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UN PASSATO DA ADOLESCENTE

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UN PASSATO DA ADOLESCENTE



Parliamo oggi di adolescenza. A prima vista sembrerebbe di trattare un argomento di attualità e sarebbero sicuramente numerose le storie da raccontare, i pareri d'ascoltare e le teorie da formulare su quegli anni della vita che spesso sembrano influire in modo così incisivo sulla nostra personalità. In fondo si vorrebbe parlare semplicemente di se stessi, dei momenti felici e di altri meno gioiosi, ponendo l'accento sulle proprie paure di ragazzi, per far rivivere in sostanza, quei giorni in cui tutto sembrava così difficile, impossibile per chi stava muovendo solo allora i primi passi verso un nuovo mondo; giorni in cui si aveva voglia di scappare per sfuggire alle paure che già facevano presagire l'acre odore della maturità.

Anche il sottoscritto ha molte esperienze da raccontare in merito, ma non preoccupatevi, non sarete voi le sfortunate vittime di quei racconti.



È invece mia intenzione trattare quest'argomento presentandovi una ura che molto si avvicina a quella dell'adolescente e che molto ha in comune con essa; vi parlerò di un uomo anch'esso impegnato in un difficile cammino d'iniziazione, alla ricerca di se stesso e alle prese con paure, dubbi e perplessità. Per scoprire questa misteriosa ura è d'obbligo un salto nel passato di circa quattrocento anni per vedere come l'uomo nel quindicesimo secolo, altro non fosse che un giovane alle prese con il non facile passaggio dalla fanciullezza all'età adulta.

L'uomo del seicento è insicuro, privo di certezze e di solide fondamenta; è curioso e vivace nel tentare di capire la realtà che lo circonda ma allo stesso tempo timoroso che nuove scoperte possano essere causa di confusione all'interno della sua mente.

La causa scatenante di questo interessante fenomeno è da attribuire all'intensa attività scientifica del tempo che pone l'essere umano di fronte a nuove e sconcertati verità. L'interesse di numerosi scienziati nell'indagare le cause di determinati fenomeni porta allo smantellamento di molte convinzioni e mette in crisi l'uomo del seicento.

Si osserva quindi, da una parte, la ura dello scienziato che, sospinto dal desiderio di indagare e scoprire, sperimenta ed elabora le proprie teorie, dall'altro quella del filosofo reso vittima di un radicato pessimismo a causa della confusione che ormai regna nel suo 'io'.

A questo proposito, un esempio lampante ci è fornito da Calderon de La Barca il quale, riflettendo sulla natura dell'uomo e sul mondo che lo circonda, afferma l'apparente realtà di tutto ciò che l'uomo crede esistere sostenendo tuttavia che questo altro non sia che un sogno, come sogni sono tutte le esperienze e le sensazioni che egli prova. E' affascinante, a mio parere, calarsi nel mondo di Calderon, in cui ' sogna il ricco la ricchezza' e ' il re il suo stesso regno', costituito da certezze che non sono altro che illusioni; è forse triste pensare che la vita sia delirio ed illusione ma allo stesso tempo porta a comprendere come l'animo umano sia tormentato a tal punto da rendere incerta la sua stessa esistenza.

Egli cerca di fuggire da un presente che non sa spiegare, nella disperata speranza di svegliarsi da un brutto sogno e di scoprire che la sua vita altro non è se non questo.

Nel Seicento si parla quindi di umor nero che si manifesta sotto forma di curiositas ed importunitas, quest'ultima una sorta di smarrimento causato dall'infinita ricerca di qualcosa di irraggiungibile. Un chiaro esempio lo troviamo nella ura di Amleto.

Il personaggio creato da Shakespeare è alla disperata ricerca del suo 'io'; intraprende un viaggio ricco di controversie e di labirinti all'interno di se stesso ed è inevitabile preda di una confusione che produce in lui una particolare tipologia di pazzia. Egli è infatti il maggior rappresentante di un'altra caratteristica dell'umor nero seicentesco: la verbositas: Amleto alterna momenti di silenzio ad altri di irrefrenabile loquacità in cui tutto il suo pensiero e le sue teorie sull'animo umano vengono partorite dalla sua mente in modo apparentemente confuso o in realtà, troppo chiaro e netto per la ragione 'illusa' di coloro che le recepiscono. Amleto indaga la vita e la morte e la sua domanda è semplice: ' Essere o non essere, è questo che mi chiedo'. Egli si domanda se non sia meglio sottrarsi alle ingiustizie del mondo, alle sofferenze procurate dalla vita lasciandosi semplicemente avvolgere dal lungo sonno della morte; 'Morire . dormire' questa può essere la risposta alle nostre sofferenze, un sonno eterno che ci liberi da ogni fonte di dolore. Ma Amleto conosce il perché ciò non sia realizzabile: rivela l'esistenza di qualcosa che fa tentennare colui che si appresta a scegliere la strada della morte: è ' il terrore di qualcosa dopo la morte' che frena la mano pronta a levarsi la vita, è ' la terra sconosciuta da cui non torna mai nessuno' che la rende incerta e la fa desistere dal raggiungimento della meta. La domanda di Amleto ha una risposta che non è nient'altro se non una nuova domanda: cosa vi sia dopo la morte. E' questo lo smarrimento di cui Amleto è vittima e che lo porta a non trovare una definitiva e chiarificatrice conclusione.

Non trovare le risposte alle proprie domande è causa infine di un solo stato: la disperazione che conduce inevitabilmente alla pazzia.

L'uomo del seicento, all'incessante ricerca della verità ma allo stesso tempo conscio del suo impossibile raggiungimento, corre verso la follia e la cavalca come mezzo di fuga da se stesso.

Pazzo è, ad esempio, Don Chisciotte de La Mancia che vaga per un mondo da romanzo cavalleresco e lotta contro mulini a vento che crede giganti. Ma Don Chisciotte non è cieco nel corpo. Sa che i mulini a vento altro non sono che ciò che appaiono ' e solo chi ne avesse altri in testa potrebbe non accorgersene'. Egli è cieco nella mente che non accetta la vita, ed inventa, ad essa, ' vie di uscita' alternative. Il suo vagare altro non è che una fuga da ciò che ha sconvolto Calderon prima, smarrito Amleto poi, e che ora conduce lui alla pazzia.

È questo l'itinerario che intraprende l'uomo secentesco: la confusione che causa l'interrogativo, l'interrogativo senza risposta che porta alla disperazione, la disperazione che sfocia nella pazzia.

Non sarà tuttavia quest'ultima a vincere sull'uomo, ma l'essere umano a scongerla creando in sé la sicurezza che sta cercando.

Il Seicento è solo la prima tappa verso la vittoria della ragione; le generazioni successive cresceranno e maturando, diverranno consapevoli di loro stesse e del mondo in cui vivono; ricostruiranno la loro visione della realtà e riacquisteranno la serenità smarrita.

Allo stesso modo l'adolescente vincerà la sua lotta con l'incertezza, uscirà dal guscio per mettersi in discussione ed affrontare le proprie paure; riuscirà ad accettare il mondo da cui prima era stato sconvolto e a prendere parte ad esso.





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