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GUARDI FRANCESCO

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GUARDI FRANCESCO


Nacque a Venezia il 5 ottobre 1712 e vi morì il primo gennaio 1793. lio di Domenico, pittore valente, cognato di G. B. Tiepolo, padre di Giacomo, continuatore della sua bottega, Francesco Guardi fu il rampollo spontaneo di un'intera genealogia di artisti pieni di maestria e di artigiani pieni di bravura.

 Per questi la pittura era un mestiere. Guardi, artigiano straordinario, tramutò nuovamente questo mestiere in un'arte. I pittori veneziani erano sempre stati per tradizioni un poco o molto degli illustratori dei fasti e degli avvenimenti locali: Venezia era la grande committente. Questo loro carattere aveva impresso allo svolgimento della pittura due direzioni: l'una narrativa e l'altra decorativa.

 Nel Seicento prevalse la seconda. Nel Settecento riaffiorò la prima. Francesco Guardi forse non aveva un ideale artistico, ma la natura della sua più semplice facoltà pittorica era spontaneamente geniale.



 Alacre come un'ape operaia egli suggeva intorno nei dipinti dei Ricci, dei Magnasco, degli Zuccarelli e dei Tiepolo il polline onde fece la sua pittura argentata e dorata come il miele.

I suoi contemporanei, insensibili alla novità del suo tocco, lo ritenevano un continuatore del Canaletto nella prospettiva, confondendo la prospettiva lineare con la prospettiva aerea.

 Oggi lo si considera invece come un precursore dell'impressionismo attraverso l'influenza che può avere esercitato su Turner.

 Sarebbe forse più esatto dire che la sua pittura rese più manifesta e puntuale la tendenza dei settecentisti all'espressione dell'aria e del colore locali.

 La sua grande fortuna come artista fu di non avere ambizioni di sorta e di limitarsi a dipingere alla sua maniera. Così operando egli divenne un esempio di spontaneità pittorica mai vista prima di allora.

 A forza di essere semplice si trovò davanti ad una verità che gli altri pittori avevano soltanto sfiorata: la luce, l'aria, l'atmosfera della sua città lagunare.


In questo quadro, che rappresenta la Festa della Sensa in piazza S.Marco, si nota l'edificio ellittico di legno e gesso fatto costruire per l'occasione dal Maccaruzzi per contenere tutte le botteghe di artigianato: così la basilica appare assai lontana, il campanile alto e sottile, la piazza molto più ampia; le ure sono macchiette che sembrano muoversi.



pittore (Venezia 1712-l793). È la personalità più rappresentativa di una famiglia di pittori attivi nei secc. XVIII e XIX. Da una cultura urativa memore di M. e S. Ricci, delle atmosfere di A. Magnasco e della pittura di G.B. Tiepolo, nacque una nuova interpretazione della veduta; G. creò di Venezia un'immagine fantastica e decadente, con estrema sensibilità alle mutazioni di atmosfera. Il carattere emotivo e romantico della veduta di G. (Il Canal Grande presso S. Geremia, Monaco, Alte Pinakothek) si affermò nella graduale rinuncia alla struttura prospettica classica (Canaletto ) per suggestioni spaziali sostenute dalla luce. Sue opere sono visibili a: Bergamo, Accademia Carrara; Londra, Victoria and Albert Museum e National Gallery. Altri componenti della famiglia furono: Domenico (Mastellina in Val di Sole, Trento, 1678 - Venezia 1716), il capostipite; il lio Giovanni Antonio o Giannantonio (Vienna 1699 - Venezia 1760), che diresse la bottega paterna in Venezia dal 1716 e la cui attività si intreccia con quella del fratello Francesco. Di Nicolò (Venezia 1715-l785), attivo nell'ambito della bottega, non si conoscono opere certe. Il lio di Francesco, Giacomo (Venezia 1764-l835), vedutista, ripeté stancamente i modi del padre.

MEDIA ASSOCIATI



Capriccio su Palazzo Ducale


Francesco Guardi, 'Capriccio su Palazzo Ducale', seconda metà del XVIII sec., Bergamo, Accademia Cararra





Francesco Guardi (1712-l793) nato a Venezia nel 1712 e morto nel 1793, esordì come pittore con il fratello Giovanni Antonio. Per molti anni dipinse quadri con ure, rese con tratti veloci e vaporosi. Guardi fu, inoltre, un ottimo vedutista, ed oggetto delle sue opere fu sempre Venezia e la sua laguna; nei suoi paesaggi, dal 'capriccio' alla visuale estesa, usò sempre una tecnica pittorica molto rapida. La vibrazione dei contorni che si fanno sempre più spezzati, il colore sempre più leggero , l'atmosfera luminosa, portano alle realizzazioni straordinarie della Fiera della Sensa di Vienna, ai 'Capricci' dell'Accademia di Carrara a Bergamo, del Museo Nazionale di Praga e di altre collezioni. 
Francesco Guardi lascia a Venezia anche una lirica narrazione biblica: la 'Storia di Tobiolo' nella chiesa dell'Angelo Raffaele.


Il mondo urativo di Francesco Guardi è rococò, diverso dal fratello Antonio, che era di estrazione tardo barocca. Cresciuto nella bottega  del  fratello,  collaborò  con lui, tanto da essere definito in un primo momento «pittore di ure», ma molto probabilmente si liberò dai legami familiari ancor prima della morte del fratello, tanto che in  due  lettere  indirizzate  nel 1750 a Carlo Cordellina di Vicenza, egli accenna a suoi «sfortunati modelli», riferibili alla sua attività urista. Nel  1761,  un  anno dopo la morte di Gian Antonio, Francesco, ormai del tutto indipendente, si iscrive  tra  i  pittori  veneziani.  Importante  per definire la sua attività artistica è la notizia dei «Notatori» del senatore Pietro Gradenigo in cui si legge che Francesco, «buon scolaro del rinomato Canaletto», aveva dipinti per un inglese  due  vedute  di Venezia e si era servito della camera ottica. Questa, che era stata inventata nel 1685 da J. Zahn  e  permetteva  di  vedere  un  immagine esterna rimpicciolita e riproiettata su una superficie di vetro smerigliato su cui si poteva appoggiare il foglio trasparente  per  il ricalco, era già stata usata con successo da Canaletto, altro famoso pittore vedutista. Fu proprio interpretando le vedute del Carlevaris e del Canaletto che Francesco prese le mosse per creare vedute tutte sue dando inizio a un nuovo corso  della  pittura  europea.  La  sua  arte diventò addirittura emotiva quando riprendeva con sensibilità Venezia in tutti i suoi aspetti. Con il  termine  di  veduta  agli  inizi  del Settecento si intendeva una «descrizione e partecipazione di presenze giornaliere, di situazioni  immediate  e  documentarie»  (S.  Susinno) attraverso una realtà partecipata dall'artista. Indipendentemente dal fatto che Francesco si sia dedicato  alla  veduta  ancor  prima  della morte del fratello, è certo che questa fu la sua principale attività dopo il 1870, accomnata dai disegni noti già a quel tempo:  episodi tratti dal Vecchio e Nuovo Testamento; Teste di fantasia; Interni; Studi per macchiette; Feste e avvenimenti veneziani; Vedute di Venezia e del Trentino, dove ritornò per  questioni  amministrative;  Ville  e giardini su commissione di John Strange, inglese residente a Venezia; Capricci architettonici; Paesaggi di fantasia. Le pitture di Francesco si riferiscono ad avvenimenti solenni legati alla  città  di  Venezia, come le dodici tele dipinte del 1766 relative alle cerimonie svoltesi in occasione dell'elezione del doge Alvise IV Mocenigo nel 1763, nelle quali le feste sono descritte  con  un  tono  favoloso.  Come  pure  i quattro dipinti a ricordo della visita di papa Pio VI a Venezia, avvenuta nel 1782, commissionatigli da Pietro Edwards, ispettore  alle pubbliche pitture della Serenissima; le pitture commemorative in onore di Paolo e Maria Feodorovna di Russia, detti i Conti del Nord (1782). Ma di Venezia non c'è angolo, piazzetta, bacino che Francesco non abbia ripreso con quella carica emotiva e quel gusto della  pennellata che lo rende diverso dal suo grande antagonista, Canaletto. Due episodi attrassero la fantasia di Francesco, che li descrisse  con  la solita vivacità e partecipazione. Il procuratore Francesco Pesaro, sull'esempio dei fratelli Montgolfier, aveva fatto costruire a Venezia un pallone aerostatico che nel 1784 fu  pilotato  dal  conte  Giovanni Zambeccari, e Francesco dipinse La mongolfiera (1784), che si libra nel cielo di Venezia al di sopra delle case e della folla. Nel 1789 un incendio aveva distrutto il quartiere di Santa Marcuola, e il pittore, accorso, assistette alla distruzione inesorabile delle case una vicina all'altra e dipinse L'incendio di Santa Marcuola (1789) con  la  folla in primo piano che fa quasi da barriera alle fiamme. L'ultimo suo dipinto fu la Regata sul Canal Grande (1791), realizzato in  onore  di principi stranieri. Appartengono alla sua attività pittorica anche i Capricci e Nature morte con fiori.  





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