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Domenico Cimarosa



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Domenico Cimarosa



Operista di grande fama, esprime in modo paradigmatico il gusto neoclassico, sorridente ed equilibrato, di fine '700.

Di modestissime origini, lio di un muratore e di una lavandaia, orfano a soli 3 anni, Domenico Cimarosa (17 dicembre 1749, Aversa, Caserta - 11 gennaio 1801, Venezia) non sembra davvero destinato a una carriera di musicista. Ma la madre trova impiego come lavandaia presso un convento di frati francescani, il cui organista si prende cura dell'educazione del piccolo Domenico, impartendogli anche le prime lezioni di musica. Il fanciullo si rivela sorprendentemente dotato, tanto che nel 1761 viene accolto gratuitamente al Conservatorio della Madonna di Loreto di Napoli.

Terminati gli studi, inizia l'attività di compositore nel 1770, scrivendo numerosissime opere (di cui purtroppo non ci è giunto nulla) e si fa un nome come uno degli operisti italiani di maggior valore.

Nel 1781, a Venezia, va in scena Giannina e Bernardone, una delle poche opere di Cimarosa ripresa anche in tempi moderni. Nel frattempo la fama del compositore varca le Alpi e nel 1787 riceve la proposta di sostituire Giuseppe Sarti come maestro di cappella a San Pietroburgo, dove resta fino al 1791. Anche qui compone parecchio, ma i manoscritti delle sue opere rimangono ancora oggi sepolti negli archivi dei musei russi.

Nel dicembre 1791, sulla via del ritorno dalla Russia, si ferma a Vienna. Dal momento che Mozart è appena morto e Haydn è a Londra, si rendono liberi molti spazi creativi. Anche Cimarosa ottiene una commissione e il 7 febbraio del 1792 va in scena Il matrimonio segreto: è uno dei più clamorosi successi che la storia del teatro d'opera ricordi. L'imperatore non solo invita a cena Cimarosa e tutta la comnia, ma dopo il banchetto chiede il bis, e l'intera opera viene ripetuta da cima a fondo.



In effetti Il Matrimonio segreto, con il suo buon gusto, il suo equilibrio, il lieto fine che (a differenza, ad esempio, di quelli di Mozart) nega ogni dramma, risolve le situazioni personali e rispetta le gerarchie sociali. È l'opera adatta per soddisfare il desiderio di certezza, di stabilità di una corte che vede invece intorno a sé i segni minacciosi della tempesta rivoluzionaria incombente.

Tornato a Napoli, l'opera riceve la medesima strepitosa accoglienza. Allo scoppio della rivoluzione napoletana del 1799, il compositore si schiera entusiasticamente con i rivoltosi e quando la sommossa viene sconfitta da Ferdinando IV si trova a scontare qualche mese di carcere.

Uscito di prigione, preferisce abbandonare Napoli e recarsi a Venezia, dove viene accolto con tutti gli onori. Incaricato di comporre una nuova opera, non riesce a condurre a termine il lavoro perché i suoi disturbi nervosi si aggravano improvvisamente. Muore, nel giro di pochi giorni, agli inizi del 1801.






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