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Ricerca sullo Schiavismo

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Ricerca sullo Schiavismo



La conseguenza dello sradicamento dalla propria cultura e l'esclusione dal gruppo a cui si è arbitrariamente unito è la totale perdita di libertà, caratteristica dello schiavo.

Il modo di vivere di un cittadino implica il tempo libero, la scholé o l'otium, che permette di dedicarsi alle attività creative, a cominciare dalla politica; la condizione di schiavo è caratterizzata dall'assenza di tempo libero: egli lavora e, per ricostituire le sue forze per il lavoro, mangia e dorme.

A Roma veniva venduto con le stesse norme con cui si vendeva un appezzamento di terreno, era incluso, in un lascito, tra utensili e materiali; per il padrone era una res mobilis. Contrariamente al salariato, la sua persona non viene distinta dalla sua capacità lavorativa.

Gli schiavi vengono quindi privati giuridicamente della loro personalità, per farla breve vengono considerati come animali domestici. Questa associazione si trova spesso nella civiltà romana tanto che Ulpiano, giurista del III sec. equipara fughe di schiavi a perdite di bestiame, Catone nei moduli che riguardano le razioni degli schiavi accosta i passi che riguardano la razione dei buoi. Ciò che rende unito il mondo servile è la sua definizione giuridica. Ma questa unità è contraddetta dai modi estremamente vari di utilizzare gli schiavi.

Gli schiavi vengono spesso differenziati tra schiavi rurali e schiavi urbani. E' a questi ultimi che si addice la definizione di ascholoi, sprovvisti di 'tempo libero'. Quindi Catone non manca di inserire nel suo trattato un modulo intitolato 'che cosa sarà possibile fare se il tempo sarà brutto?' con cui tende a sottolineare che uno schiavo che non lavora è uno schiavo che costa invece di rendere. Per esempio Catone concepisce la vilica, moglie del vilicus, colei che gestisce la villa, come una donna che provvede alle pulizie, alla macinazione del grano, alla conservazione della frutta e al pollaio; non deve né fare né accettare inviti, non deve intrattenersi con le vicine e deve essere sempre presente. Tutto il tempo deve essere dedicato al lavoro così come per il vilicus suo comno, che deve essere il primo ad alzarsi e l'ultimo a coricarsi.



In questa sistema della familia rustica, in cui le forze sono interamente dedicate alla produzione, si contrappone il mondo della familia urbana in cui l'organizzazione del lavoro è radicalmente diversa. Innanzitutto gli schiavi sfuggono ad un controllo diretto poiché sono incaricati di gestire affari vari, come botteghe o imprese artigianali a beneficio del padrone, essi hanno quindi una loro autonomia. I numerosi schiavi che popolano la casa del padrone assumono inoltre funzioni specifiche. Si tratta quindi di una vera servitù domestica che deve facilitare la vita quotidiana dei padroni e dunque sottoposta a ritmi di lavoro che dipendono dal capriccio dei padroni.

Ciò non significa che gli schiavi della domus siano inattivi, ma di sicuro sono sottoposti a fatiche meno dure e il loro numero deve esaltare la grandezza del padrone. Gaio, un giurista del II sec, precisa che un tutore deve assegnare al suo pupillo un numero di schiavi che corrisponda alla sua dignitas.

Possiamo farci un'idea precisa dei rapporti che caratterizzano una familia urbana dalle Metamorfosi di Apuleio, autore africano del II sec. Numerosi schiavi fanno parte del tenore di vita normale di una grande casa: un uomo ricco ma molto avaro si veste da mendicate e possiede solo una schiava; al contrario una nobile signora circola in città circondata da una numerosa servitù e il pranzo che offre a casa propria è servito da schiavi specializzati: alcuni tagliano le pietanze, e le presentano, altri offrono il vino. I primi sono vestiti in modo magnifico, gli altri sono giovanotti riccioluti: proprio come i sontuosi mobili, i bicchieri di cristallo, o come le posate o i piatti, fanno parte dell'arredamento della casa che devono ravvivare con la loro bellezza e il loro numero. Un altro padrone, per esempio, possiede uno schiavo pasticcere-confettiere, un cuoco specializzato nella preparazione delle carni, quindi gli schiavi della cucina dovevano essere molti e soprattutto specializzati.

Tale situazione implica un rapporto migliore di quando il padrone si trova lontano dalla casa. Ecco che allora la parola familia prende una dimensione affettiva; si crea un gruppo umano unificato da legami privilegiati e concreti. Un documento rinvenuto ci fa capire questa unione, una ragazza rapita dai briganti si trova sola, strappata a una dimora così importante, vale a dire a una servitù numerosa a schiavi così cari nati nella stessa casa, a genitori così venerabili.

Ma questi legami non fanno dimenticare al padrone la sua posizione tanto che la ragazza si considera come ridotta in schiavitù rinchiusa in una prigione di pietra, in un luogo di tortura.

La posizione dei subordinanti è però ben destinata tanto che si chiedeva a un amico come stavano moglie li e schiavi, e la buona salute degli schiavi è segno di prosperità del padrone.

D'altronde, nemmeno in questo racconto, sono assenti le autentiche realtà dello schiavo. Un vilicus colpevole d'infedeltà verso la sua donna è cosparso di miele e dato in pasto alle formiche, un padrone geloso affida la sua amante a uno schiavo non senza averlo minacciato, un governatore ricevuta una denuncia fa subito torturare gli schiavi di una donna sospettata d'omicidio.

Due cose risultano chiare: uno schiavo rimane sempre uno schiavo ovvero una persona che non è padrona del proprio destino. In secondo luogo è evidente che la sua sorte è estremamente variabile

Un secondo dato essenziale è introdotto dalla evoluzione cronologica. Non bisogna quindi trattare l'antichità come un periodo omogeneo ma distinguere secoli e periodi.

Per molti secoli il quadro dominante della società mediterranea è rappresentato dalle città: comunità di limitata grandezza. In seno a queste comunità vi sono tensioni che nascono dall'accentramento di potere ma attraverso queste crisi la vita comune si regolarizza nell'ambito della polis per ottenere un bene comune. Nella città esistono differenti gruppi ma il loro posto è determinato in rapporto ai cittadini. Questo è in particolare il caso degli schiavi . Essi possono essere proprietà della comunità o del privato cittadino, costituiscono una delle basi essenziali. Con le loro attività consolidano i profitti dei cittadini e lavorano accanto ad essi quando si tratta di piccoli proprietari. Permettono anche ai cittadini di liberarsi parzialmente del proprio lavoro.

In epoca ellenistica si produce una rottura. Da una agricoltura di latifundium, dove le terre sono lavorate da umili contadini che ano un canone, si passa al sistema della villa dove tutto il lavoro è organizzato e fatto eseguire dagli schiavi. Nella villa si pianifica giorno per giorno il lavoro, qui risiede il padrone e accanto all'edificio ci sono delle celle per gli schiavi. Le colture sono spesso specializzate e destinate alla vendita su mercati lontani . Riassumendo si tratta di una vera e propria fabbrica rurale organizzata secondo una disciplina severa.

Anche in artigianato si ha un cambiamento totale, dalle piccole botteghe si passa a un sistema simile alla villa, stessa grandezza, stessa quantità di produzione, stessa commercializzazione. Lo schiavo entra a far parte di un meccanismo e assume una funzione specifica. Le decorazioni sono semplificate rispetto all'originale da cui si era presa l'immagine, tutti i prodotti sono standardizzati .

Appare così una legge essenziale che sopprime ogni iniziativa, viene abolito ogni legame tra acquirente e produttore così che tutta la produzione risulta essere uguale. Prevale l'automatismo, la soppressione della riflessione. Si tratta di vedere macchine umane che in una stessa stanza costruiscono un prodotto senza iniziativa e a un costo meno elevato.

Si tratta quindi di una rivoluzione, lo schiavo-lavoratore non ha controllo sulla produzione , ma solo su una parte.

Nel quadro del modo di produzione schiavista, lo schiavo è dotato di una notevole efficienza. E' integrato in un'organizzazione che lo priva di ogni iniziativa: la sua dimensione umana è definitivamente cancellata ed egli viene trasformato in una macchina.

Quando, intorno al II sec. d.C., si incominciarono a usare macchine che facilitarono la produzione, finisce il mondo di produzione schiavista. L'epoca dello schiavismo è caratterizzata quindi da due rotture, quella del 200 a.C. che segna il consolidamento di un sistema economico basato su uno sfruttamento razionale dello schiavo . Poi quella de II sec. d. C. che corrisponde al crollo del sistema.

Il fine ultimo di uno schiavo era il riscatto della libertà che si trattava di un'operazione di integrazione come rivela la pratica lasciare allo schiavo una volta liberato il godimento del suo patrimonio.

Lo sviluppo di valori commerciali permise l'incremento su dimensioni mai viste prima del commercio degli uomini.

Da passivo che era lo schiavo-merce diventa attivo in quanto compratore della propria persona.

Non c'è nulla evidentemente che ponga in discussione la schiavitù; al contrario, c'è il desiderio di rafforzarla. Riconoscere un'anima allo schiavo permette di localizzarvi la sua libertà, libertà spirituale che nessuno può sottrargli, ma che non intralcia minimamente il funzionamento dei rapporti sociali. Essa anzi può favorirli, poiché, se ben trattato, lo schiavo non si accontenterà di ubbidire, ma mostrerà la propria devozione con le sue iniziative. La libertà morale dello schiavo può e deve produrre fedeltà.

Prima dei mutamenti ellenistici lo schiavo, inteso come proprietà del padrone è inserito nei rapporti della familia sotto l'autorità del pater familias. Sarebbe eccessivo affermare che quest'ultimo eserciti una potestas della stessa natura sui li e sugli schiavi, anche se, nel documento le XII tavole che è un testo della metà del V sec. a.C., si dichiara che il padre può vendere i propri li e può adottare uno schiavo. Il suo enorme potere tende a cancellare le differenze esistenti tre gli individui della che si trovano sotto la sua autorità: lo schiavo, come il lio, è considerato come forza di lavoro. Comunque sussiste una differenza sostanziale tra lio e schiavo. Il primo è destinato a diventare un cittadino e padre di famiglia, il secondo rimane sempre quello che è.

Quando la schiavitù patriarcale passa a un vero e proprio sistema schiavistico, la situazione del servus cambia radicalmente. Per esempio nel V sec. a.C., un danno provocato allo schiavo doveva essere indennizzato allo schiavo mentre alla fine del III sec., per la lex Aquilia, un danno provocato allo schiavo doveva essere indennizzato al padrone. Lo schiavo viene quindi incluso nella procedura valida per ogni altro danno a beni materiali, che si tratti di oggetti o animali.

Siamo nel periodo dello schiavo-merce e anche la antica parola erus viene sostituita dalla nuova dominus, e questo slittamento indica il preciso passaggio da un sistema patriarcale a un sistema in cui primeggia la nozione di proprietà.

Questa trasformazione della condizione reale dello schiavo corrisponde a un mutamento completo della società. Egli è l'elemento dove meglio si percepiscono i mutamenti, poiché è il primo a subirne le conseguenze, anche se dobbiamo considerare la grande eterogeneità del mondo servile. Negli ultimi secoli della Repubblica romana affluiscono in Italia grandi masse di schiavi che provocano resistenza. Queste resistenze sono brutali e violente perché lo schiavo è costretto a lavorare senza libertà e questa assenza si materializza per lo più in catene.

Ma esistevano altri mezzi oltre la ribellione per diventare libero. Infatti già Mario nel 107 a.c. aveva formato truppe di volontari che cercavano la ricchezza conquistando nuove terre e questo avveniva solo se la devozione del soldato verso l'imperator era assoluta.

Gli imperatores della fine della repubblica svolsero così un ruolo importante reinserendo gruppi emarginati nella società. Significativa fu la politica di Pompeo che dopo la vittoria sui pirati nel 67 invece di dedicarsi a una repressione sistematica li insediò nelle colonie occidentali che stavano decadendo.

Questa funzione integratrice dei generali vittoriosi si allargò anche al mondo servile. Nelle lotte del periodo fine Repubblica ne sarebbero stati arruolati 21.000 per combattere contro i socii; in seguito Silla e Pompeo non esiteranno a reclutare schiavi soprattutto nelle sempre più numerose situazioni civili. Talvolta lo schiavo potrà ottenere la libertà senza dovere servire in armi. Dopo Cesare gli stessi triunviri emanarono una lista di nemici pubblici e coloro che li avrebbero denunciati o uccisi avrebbero ricevuto una ricompensa nel caso di uno schiavo la libertà. Così questi ultimi, come altri gruppi di diseredati, trovarono altre possibilità per sfuggire alla propria sorte.

A partire dalla prima metà del I sec. l'organizzazione propriamente schiavistica della produzione che caratterizzava gran parte dell'Italia cominciò a decadere. Questa crisi del modo di produzione schiavistico non si concluse con la ssa della schiavitù, ma con la fine di un'economia fondata su quest'ultima.

Comunque le condizioni di lavoro degli schiavi si trasformano rapidamente. Questa evoluzione è chiara nelle camne dove numerosi proprietari abbandonarono lo sfruttamento diretto e affidarono a dipendenti la gestione delle loro terre. Si arriva così al raggruppamento, in una stessa categoria, di liberi e di non-liberi; questi ultimi non restano schiavi, ma non fanno più parte dell'istrumentum fundi, poiché coltivano la terra in una sorta di convenzione.

Un altro fenomeno parallelo è la moltiplicazione degli schiavi che svolgono un ruolo nella gestione delle proprietà. Così accanto ai vilici possono esistere altri schiavi per la gestione di particolari zone; sono i: procuratores, actores, dispensatores, cellarii e arcarii.

Il padrone lo può sottoporre ad ogni tipo di inchiesta, compresa la tortura e a farsi giustizia da sé; queste garanzie spiegano perché i ricchi ricorrano sempre più spesso a schiavi per amministrare i loro affari, soprattutto quando maneggiano denaro.

Il riconoscimento di una certa capacità dello schiavo negli affari pare indispensabile sia negli interessi di coloro che trattano con lui, che in quello del padrone che conta proprio sull'autonomia dello schiavo per gestire con efficienza l'impresa.



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