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Teatro Greco, Teatro romano



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Teatro Greco


Il teatro greco nasce intorno al V - IV  secolo a.C., un periodo di massimo splendore per Atene, capitale della cultura greca. Ed è proprio da Atene che si espande il teatro, centro di ritrovo per intellettuali e cittadini, rappresentazione di vita quotidiana e specchio della civiltà. Il teatro resta ancora oggi uno dei punti cardini della cultura di tutti i tempi.

L'attore nel teatro greco ha un ruolo piuttosto ambiguo, mito o spregiudicato? Alcune testimonianze risalenti alla grande stagione teatrale greca del V° secolo a.C. ci parlano di autori di testi teatrale che calcavano le scene e al tempo stesso erano impegnati nella vita politica. Nel IV° secolo, si parla anche di attori delegati ambasciatori per importanti operazioni diplomatiche. Ma il teatro rappresentava anche doppiezza, finzione, ed era per questo soggetto a dure critiche morali. La prima critica arrivò proprio dal famoso legislatore Solone (VII-VI a.C.) che, a detta dello storico Plutarco, si adirò moltissimo dopo aver visto una rappresentazione di Tespi (ricordato come il fondatore del teatro), per le cosiddette fandonie che venivano propinate al pubblico.



Ma il teatro non è  solo polemica e attori, nella sezione scenica antistante la scena, detta orchestra, si posizionano un gruppo di persone che, muovendosi e cantando contemporaneamente formano un unico elemento: il coro. I coreuti rappresentano sia uomini che donne (cioè uomini recitanti parti femminili), nel coro coesistono barbari e divinità, giovani e adulti, schiavi e signori. Nella tragedia si dispongono 15 coreuti, nella commedia 24 e 12 nel dramma satiresco.

Un altro elemento importante nella farsa teatrale greca è la maschera, essa parte come elemento simbolico, la sua espressione immobile contrasta con il suono della parola così fluido e mutabile; ma al di là della sua funzione espressiva la maschera, fatta di cartapesta e feltro, diventa un vero e proprio megafono capace di diffondere la voce dell'attore in tutte le direzioni.


Teatro romano


Quando si parla di teatro romano, e quindi latino, non si fa solo riferimento all'interpretazione e alla rilettura del teatro greco; quello che i romani cercano di estrapolare dal dramma greco è la grande mimesis, cioè la completa immedesimazione nel personaggio. Se Cicerone ci dice nel "De Oratore" che il vero discorso di un oratore è il "discorso del corpo" (est enim actio quasi sermo corporis), il teatro romano amplia questa visione anche alla sonorità della recitazione, per questo dai documenti fino a noi arrivati scaturisce la grande importanza che viene data alla modulazione della voce. Per i romani, più che la rappresentazione in sé, le parole scandite dall'attore erano mezzo di comunicazione denso di sentimenti ed emozioni, al punto che, anche il timbro della voce veniva modificato a seconda della circostanza della scena. Gli attori romani quindi si esercitavano molto sulla dizione e sulla lirica delle parole, accantonando forse quella che era l'effettiva coreografia scenica del personaggio. Una famosa critica e conoscitrice del teatro latino ci scrive, riassumendo in breve, l'importanza della voce nel teatro: " Ogni pathos e ogni personaggio, in quanto portatore della sua vicenda e dei suoi affectus, pretendono una loro voce " (Gianna Petrone _ Storia del Teatro _ ed.Garzanti).



Tutti gli altri elementi scenici (maschera, coro . ) nel teatro romano possono essere omessi in quanto acquisiti dalla cultura greca e non istituzionalizzati.


Il teatro greco a Roma


Cosa porta dunque stili così all'apparenza diversi a fondersi insieme in un'unica radice culturale? (quella che definisce poi li teatro antico). Innanzitutto, la posizione geografica e le colonizzazioni avvenute da ambo le parti. In Italia il teatro greco, parlando in termini di commedia, ha seguito un percorso geografico ascendente, dalla Magna Grecia dove con Sofrone si diffonde la cultura del mimo, con Epicarmo, primo scrittore comico, fino a risalire nel centro con i fescennini (antiche rappresentazioni popolari prive di struttura letteraria) e le atellanae (dove per la prima volta appaiono le maschere). Ma alcune influenze teatrali sono state tramandate anche dagli antichi etruschi, la cui civiltà fiorì e si spense a pochi passi da Roma. Com'è risaputo ormai dai testi di storia antica, il cittadino della polis greca aveva il dovere e il diritto di recarsi a teatro, questo perché la rappresentazioni teatrali avevano spesso un risvolto politico importante (si pensi alla ura di Socrate, illuminato filosofo greco, sbeffeggiato davanti a tutta la città di Atene in una commedia di Aristofane "Le Nuvole" 423 a.C.) Tutto ciò però è ben distante dalla realtà di Roma, dove i cittadini si recano a teatro solo durante i ludi, per vedere le commedie più divertenti, molto apprezzate erano infatti le commedie di Plauto, piene di ironia grossolana e battute volgari, non comprese invece le tragicommedie di Terenzio, dotate di una buona carica di pathos. Per quanto riguarda poi la rielaborazione di testi greci, vediamo nascere la palliata, una sorta di commedia latina adattata ai canoni della commedia attica nuova (quella di Menandro ad esempio), creando non pochi problemi di contaminatio, cioè l'inserimento di scene intrecciate di diverse commedie.








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