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GALILEO RACCONTATO DA LILIANA CAVANI: TRA SCIENZA ED ERESIA

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GALILEO RACCONTATO DA LILIANA CAVANI: TRA SCIENZA ED ERESIA


Mille sono le immagini, le idee, i pensieri che comunemente si sovrappongono nella mente di ognuno quando si nomina Galileo Galilei. Sicuramente se ponessimo una domanda del tipo "cosa pensi se dico Galileo?" a Liliana Cavani, la risposta sarebbe "Il suo rapporto con l'Inquisizione". E' infatti questa l'idea che resta dopo la visione di Galileo in un film che non ci da tanto il Galileo scienziato, curioso e appassionato della ricerca della verità, che forse è immagine più comune, più diffusa dell'uomo, quanto il Galileo, uomo di scienza e portatore di una nuova mentalità antidogmatica e spogliata da preconcetti, che dedica tutta la propria vita alla difesa e all'affermazione della propria mentalità, in aperta lotta con l'autorità tradizionalista e sinceramente dogmatica della chiesa. In sostanza è questo l'argomento del film: la battaglia personale dello scienziato per la propria verità, la storia di un'ingenuità e del dramma che ne consegue; la vicenda quindi, non si snoda tanto su una successione di eventi eccezionali, quando su una serie di  eventi eccezionali, quando su una serie di dialoghi, di discussioni: sono le parole a tenere la storia e a svelarne il significato. Così, poco importa dei vari viaggi a Roma di Galileo, dei suoi tanti incontri, delle riunioni tenute de cardinali e Papi per risolvere il "Problema-Giubileo" (del resto i fatti veri sono conosciuto da tutto), ciò che resta sono le parole che vengono pronunciate, parole rivelatrici di un Galileo ingenuamente trasparente e fiducioso in un possibile riconoscimento delle parole delle proprie teorie di un Galileo che nasce convinto della propria grandezza, del valore delle proprie scoperte, del trionfo della verità scientifica - che però alla fine è più uomo che scienziato e cede di fronte alla vista degli strumenti di teoria, di fronte al male fisico. Ma il vero soggetto del film è come abbiamo detto, la storia di un battaglia senza tempo, dal valore universale che non è la semplice battaglia tra fede e scienza, bensì quella tra chiesa e potere, e sapere scientifico, in quanto elemento innovatore, rivoluzionario e soprattutto scomodo. Ma forse l'oggetto "scomodo" è un eufemismo paragonato all'opinione che cardinali e frati hanno sulle teorie Galileiane, sulle loro pericolosità pur nella loro "follia". Sulla loro pericolosità pur nella loro 'follia'.



Tutto ciò viene narrato da Liliana Cavani con grande intensità: il suo punto di vista è facilmente intuibile (ma potrebbe essere diverso?) e l'enfatizzazione, (forse un po' eccessiva) che dà la colonna sonora di Ennio Morricone è ovviamente 'di parte': l'obiettivo è senza dubbio, sollecitare l'emotività dello spettatore da cui si esige una risposta.

I colori, pochi, ma intensi e contrastanti, i movimenti di macchina, semplici non ricercatamente ampi, le inquadrature dal basso, fortemente scorciate, si imprimono nello spettatore e lo obbligano a reagire, a reagire contro il potere, contro l'autorità, contro ogni forza ottusamente coercitiva. Non possiamo dimenticare infatti, che il film è stato girato nel 1968 e l'influenza dell'atmosfera di quell'anno, in qualche modo si è fatta sentire.

La volontà della regista, tuttavia, non è quella di analizzare l'emblematica vicenda dello scienziato pisano. Lei stessa a questo proposito dice: 'Non  esiste in questo caso neanche la necessità di modernizzare o attualizzare . cosa c'è da attualizzare nella vicenda di Galileo ? Valpreda, la contestazione in Unione Sovietica, i contrasti frequenti dell'intelligentja americana con i suoi governi, sono tutti casi di 'Galileo' dettagli a parte, addobbi a parte'.







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