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"L'Infinito" di Leopardi

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"L'Infinito" di Leopardi

Commento


Scritto nel 1819, L'Infinito è il primo degli "idilli" leopardiani compreso nella raccolta Canti(1835). Per "idillio" si intende, nella tradizione letteraria, un testo che rappresenta un quadretto di vita naturale, di serenità campestre, e qui in effetti troviamo un cenno di paesaggio agreste (il colle, la siepe, le piante). Si tratta però soltanto di uno spunto iniziale, che lascia subito il posto al vero tema della poesia, cioè l'abbandono dell'anima alla immaginazione senza confini. Del resto in tutti i suoi "idilli", come riconobbe Leopardi stesso, il contenuto consiste in "situazioni, affezioni, avventure storiche" dell'animo del poeta. Dunque una poesia di carattere fortemente intimo, personale. Il poeta è salito su una collinetta di Recanati. Una siepe gli impedisce la vista di gran parte dell'orizzonte e proprio questo ostacolo gli permette di spaziare con la fantasia nell'infinito. E così al di là della siepe immagina spazi senza limite, silenzi profondi e pace assoluta, tanto da provarne sgomento. Ma poi l'improvviso stormire del vento tra le fronde degli alberi riporta il poeta alla realtà ed egli, paragonando quel fruscio a "quello infinito silenzio", avverte un altro infinito, quello del tempo, dell'eternità. E a questa sensazione di immensità il poeta si abbandona dolcemente e totalmente. La comprensione del testo è facilitata se si tiene conto della vasta riflessione, avviata da Leopardi proprio nello stesso periodo in cui compose la lirica, sul piacere che nasce dall'infinito, da tutto ciò che è indefinito, vago, lontano, senza contorni precisi. Tale riflessione investe lo stesso livello lessicale. Parole come "sovrumani", "eterno", "immensità", trasmettono infatti la sensazione di una dimensione spazio-temporale sospesa, aperta ed irraggiungibile.



La lirica dell'Infinito è tuta incentrata sul contrasto tra limitato ed illimitato, tra vicino e lontano, tra realtà ed immaginazione. Tale contrasto viene sottolineato anche linguisticamente attraverso l'uso degli aggettivi dimostrativi questo (che indica vicinanza) e quello (che indica lontananza).

E' la dimensione del "non-essere", che nella poetica leopardiana ha come conseguenza estrema verso il nulla e la morte. "Le parole lontano, antico e simili sono poeticissime e piacevoli perché destano idee vaste e indefinite e non determinabili e confuse". (G. Leopardi- Zibaldone)




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