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Dante è il poeta del Medioevo e, nel contempo, la sua posizione universale gli dà connotati astorici



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Dante è il poeta del Medioevo e, nel contempo, la sua posizione universale gli dà connotati astorici.

Boccaccio, invece, potremmo definirlo 'il cantore dei mercanti', comunque il poeta del 'non-sogno'.

Traccia gli itinerari inerenti i due poeti con solo i riferimenti richiesti dalla traccia.


Dante e Boccaccio, due poeti, l'uno posto alla fine di un'epoca, l'altro nel pieno di una realtà storica che si andava sempre più consolidando, quella dei mercanti. Sebbene le loro opere appaiano ai nostri occhi come elaborati assai differenti, entrambe hanno saputo resistere all'instabilità dei secoli, giungendo in quest'era così presa dalle sue freneticità, mantenendo intatte le loro caratteristiche. Questo è ciò che le rende ancor più magnifiche. Pur appertenendo a realtà storiche assai lontane dalla nostra, le opere di Dante si propongono come classici; oserei dire che la 'Divina Commedia' è per gli amanti della letteratura ciò che per noi cristiani è la Bibbia, un componimento sacro, che di per sé, infatti, pone come elemento principale proprio Dio.

Al contrario, Boccaccio, 'scavalca' questi canoni per immergersi completamente nella realtà quotidiana. Detto così potrebbe apparire svantaggioso per lui narrare fatti della sua epoca, appunto perché non rimarrebbero più attuali dopo un certo periodo e invece proprio in questo aspetto Boccaccio si rende attualissimo. I mercanti, protagonisti indiscussi delle sue opere, pensano unicamente al guadagno, il loro Dio è il denaro, vivono nel peccato. Un esempio evidente di quanto detto è ben rappresentato da una delle novelle del 'Decamerone' in cui un mercante, Ser Ciappelletto, in punto di morte, chiede di parlare con un prete per confessarsi ma, invece di chiedere il perdono di Dio, pensa solo a salvare la sua classe sociale e per far ciò non risparmia neppure inutili falsità. Non ha paura di Dio, non s'interessa di quello che potrebbe essere il suo giudizio ed eventualmente il suo castigo in seguito al tipo di vita condotto.

Quest'ultima è una delle diversità più evidenti tra i due poeti ma è chiaro quanto abbia influenzato il diverso contesto storico. Dante si posiziona in un'epoca, il Medioevo, in cui Dio è fondamentale, l'uomo vive in relazione ad esso, lo teme se necessario, lo venera, segue i suoi insegnamenti, non vive nell'eccesso. Boccaccio, invece, si colloca in un periodo, potremmo dire, del tutto opposto. L'uomo vuole reallizzare se stesso nell'ambito terreno, vuole circondarsi di ricchezze, vuole impostare un rapporto con Dio basato su una relazione che non sia fatta di inutili paure, una relazione molto vicina a quella che potrebbe essere una semplice amicizia.



Forse ciò che li rende così attuali implica l'unione delle loro caratteristiche; amiamo Dante perché ci porta fuori dalla realtà della vita, ci insegna come giungere a questa tanto sognata perfezione. Amiamo Boccaccio perché ci porta ad una realtà che forse è in parte anche nostra, in una società in cui domina il capitalismo, in cui il denaro, per forza di cose, si è posto come qualcosa di necessario, che non può e non deve mancare e che, come spesso avviene, ci fa dimenticare i valori importanti, quali proprio la religione, il rapporto con Dio, che tanto occupa l'opera di Dante.

Oltre all'aspetto puramente religioso, Dante è il poeta della virilità, dell'amore idealizzato, puro. Boccaccio è il poeta del piacere, dell'amore fisico, amante dei beni materiali. Potremmo sconfinare nel 'peccato' leggendo le opere di quest'ultimo e ripurificarci l'anima spaziando fra i canti della Divina Commedia di Dante.


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