle sterminate schiere che invadono le zone adiacenti le paludi e le acque stagnanti. Nell'isola Barbados sono note tre specie: Culex molestus, trifurcatus e pulicaris.

I Chironomi (Chironomus) formano un altro e numerosissimo genere, facile da riconoscere per la conformazione delle antenne e delle ali. La testa piccola, sporgente come un muso, ha palpi a quattro articoli, protesi e ricurvi, antenne a sette articoli, con peli fusiformi nella femmina, mentre quelle del maschio sono a ciuffi e composte di quattordici articoli. Lo scudo dorsale, molto convesso sul davanti, si avanza a foggia di cappuccio sul capo. Le ali lunghe e strette si adagiano a tetto sull'addome, ma non lo ricoprono in tutta la sua lunghezza. La prima loro vena longitudinale è doppia, la seconda manca, la terza si dirama dalla prima e si collega all'estremità dell'ala con la vena marginale; la quarta è più grossa sino alla costola trasversale, dopo è molto delicata, come le due seguenti che provengono da un peduncolo comune. La cella radicale posteriore è aperta, ed i lobi delle ali sporgono. Vengono chiamate in tedesco «Zanzare Convulse», perché durante il riposo allungano le zampe anteriori che tremolano di continuo. Le loro larve, per quanto se ne sa, vivono nell'acqua, nella terra e nel letame. Il Chironomo Piumoso (Ch. plumosus) lungo da 10 a 12 mm., ha il torace grigio-verdastro adorno di strie bruno-gialle, l'addome porta cerchi neri, e la vena trasversale delle ali bianche una macchia scura.

Le uova sono emesse in forma di catenella che galleggia sull'acqua stagnante. Ne escono larve rosso-sangue, trasparenti, che respirano per mezzo di branchie, perché non vengono alla superficie come le larve dei culicidi precedenti.

Il genere Tipula con i suoi numerosi affini comprende le zanzare più grandi, dalla proboscide breve e carnosa. Si riconoscono per il solco trasversale distinto della metà del dorso, per le ali molto venate, le cui differenze servono di base per molte distinzioni; inoltre, il maschio ha un'estremità addominale bernoccoluta, munita di pinze, mentre quella della femmina termina in punta, con due lobi. Nella Tipula Carbonaria (T. oleracea) si trovano, come in tutte le sue congeneri, antenne brevi con tredici articoli; i palpi, che ne hanno quattro, terminano lungamente filiformi, e mancano gli occhi accessori. Il primo articolo delle antenne è prolungato, il secondo abbreviato, i seguenti hanno dei peli alla loro base.

Le grandi ali aperte a metà allo stato di riposo sono sostenute nel seguente modo: la prima vena longitudinale doppia, la seconda biforcuta presso l'estremità, la terza semplice, la quarta, ramificata nella sua parte anteriore, formano una celletta mediana perfetta, dalla quale continuano tre rami sino al margine dell'ala; il superiore di questi rami è peduncolato e forcuto. La quinta linea longitudinale si curva un poco prima dell'imbocco, mentre la seguente è dritta, come la piccola vena trasversale.

La grande sta obliquamente e forma un angolo con la breve asta radicale del ramo inferiore della quarta vena longitudinale. Per distinguerla dalle altre specie, quella di cui si parla ha uno scudo dorsale grigio con strie brune, addome rosso-bruno, ed un margine anteriore rosso-mattone sulle ali bruno-pallide.

Le zampe posteriori oltrepassano di tre volte circa l'addome composto di nove anelli; la lunghezza dell'intero corpo va da 20 a 24 mm. La T. Carbonaria si sviluppa in luglio-agosto in una ninfa cilindrica, bruno-chiara, con sulla fronte due corna claviformi.

La femmina fecondata pianta nella terra smossa l'estremità del suo addome, restando in atteggiamento quasi verticale, depone un uovo o due, avanzando continuamente e compiendo ogni volta la sua deposizione. Terminato il lavoro, muore. Dopo otto giorni circa, con temperatura favorevole, nascono le larve, le quali si alimentano delle materie vegetali in decomposizione; poi si irrigidiscono, svernano e solo in estate, come abbiamo visto, si trasformano in ninfe.

Le Ctenofore (Ctenophora) sono fra le zanzare più belle; i maschi hanno le antenne molto pettinate, le femmine un ovopositore sporgente a forma di punteruolo, e sono tutti e due vivacemente colorati, con predominanza di giallo e di nero.

Al di sotto del gruppo delle piccole zanzare, per lo più gialle, le cui larve vivono in gran numero nei funghi (Mycetophilidae), vi sono le Sciare, dette in tedesco Zanzare Funebri (Sciara), per le loro ali abbrunate. Hanno anche brevi antenne sottili, finemente villose, composte di sedici articoli; i palpi ne hanno tre, il cui ultimo termina allargato. Si vedono distintamente gli occhi accessori, le tibie sono armate di due speroni terminali, nelle ali si biforca la terza vena longitudinale, ed una piccola vena trasversale collega la prima e la seconda. La Sciara Comune (S. thomae), nera, gialla sul ventre, bruno-pece sulle zampe, è celebre per la sua larva. Infatti questa, apparendo in forti schiere, forma il così detto «esercito dei vermi, verme da guerra, drago verme, serpe degli eserciti»; il fenomeno di questa abbondante apparizione cominciò a far chiasso nel 1603 nella Slesia; questo poi si rinnovò e divenne veramente preoccupante in Sassonia, in Turingia, nell'Hannover, in Norvegia, in Sa, sino a dar luogo ad una vera e propria lotta scientifica fino al 1845; occorsero ancora otto anni prima di vincerlo. Questa calamità era formata da una specie di serpente grigio, di irregolare larghezza, che si snodava lentamente, lasciando dietro di sé una striscia di umore disseccato simile all'argento. Questo serpente era formato da migliaia e migliaia di larve pallide, collegate insieme da quell'umore viscido, entro il quale si muovevano anche allo stato di riposo. Questa larva ha una testa nera con due occhi semplici; il primo, il quarto e sino al decimo articolo del corpo hanno lateralmente uno stimma nero. I piedi sono rappresentati da sei verruche carnose a forma di piatti rovesciati sui tre anelli toracici. Dal dorso traspare l'intestino, parzialmente tinto di nero dalla terra, e dalle fini radicelle di muschio e di erba, i quali sono inghiottiti con vivaci movimenti delle mascelle e del capo che si avanza e si ritira. Le colonne formate da tali larve si conformano alla natura del terreno sul quale debbono camminare; gli ostacoli poco importanti vengono superati, i più gravi causano una temporanea scissione. Si è anche osservato che con il tempo, e dopo alcune esitazioni, parecchie colonne si univano fra loro in una sola. Sopportano abbastanza bene i cambiamenti di temperatura, ma non il caldo eccessivo.

Generalmente, per trasformarsi, la larva striscia sotto terra, si trasforma in ninfa in un bozzolo comune, assumendo un colore giallastro e un aspetto bernoccoluto. Dopo dieci o dodici giorni sorge la piccola zanzara. Le femmine emettono le uova in mucchio, dapprima di un bianco trasparente, più tardi nerastre, deponendole sulla terra.

La causa delle migrazioni di queste larve sembra sia da ricercarsi non tanto nel bisogno di cibo, quanto nello stato di irrequietezza che le pervade prima di passare allo stato di ninfa e perciò di riposo; probabilmente questo movimento favorisce l'evoluzione interna ed esterna dell'insetto.

Le Cecidomie (Cecidomya) sono piccolissime e delicate zanzare, le cui larghe ali ottuse, spesso villose, sempre lungamente cigliate sul margine, sono sostenute tutto al più da quattro vene longitudinali, la cui mediana sbocca nel margine anteriore prima della estremità dell'ala. La vena trasversale è tanto delicata che si può riconoscere e distinguere soltanto con una luce molto favorevole.

Gli occhi a forma di luna si toccano sul vertice della piccola testa; accanto alla proboscide sorgono i palpi a quattro articoli, il cui articolo terminale è generalmente più lungo. Le antenne a vezzo di perle variano da 16 a 36 il numero degli articoli spesso fusiformi e peduncolati; il maschio ne possiede uno o due più della femmina.



L'addome nella femmina si affila in otto anelli, nel maschio termina cilindricamente, con all'estremità le solite pinzette. Chiamate in tedesco «Zanzare delle Galle», perché le loro larve producono sulle piante quelle particolari deformazioni, provocano anche sulla faccia superiore delle foglie di faggio delle escrescenze bulbose rossicce (Cecidomya fagi).

Una delle zanzare più note, ma che non produce galle, è la Cecidomia Devastatrice (C. destructor), che ha portato per molto tempo erroneamente il nome di «Mosca d'Assia» datole nell'America settentrionale. La sua larva, di 3 mm., lascia vedere i palpi carnosi, uno stimma sui lati dei dodici anelli addominali (il tredicesimo e il quattordicesimo formano il capo) ad eccezione del secondo, del terzo e dell'ultimo.

Questa circostanza la fa annoverare fra le zanzare, mentre l'assenza del capo la farebbe apparire come larva di mosca. Questo animale vive isolato o in società che comprendono sino a nove individui, con l'estremità anteriore all'ingiù, infitta fra lo stelo e la guaina delle foglie, al di sopra delle radici, o sopra i due nodi più bassi della segala e del frumento. In seguito prende una forma più ovale, si ritira alquanto nell'interno dell'epidermide, che si trasforma insensibilmente in un involucro scuro, e forma poi una ninfa in forma di botte, propria della mosca, e sverna.

I due cornetti laterali inferiori che appaiono sul capo sono le trachee, caratteristiche nelle Cecidomie, in questa forma ed in questa posizione; le due superiori sono solamente setole.

La femmina, molto più comune, è lunga dalla fronte sino all'ovopositore disteso da 2 a 3 millimetri.

Il corpo è generalmente nero; quasi tutto il ventre esclusa una macchia nera quasi quadrata sopra ognuno di sei anelli mediani, l'incavo delle articolazioni del dorso ed una linea mediana di questo, sono di un rosso-sangue.

La stessa tinta colora di solito la base delle antenne ed il rigonfiamento scapolare almeno durante la vita; dopo morte, il color rosso si dilegua sull'addome a causa del disseccamento.

Brevi peli neri rivestono il corpo, e sulle antenne sono giallo-rossicci, le ali sembrano intorbidate da fini peli grigi che ne ricoprono le due facce.

Anche la Cecidomia del Frumento (C. tritici) appartiene alla specie dannosa all'agricoltura; è di un pallido giallo ocra che va fino all'arancione ed è coperta di fitta peluria. Nella femmina l'ovopositore si protende molto. Il maschio ha un rivestimento bruno-giallo sul petto e sull'addome, lievemente affumicato sulle ali, e appare più polveroso della femmina.

Dopo le orge notturne le femmine depongono fino a 10 uova sopra un fiore; a distanza di dieci giorni fanno capolino le larve, che si colorano a poco a poco di un vivo giallo, divorano il polline dei fiori se esiste ancora, o succhiano i chicchi.

La larva adulta lascia la spiga, cosparsa ormai di macchie nere e scende in terra per trasformarsi in ninfa soltanto nella successiva primavera; poi al momento opportuno, nascerà la zanzara. Inevitabilmente, dopo la mietitura, una grande quantità di larve viene trasportata nei granai, a completare l'opera di distruzione.

I Simulii appartengono alle più piccole zanzare (Simulia) e si avvicinano come aspetto alle mosche per il corpo gibboso.

Le larghe ali, di un bianco latteo, hanno una punta quasi angolosa, vene poco distinte se non al margine, con pieghe forcute ed altre non forcute; nelle zampe, per lo più screziate, si fanno notare i grossi femori, ed un primo lunghissimo articolo del piede.

Brevi antenne con 11 articoli, palpi con quattro articoli che si affilano a stiletto, proboscide atta a pungere e mancanza di occhi accessori sono i caratteri particolari della testa.

Le punture delle femmine sono molto dolorose, e molti mosquitos dell'America meridionale appartengono proprio a questo genere (per es. il S. pertinax). La specie d'Europa più famosa è il Simulio di Columbacz di Scönbauer (S. columbaczensis), così chiamata da un villaggio nel distretto serbo di Passarowitz, ricco di cavità rocciose, dove le zanzare si rifugiano durante il cattivo tempo per uscirne poi come nuvoloni di nebbia. Grosse come una pulce, spargono il terrore fra gli uomini ed il bestiame, perché penetrano nel naso, nelle orecchie e nella bocca delle bestie da pascolo; le punture dànno un prurito spaventoso e fanno gonfiare le parti colpite: talvolta l'animale più robusto può soccombere in sei ore. La preferenza per l'uomo si manifesta con punture nell'angolo degli occhi.

Secondo Kollar, fra centinaia di esemplari della S. maculata di Mergen non si è trovato un solo maschio. La femmina è nerastra, coperta di un fitto strato di polvere bianchiccia e di peli giallo-ottone, per cui lo scudo dorsale, specialmente sul davanti, prende un aspetto azzurrognolo; l'addome è giallo-bianco, bruno di sopra, con intagli pure giallo-bianchi.

Le antenne sono completamente gialle, i palpi sono gialli o bruno-gialli, le zampe bianche in vita, diventano giallastre dopo la morte; le estremità dei femori e i metatarsi posteriori sono bruni, mentre i tarsi anteriori sono decisamente nero-bruni. Le ali sono trasparenti, ed il corpo misura complessivamente in lunghezza 3 millimetri circa.

Caratteristica sotto vari aspetti è la Zanzara di Marzo (Bibio marci), dittero completamente nero e rivestito di peli neri. Il maschio, dalla grossa testa, la quale non è altro che un grosso occhio villoso è più piccolo della femmina.

Questa ha invece la testa piccola prolungata a proboscide, con occhi piccoli e nudi, e conserva ancora il carattere di zanzara.

Sull'angolo posteriore del capo si vedono tre occhi accessori, all'estremità opposta grosse antenne a nove articoli, con forma finale semisferica, e al di sotto palpi di cinque articoli ugualmente depressi.

La femmina depone da 120 a 150 uova sulla terra o su materiali vegetali in decomposizione e sullo sterco delle bestie. Le uova piatte e lisce si aguzzano debolmente sul davanti, altrimenti sarebbero perfettamente cilindriche. Le larve, che sbucheranno dopo due o tre settimane, fanno tre mute, e raggiungono la loro lunghezza massima di 14-l6 millimetri.

Presentano dodici anelli addominali dai quali si distacca la testa quasi sferica, ed ognuno dei quali porta una corona di setole.

L'apparato boccale consiste in un labbro superiore che termina con sei denti e peli cigliati in mandibole cornee, con palpi a tre articoli, ed in un labbro inferiore senza palpi. Non si possono distinguere gli occhi e le antenne. Queste larve si trasformano in primavera in ninfe gibbose per trasformarsi, dopo circa quattordici giorni di tale stato, in insetti perfetti. Vive nello stesso modo, ed ha soltanto dimensioni più ridotte il Bibio hortulanus, il cui maschio è nero, e la femmina rosso-mattone.

@Un esemplare di Tipula


TAFANI


La II famiglia dei ditteri è costituita da esseri che hanno già le caratteristiche della mosca, pur conservando ancora, nella metamorfosi e nell'istinto sanguinario delle femmine, quelle delle zanzare: i Tafani (Tabanidae). Il più comune nelle nostre zone è il Tafano Bovino (T. bovinus), dal capo del quale, visto di profilo, sporge come guaina della proboscide il grosso e membranoso labbro inferiore, che nello stato di riposo può ritirarsi e nascondere nell'interno i pungiglioni (da quattro a sei, secondo le specie); quelli che si vedono inferiormente sono i palpi mascellari a due articoli.

Le antenne sporgenti, molto avvicinate alla base, constano di tre articoli; siccome il terzo appare varie volte cerchiato, si potrebbe parlare di sei.

Caratteristica della famiglia è la venatura delle ali, che allo stato di riposo sono a metà divaricate. Sebbene esistano scagliette distinte sulle ali, tuttavia i bilancieri sono visibili.

Sulle zampe non setolose si trovano tre lobi uncinati che rispecchiano uno dei caratteri della famiglia. Questa specie ha occhi non villosi (nel maschio si congiungono sempre sul vertice), tibie giallo-chiare, e macchia dorsale triangolare sull'addome a sette articoli, il cui colore dominante è un giallo-cera scuro.

La parte dorsale del torace è ricoperta di pelame gialliccio. Le antenne a forma di mezzaluna non sono mai del tutto nere, le ali sono grigio-brune, con venatura bruno-gialla. Come i suoi affini, il Tafano Bovino annuncia la sua presenza ben poco gradita con un forte ronzìo, e la femmina rende furioso il bestiame con le sue punture; è velocissimo ed ama il calore del sole.

La larva ama vivere in società sui prati dalla terra smossa, nutrendosi probabilmente di radici di erbe. La sua testa piccola, lucida, bruna, porta due antenne, pinze, e due uncini rivolti al di sotto, che, al pari delle verruchette laterali e carnose del ventre, le sono di aiuto per muoversi.

I dodici anelli del corpo sono grigi ed hanno le connessure nerastre; la grossa estremità caudale porta come stimmi due protuberanze laterali carnose.

In maggio, dopo lo svernamento, la larva adulta si spoglia della sua pelle e si trasforma in una ninfa lunga due cm. e mezzo; grigia, è adorna sul margine posteriore di ognuno degli otto anelli addominali di frange e di peli grigi, e, all'ultimo, di una corona di setole con cui si aiuta ad uscire dalla terra. Due protuberanze sul davanti le servono per respirare.

In giugno l'insetto viene alla luce e provvede all'accoppiamento. La femmina fecondata depone le sue uova in mucchi di tre o quattrocento sugli steli delle erbe; dopo circa dodici giorni ne escono le larve, sempre che non siano state visitate da parassiti di icneumonidi.

Più silenziose, ma non meno sanguinarie ed importune, sono altre due mosche della stessa famiglia: il Tafano Cieco dall'Occhio d'Oro (Chrysops coecutiens), cieco forse davanti al pericolo poiché non abbandona mai la sua vittima una volta che ha cominciato a succhiarne il sangue, e il Tafano dagli Occhi Glauchi (Tabanus glaucopis).

Poco più grande, ma non più sottile, è il Tafano Pluviale (Haemotopota pluvialis), bruno-scuro, con disegni grigi. Ha le ali grigio-nere, marmorizzate di chiaro occhi color porpora nella metà superiore, nessun occhio accessorio, e nessuno sperone terminale alle tibie posteriori.

Nel maschio il primo articolo delle antenne è rigonfio, nella femmina è lungo e sottile; in ambedue l'articolo terminale è a forma di punteruolo, con tre cerchi sulla punta.

I disegni grigio-chiari formano sullo scudo dorsale delle strie longitudinali, sull'addome file di puntini, e righe trasversali sugli incavi delle articolazioni. Questo insetto deve il suo nome alla consuetudine di manifestarsi più importuno, più sanguinario, durante gli scrosci di pioggia o prima dei temporali. Ne sono tormentate in modo particolare le renne della Lapponia, le quali spesso hanno il corpo ricoperto di croste per le molteplici punture subite.


ASILIDI


Ancora il sangue, ma né rosso, né caldo, e quale circola nell'insetto, è l'alimento dei maschi e delle femmine di numerose specie riunite nella III famiglia sotto il nome di Asilidi, o Mosche Rapaci (Asilidae). Questi insetti si riconoscono per il corpo allungato e sottile, per le zampe robuste che hanno fra le unghie due lobi uncinati, per la barba che copre la parte inferiore del viso, e per il terzo ed ultimo articolo delle antenne che porta una spazzola terminale o un uncino articolato; la proboscide breve, acuta, spunta orizzontalmente o diagonalmente dalla bocca raramente è verticale. Ha soltanto quattro setole, compresa la mandibola inferiore a foggia di coltello; il labbro inferiore è corneo ed i palpi hanno uno o due articoli. Gli occhi, di solito sporgenti, sono divisi nei due sessi da un solco nel vertice, per cui il capo sembra breve e largo; gli occhi reticolati sono tre insieme, spesso sopra un rialzo.

L'addome è composto di otto segmenti, l'ultimo dei quali presenta distintamente l'ovopositore e gli organi sessuali del maschio. Rimangono scoperti i bilancieri, a causa delle piccole scagliette delle ali, che sono distese piatte sul dorso; hanno una terza vena longitudinale forcuta, una celletta mediana, due o tre celle sottomarginali, cinque al margine posteriore, di cui la terza e la quarta sono spesso ristrette o chiuse od anche peduncolate. La cella anale giunge fino all'orlo e talvolta vi si chiude.

Le larve, che si conoscono soltanto di poche specie, vivono dentro la terra, specialmente nella rena umida e nel legno morto di cui si nutrono; sono allungate e depresse, hanno testa distinta, e stimmi anteriori e posteriori.

La loro metamorfosi in ninfa avviene dopo aver spogliato l'ultima pelle larvale.

Gli Asilidi si dividono in due gruppi: quelli nei quali la seconda vena longitudinale sbocca nel margine dell'ala (reptogaster, Damalis, Ceraturgus, Dioctria, Dasypogon), e quelli nei quali invece sbocca nella prima vena longitudinale (Laphria, Asilus, Ommatius).

Quest'ultima disposizione accresce molto la forza dell'orlo. Al secondo gruppo appartengono quindi gli arditi predoni per i quali non esiste preda troppo grande, troppo forte, troppo saldamente corazzata; i primi invece sono tardi nel volo, si mettono in agguato fra steli e foglie e colpiscono la preda inerme.

La Diottria Oelandica, o Moscone Falco (Dioctria oelandica), lunga circa 14 mm., sottile, resta in agguato e si precipita di improvviso sulla preda; neppure il ragno è al sicuro dai suoi attacchi. Ha le ali nere come il corpo nero e lucente; sono rosso-gialle le lunghe e sottili zampe, neri i tarsi e le estremità delle tibie, giallo-ottone i mustacchi, l'orlo interno degli occhi, alcune macchie sui lati del torace e due strie sul dorso.

Le antenne, sporgenti da un rialzo frontale, sono lunghe quasi quanto il torace, ed il terzo e più lungo articolo di esse è munito di un uncino terminale ottuso, a due articoli; l'addome è sottile, cilindrico, ricurvo e le zampe posteriori sono internamente cigliate. Esistono rappresentanti di questa specie nell'America settentrionale.

Gli Assilli propriamente detti (Asilus) si distinguono per la nuda spazzola delle antenne, il cui primo articolo è molto più breve del secondo, e per l'assenza di spina terminale.

In Europa esistono oltre cento specie di questo genere, quasi tutte in abito dimesso, di solito bruno-grigio.

L'Assillo Calabrone (A. crabroniformis), diffuso in Europa e in parte dell'Asia, ha la testa, il rigonfiamento scapolare, alcune strie dorsali, le zampe dal femore in giù e gli ultimi anelli addominali gialli, mentre la radice dell'addome è di un nero-bruno vellutato. Le ali giallo-ruggine hanno alcune macchiette più scure alla punta ed al margine posteriore. Questa rapace bestiola aspetta la preda, la raggiunge con un volo a sbalzi, e la divora tenendola fra le zampe anteriori. Per accentuare la voracità di queste mosche basterà ricordare l'osservazione che si legge sotto l'immagine di un coppia di questi insetti nella collezione di Heiden: «La femmina, dopo l'accoppiamento, uccise il maschio e lo succhiò».

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EMPIDI


Le Mosche Ballerine, od Empidi (Empidae), formano la IV famiglia dei ditteri, decisamente distinta dalle altre. Questi animali hanno testa sferica ben distinta dal torace, con proboscide cornea affilata come un becco, struttura sottile specialmente all'addome; questo nella femmina termina a punta, nel maschio in vari organi singolari. Hanno totalmente nudo il corpo, e le zampe posteriori prolungate dànno a questa mosca un aspetto analogo a quello della zanzara. Le ali si distinguono per quattro cellette marginali posteriori, una terza linea longitudinale forcuta ed una cella anale di solito brevissima, chiusa e sempre lungamente peduncolata. Queste mosche si accoppiano in primavera; poco si conosce delle loro larve che si distinguono per un fortissimo strozzamento fra gli articoli del corpo, e delle quali si sa che vivono nella terra. Una delle nostre più grandi specie è l'Empide Tessellata (Empis tessellata) e può darci un'idea del carattere della famiglia. E' grigio-bruna con tre strie nere sullo scudo dorsale, gialla alla radice delle ali bruno-chiare, con riflessi a scacchiera sull'addome.

Nel maschio l'addome cilindrico termina in una pinza a forma di scure e gli occhi si toccano sul vertice; la sua lunghezza è di 12 millimetri.




BOMBILI


L'Antrace Comune (Anthrax semiatra o Morio di Linneo) appartiene ai Bombili, che formano la V famiglia; è nero e villoso, con peli rosso-volpini predominanti sul torace e alla base dell'addome. Questa agile mosca, in costante operosità sulle strade o nelle regioni sabbiose e deserte, ama la temperatura calda e lo splendore del sole.

Quando il tempo è sfavorevole, si aggrappa alle foglie, all'erba sulla terra, più o meno nascosta, in attesa del ritorno del caldo. Gli antraci vivono a spese delle api terraiole, di altri imenotteri ed anche dei bruchi di farfalle.

Pochissimo si conosce del loro modo di vivere e delle loro larve.

I Bombili (Bombylius) hanno una forma alquanto differente, e si diffondono con più di cento specie sopra tutto il globo. Somigliano ai bombi, hanno il corpo compresso, e portano sul dorso un folto mantello di pelo giallo, grigio, o di altri colori. Il B. venosus (Minor di Zeller) è molto diffuso in Europa.

E' una mosca sempre in movimento, che sugge il polline dai fiori di salice, e si riposa raramente; soltanto quando il sole si nasconde si posa sulle foglie o si aggrappa a qualche oggetto.


STRAZIOMIDI


Un elegante dittero della VI famiglia è la Straziomide (Stratiomys furcata), che depone centinaia di uova in mucchietti lucidi. La larva è di color terreo-brunastro, e appare grinzosa a causa delle strie longitudinali e dei punticini della sua superficie. L'estremità della coda presenta una apertura che non serve all'espulsione degli escrementi - il cui sbocco si trova più sul davanti - bensì a respirare, ed è circondata da una elegante corona di peli cigliati. Questi o si allargano a forma di stella, o si richiudono con le punte al centro, formando così uno spazio cavo, sferico, formato dalla loro curva. In questo spazio trattengono una bollicina d'aria quando vogliono affondare nell'acqua, per provvedere alla respirazione. Sul corpo corneo, nero, esistono due occhi semplici, davanti una specie di becco, ed accanto un paio di mandibole mobili, e le antenne, organi dentellati e cigliati, in continuo movimento. La larva subisce parecchie mute; matura per la trasformazione, abbandona l'acqua e cerca ricovero sotto una pietra (St. longicornis). Altre ninfe, tuttavia, non abbandonano totalmente l'acqua, ma si posano su piante acquatiche galleggianti.

La ninfa assomiglia alla larva, accartocciata, retratta, la cui parte anteriore si ritira, prendendo così un aspetto angoloso; l'uncino corneo del capo appare come una escrescenza.

La Straziomide Camaleonte è una delle specie più diffuse (St. chamaelon). Ha la testa giallo-viva con gote grosse e sporgenti, giallo il viso, ad eccezione di una stretta linea longitudinale nero-lucida; gli occhi reticolati si toccano, nel maschio, sul vertice. L'articolo terminale delle antenne allungate sembra avere cinque anelli, e si presenta alquanto depresso. La proboscide a gomito, carnosa, ritirata durante il riposo, nasconde nel suo interno due brevi setole, che non pungono mai. I disegni del largo addome e delle zampe sono gialli, eccetto un cerchio nero sui femori.

Durante lo stato di riposo le ali rimangono distese e piatte sul corpo. Questa mosca vola in silenzio da un fiore all'altro. Numerose altre specie, le cui larve per lo più non vivono nell'acqua, si collegano a questa famiglia diffusa in tutto il mondo.


SIRFIDI


Una delle più grandi famiglie di tutto l'ordine è la VII: quella dei Sirfidi (Syrphidae). Queste mosche sono assidue visitatrici di fiori e di cespugli dove prosperano i gorgoglioni; hanno un volo rapido e sfrenato.

Le Volucelle (Volucella), a causa del loro fitto pelame assomigliano ai bombi. Svolazzano silenziosamente di cespuglio in cespuglio per rubare ai fiori la riserva del nettare.

La V. bombylans è un maestoso insetto dal corpo coperto di fitti peli, come quello di un bombo; il suo corpo è nero, il muso e la fronte giallo-cera, l'ultima metà dell'addome bruno-gialla con peli rosso-volpini; altre volte il dorso è coperto di peli gialli, nero nel mezzo; lo scudetto è giallo. Anche l'addome presenta alla base macchie laterali gialle, pelo giallo, e gli ultimi segmenti gialli del corpo hanno il rivestimento villoso più chiaro, quasi bianco. Attraverso le ali scorre dalla metà del margine anteriore una fascia troncata scura. La lunghezza va dai 13 ai 15 mm. Ugualmente grossa, ma più comune è la Volucella Pellucida (V. pellucens), riconoscibile per la base bianca dell'addome nudo e per la base gialla delle ali chiazzate di scuro.

Le numerose specie di Eristalidi (Eristalis) si distinguono dal genere volucella per caratteri assolutamente minuti delle ali. La Eristalide Tenace (Eristalis tenax) è uno degli ultimi insetti pre-invernali. Assomiglia ad un pecchione nella mole, nella forma e per il ronzìo che emette quando la si agguanta. La sua qualità di dittero si rivela subito per le due sole ali, la cui struttura la fa annoverare fra le Eristalidi.


CONOPIDI


All'VIII famiglia appartengono ditteri facilmente confondibili con quelli della famiglia precedente: i Conopidi (Conops). La loro testa grossa è più larga del protorace, si abbassa poco sotto gli occhi e si distingue per la faccia inferiore rigonfia. Dalla grande apertura boccale parte una proboscide cornea, ricurva, munita di una stretta superficie succhiante orizzontale.

La fronte depressa dietro le antenne è larga nei due sessi, e porta sul vertice una vescica trasparente al posto degli occhi accessori. Sopra un rialzo stanno le due antenne, vicine, il cui primo articolo è più breve, mentre i due seguenti formano riuniti una stretta clava; questa a sua volta si affida a causa dell'uncino terminale a tre articoli. L'addome allungato, nel maschio ristretto sul davanti, nella femmina più cilindrico, si incurva al di sotto all'estremità e in quest'ultima presenta sul ventre un organo corneo, abbastanza prominente. Oltre che da questo particolare, le femmine si riconoscono per la minore lunghezza dei lobi uncinati e degli uncini dei piedi, oppure per la relativa brevità del quinto segmento. Le zampe piuttosto lunghe e sottili, hanno i femori posteriori leggermente ingrossati; tra gli uncini di tutte le zampe esistono lobi uncinati molto sviluppati. Le ali sono lunghe e strette. Queste belle mosche si trovano sopra i fiori, e sembrano piuttosto tarde.

Di parecchie specie si sa che compiono il loro sviluppo in stato di parassiti e nell'addome di alcuni imenotteri; spesso, sei mesi dopo la morte del loro ospite, si aprono un passaggio fra i segmenti anteriori dell'addome. Così il C. vittatus fu ottenuto dalla Eucera antennata e dalla Oedipoda cyanoptera, il C. rufipes dal bombo terraiolo, ecc. Nulla ancora si conosce esattamente circa il modo con il quale l'insetto penetra nei corpo del suo ospite.

Nel C. quadrifasciatus la proboscide nera si allunga, la fronte e lo scudetto sono neri, la vescica del cranio bruno-chiara, le scapole ed i femori gialli, le anche ed una stria lateralmente al petto sono biancastre, e, malgrado i margini posteriori gialli, il colore nero domina sui primi quattro anelli addominali. La sua lunghezza è di 9 mm.

Altre specie del gene Myopa si distinguono dalle Conopidi per la spazzola dorsale breve, due articoli in forma di uncino delle antenne, l'esistenza di occhi accessori e per una proboscide doppiamente ricurva.


ESTRIDI


La vita di parassita si presenta ben diversa in una piccola famiglia, la IX, alla quale appartengono gli Estridi (Oestridae). Le specie di cui si compone frequentano di preferenza animali domestici ungulati e la selvaggina; alcune sono conosciute come parassiti dei marsupiali e dei rosicanti.

Nei paesi caldi anche l'uomo subisce le loro aggressioni, e le loro larve furono trovate nell'epidermide del capo, nelle cavità nasali, nel condotto uditivo esterno, e persino nello stomaco. In Brasile sono chiamate «Ura», in Caienna «Ver Macaque», in Costarica «Torcel», presso gli indiani «Mayna Suglucuru», nella Nuova Granata «Gusano Peludo» o «Nuche», ed appartengono alle specie dell'Estro dell'Uomo (Oestrus hominis). Altre specie producono larve di ditteri che vivono o sotto la pelle, nutrendosi del pus dei tumori da esse provocati - e sono gli Ipodermi, od Estridi della Pelle -, o si attaccano alle pareti interne dello stomaco e degli intestini, e sono allora gli Estridi dello Stomaco, e così via. Queste larve sono soggette a parecchie mute, che però non provocano modificazioni essenziali.

Una volta adulte, abbandonano il loro ospite, per trasformarsi, sopra o sotto la terra, in ninfa a forma di botte. I ditteri che da esse vedono la luce si distinguono per le antenne grosse a forma di verruca, infossate alla fronte, terminanti con una spazzola, e per la proboscide stranamente rattratta, ed appena atta a prendere ottusamente nel maschio, mentre nella femmina si prolunga in un ovopositore protrattile. La venatura delle ali concorda di solito con quella della famiglia dei muscidi.

L'Estro Equino (Gastrophilus, o Gastrus equi) viene depositato sotto forma di uovo dalla femmina fecondata, il cui ovaio può contenere fino a 700 uova, sul pelo dei cavalli, o di altri equini, e soltanto all'aperto; infatti essa non segue mai le bestie nelle stalle o nell'acqua. Le larve, che escono fuori dopo pochi giorni, scivolano verso le labbra dell'animale, o vengono dall'animale stesso introdotte nel proprio stomaco attraverso la lingua con la quale si lecca il pelo e tenta di alleviare il prurito che le larve producono. Compiuta la prima parte del viaggio, queste larve si attaccano come sanguisughe alle pareti interne dello stomaco, producendovi delle piaghe purulente, il cui pus serve loro di nutrimento. Passano poi nell'intestino, e, dopo circa dieci mesi, raggiunto il loro sviluppo con varie mute, ne escono fuori insieme agli escrementi dell'animale.

Giunte sulla terra, vi si affondano verticalmente, vi si nascondono e diventano botticine dure, i cui organi respiratori sporgono come orecchie. Dopo circa sei settimane lo sviluppo è completo e nasce il nuovo individuo.

L'Estro Pecorino, invece, fa un percorso più rapido ancora. Infatti, la femmina fecondata depone le sue uova direttamente nelle cavità nasali delle pecore, in modo che le larve, strisciando, possano raggiungere la cavità cervicale della bestia, e nutrirsi delle mucosità, la cui secrezione è attivata dalla loro presenza. Questo dittero (Oestrus, o Cephalomya ovis) è bruno, quasi nudo, e il suo addome sembra fatto a scacchiera, a causa di brevi peli bianchi e serici.

Un inquilino, infine, dei tumori cutanei e l'Hypoderma bovis, insetto nero, rosso-giallo alle tibie ed ai piedi, con il corpo molto villoso, nero al secondo e al terzo segmento addominale, giallo in punta, con strie ottuse, longitudinali sullo scudetto. La sua larva, sgusciata dall'uovo, munita di un apparato perforatore, penetra nel tessuto connettivo sottocutaneo; soltanto con l'andare del tempo appare nell'epidermide il tumore aperto e purulento. La larva adulta, poi, abbandona il suo domicilio, rimane sulla terra e si trasforma in una ninfa che richiede da quattro a sei settimane per svilupparsi. Gli Estridi si diffondono in tutte le parti del mondo; l'unico luogo escluso è la Nuova Olanda, dove fino ad ora non se n'è trovata traccia.


MUSCIDI


Nell'immenso esercito delle mosche, riunite nella X famiglia dei Muscidi (Muscidae), esiste una infinità di specie, anche se all'occhio del profano possano sembrare tutte mosche domestiche. Concordano tuttavia quasi tutte nell'avere le antenne più o meno affondate, o collocate in basso, sempre a tre articoli, il cui ultimo, largamente compresso, può avere o no una spazzola dorsale articolata, nuda o villosa. La loro proboscide è a gomito, in rari casi cornea e pungente, presenta superfici succhianti larghissime, palpi non articolati e due setole. Una sutura trasversale sullo scudo dorsale è uno dei segni distintivi; ai piedi esistono, oltre ai semplici uncini, due lobi prensili, che nel maschio sono spesso più sviluppati che nella femmina, di solito più grossa.

Le mosche del genere Tachina rappresentano un gruppo ragguardevole di guardiane preposte dalla natura a ristabilire un certo equilibrio poiché, essendo animali parassiti, allo stato larvale, delle tentredini, delle forficole, dei coleotteri e specialmente dei bruchi delle farfalle, ne impediscono la eccessiva riproduzione e proazione, riducendone i danni.

Le specie più robuste di queste mosche appaiono prima, e si riconoscono dal volo affrettato, impaurito, e dalla ferocia indicata dalle stesse denominazioni scientifiche, di Echinomyia ferox, fera ed altre. Tutte concordano nella vena trasversale dalla punta distinta, cioè in una congiunzione tra la seconda e la terza vena longitudinale alla loro estremità per mezzo di una vena appendicolare della prima, poco lungi dalla punta dell'ala; hanno inoltre in comune la spazzola articolata nuda almeno in apparenza), delle antenne, l'addome a quattro anelli, brevemente ovale, conico, raramente cilindrico, che in qualche caso appare come ricurvo all'indietro. Soltanto a poche specie mancano le robuste setole del corpo. Gli occhi si accostano nel maschio, ma non si congiungono sul cranio, e sono talvolta nudi, talvolta vellutati.

Presentiamo come la specie più maestosa della famiglia la grande T. echinomyia, che misura fino a 16 mm. di lunghezza e può raggiungere una larghezza di 10 mm. all'addome brevemente ovale. E' nera lucente, fittamente coperta di setole pungenti, giallo-rossi il capo e la radice delle ali; l'articolo mediano rosso-ruggine delle antenne oltrepassa del doppio il nero articolo terminale quadrato. Gli occhi sono nudi, cigliati nella parte inferiore della faccia.

La T. fera è bruno-rossa ruggine, trasparente all'addome, esclusa una stria mediana nera.

La Sarcofaga Carnaria (Sarcophaga carnaria) si trova generalmente all'aperto, sui fusti degli alberi, sui fiori e sulle strade, ovunque esistano materie animali e vegetali in decomposizione.

Il maschio è sempre più piccolo della femmina, che raggiunge di solito la lunghezza di 14 millimetri.

La sua faccia giallo-pallida cangiante, il dorso grigio-chiaro pure cangiante con strie nere, l'addome bruno, nero e giallo cangiante con disegni a scacchiera, e le strie frontali nere, vellutate, la fanno riconoscere per quanto riguarda il colore. In rapporto invece alla struttura, possiede una spazzola più grossa alla metà basale delle antenne e fittamente pennata palpi claviformi sopra la breve proboscide sporgente, e poche setole (macroceti) all'addome ovale allungato, quasi cilindrico nel maschio.

Questo dittero, come tutti gli altri appartenenti al suo genere, non emette uova, ma bensì larve che sono già uscite dall'uovo nel seno della madre.

Il suo ovario assomiglia ad un vaso le cui pareti siano formate come un nastro arrotolato a spirale; se lo si sviluppa, si ottiene una lunghezza di circa 6 cm., mentre l'animaletto oltrepassa di poco i due cm. Cosa incredibile, l'ovario intero può contenere 20.000 larve, semplicemente chiuse in una sottile membrana testacea; all'estremità dell'ovario esse sono già più sviluppate di quelle più lontane dagli ovidutti. Ammettendo pure che solo la metà di queste larve giunga a completo sviluppo, non si può non rimanere impressionati dalla sbalorditiva fecondità di tale insetto. Le neonate crescono molto rapidamente, come tutti i parassiti affini, ed in otto giorni raggiungono il completo sviluppo. Sono coniche, di un sudicio bianco, munite all'estremità anteriore puntuta di due uncini cornei neri, con due punte carnose.

L'estremità posteriore ottusa si incava, ed è circondata da verruchette retrattili. La larva si trasforma in una botticina nera, ma non si conosce la durata del suo stato di ninfa. Le sarcofaghe, comunque, si diffondono sopra tutto il globo.

Nessun animale è come la Mosca Domestica (Musca domestica) il fedele quanto molesto ed importuno comno della vita dell'uomo. Non soffre sbalzi di temperatura, anche se la sua molestia diventa più importuna nei paesi a clima caldo; è inutile insistere su tali caratteristiche a tutti ben note. Diremo che la Mosca Domestica presenta alle antenne spazzole penniformi d'ambo i lati, nessuna setola sul dorso dei quattro segmenti addominali, e nessuna setola sulla faccia interna delle tibie mediane. Queste esistono invece nella Mosca Vomitoria (M. o Calliphora vomitoria), nero-turchina; ha guance nere con peli rossi, quattro strie nere poco distinte sullo scudetto del dorso, sul quale si trovano solo setole e nessun pelo, palpi giallo-rossi, zampe nere, ed un forte riflesso bianco sull'addome turchino, e la fauce inferiore nericcia. La femmina presenta inoltre una larghissima stria frontale, con riflesso grigio ai lati.



La fecondità di queste due specie è formidabile; la Mosca Domestica emette da 60 a 70 uova in mucchio nello spazio di un quarto d'ora.

Sono di forma cilindrica, a punta dalla parte dalla quale sguscia la larva, e la delicata pellicola che la ricopre splende come madreperla. Le uova della Mosca Vomitoria invece sono ricurve a forma di zucca, con una stria longitudinale dalla parte dove si schiudono per far uscire la larva. Vengono deposte a mucchi, sulla carne in particolare, anche in numero di 200 unità. Le larve, che sgusciano in 24 ore, perforano le materie sulle quali sono deposte perché fuggono la luce, e si nutrono con una tale voracità da raggiungere in circa tre giorni 200 volte il peso di nascita.

Le larve di queste mosche diventano adulte in un periodo di 8-l4 giorni, durante il quale il loro apparato boccale e gli stimmi sopportano modificazioni che si possono dividere in tre stadi: il primo che dura 12 ore, il secondo 36 ed il terzo sino alla trasformazione. Giunte a questo punto, cercano la terra. Dopo 14 giorni circa la larva è tanto sviluppata nella sua botticina che ne fa saltare il coperchio e sguscia fuori; tale operazione avviene sempre di giorno, mai la sera o la notte. Alla fine dell'estate è solita svolazzare per le nostre stanze, specialmente se vicine alle stalle, un'altra specie di mosca, piuttosto sanguinaria, che porta il nome di Stomosside o Mordipola (Stomoxys calcitrans). Questa mosca grigia somiglia molto alla mosca domestica, ma si distingue da essa per la proboscide pungente, che sporge orizzontalmente dalla bocca. Ha sulle antenne una spazzola a pettine soltanto sulla faccia posteriore, e presenta sullo scudetto tre larghe strie bianche interrotte alla sutura.

La larva conica, tondeggiante all'indietro, è bianco-latte, liscia e lucente, biforcuta davanti; gli uncini ineguali della bocca rugosa a forma di raggi sembrano uno solo a causa del loro ravvicinamento.

Sul protorace sporge il margine anteriore rialzato in cerchio; gli stimmi gialli si dividono in sei parti claviformi, quelle del segmento anale semisferico formano grandi superfici, circondate di nero-bruno, circolari, sulle quali si dispongono in triangolo i tre stimmi. L'insetto è lungo 8 mm., la sua ninfa bruno-rosso-pallida è finemente rigata in senso trasversale, e gli stimmi anteriori della futura mosca appaiono, come in tutti i Muscidi, sul margine posteriore del quarto segmento addominale, simili a cornetti conici diretti in avanti. Il riposo della ninfa dura da quattro a sei settimane.

Molto più, rilevante delle precedenti è il numero delle Antomide, o Mosche dei Fiori (Anthomydae), anch'esse facilmente confondibili con le mosche domestiche. Si trovano l'A. furcata nel cuore delcipolla - Notizie scientifiche, Uso, Perchè le cipolle fanno piangere, Cipolla rossa di Tropea" class="text">la cipolla commestibile (allium cepa) e l'A. ceparum nello stesso luogo. Invece l'A. brassicae perfora, allo stato larvale, i gambi dei cavoli e li uccide; l'A. radicum rovina i ravanelli, la larva dell'A. conformis rode le foglie tenerelle delle barbabietole, e quella dell'A. lactucae divora i semi dell'insalata.

Prendiamo fra le numerose specie le leggiadre Trypetinae, nelle quali l'addome della femmina termina con un lungo ovopositore articolato con il quale depongono le uova nelle diverse parti di piante vive, come il sacco seminale delle ortiche, perché se ne possano alimentare le larve.

Un tipico esempio di tali mosche è il Platyparea poeciloptera, o Mosca degli Asparagi, il cui baco o larva sguscia fuori dalle uova dopo quattordici o ventun giorni, a seconda della temperatura. Essa, dopo aver divorato i gambi degli asparagi sino alla parte legnosa, impiegando circa quindici giorni, scende a terra e si trasforma. Le piccole botti delle ninfe, nere all'estremità, sono giallo-brunicce, e sembrano più convesse al dorso che al ventre.

La mosca, che nasce in primavera, ha il capo rosso-bruno lucido, come i lati del petto, le zampe, il viso, le guance; l'apparato boccale e le antenne sono di colore giallo-ruggine più chiaro. Lo scudetto del petto è rigato di grigio-chiaro ed è percorso da tre strie longitudinali nere, strette, più o meno distinte; lo scudetto è di un nero lucente, l'addome bruno-nero, grigio al margine posteriore dei segmenti, nero cupo e aguzzo nella femmina, con l'ovopositore giallo-ruggine. Nel maschio è ottuso e cilindrico in tutta la estensione. Le ali, molto ottuse o tondeggianti, sono nero-brune trasparenti. La testa è più larga, alquanto sporgente alle antenne, con nere setole sopra. Le antenne penzolanti terminano in un articolo piuttosto acuminato, ellittico, con una nuda spazzola dorsale.

Le zampe, grosse più che sottili, hanno, come i fianchi dell'addome, alcune setole nere. Le ciliege sono a loro volta infestate dalle larve della Spilografa (Spilographa cerasi). Le uova vengono deposte presso la base del picciuolo del frutto immaturo, che viene poi traforato dalla larva sgusciata.

Si chiamano Oloropi (Chlorops), ossia occhi verdi, piccolissime mosche affini alle Oscinide (Oscinis), che appaiono in sterminata quantità arrecando gravi danni al grano. Il loro capo semisferico è trasversalmente retratto; la faccia inferiore, poco visibile, è posta sotto gli occhi nudi della mosca, e questi hanno in certi momenti un bellissimo color verde; essa non porta mustacchi.

Le numerose specie di questo genere si possono difficilmente distinguere.

La Chlorops taeniopus è gialla lucente con le antenne nere come il triangolo della nuca che giunge fino a metà della fronte si riunisce dalla parte opposta alla stria nera della nuca, e rimane lateralmente discosto dal margine degli occhi. Una fila curva di setole nere abbraccia lo scudetto; l'addome è segnato da quattro fasce trasversali, rettalmente delimitate, bruno-nere, la cui anteriore termina lateralmente con un punto. Le ali sono vitree, i bilancieri bianchi. La larva bianca causa quella che gli inglesi chiamano «podagra o gotta» ai gambi del frumento o dell'orzo. La larva adulta misura 4 mm. e si trasforma vicino al nodo superiore dello stelo, cioè fra il gambo e la guaina della foglia. La mosca nasce dopo 17 o 21 giorni dallo stato di ninfa.

In genere, le piccole Cloripidi sono schiere numerose e c'è da stupirsi che le loro devastazioni non siano in proporzione.

FORE


Di questa undicesima famiglia che comprende le Fore (Phora) fanno parte piccoli insetti perennemente frettolosi senza ragione, che però volano poco e per poco tempo. Hanno testa breve e abbassata, il torace altamente convesso, l'addome cadente, ciò che dà loro un aspetto gibboso. Le antenne sono brevi; i palpi setolosi sbucano regolarmente fuori. Le zampe debbono la loro apparente robustezza e lunghezza ai femori larghi e depressi. Sino all'imbocco della seconda vena longitudinale molto ingrossata, il margine anteriore delle grandi ali porta setole pungenti.

La grossa Ph. incrassata è nera lucente, con l'addome grigio opaco, con il primo segmento marginato di bianco all'estremità. Gli occhi sono villosi; le ali trasparenti, gialle alla base. Le zampe presentano una notevole e robusta armatura di setole. Questo dittero si presenta in estate ed in autunno sui cespugli e i tavolati, e penetra nelle arnie per deporre nelle larve delle api un uovo. La larva deve essere già quasi perfettamente sviluppata nell'uovo, giacché dopo tre ore ne perfora la pellicola e si inoltra rapidamente nel corpo del suo ospite. Nello spazio di cinque giorni la larva del dittero compie tre mute e raggiunge i 12 mm. di lunghezza. Circa dodici ore dopo l'ultima muta è pronta per la trasformazione. Esce quindi dal corpo che l'ha ospitata attraverso il coperchio di cera, si lascia cadere e si trasforma in ninfa sul fondo dell'arnia; in qualche caso si avvicina all'uscita e compie la sua trasformazione sulla terra. Dodici giorni dopo nasce l'insetto, che va a svernare dietro qualche corteccia d'albero.

Naturalmente, la larva dell'ape abbandonata muore e si decompone; si dimostra in tal modo che le Fore sono le più terribili parassite delle nostre api.


PUPIPARE


Di questa dodicesima famiglia, genericamente comprendente le Pupipare (Pupipara), fanno parte ditteri che, a differenza delle zanzare e delle mosche, partoriscono - naturalmente le femmine - un solo individuo già allo stato di ninfa: una larva cioè sviluppatasi nel seno materno fino al penultimo stadio del suo sviluppo.

I ditteri che appartengono a questo genere vivono tutti da perfetti parassiti a spese di altri animali per lo più a sangue caldo e si dividono in tre famiglie: le Ippobosche, i Nitteribii e le Brauline.


IPPOBOSCHE


Le Ippobosche (Coriacea o Hippoboscidae) hanno il corpo corneo, più coriaceo all'addome, piattamente depresso ed estensibile. La testa orizzontale, trasversalmente ovale, si congiunge intimamente al torace col suo margine posteriore, porta sui lati occhi grandi, antenne brevissime, cilindriche, non facilmente visibili perché molto depresse.

L'apertura boccale è circondata da un margine rilevato. La proboscide succiatoria forma qui il labbro superiore e la metà della mandibola che si chiude come in una guaina; il labbro inferiore è brevissimo, ed i palpi mancano del tutto. Le ali lunghe presentano di solito una venatura distinta soltanto sul margine esterno; talvolta si abbassano leggermente o si ritraggono. I piccolissimi bilancieri dietro di esse rimangono sempre sciolti. A causa dello sterno largo le zampe si scostano molto, i loro femori sono piattamente depressi, i tarsi brevi e ruvidi, l'articolo terminale è più lungo, gli uncini bipartiti robusti. Tale conformazione permette a questi ditteri di correre con molta agilità e sicurezza.

Di solito, ogni specie vive sopra un determinato animale (cavallo, cervo, capriolo ecc.) e ne succhia il sangue, soltanto la Lipoptena cervi, come l'Ornithobia pallida, si tiene sino all'autunno sugli uccelli; più tardi, dopo l'accoppiamento, perdendo le ali, vive a spese dei cervi, dei caprioli e dei cinghiali.

Nel Melophagus ovinus, privo di ali, il contenuto dell'ovario della femmina può essere di otto uova, e questo giustifica il numero limitato di queste mosche.

L'Hippobosca equina conserva le ali durante tutta la vita. L'insetto è di un rosso-giallo lucente, il torace è bruno-castano sul disco, lo scudetto giallo pallido, gli uncini disuguali, dentati, dei piedi, sono neri. Mancano gli occhi accessori; la proboscide, breve, termina ottusamente. Questa specie non è rara sui cavalli e sui buoi, e preferisce le parti del corpo sfornite di peli.

La Stenopteryx hirundinis, frequente appunto sulle rondini, presenta ali falciformi che sembrano appena atte al volo. Le sue femmine, molto rigonfie posteriormente, hanno un riflesso nero.


NITTERIBII


I Nitteribii, o Mosche dei Pipistrelli, sono privi di ali, hanno lunghe zampe con metatarsi ricurvi e prolungati. Anche il loro corpo è corneo, piattamente depresso, la testa è caliciforme: si muove liberamente e si ritira all'indietro in una profonda cavità della parte superiore del torace. Gli occhi sono puntiformi o addirittura mancanti; le antenne a due articoli sono inserite sotto il margine del capo. La proboscide succiatrice filiforme si distingue per i palpi grossi piuttosto a clava, i bilancieri terminano in un bottoncino sferico e sono attaccati alla parte dorsale. Questi parassiti, lunghi circa 4 mm., color giallo cuoio, vivono in specie diverse sopra diversi pipistrelli.



BRAULINE


Le più strane singolarità esposte si trovano riunite nelle Brauline (Braula coeca) le quali sono prive di ali, di bilancieri, di occhi, e vivono anch'esse a spese delle api. Dove nelle altre mosche esistono gli occhi, si trovano nelle Brauline due grandi fossette nelle quali sono piantate le antenne a tre articoli, coperte sino quasi all'articolo sferico terminale con spazzola dorsale penniforme. Il torace breve, composto di tre segmenti riuniti, davanti poco più largo del capo, si allarga di dietro senza però lasciar distinguere lo scudetto; nella sua faccia inferiore le anche si trovano più vicine di quanto lo siano nelle altre pupipare. L'addome si rivela ovalmente composto di cinque segmenti. Tutto il corpo, escluse le antenne gialle, è bruno-rosso lucente, duro; esso è lungo poco più di 1 mm. Vivono a spese delle api e prediligono la regina, una volta affondata la proboscide, se ne stanno delle ore tranquille, ma, separate dalla loro ospite, muoiono in breve tempo. La femmina, che nel suo doppio ovario racchiude quattro germi, lascia cadere le larve mature, nutrite nel suo seno con la secrezione delle sue ghiandole, preferibilmente sul fondo di qualche alveare. Al momento della sua nascita la larva è molle e bianca, ma si indurisce e diventa scura in breve tempo, e dopo circa 14 giorni la mosca ha raggiunto il suo sviluppo.


PULCI


Le Pulci vivono allo stato di parassiti sopra animali a sangue caldo di cui si nutrono, mentre le loro larve si accontentano di putredine e letame.

La Pulce Comune (Pulex irritans) è, per la sua natura cosmopolita, abbastanza conosciuta. Nel suo apparato boccale i palpi mascellari constano di quattro articoli.

La femmina fecondata emette circa dodici uova relativamente grosse, ovali, allungate, fra le sconnessure delle tavole, e negli angoli polverosi e sudici. In estate bastano sei giorni per condurre a compimento lo sviluppo della larva nell'uovo; essa appare come un sottile vermiciattolo bianco, munito di antenne, di due punte masticatrici e di occhi. Due piedi spingitori all'estremità del corpo, e setole laterali, le servono a descrivere le sue evoluzioni serpentine e le permettono di camminare rapidamente. Dopo 11 giorni si allestisce, nel luogo dove essa abita, una piccola cavità per trasformarsi. Quando la larva ha rigettato la sua pelle, che rimane dietro, diventa una bianca ninfa, con due punte caudali a forma di pinze; in essa si distinguono già bene le singole parti dell'animaletto futuro. Si colora a poco a poco, e dopo 11 giorni l'agile amazzone fa capolino.

La neonata, sfruttando immediatamente la potenza delle sue zampe posteriori, si mette subito a caccia di cibo, che trova facilmente vivendo fra uomini e bestie. Affonda il suo dardo acuto e succhia a lunghi sorsi anche a rischio e pericolo della propria vita. Se riesce a sfuggire alla caccia, va in cerca dell'oggetto del suo amore e obbedisce alle leggi di natura.

E' noto che esistono ammaestratori di pulci, i quali hanno trovato un modo come un altro di guadagnarsi il pane, abituando questi insetti a tirare carrozzelle e ad altri esercizi. Per raggiungere lo scopo, queste persone chiudono le pulci per lungo tempo in scatole piatte nelle quali, se tentano di saltare, battono duramente il capo contro il coperchio, perdendone così in breve tempo l'abitudine. Verranno, poi, lo spettacolo e, dopo avere eseguito gli esercizi imparati, la ricompensa del proprietario, che offrirà loro il suo braccio per saziarle. In un certo senso bisogna riconoscere anche alla piccola pulce qualche cosa di più elevato che il solo istinto.

Purtroppo esiste un'altra specie di tali bestiole le quali non si limitano alla puntura che può dare un temporaneo prurito: quella della Pulce Penetrante (Rhynchoprion penetrans), particolare dell'America meridionale, e chiamata con i vari nomi di «Cichao», «ger», e «Bicho».

E' la femmina fecondata ad essere molto pericolosa; essa infatti penetra nella pelle dell'uomo o degli animali a sangue caldo. Nell'uomo sceglie di preferenza la zona sotto le unghie del piede e luoghi analoghi; le femmine non fecondate e i maschi si nutrono normalmente di sangue come le altre pulci.

La femmina, una volta incarnatasi, se rimane senza essere disturbata nella pelle, e non è irritata da pressione o sfregamento, gonfia il suo addome fino al diametro di un piccolo pisello, rimane a lungo in tale stato, e non produce che un lieve arrossamento della parte. Trascurando le precauzioni del caso, dopo la reazione di sfregamento della vittima, si può creare una maggiore infiammazione della parte, con suppurazione maligna che può degenerare in cancrena e provocare l'amputazione dell'arto, e talvolta la morte. Intanto la mole della femmina nascosta sotto la pelle cresce rapidamente.

Le numerose celle ovariche, che si trovavano nell'otre cilindrico dell'ovario semplicemente forcuto, si vanno sviluppando lentamente; così l'uovo più maturo si trova sempre vicino all'uscita, spintovi anche dalla pressione delle altre uova. La madre, se indisturbata, rimane fino all'emissione totale delle uova, e poi muore. Le sue larve, il loro successivo sviluppo e la loro metamorfosi procedono come per la pulce comune.

Una misura precauzionale da prendere se si è colpiti dalla presenza della pulce fecondata, è quella di evitare di grattare la parte che prude, le pressioni esterne, e di non tentare di toglierla se non si è certi di poterla asportare con il suo addome. Le larve infatti non sono così pericolose come l'insetto in procinto di procreare.







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