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11 Settembre 2001 - Cronaca, Il ritratto di Osama Bin Laden, La reazione degli Stati Uniti e dei paesi alleati, La situazione in Afghanistan, Le reazi

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11 Settembre 2001



Cronaca


New York 9:45 (Italia 15:45): a Washington un Boeing 757 della American Airlines, in volo da Washington verso Los Angeles, viene fatto schiantare dai terroristi contro il Pentagono dove lavorano 20 mila persone. Aveva a bordo 58 passeggeri e 6 membri dell'equigio. Mezz'ora dopo una parte dell'edificio crolla.

  • New York 9:46 (Italia 15:46): è scattato l'allarme rosso. La Casa Bianca viene evacuata. Il presidente, per mettersi al riparo da altri eventuali attacchi cola sull'Air Force One per un'ignota destinazione. Rie nel pomeriggio in una base militare.
  • New York 10:00 (Italia 16:00): un Boeing 757 della United Airlines in volo da Newark a San Francisco precipita a Jennerstown, in Pennsylvania: ha mancato il suo bersaglio. Nel veivolo c'erano 38 passeggeri e 7 membri dell'equigio.
  • New York 10:05 (Italia 16:05): crolla la South tower, la seconda ad essere colpita. Nella caduta danneggia molti altri edifici.
  • New York 10:13 (Italia 16:13): a Washington e a New York vengono evacuate le sedi della Banca Mondiale, dell'Onu, dell'Unicef, del Dipartimento di Stato e quello della Giustizia.
  • New York 10:28 (Italia 16:28): secondo crollo a New York: cade la torre nord del Wtc, sollevando una tremenda nube di polvere e fumo che avvolge buona parte di Manhattan.



Il ritratto di Osama Bin Laden


Il mondo imparò a conoscere Osama Bin Laden, la mattina del 7 agosto del 1998, quando alcuni camion imbottiti d'esplosivo devastarono le zone intorno alle ambasciate americane di Nairobi. Molti furono i morti e altrettanti i feriti. Fin dal 1993 lo sceicco aveva annunciato che il suo obiettivo principale era quello di dirottare simultaneamente 11 aerei di linea statunitensi per farli precipitare sulle città americane più importanti. Poi sono arrivate le esplosioni gemelle in Africa nell'estate del 1998. Infine l'inferno coordinato a New York e Washington dello scorso 11 settembre.

Nato il 10 marzo 1957 nello Yemen, in un villaggio sperduto nell'Afghanistan, Osama Bin Laden è uno dei numerosi li di Mohamed Bin Laden, un uomo già benestante. Osama già ad 11 anni diventa orfano. Nel 1979 quando i Sovietici invadono l'Afghanistan, Osama ad appena 22 anni si arruola nella Guerra Santa islamica. Per finanziare i Mussulmani contro i Sovietici, la Cia non bada a spese: li addestra e li rifornisce d'armi. Per tutti gli anni '80 Washington compie l'errore di imbottire d'armi qualsiasi nemico dell'URSS e dell'Iran. E adesso a causa di questi gravi errori sarà difficile combattere questo grande terrorista che è riuscito a diffondere le proprie idee a gran parte del governo Talebano.

Dopo l'attentato di questi giorni Bin Laden si giustifica in questo modo: "Gli americani ci accusano di essere gli autori di quell'esplosione. Gli Stati Uniti hanno l'abitudine di accusarci ogni volta che i loro numerosi nemici li attaccano. Nego categoricamente di aver compiuto quest'azione. Vivo in Afghanistan e ho giurato fedeltà al leader dei Taliban, il Mullah Muhamed Omar. E lui non mi autorizzerebbe mai a compiere atti del genere nel suo paese. Se ci attaccate la nostra unica alternativa è la Guerra Santa."

Non si può, come d'altronde in tutte le guerre, stabilire chi ha torto o chi ha ragione, perché la situazione è molto delicata, infatti ci sono azioni e accordi segreti presi nel passato dalle due nazioni che a molta gente sono sconosciute.


La reazione degli Stati Uniti e dei paesi alleati


La reazione degli U.S.A., cioè quella del presidente Bush subito in seguito alla tragedia è: "Vendetta!"

Ha intenzione di colpire sia i terroristi sia chi li copre, chi li difende, chi li copre.

Bush è molto duro, non ha pietà, con i suoi discorsi vuol far capire che l'America, anche di fronte ad una tragedia come questa rimane la più forte, sia moralmente sia come nazione.

Quest'accaduto riporta a paragonare il comportamento di Bush a quello del padre di circa 10 anni fa, perché anche lui a sua volta dichiarò guerra a Saddam Hussein.

L'Inghilterra, cioè Blair, appoggia pienamente l'America, anche lui l'intervento contro i terroristi ci sarà, non solo per motivi di giustizia, ma anche per motivi d'autodifesa: "Combatterlo e smantellarlo."

La Chiesa, il Papa divulga un messaggio di pace, non abbandonarsi alla tentazione dell'odio e della violenza, ma nello stesso tempo alcuni cardinali chiedono il contro attacco.

Per l'Italia, Ciampi pronuncia un discorso simile a quello di Bush sul conflitto tra "bene e male."

In Russia, a Mosca, c'è una grande scritta fuori dall'ambasciata americana: "America siamo con te!", questo vuol affermare che le immagini di New York hanno avuto la forza di cancellare definitivamente decenni di guerra fredda e di dura contrapposizione. Insieme a questo messaggio, anche un altro n'è venuto conseguentemente fuori: "Chi attacca l'America e uccide, non si aspetti protezione a Mosca!"; e così, con queste frasi di solidarietà, è ormai evidente che il muro di Berlino è crollato anche nella coscienza della gente.

Anche ad Israele, in amore delle vittime degli attacchi terroristici negli Stati Uniti, ci sono bandiere a mezz'aria in tutti i ministeri e edifici pubblici. Le frontiere sia aeree sia terrene sono state chiuse, nel timore di nuovi attentati. C'è molta tensione, a Gerusalemme si ha sempre il timore d'imminenti attacchi contro lo Stato Ebraico, perciò si alza di più la guardia e la popolazione cerca di restare salda e unita.

Praticamente tutti i vicini dell'Afghanistan si sono schierati con l'America; le tre ex repubbliche sovietiche sono ritenute gli alleati più utili di Washington: basta una cartina per capirne il perché!

Il Kazakistan ha dichiarato: "Siamo pronti all'azione. Daremo tutta la cooperazione necessaria. I Taleban erano già un problema per noi, anche prima dell'attacco all'America."

L'Uzbekistan non si è ancora apertamente schierato, ma è al momento la più probabile retrovia dell'azione americana e britannica.

Il Tagikistanè al momento nel caos politico e militare, in cui un terzo del territorio è in mano a ribelli islamici filo-talebani, e sono padroni anche di un terzo dei posti in Parlamento. Ma hanno offerto la loro collaborazione, hanno già ordinato lo stato di allerta, ma sono senz'altro pronti al combattimento.

L'Iran ha inviato un messaggio di cordoglio a New York, e questo è molto da apprezzare, questo è uno dei pochissimi segnali di solidarietà espressi dall'Iran agli Stati Uniti dopo la rivoluzione iraniana del 1979. L'Iran, paese mussulmano sciita, ha da sempre rapporti ostili con i Taleban, che sono invece integralisti sanniti. La decisione presa dal presidente riformista iraniano è stata per ora la chiusura delle frontiere con l'Afghanistan per prevenire una nuova ondata di profughi in caso d'attacco.

Anche il Turkmenistan e India hanno offerto appoggio agli U.S.A. nell'azione militare.

Anche la Cina, alleata in genere col Pakistan, Stato sostenitore dei Taleban, è disponibile a partecipare nella lotta contro il terrorismo, nel rispetto della Carta dell'Onu.

Il Pakistan è alleato con l'America, ma le sue basi sono con Bin Laden.


Invece Iraq e Somalia, sarebbero le uniche nazioni, o quasi, che oserebbero schierarsi con i terroristi.


Ma la situazione è molto confusa, di giorno in giorno ci sono sempre degli aggiornamenti, delle nuove opinioni e dei cambiamenti di schieramento.


La situazione in Afghanistan


La capitale dell'Afghanistan, Kabul, è la culla dei criminali che hanno seminato morte e panico negli Stati Uniti. Qui il terrore è legge. Ma la gente, quella che deve obbedire alla follia dei guerrieri islamici (i Taleban), muore di fame, per le malattie e per la povertà. Quindi in questa città che ormai da dieci anni viene quotidianamente ferita dalla guerra civile, prevale la desolazione.

In Afghanistan è vietato quasi tutto: non si può guardare la televisione, né ascoltare la musica; è proibito il cinema ed il teatro; la vita notturna è vietata: c'è il coprifuoco dalle 22:00 alle 5:00 del mattino; è vietato fare fotografie a qualunque cosa; guai ridere in pubblico, guardarsi allo specchio e appendere quadri in casa; gli uomini non devono avere segni di rasatura; alle donne sono preclusi gioielli, calze bianche, scarpe con tacchi rumorosi, esse non possono prendere il taxi da sole: pena d'arresto, nella migliore delle ipotesi si prendono qualche scudisciata.

Ma veri problemi costituiscono soprattutto la malnutrizione, che colpisce il 52% dei bambini fino a 5 anni d'età e la mortalità infantile è al 15,2%!

Le donne che superano i 44 anni sono delle eccezioni, ed hanno una vita grama: l'85% delle afghane ha una salute mentale a rischio, il 76% di loro soffre di forte depressione ed il 16% ha già tentato il suicidio.

In questo paese manca l'acqua, il cibo, i medicinali, i medici, l'elettricità, una buona rete stradale; intere parti delle città sono rase al suolo, altre sono minate.

Le mine in tutto il paese sono 10 milioni, le vittime più frequenti sono i bambini: per chi è fortunato muore, per gli altri è l'inferno, senza occhi, senza gambe . Non c'è lavoro, non ci sono progetti per ricostruire la città. Al mercato vendono solo cipolle e patate, il lusso è rappresentato dal riso, dai legumi e dalle "scatolette".

E' un paese estremamente povero, che quindi per sopravivere accetta qualsiasi lavoro, anche quello di uccidere.


Le reazioni arabe


Dopo l'attentato agli U.S.A. rie Osama Bin Laden ad incitare il proprio popolo, inizialmente preoccupato e spaventato, alla resistenza contro gli americani e più in generale contro l'Occidente. Li vuole portare alla Guerra Santa, infatti, ci sono già 300.000 volontari pronti a morire per difendere il sacro suolo.

Osama è d'accordo con l'altra guida dei Taleban, il Mullah Muhamed Omar, che dice: "L'America non deve ingannarsi: non si esce dalla crisi uccidendo me o Bin Laden."

Intanto i pachistani provano a farsi consegnare Osama Bin Laden: "Il sacrificio di un uomo per salvare venti milioni d'afgani." I Taleban apprezzano chi ha aperto questo dialogo: "Sacrificare una vita per salvare un popolo", ma alla fine non ci sono prove evidenti, almeno per il momento, per incastrare il sospettato.

I Taleban hanno chiuso tutto lo spazio aereo, era da un pezzo che sognavano di farlo, irritati dalle comnie aeree che da anni non avano neanche i diritti di sorvolo.

Ma uno dei problemi che si pone il governatore pakistano è che: "I terroristi sono gente come noi, è difficile individuarli e colpirli. E anche quando l'Afghanistan consegnerà Osama, cioè mai, credete forse che finirà il terrorismo? Questa guerra è stata dichiarata dieci anni fa, anche se l'Occidente se n'era accorto. Siamo solo all'inizio."






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