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IL DEUTSCHER WERKBUND E PETER BEHERENS

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IL DEUTSCHER WERKBUND E PETER BEHERENS


Con la fondazione del Deutscher Werkbund nel 1907, la Germania dopo un processo di rinnovamento culminante nella semplificazione neoclassica di Schinkel, si pone alla testa del movimento europeo: più che per l'eccellenza, per la quantità di artisti intenti ad un comune obiettivo. Solo in Austria troviamo, in quel periodo, altrettante energie, ma poiché Olbrich e Hoffmann operano spesso in Germania, e il Werkbund austriaco è strettamente connesso a quello tedesco, si può parlare di un fenomeno unitario.

Non eroi solitari come Mackintish in Scozia, Gaudì in Catalogna, Perret e Garnier in Francia, bensì dibattito vivacissimo, alimentato anche dalla presenza di maestri stranieri quali Van de Velde.

Nel Deutscher Werkbund convergono due generazioni di architetti moderni, gli uomini della prima età e i futuri maestri del razionalismo.

Peter Beherens impersona la saldatura tra la prima e la seconda fase. Esordisce come pittore, fa parte della Secessione viennese, costruisce una casa nella colonia di Darmstadt; nel Werkbund matura la persuasione dell'assoluta necessità di stabilire un sistematico rapporto tra architettura e industria, ed è il primo a sperimentarlo.



La fabbrica di turbine realizzata nel 1909 per l'AEG berlinese viene celebrata come un prototipo dell'architettura industriale; oltre a questa opera vanno citati, i serbatoi di Francoforte e i magazzini AEG di Berlino e nel 1911 riveste nelle fogge più cinicamente accademiche l'ambasciata tedesca a Pietroburgo, traendo uno spirito prenazista. Ha però l'accortezza di non chiudersi mai in atteggiamenti reazionari, anzi se ne affranca da un giorno all'altro mutando volto, accoglie nel suo prestigioso studio giovani come Gropius, Mies van der Rohe, Le Corbusier, e aderisce alle loro iniziative con un paternalismo non privo di generosità.

Comunque il suo bilancio complessivo risulta fecondo; copre un ruolo analogo a quello di Otto Wagner in Austria, con la differenza che, mentre i maestri austriaci non mimetizzano le proprie posizioni, sensibile e aperte ma incanalate entro limiti determinati, Beherens, agendo più tardi ed in contesto gremito di inquietudine, accetta una molteplicità di linguaggi, applicandoli di volta in volta con sapiente destrezza professionale.  





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