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GEORGE SEGAL

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GEORGE SEGAL


Egli si dedica completamente alla scultura a partire dal 1960.

Artista riduttivamente definito pop, Segal rappresenta nelle sue sculture compositi gruppi complessi ma non casuali di ure umane colte nei momenti della vita quotidiana, alla fermata del bus, al bar, al parco, mentre fanno musica, fermate in attività banali e senza particolare significato, riprodotte a grandezza naturale utilizzando fasce impregnate di gesso sostenute da un'impalcatura di filo di ferro o ricavando direttamente un calco da modelli umani: il risultato, di grande effetto scenografico, trasmette un senso di assurdità straniante che fonde entro atmosfere ambientali tranquillizzanti e banalmente normali una sotterranea drammaticità.

Giocando sul contrasto tra l'ambiente esterno, lo spazio della realtà, spesso ricreato con materiali di riciclo, e la marcata artificialità delle forme che vi si collocano, tra il vistoso antinaturalismo delle ure e la loro impostazione quasi accademica, Segal propone momenti di vita congelati, popolati da surreali fantasmi indistinti nel ricorrente bianco monocromo degli abiti e delle sembianze, al tempo stesso metafora dell'anonimato dell'attuale società e del vuoto interiore dell'individuo.
Sottile analisi dell'alienazione della vita urbana, le ure di Segal sono spesso ritratte in situazioni di attesa o di transito, in atmosfere sospese a significare la provvisorietà della vita umana e la sostanziale estraneità psicologica di ogni individuo verso l'altro, nonostante la vicinanza fisica, uomini e donne irrimediabilmente soli tra la folla, in mezzo al traffico, aspettando il verde del semaforo, in un locale gremito.




THE MOVIEHOUSE

1966 - 67 Gesso, legno, metallo, vetro e luci fluorescenti e a incandescenza

cm 259 x 376x 370 Parigi Musèe national d'art moderne

Nell'opera vengono rappresentati "frammenti" di interni o di esterni costruiti con mobili, oggetti d'uso comune e insegne luminose prelevati direttamente dalla vita quotidiana. Il bianco del gesso, trasforma la ura in presenza anonima e priva d'identità che testimonia il sentimento di acuta solitudine e di angoscia esistenziale della vita nelle metropoli moderne. Nel suo complesso l'opera sembra suggerire come la contemporanea società dei consumi trasformi le persone in soggetti privi di individualità, meno reali del mondo degli oggetti e delle merci che li circonda.





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