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INFORMATICA - LA STORIA DEL COMPUTER

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INFORMATICA - LA STORIA DEL COMPUTER


L'ABACO


Fin dall'antichità l'uomo ha cercato di costruire degli strumenti per eseguire velocemente le operazioni di calcolo.

Il primo strumento utilizzato fu sicuramente l'abaco; esso si diffuse nel primo millennio avanti Cristo presso diversi popoli (Egiziani, Cinesi, Atzechi, Greci, ecc.) ed è tutt'ora diffuso soprattutto nell'estremo oriente, anche se in forma modificata.





Fu inventato il regolo calcolatore, ancora utilizzato, soprattutto nel campo dell'ingegneria.



Fu costruita la prima macchina calcolatrice da parte del matematico e filosofo francese Blaise Pascal.

La macchina (chiamata Pascaline) era in grado di eseguire le addizioni tenendo conto automaticamente dei riporti.



LA PASCALINE


La macchina di Pascal, chiamata Pascaline, era composta da una ruota per ognuna delle cifre di un numero (una ruota per la cifra delle unità, una per la cifra delle decine, una per la cifra delle centinaia ecc.).

Per eseguire una addizione bisognava impostare le cifre del primo addendo e poi del secondo sulle varie ruote.

Il riporto veniva gestito da un dispositivo in grado di far avanzare di uno scatto una ruota, quando quella di ordine immediatamente inferiore aveva compiuto un giro completo. (Le calcolatrici meccaniche hanno continuato a sfruttare questo metodo).

La macchina poteva eseguire anche la sottrazione, con il metodo del complemento alla base, e la moltiplicazione, come somma ripetuta del moltiplicando.

Non era invece in grado di eseguire la divisione.



Il filosofo e matematico Gottfried Wilhelm Leibnitz perfezionò dal punto di vista teorico la macchina di Pascal, riuscendo a farle eseguire automaticamente tutte le quattro operazioni aritmetiche.

Non riuscì però a farne funzionare un esemplare realizzato in pratica, dato che non aveva a disposizione pezzi con la precisione necessaria.



L'italiano Giovanni Poleni descrisse una macchina aritmetica capace di eseguire le quattro operazioni.

La novità di questa macchina era il funzionamento meccanico, anziché a manovella come nei modelli precedenti. Il lavoro necessario al movimento delle varie parti era fornito dall'abbassamento di un peso collegato ad una fune che si avvolgeva su un tamburo.


1791-l871

In questo periodo visse il matematico inglese Charles Babbage, che si dedicò allo studio delle macchine calcolatrici.

Nel 1812 iniziò la costruzione di una macchina chiamata Difference Engine (Macchina delle differenze) che non fu però terminata.

La macchina doveva servire per il calcolo delle tavole delle funzioni matematiche e in particolare dei polinomi.

Una macchina delle differenze fu realizzata effettivamente alcuni anni dopo dallo svedese G. Scheutz, in base alle pubblicazioni di Babbage.

Babbage invece viene ricordato per l'ideazione della macchina chiamata Analytical Engine (macchina analitica), a cui si dedicò dal 1832.

La macchina analitica può essere considerata il primo vero precursore del moderno computer, dato che poteva risolvere qualsiasi problema descrivibile come una sequenza di operazioni matematiche.

Babbage non riuscì a realizzare in pratica la sua macchina perché la tecnologia di quei tempi non metteva a disposizione i componenti necessari; soltanto dopo la sua morte il lio ne realizzò alcune parti.



LA MACCHINA ANALITICA


La macchina analitica è paragonabile per la sua struttura a un moderno computer.

Infatti nel progetto erano presenti:

- organi di entrata per fornire alla macchina le istruzioni e i dati;

- organi di uscita, coi quali la macchina comunicava all'operatore i risultati del calcolo;

- una memoria nella quale la macchina conservava i dati e le istruzioni;

- un'unità aritmetica per effettuare le operazioni aritmetiche;

- un'unità di controllo, ossia un meccanismo per eseguire sequenze di operazioni, capace di realizzare anche l'iterazione di un gruppo di istruzioni.

Alla macchina si potevano poi collegare altri organi con funzioni di memorie esterne.

La memoria era costituita da una serie di cilindri dentati che ruotavano attorno ad un cilindro centrale, ognuno dei quali poteva restare bloccato su una delle dieci posizioni che rappresentavano le cifre dei numeri del sistema decimale (cioè da 0 a 9). Era prevista la possibilità di memorizzare ben 1.000 numeri di 50 cifre decimali ciascuno.

Le istruzioni e i dati venivano forniti alla macchina per mezzo di schede perforate.

I risultati erano forniti su schede perforate o stampati oppure potevano essere letti direttamente.

La macchina analitica era mossa da un motore a vapore ed era in grado di eseguire un'addizione in un secondo o una moltiplicazione (o una divisione) in un minuto.



L'alsaziano Charlse Thomas riprese l'idea di Leibniz e riuscì a realizzare una macchina che per prima non fu solamente teorica ma ebbe anche applicazioni commerciali. Ne furono infatti costruiti circa 1.500 esemplari.


1815-l852

In questo periodo visse la contessa Augusta Ada di Lovelace, lia di Lord Byron, il famoso poeta inglese, che si dedicò allo studio della matematica e fu ammiratrice e sostenitrice di Babbage, a cui diede importanti consigli per la realizzazione della macchina analitica.

Ada Lovelace viene ricordata per essere stata il primo programmatore, cioè la prima persona che scrisse un programma per un calcolatore.

Il suo nome è ricordato dal linguaggio ADA utilizzato sui calcolatori militari dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.



Lo statistico americano H. Hollerith utilizzò le schede perforate per registrare i dati per il censimento di New York e Baltimora; le schede venivano rilette da dispositivi elettromeccanici mediante aghi percorsi da corrente elettrica ed elaborate con una macchina di elaborazione automatica.

Mentre dieci anni prima erano serviti quasi sette anni di lavoro per ottenere i risultati, con il metodo di Hollerith furono impiegati soltanto due anni e mezzo, anche se la massa di dati da elaborare era aumentata sensibilmente.

La scheda perforata era stata introdotta da Jacquard per comandare i telai di tessitura (infatti ancor oggi i maglioni con tanti disegni a colori si dicono Jacquard).

Le schede perforate erano state utilizzate anche da Babbage per la macchina analitica ma soltanto Hollerith riuscì a dimostrare la loro utilità nell'elaborazione automatica di grandi quantità di dati.

Macchine tipo quella di Hollerith, chiamate macchine meccanografiche, furono usate anche negli uffici pubblici (che presero il nome di centri meccanografici).



LA SCHEDA PERFORATA


La scheda perforata è stata per molti anni il principale dispositivo di input.

La scheda è un cartoncino di forma rettangolare, che viene considerato suddiviso in 12 righe di 80 colonne.

La scheda viene perforata utilizzando una macchina perforatrice in cui la pressione di un tasto (i tasti corrispondono più o meno a quelli di una macchina per scrivere) provoca la perforazione di fori rettangolari in una colonna della scheda; su una colonna possono esserci fino a 4 fori.

Il codice più utilizzato per rappresentare i caratteri mediante combinazioni di fori è il codice di Hollerith.

Su una scheda si possono scrivere al massimo 80 caratteri e questo ha condizionato la struttura delle righe di programma in molti linguaggi di programmazione.

Il contenuto della scheda viene letto automaticamente da un lettore di schede che individua la posizione dei fori grazie agli impulsi elettrici che vengono generati.

La lettura può avvenire in modo seriale o in modo parallelo, cioè una colonna per volta o una riga per volta.



Hollerith fondò una società per la produzione delle macchine elettromeccaniche per la lettura delle schede perforate; la società prese il nome di IBM (International Business Machine).



Fu realizzata presso il MIT (Massachussets Institute of Technology) negli Stati Uniti una calcolatrice meccanica in grado di eseguire calcoli anche di una certa complessità.



Fu realizzato lo Z1 ad opera dell'ingegnere tedesco Konrad Zuse che ne aveva iniziato lo studio quattro anni prima; lo Z1 era una calcolatrice meccanica in cui veniva utilizzato il sistema di numerazione binario.



Zuse, sostituendo molte delle parti meccaniche del suo calcolatore con dei relais, per ottenere una maggiore velocità di calcolo, realizzò il primo calcolatore elettromeccanico: lo Z3.

Lo Z3 utilizzava un programma registrato su nastro perforato e lavorava con il sistema di numerazione binaria; era in grado di eseguire le quattro operazioni elementari e di estrarre la radice quadrata; i tempi di esecuzione delle operazioni numeriche erano dell'ordine del secondo.



IL NASTRO PERFORATO


Il nastro perforato è una striscia di carta continua su cui i dati vengono rappresentati su righe perpendicolari all'asse mediante perforazioni in base ad un codice di perforazione.

La perforazione può avvenire in modo automatico o manuale.

Perforazione e lettura avvengono in modo seriale cioè carattere per carattere.



Fu completato un altro calcolatore elettromeccanico progettato dal professor Howard H. Hiken dell'Università di Harvard che prese il nome di  Mark1 (o anche ASCC: Automatic Sequence Controlled Calculator); era capace di eseguire un'addizione in 300 millisecondi e di calcolare alcune funzioni quali quelle trigonometriche, il logaritmo decimale e l'esponenziale.



Fu realizzato il primo calcolatore elettronico presso la Moore School of Electrical Engineering dell'Università di Pennsylvenia nel 1946  su progetto di J.P. Eckert e J.V. Mauchly.

Il calcolatore fu chiamato ENIAC (Electronic Numerical Integrator and Calculator cioè calcolatore e integratore numerico elettronico); il suo funzionamento si basava su valvole termoioniche (per la memoria dati) ed era mille volte più veloce dei suoi predecessori.

Nello Z3 e nel Mark1 l'apertura e la chiusura dei circuiti era comandata da relais che potevano commutare (cioè passare dallo stato di apertura a quello di chiusura e viceversa) in un tempo di circa un decimo di secondo; nei calcolatori elettronici l'apertura e la chiusura dei circuiti avveniva mediante tubi a vuoto (e successivamente mediante transistor e poi circuiti integrati) che non hanno parti in movimento ma devono solo passare dallo stato di conduzione a quello di non conduzione (cosa che avviene in un milionesimo di secondo circa).

La memoria programmi dell'ENIAC era però costituita da un insieme di connessioni tra fili; era quindi molto difficile programmare il computer per risolvere problemi di tipo diverso.

L'ENIAC consisteva di un grande numero di circuiti elettronici, comprendenti almeno 18.000 tubi elettronici, pesava 30 tonnellate e occupava una superficie di oltre 100 metri quadri.

La memoria poteva contenere al massimo 20 numeri di 10 cifre ognuno, ma comunque si poteva ottenere una velocità di calcolo di circa 5.000 addizioni o sottrazioni al secondo.



Venne completato presso l'Università di Cambridge l'EDSAC (Electronic Delay Storage Calculator).



Fu realizzato il primo calcolatore a programma memorizzato, l'EDVAC (Electronic Discrete Variable Automatic computer).

Nella realizzazione dell'EDVAC vennero applicate per la prima volta le idee di John Von Neumann, matematico ungherese, che lavorava negli Stati Uniti, che aveva tenuto una serie di conferenze sulla Teoria e tecnica dei calcolatori elettronici digitali, presso l'Università di Filadelfia.

L'idea di Von Neumann era che il programma potesse essere conservato nella memoria dati del calcolatore e trattato in modo analogo ai dati.

Da allora tutti i computer si basano su questa idea di Von Neumann; i computer che seguono questa architettura vengono anche chiamati macchine di Von Neumann e il ciclo di esecuzione delle istruzioni viene chiamato ciclo di Von Neumann.



I computer, che prima ivano solo negli istituti universitari, cominciano a diventare interessanti anche per l'industria e l'amministrazione.

Il primo calcolatore prodotto su scala industriale fu l'UNIVAC1 consegnato nel 1951 dalla Remington Rand all'ufficio americano per il censimento, mentre in Inghilterra il calcolatore LEO I (costruito dalla casa inglese Leo) fu adottato per l'analisi dei costi presso la società privata Cabdy Hall Bakeries.



E' iniziata la produzione industriale di calcolatori; la IBM presenta il modello IBM-704 dotato di una memoria a nuclei magnetici in grado di memorizzare 32000 byte.

Sull'IBM-704 oltre che in Assembler si poteva programmare anche in Fortran.

Anche in Italia viene realizzato un calcolatore elettronico: entra in funzione all'Università di Pisa ed è generalmente chiamato Calcolatore di Pisa.

Aveva una potenza di calcolo paragonabile a quella di una calcolatrice tascabile dei nostri giorni ma occupava un'area grande quanto un intero appartamento.




LE MEMORIE A NUCLEI MAGNETICI


Per molti anni dall'inizio della costruzione dei calcolatori le memorie sono state realizzate impiegando nuclei magnetici, anellini di materiale ferromegnetico del diametro di circa 1 mm attraversati da uno o più fili.

In genere come materiale viene utilizzata la ferrite (ossido di ferro con altri metalli come zinco, manganese, magnesio, nichel).

Un materiale ferromegnetico immerso in un campo magnetico si magnetizza; il valore della magnetizzazione viene misurato da una grandezza chiamata induzione magnetica.

Al crescere del campo magnetico il valore dell'induzione magnetica cresce fino ad un certo punto e poi non aumenta più; questo valore dell'induzione magnetica viene chiamato livello di saturazione.

Anche annullando il campo magnetico rimane un certo valore di induzione magnetica, chiamato magnetismo residuo.

L'induzione magnetica si annulla soltanto applicando un campo magnetico di intensità negativa.

Applicando campi magnetici negativi il comportamento dei nuclei ferromegnetici è analogo: si produce un valore negativo di induzione magnetica che rimane in parte anche annullando il campo magnetico.

La memoria viene realizzata utilizzando un anellino di ferrite per ogni bit; gli anellini sono disposti a matrice e sono attraversati da due fili, uno orizzontale e uno verticale.

Il campo magnetico per la magnetizzazione di un anellino viene generato inviando una corrente nei fili che lo attraversano.

Perché un anellino si magnetizzi il campo magnetico (e quindi la corrente che lo genera) deve avere un'intensità abbastanza elevata; gli anellini in cui passa una corrente di intensità insufficiente non vengono magnetizzati.

Per magnetizzare uno specifico anellino (cioè per scrivere un valore in un bit) è allora sufficiente inviare una corrente, di intensità dimezzata rispetto a quella necessaria per la megnetizzazione, sui fili orizzontale e verticale che attraversano l'anellino stesso.

L'operazione di lettura richiede un altro filo che attraversa gli anellini. Per leggere il valore di un anellino si deve compiere una operazione di scrittura; se per esempio si scrive uno zero si otterrà un cambiamanto di valore soltanto se il bit prima conteneva il valore 1; il cambiamento di valore (cioè di segno dell'induzione magnetica) provoca una corrente sul filo di lettura che attraversa l'anelino.

La lettura quindi modifica il contenuto del bit, che deve poi venire ripristinato con una nuova operazione di scrittura (ciclo di lettura-scrittura).



Inizia quella che in genere viene chiamata seconda generazione e che è caratterizzata dalla sostituzione delle valvole con i transistor.

Grazie all'utilizzo dei transistor potevano essere realizzati computer di dimensioni molto più piccole (o con maggiori capacità di memoria o di elaborazione), molto più affidabili e con una grandissima riduzione di costo, che ne permise una sempre maggior diffusione.


1959-l965

L'IBM presenta vari modelli di computer, tra cui il 1401 di cui ne furono venduti oltre 10.000 esemplari (circa un terzo dei computer installati in questo periodo), il 1440 e il 1460.

La DEC (Digital Equipment processor) presenta nel 1960 il PDP-l (Programmed data Processor), il primo minicomputer.

La Olivetti in Italia propone l'Elea nelle sue varie versioni (ELEA 9003 per applicazioni scientifiche ed ELEA 6001 per applicazioni commerciali), di cui però ne furono venduti solo poco più di un centinaio di esemplari, quasi esclusivamente in Italia. Nel 1964 la Olivetti abbandonò il mercato dei calcolatori elettronici (cedendolo alla General Electric) per tornare qualche anno dopo proponendo piccoli calcolatori invece di mainframe.

In questo periodo si cominciarono ad usare i primi Sistemi Operativi per rendere efficiente l'utilizzo del computer e si svilupparono alcuni linguaggi di programmazione come l'ALGOL e il Cobol.



IL TRANSISTOR


Il transistor fu inventato nei laboratori Bell, negli Stati Uniti, da W. Brattain, J.Bardeen e W. Schockley nel 1948, anche se fino al 1955 rimase una curiosità di laboratorio dato che era impossibile produrlo in quantità sufficienti e a costi accettabili.

Il transistor è un componente elettronico formato da tre elettrodi, uno dei quali, chiamato base, è in grado di controllare il flusso di corrente fra gli altri due, il collettore e l'emettitore.

Le valvole erano molto ingombranti e consumavano molta corrente; inoltre per ogni valvola ne era necessaria una seconda che ne amplificasse il segnale.

I transistor invece erano molto più piccoli (cento volte più piccoli rispetto alle valvole), consumavano poca corrente e non richiedevano l'amplificazione del segnale; inoltre erano meno costosi (dieci volte di meno delle valvole) e molto più affidabili.



La Olivetti presenta il PROGRAMMA 101, il primo computer da tavolo (desk top computer), che con le sue piccole dimensioni è una novità mondiale nel suo genere, anche se le prestazioni sono piuttosto limitate.


1966-l970

Questo periodo viene identificato come terza generazione ed è caratterizzato dall'impiego dei circuiti integrati (chip).

Il circuito integrato fu inventato da J. St. Clair Killey della Texas Instruments nel 1958.

La produzione industriale dei circuiti integrati iniziò soltanto nel 1963; l'anno successivo fu introdotto il primo calcolatore commerciale a circuiti integrati: l'IBM serie 360.

In questo periodo nascono nuovi linguaggi di programmazione come il PL/1 e il Basic, ma le novità maggiori si hanno nell'architettura di sistema: vengono introdotti la multiprogrammazione, il time-sharing e il teleprocessing.

Inoltre cominciò a svilupparsi la possibilità di usare lo stesso programma su diversi calcolatori (compatibili tra loro) o di aumentare le capacità di un computer aggiungendo nuovi moduli (modularità strutturale e funzionale).



LE SCALE DI INTEGRAZIONE DEI CIRCUITI INTEGRATI


Un circuito integrato è un dispositivo formato da una piccola piastra di silicio (chip) su cui sono raggruppate componenti elettroniche diverse come condensatori, resistenze e transistor.

Il numero di componenti raggruppabili su un singolo chip viene chiamato scala di integrazione (o livello di integrazione) ed è cresciuto da poche decine di componenti a migliaia o milioni di componenti su uno stesso chip.

Le sigle che identificano le scale di integrazione sono:

SSI: Small scale Integration (integrazione su piccola scala);

MSI: Medium Scale Integration (integrazione su media scala);

LSI: Large Scale Integration (integrazione su larga scala);

VLSI: Very Large Scale Integration (integrazione su larghissima scala).



L'EVOLUZIONE DEL MICROPROCESSORE


Nel 1968 Robert Noyce e Gordon Moore fondarono una società chiamata Integrated Electronics, poi abbreviata in Intel, destinata a diventare leader nel settore dei circuiti integrati.

Iniziarono con la produzione di circuiti di memoria all'avanguardia: nel 1969 una memoria RAM di 64 bit, chiamata in codice 3101, poi una memoria RAM da 256 bit (cioè con un impaccamento quattro volte maggiore del precedente), chiamata Intel 1101, che fu la prima memoria prodotta su scala industriale con tecnologia MOS; verso la fine del 1970 una RAM da 1K (1.024 bit), chiamata 1103, che segna l'inizio dell'era delle memorie ROM e RAM a semiconduttori.

Nel 1971 la nascita della vera grande novità: il microprocessore, cioè un'intera CPU realizzata su un solo chip ad opera di un gruppo composto da Hoff, Faggin e Mazor.

Questo componente fu chiamato 4004; operava con un parallelismo 4, cioè trattava 4 bit per volta, era quindi piuttosto lento, oltre che costoso, anche se conteneva già 2300 transistor e poteva eseguire 60.000 operazioni al secondo.

Mentre era ancora in corso lo sviluppo del 4004 Hoff, Faggin e Mazor iniziarono quello di un microprocessore a 8 bit, lo Intel 8008, che fu annunciato nell'aprile del 1972.

Lo 8008 era ancora lento e costoso ma presentava una grossa novità nell'architettura: l'uso di un bus per trasportare le informazioni da una unità all'altra (mentre prima ogni unità doveva essere collegata direttamente con ogni altra con cui doveva comunicare).

Il microprocessore, la ROM, la RAM e tutte le unità di I/O erano collegate ad un bus dati, che altro non era che un insieme di 8 tracce sul circuito stampato: una per il primo bit del byte, una per il secondo ecc.

Ogni componente aveva uno dei suoi piedini (o pin) collegato alla traccia 1 del bus (e prelevava da questa o versava su questa il primo bit di ogni byte), un altro collegato alla traccia 2, ecc. fino alla 8.

Per individuare un byte nella memoria però l'8008 usava un indirizzo formato da 14 bit; si potevano cioè indirizzare al massimo 16 K byte di memoria (il numero massimo possibile è 214 cioè 16384).

Il vero successo del microproprocessore si ebbe però con il componente successivo: l'Intel 8080 introdotto nell'aprile 1974.

Lo 8080 era veloce (294.000 operazioni al secondo) ed aveva un bus indirizzi a 16 bit per cui poteva indirizzare 216 cioè 65.636 byte (64 K di memoria); inoltre era anche relativamente economico.

Un anno dopo la Motorola (USA) introdusse un suo microprocessore, il 6800, dalle caratteristiche molto avanzate. Faggin lasciò la Intel per fondare la Zilog, che entrò sul mercato con lo Z80, il microprocessore che per primo fu usato negli home computer e che è stato usato a lungo come modello di studio nelle scuole ad indirizzo informatico.

La Intel nel 1978 introdusse lo 8086, il primo microprocessore a 16 bit; (cioè con parallelismo 16 nella elaborazione dei dati); l'anno dopo introdusse lo 8088, un 8 bit ad alte prestazioni.

Negli anni successivi l'evoluzione è diventata molto più veloce; si è passati dall'80286, chiamato comunemente 286, a 16 bit, all'80386 (il 386) a 32 bit, all'80486 (il 486) che ingloba un coprocessore matematico, per arrivare al processore più moderno: il Pentium; anche la frequenza di clock del processore è aumentata molto rapidamente: dagli 8 MHz del 286 ai 50 o 66 Mhz del 486 ai 100 ecc.



E' l'anno che segna la nascita della quarta generazione di computer, che dura ancora oggi.

La quarta generazione inizia con la progettazione del primo microprocessore, il 4004, ad opera del fisico italiano F. Faggin che lavorava presso la INTEL.

Un microprocessore è una CPU realizzata in un unico chip, di costo molto basso. Contemporaneamente si rendono disponibili le memorie a semiconduttori meno ingombranti, più veloci e meno costose delle precedenti memorie a nuclei.



La DEC (Digital Equipment Corporation) iniziò la produzione di computer con microprocessore.



Nacque il primo personal computer: l'APPLE I costruito dai californiani S. Jobs e S. Wozniak; l'APPLE I utilizzava il microprocessore 6502 della MOS Technology.



La IBM introduce sul mercato il PC-IBM (Personal Computer) con microprocessore 8088 della Intel e 64 Kbyte di memoria. Il PC-IBM utilizzava il sistema operativo DOS che da allora è diventato uno standard mondiale per i personal computer.



Viene annunciato il primo laptop computer, il modello HX-20 della Epson, di peso inferiore a un chilo e mezzo, dotato di un piccolo display a cristalli liquidi.



La Olivetti lancia il modello M24 con microprocessore Intel 8086.


Da allora i personal computer hanno avuto uno sviluppo enorme in termini di prestazioni e di diffusione; sono sempre più potenti e meno costosi e ormai sono presenti praticamente ovunque.




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