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Sociologia dell'abitazione

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Sociologia dell'abitazione



L'abitazione è lo spazio nel quale la famiglia organizza le proprie attività, elabora i propri stili di vita, sperimenta le proprie immagini culturali, esplica le proprie funzioni.

A volte, per riferirsi a questi aspetti funzionali del posto dove si svolge la sfera privata, si utilizzano anche i termini di alloggio o di casa. In realtà alloggio, anche appartamento, indica uno spazio per svolgere la funzione dell'abitare inserito in un complesso (condominio) composto di spazi simili o più in generale si riferisce alla funzione di riposo/rifugio assolta da tale spazio; casa indica una costruzione isolata e completa in se stessa e i significati culturali e globali dell'abitare.


Elementi per definire l'abitare



La ricerca del senso più profondo dell'abitare è stata al centro dell'interesse di studiosi diversissimi per formazione come Heidegger, Ryckwert, Le Corbusier; nella loro analisi semantica il termine viene collegato ai concetti di fermarsi, sostare e più ancora 'essere in pace, essere portato alla pace, dimorare in essa'. Fermarsi, costruire, essere sono tanti significati di abitare, e tutti esprimono radicamento, identificazione, sicurezza, trasformazione dello spazio geografico e dell'habitat.

C. Cooper effettua una lettura simbolica dell'abitare, la concezione della casa contrapposta all'universo (Rilke, Bachelard), come tempio (Raglan e Lips), come rifugio del fuoco sacro (Deffontaines) ed evidenzia che ancora, in termini globali, casa ed abitare indicano rifugio delle cose più preziose dell'universo (e anzitutto di sé), ma anche riferimento e inseparabilità di questo essere rifugio con l'ambiente circostante.

Tuttavia anche questa funzione primordiale dell'abitare si articola per differenti gruppi sociali.

L. Rainwater, ad esempio, sottolinea il fatto che dalla classe lavoratrice inferiore la casa sia guardata come riparo e fortezza, mentre dalla classe media sia interpretata come espressione di sé.

L'abitare e l'abitazione non si estendono tuttavia solo a funzioni globali, verso l'inconscio individuale e collettivo, non è solo un punto ma uno spazio articolato al suo interno e delimitato verso il suo esterno, uno spazio che deve fungere da supporto alla vita della famiglia la quale deve realizzare le funzioni specifiche attese e cioè:

benessere della coppia

socializzazione delle nuove generazioni

equilibrato mantenimento e realizzazione dei componenti

limitazione dei contrasti tra questi e più in generale tra le generazioni conviventi, ecc.

Abitare, dunque, significa svolgimento di molteplici attività, in generale codificanti la privacy, in uno spazio-territorio corrispondentemente organizzato. In questa definizione di abitare sono coinvolti almeno tre sottosistemi

la famiglia (dimensione e ruoli)

le attività che svolge

l'assetto dello spazio organizzato in cui queste si svolgono

L'interconnessione tra i sottosistemi è molto forte; così nello spazio si dovranno svolgere attività molto differenti in ore e ambiti spaziali differenti, da parte di più persone contemporaneamente. Il modello di abitare poi si complica se si passa da poche a molte persone, a generazioni differenti, a li di sesso differente, a persone adulte o anziane. I processi di adattamento dell'abitare a tali costrizioni spaziali possono limitare la realizzazione delle funzioni del gruppo familiare, ma ciò avviene fino ad un certo punto, fino ad una certa soglia, variabile da cultura a cultura e oltre la quale si innescano patologie fisiche, psichiche o sociali.


Come vedremo, i meccanismi di adattamento sono strettamente connessi alla percezione di affollamento, e cioè sono legati a quei processi psicologici, responsabili anche di conflitti o di armonia interpersonale, disagio o benessere personale, socializzazione emozionalmente equilibrata o segnata da sovraccumulo di relazioni, pure nell'ambito della privacy.

Così come è importante separare le relazioni del gruppo da quelle con l'esterno e stabilire confini tra attività dense di relazioni per l'intero gruppo o che isolino altre attività in un vuoto relazionale.In definitiva nell'abitare, colto nell'intreccio dei tre sottosistemi famiglia-attività-spazio organizzato, si realizza la privacy dell'individuo nel gruppo familiare ed è in questa privacy che si concretano le fasi primordiali della riproduzione della società.


Cenni all'abitare nel tempo e nello spazio


E' attraverso l'abitare che si realizzano le funzioni specifiche della famiglia nelle diverse società e culture, così si possono differenziare le abitazioni in introverse ed in estroverse. Le prime si formano in una situazione di struttura sociale distinta per famiglie, di scarsi rapporti sociali per le donne e i bambini, di netta divisione fra vita pubblica e vita privata.

Esempi di abitazioni introverse sono la casa greco-romana, quella arabo-musulmana, quella giapponese; le abitazioni estroverse privilegiano al massimo i rapporti del gruppo familiare e dei suoi componenti con l'esterno, e quindi organizzano uno spazio nel quale si svolgono poche attività e che si trova a stretto contatto con la strada (attraverso balconi e porte che direttamente vi si affacciano).

Altro modello di abitare, che ha dominato fino all'avvento dell'industrializzazione, è connesso alla famiglia estesa e patriarcale che è anche nucleo produttivo; l'abitazione in questo caso riproduce le condizioni familiari, le stanze destinate alla produzione accolgono attività specifiche ed in più in essa si produce una socialità chiusa e strutturata per segmenti orizzontali: i bambini con i bambini, gli adulti con gli adulti, e al di sopra di tutti il vecchio e la vecchia. Nell'abitazione vi sono perciò cucine diverse, le tavole per i bambini, quelle per gli adulti, quelle per la coppia anziana; vi sono le stanze da letto migliori per gli anziani, altre più scadenti per gli adulti, le camerate per i ragazzi e i giovani. In simili condizioni abitare diventa un fenomeno totalizzante: vivere in famiglia, produrre, socializzarsi, divertirsi. Le profonde trasformazioni sociali conseguenti all'affermarsi della industrializzazione producono notevoli alterazioni nelle funzioni attese dalla famiglia e dallo spazio abitativo. La separazione tra abitazione e luogo di lavoro, la lontananza dalla casa della donna e dei li per un periodo prolungato della giornata, lo sfaldarsi della famiglia estesa a beneficio di quella nucleare, il massiccio gonfiarsi demografico delle città, le condizioni di vita miserabili, sono gli elementi che alterano l'equilibrio funzionale delle famiglie e l'organizzazione dello spazio abitativo. Prevale la sfera del privato a scapito di quella pubblica, si accresce la propria dipendenza dall'esterno per i prodotti forniti dall'artigiano liberandosi di quelle attrezzature e di quelle stanze nei quali si produceva tale autoconsumo.

Nell'abitazione si producono molteplici spazi specializzati (camere da letto, cucina, salotto) che si affacciano tutti sul corridoio; vi si introduce la latrina nel Settecento, la sfera pubblica (nelle abitazioni borghesi) viene ristretta al salotto, che rappresenta non solo il punto comunitario dell'alloggio ma anche quello aperto all'esterno, alla società (Mumford, Habermas). Si tratta di un'abitazione in cui è posta l'enfasi sulla privacy e sulla dotazione di comfort e che è inserita in un habitat di servizi possibili solo per la borghesia ma al quale il proletariato aspira.

Se queste sono alcune radici storiche dell'abitare attuale, elementi nuovi si intravvedono ad orientare l'abitare del futuro. Le nuove organizzazioni del lavoro, il lavoro extra-domestico della donna sempre più accentuato, la diminuzione dei li, la tecnologizzazione di alcune attività domestiche (lavastoviglie, lavatrice, aspirapolvere, lavavetri-pavimenti, i trita-macina-impasta tutto), il forte incremento della tecnologia di oggetti sempre più sofisticati per il tempo libero, sono tutti elementi che portano a prolungare in modo piacevole il tempo passato in casa; ciò significa che lo spazio domestico richiesto sarà maggiore del passato, sebbene la famiglia risulti relativamente ridotta. Si starà più in casa per svolgervi attività di tempo libero relativamente nuove (ad esempio computer-internet) e si utilizzerà in maniera differente tale spazio: meno la cucina e più il soggiorno e un'altra stanza che potrà essere di volta in volta studio, laboratorio, stanza da lavoro. E' pensabile
poi che tale sia rapportato in maniera diversa al bambino: questo, nella maggioranza dei casi   


Radici storiche ed analitiche della sociologia dell'abitazione


L'approccio sociologico all'abitazione centra il rapporto tra gruppo sociale (la famiglia) e spazio organizzato nella realizzazione delle funzioni di questo medesimo gruppo.

I presupposti di questa sociologia si colgono nelle ricerche sociali con le quali si sono descritte edenunciate, nella seconda metà dell'Ottocento, le condizioni miserrime delle abitazioni della prima industrializzazione (Manchester, Londra, York). Emblematiche sono state le ricerche di F. Engels, C.J. Booth, B.S. Rowntree sulle conseguenze di tali condizioni sui singoli membri della famiglia.

Nei decenni successivi non ci si distaccò molto da questo approccio descrittivo dell'abitazione, seppure gli strumenti di indagine si facessero più affinati; infatti gli studiosi si muovevano ancora nello studio degli effetti psicologici, fisici e sociali, che derivavano ai singoli componenti della famiglia.

In una rassegna di quaranta studi svolti in maggioranza dopo la seconda guerra mondiale, D.W. Wilner, R.P. Walkley, T.C. Pinkerton e M. Tayback rilevano i risultati significativi di tale approccio. Vi risalta anzitutto una correlazione tra mortalità e incidenza della tubercolosi e il sovraffollamento; i tassi di malattie dell'apparato digerente sono più alti per persone che non hanno un bagno privato interno; le malattie infantili sono molto più frequenti tra i bambini che abitano negli slums; la delinquenza giovanile è direttamente correlata al sovraffollamento dell'alloggio, al suo bisogno di maggiori riparazioni, alla mancanza di un bagno privato.

Si tratta quindi di un approccio che tende genericamente a fissare le patologie fisiche e psichiche oltreché sociali che uno spazio alloggiativo    male o insufficientemente organizzato tende a produrre su chi lo utilizza.


Per la fondazione di una vera e propria sociologia dell'abitazione, tuttavia, il punto di partenza è lo studio della famiglia nelle sue funzioni e nelle sue tendenze strutturali, nei suoi stili di abitare, nelle sue condizioni economiche, negli stadi del suo ciclo biologico, nel suo sistema di valori, nei ritmi di lavoro ai quali si trovano sottoposti i suoi componenti. Tale approccio sociologico all'abitazione implica quindi non solo lo studio dell'individuo come membro della famiglia, ma anche come punto di intersezione tra la famiglia e le organizzazioni di quartiere, cittadine o nazionali. La letteratura e gli studi sviluppati in questa prospettiva sono abbastanza numerosi e si muovono in base all'idea espressa da A. Riemer in un articolo del 1941 (Family life as the basis for home ning, in Housing for health) secondo la quale l'aspetto sociale al quale deve contribuire l'abitazione è costituito dalla famiglia senza conflitti.


Altro profondo studioso della sociologia dell'abitazione è stato indubbiamente il francese P.H. Chombart de Lauwe che fin dal primo volume del suo Famille et habitation, del 1960, riportava i dati delle sue ricerche sulle abitazioni della classe operaia alloggiata più frequentemente di altre classi in alloggi di edilizia pubblica e in complessi con molti appartamenti (classici furono gli studi sui residenti dei nuovi insediamenti di Citè de la Plaine vicina a Parigi, Citè de la Benauge vicina a Bordeaux, e Maison Radieuse vicina a Nantes e progettata da Le Cobusier. Il metodo seguito viene indicato come osservazione ativa sperimentale, poiché oltre a are le tre realtà insediative, esso utilizza molteplici metodi:

documentari e interviste libere/strutturate

colloqui con gli abitanti

colloqui con i progettisti

colloqui con la famiglia prima e dopo l'insediamento nel nuovo alloggio

al fine di cogliere, nel tempo, non solo l'adeguamento dell'alloggio alle domande della famiglia, ma il medesimo mutamento nella concezione e nell'esperienza dell'abitare vissuto dalla famiglia.

La scuola francese tuttavia è metodologicamente ricca anche per altri contributi; in particolare H. Raymond nello studio Habitat Pavillonaire del 1971, propone il metodo dell'intervista non diretta per cogliere i significati dell'abitare ed i valori dei singoli spazi abitativi, limitando al massimo l'intervento orientatore del ricercatore.

Altri contributi della ricerca sociologica sull'abitazione, soprattutto anglosassoni, hanno riguardato il rapporto tra spazio alloggiativo e i comportamenti e gli atteggiamenti dei differenti componenti della famiglia; in generale è stata confermata un'accentuazione del peggioramento di questi comportamenti in corrispondenza dell'aumento di condizioni negative per spazio e dotazione di servizi. Inoltre tali legami sembrano aver più peso nelle culture occidentali e assumono valenze più sfumate per culture differenti, ad esempio asiatiche.









La ricerca in sociologia dell'abitazione e gli indicatori della qualità della casa


Metodologicamente questi approcci sono stati condotti dapprima sulla base dei dati dei censimenti, prendendo come unità la sezione di censimento e poi la città; in questo caso l'informazione è rappresentata dagli indicatori sociali espressi in % di alloggi con taglie specifiche, % di famiglie in sovraffollamento, % di casi diffusi di patologie fisiche, sociali e psichiche. Ma i risultati erano molto grossolani e da interpretare con un certa cautela. In seguito poi i metodi sono stati focalizzati sul rapporto della singola famiglia e dei singoli individui con lo spazio abitazionale; negli Stati Uniti e Canada negli ultimi anni sono almeno tre le ricerche che, basate su inchieste, hanno segnato e vivacizzato l'ambito della sociologia dell'abitazione.


Anche ricerche italiane, condotte soprattutto da A. Gasparini, hanno evidenziato la connessione significativa tra condizione alloggiativa vissuta ed equilibrio relazionale ed emozionale della coppia, valutazione della casa, concezione della vita e modelli di vita sociale esterna; le variabili prese in considerazione dalla parte della famiglia sono legate alla mancata realizzazione delle funzioni familiari soprattutto in relazione all'educazione dei li e al loro rendimento scolastico.

Per quel che concerne lo spazio abitativo un concetto molto importante è quello che va sotto il nome di qualità della casa che a sua volta può essere considerato la base concreta di una più generale qualità dell'abitare. Gasparini in due indagini svolte in tempi diversi a Trieste articola la qualità della casa nelle seguenti variabili e dimensioni:

il rapporto tra famiglia e spazio organizzato (affollamento)

la funzionalità e lo stato delle attrezzature dell'alloggio

la salubrità

dotazione di servizi

insonorizzazione

luminosità dell'alloggio

tipo di stabile e collocazione dell'alloggio nel piano

posizione dello stabile nel rione e nello spazio urbano

il titolo di godimento dell'alloggio.

Di queste dimensioni alcuni studiosi hanno cercato di ricavare un unico indice, ma è sempre difficile mettere insieme elementi che sono di origine differente, in quanto sono di origine relazionale o percettiva o culturale; si pensi all'affollamento e alla percezione della densità oppure alle condizioni di salubrità necessarie per limitare patologie fisiche.

Altri studiosi tendono a privilegiare come indicatori della qualità della casa, indicatori legati all'estetica dell'abitazione; in particolare in uno studio i cinque contee condotto nel 1983 da V.S.Lee e M.J. Weber vero cinque dimensioni estetiche della casa :

l'interno

l'armonia tra interno-esterno e paesaggio

il paesaggio

l'igiene

l'innovatività.


Alcune di queste dimensioni estetiche ripropongono analoghe dimensioni evidenziate da Gasparini, come il rapporto tra dentro e fuori, la connessione tra luminosità e paesaggio, la salubrità.


Da una sociologia dell'abitazione negativa a una sociologia positiva: l'obiettivo della casa ideale

Quali sono le situazioni spaziali e organizzative che assicurano un abitare positivo? Da quanto detto finora, si differenziano per i singoli gruppi familiari ma i bisogni, comuni a tutti e percepiti come bisogno-obbligo, sono in particolare:

i servizi di prima necessità vicini a casa (posta, pronto soccorso, farmacia, uffici amministrativi)

la luminosità di tutti i vani dell'alloggio

le istituzioni educative vicino a casa (asili, scuole dell'obbligo, spazi protetti per il tempo libero)

spaziosità dei vani.

Poi ci sono i bisogni-aspirazione:

uno spazio umano e urbano accettabile intorno allo stabile

articolazione dell'alloggio in vani per specifiche funzioni (stanze per i pasti, salotto, stanza guardaroba, stanza da lavoro, doppi servizi)

la cucina abitabile

l'isolamento dai rumori

servizi di stabile/i (mensa, lavanderia, sale per riunioni, sale per giochi).

L'analisi dei dati indica che dietro a questi bisogni abitativi si muovono due dimensioni fondamentali dell'abitare: la prima relativa all'organizzazione dello spazio in vani dell'alloggio e in servizi dello stabile e del vicinato e la seconda relativa alla qualità ecologica dello spazio dell'alloggio (luminoso, ventilato, isolato). Ora i significati sociali assunti dalle due dimensioni si connettono in maniera differente alla vita quotidiana, al rapporto con l'esterno, alla condizione socio-economica della famiglia.

Infatti la prima dimensione (servizi di vicinato prossimi alla residenza, servizi di stabile, vani con funzioni specifiche) è relativa a famiglie che hanno sviluppato una intensa vita associativa, una disponibilità alla collettività, una concezione non autoritaristica dell'educazione dei li, una condizione professionale prestigiosa e un benessere economico elevato, un'età giovane o matura, una famiglia con li piccoli. Sono tutti caratteri di una famiglia moderna proiettata verso l'esterno dell'abitazione e integrata alla vita sociale che vi si svolge, con rapporti aperti con gli altri (familiari, amici, conoscenti).

La seconda dimensione, la dimensione ecologica dell'abitare (luminosità, ventilazione, isolamento) risulta invece generalizzata e ormai acquisita e tipica di una condizione media e diffusa di abitare e di vivere, per benessere, per concezione tendenzialmente autoritaria dell'educazione dei li, per localizzazione centrale della residenza, per modesta partecipazione alla vita collettiva.


Conclusioni


la valutazione della propria abitazione come spaziosa è associata a una visione positiva del proprio rapporto col mondo esterno, e quindi ad un atteggiamento verso gli altri sostan-zialmente aperto e comprensivo. Anche il tempo libero è sentito come fonte espressiva di tranquillità, di riposo, di occasione di esperienze e di incontri nuovi. Tutto ciò spinge a considerare l'abitazione in termini globali, come elemento centrale alla vita dell'uomo, bisogno di base. La complessità funzionale e simbolica dell'abitare tuttavia è resa ancor più complessa dalla varietà dei modi di abitare dei gruppi sociali: diversità tra lavoratori e classe media, tra anziani e giovani, tra moderni e tradizionali. " v:shapes="_x0000_s1052">




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