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Il Polittico dell'Agnello mistico (aperto)

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Il 1432, l'anno in cui Van Eyck acquista casa a Bruges, è anche l'anno che una lunga iscrizione ricorda come quello dell'avvenuta ultimazione del polittico con l'Adorazione dell'Agnello mistico in San Bavone a Gand, che viene collocato nella sua sede il 6 maggio. Il monumentale complesso ha costituito argomento di accesi dibattiti presso gli studiosi. La scritta che menziona anche il committente Jocondus Vijd, è da considerarsi eseguita non di mano di Jan van Eyck e riferisce che l'opera venne iniziata da Hubert e condotta a termine dal fratello più giovane, certamente incaricato dell'incombenza dopo la morte del più anziano, avvenuta il 18 settembre 1426. I critici sono sostanzialmente concordi nel ritenere prevalente, se non esclusivo, l'intervento di Hubert nelle tre grandi ure del registro superiore: il loro impianto monumentale e la loro costruzione nel rapporto tra struttura dei corpi, posa e andamento dei panneggi rigonfi stanno ad indicare la mano di un maestro in parte divergente da Jan van Eyck, di formazione un poco più arcaica, ma al tempo stesso di grande modernità. Del tutto differente rispetto a Jan è poi il modo di concepire l'inserimento delle ure nello spazio a loro destinato, uno spazio compresso, quasi fosse negato dall'imponenza delle ure stesse.




Tema

Il tema complessivo, trattato su due registri, è quello della redenzione e della glorificazione del Redentore.


Rafurazioni e loro significati

Il polittico aperto è la glorificazione dell' Agnello e del suo sacrificio perenne: in alto, negli sportelli più esterni, l'offerta di Caino e di Abele (a sinistra) adombra il sacrificio volontario del Redentore, l'assassinio di Abele (a destra) annuncia che il sangue versato dal delitto sarà lavato dal sangue di Dio; nudi nella loro miseria creaturale si presentano Adamo ed Eva, l'immagine del progenitore, attentamente analizzata sul piano pittorico nel vibrare dei passaggi cromatici delle carni e dell'epidermide, segnata dalle vene che premono in superficie o vibrante nel chiaroscuro di una leggera peluria, nella realizzazione dei soffici e rigonfi capelli animati da sottili striature di luci o , ancora, nella bellissima invenzione prospettica del piede portato in avanti le cui dita sollevate consentono di scorgere uno scorcio di pianta che sottolinea la visione da sottinsù, crea un rapporto spaziale che lega l'osservatore alla ura e allo spazio dipinto della nicchia in cui è collocata. Il trionfo dell'Agnello è al centro della storia umano-divina: la sua vittoria è la vittoria della Chiesa e la gloria di tutti i Santi. Intorno all' Agnello, che troneggia sull'altare del sacrificio versando incessantemente il suo sangue, quattordici angeli l'adorano: quattro mostrano gli strumenti della passione, otto hanno le mani in atto di preghiera, due agitano gli incensieri. In primo piano, ai piedi dell'altare, la fontana della Vita getta, da sette zampilli, le sue acque inesauribili. A sinistra della fontana sono inginocchiati i profeti; dietro di loro, in piedi, sono i giusti del anesimo e i patriarchi: essi rappresentano il Vecchio Testamento e simboleggiano la speranza. A destra, inginocchiati, gli apostoli con S. Paolo e S. Barnaba; in piedi papi, vescovi, diaconi, monaci: rappresentano il Nuovo Testamento e simboleggiano la fede. In alto, a sinistra,il gruppo dei martiri, di fronte, le vergini caste: rappresentano la carità. Nello sfondo, sorge la Gerusalemme celeste, la Chiesa, simboleggiata dalle torri di numerose cattedrali. La bianca colomba dello Spirito Santo aleggia fra l'Agnello e Dio Padre, che benedice dal suo trono, fra Maria Vergine e S. Giovanni il Battista. Negli sportelli inferiori si sinistra, il gruppo dei Giudici integri e il gruppo dei Cavalieri di Gesù Cristo; negli sportelli di destra gli eremiti e i pellegrini. Fra Adamo ed Eva e i tre pannelli centrali superiori, quasi a distanziare le creature umane dalla maestà del Divino, secondo la gerarchia degli esseri, gli angeli cantori e gli angeli musici esprimono l'armonia dei cieli.


Ideazione preventiva o variazioni compositive?

In realtà -se prescindiamo dai cinque pannelli inferiori dell'interno, che costituiscono un'unità ideale indiscussa e indiscutibile- non è possibile difendere l'unitarietà di concezione di tutto il Polittico. Per il Renders l'insieme dei pannelli è un complesso teologicamente e artisticamente eterogeneo, dovuto alla volontà del committente. L' Adorazione dell' Agnello vera e propria risale al periodo 1417-l425 e fu dipinta in Olanda per incarico di Giovanni di Baviera; alla stessa epoca apparterrebbero altri pannelli cominciati ma non finiti, come un "Dio -lio" e un "S. Giovanni Evangelista". Scoppiata la rivolta dopo la morte di Giovanni di Baviera, Jan venne a Bruges col suo polittico e con altri sette pannelli disparati. Josse Vijd comperò il tutto e ordinò all'artista di congegnare con le parti esistenti un unico polittico. E così, per far posto a Maria Vergine, a Dio e a S. Giovanni, il grande pannello centrale dovette essere decapitato del cielo, nel quale doveva campeggiare un Dio Padre; l'attuale Dio Padre, che sta fra Maria Vergine e S. Giovanni Battista (contro tutte le regole che esigerebbero, o un Dio Padre accanto all' Evangelista, o un Dio lio accanto al Battista), era in origine un Dio lio, trasformato da Jan in un Dio Padre mediante alcuni ritocchi ( documentati in recenti restauri), come ad esempio la dipintura dei calzari, che il lio -secondo i canoni dell'iconografia religiosa- non può portare: in tal modo era salvata una certa coerenza. L'esterno del Polittico fu eseguito a Bruges dopo il 1430, per ordine del committente: fra il 1430 e il 1434 furono fatte tutte le trasformazioni necessarie al completamento dell'opera, che non potè non riuscire incongruente e disarmonica.

Per i  difensori dell'unità del Polittico, le spietate analisi del Renders, concluse con la proposta di smembramento, hanno un sapore troppo amaro. E' ben evidente infatti la sproporzione fra i pannelli superiori e quelli inferiori del Polittico aperto, l'angustia degli spazi in cui sono racchiusi Adamo ed Eva, la decapitazione del cielo nel pannello dell' Adorazione, la disarmonia fra i monocromi e le altre parti dell'esterno, l'incongruenza ideale fra i vari elementi della composizione. Ma al Polittico è toccata la sorte di costituire, a dispetto della sua origine, una unità artistica e culturale, la cui lacerazione finirebbe per apparirci insieme la distruzione di un' epoca storica, anzi di un' Idea.


Il testo ispiratore

Il testo ispiratore ci è ignoto: si è pensato, ora al cap. VII dell'Apocalisse, ora a una visione del custode di S.Pietro riportata da Jacopo da Varazze nella sua Legenda aurea, ora all'opera Scivias di S. Ildegarda; ma forse è vano cercare un'unica fonte letteraria. Non è inverosimile che Jan abbia tratto da varie fonti (fra le quali deve essere stata di singolare importanza l'Apocalisse) molteplici motivi e li abbia fusi insieme in una visione organica e coerente. Le coordinate teologiche del Quattrocento fiammingo dovevano essere inequivocabili per un uomo di cultura come Jan, e non era certamente possibile che un'opera d'arte ispirata al mistero cristiano andasse incontro a errori dogmatici. I motivi religiosi, che confluiscono nell'Adorazione dell'Agnello celebrata da van Eyck, erano comuni alla letteratura mistica dei paesi nordici.


Contestualizzazione

Nella storia del Medioevo fiammingo il polittico rappresenta il momento in cui, per la maturazione di un nuovo linguaggio e di una nuova sensibilità, l'antico patrimonio religioso potenzia il suo fascino e la sua forza ideale: qui il Medioevo ( e non solo quello delle Fiandre) conclude il suo ciclo teologico, esso è il trionfo del Cristo e dell'Idea cristiana, la celebrazione delle virtù eroiche, l'esaltazione di un ordine oggettivo e assoluto, che connette la terra e il cielo e fa sire il male, il peccato e la morte.

Ma il mondo mistico di Jan ritrova, attraverso le nuove istanze umanistiche, le sue condizioni umane e terrene: nessun elemento visionario, nessun abbandono sentimentale intorbida la visione: qui l'umanità è presente libera da ogni alone simbolico. Il grande evento divino si compie sulla terra, di cui l'occhio ha imparato a scoprire l'immanente linguaggio e il libero ritmo. Ma questa terra torna ad essere per un attimo il luogo di Dio: è la patria ritrovata, il termine di un desiderio apato, di una nostalgia che non fa più soffrire. Il pellegrino spirituale ritrova qui finalmente il suo riposo; le guglie delle torri e delle cattedrali annunciano che il grande viaggio è compiuto; ora l'anima può adorare in silenzio.

Le parvenze terrene compiono qui la funzione che la mistica medievale riconosceva ad ogni apparenza sensibile: nel momento stesso in cui raggiungono il massimo della loro espressività, conducono l'anima al di là di se stesse e consumano la loro potenza rivelatrice nel suggerire ciò che è oltre la forma e nell'istaurare la visione nell'adorazione e nel silenzio.




Struttura

I modi sintattici di questo linguaggio sono decifrabili: la struttura concentrica della composizione determina delle componenti prospettiche che mirano a costruire un campo visivo che, pur nella sua finitezza, lasci aperto un varco al gioco dell'immaginazione. La simmetria obbedisce alla norma di un ordine ideale; la disposizione delle ure inginocchiate ed erette è in funzione di una circolarità che si continua nei gruppi dei vescovi e delle vergini e il cui centro statico e spirituale è l'Agnello divino. La prospettiva qui è superata ancor prima d'esser nata; in realtà, la scienza prospettica, che nel Medioevo faceva parte del "quadrivium", era giunta a Jan attraverso le opere di Euclide, Alhazen, Ditelo, Peckham, né deve sembrare ingenuità prospettica ciò che nel Polittico è sapiente coordinazione di spazi e di masse: il punto di vista dello spettatore è collocato all'altezza delle bocche d'acqua della mistica fontana, in modo da poter inserirsi nella scena ed esserne parte integrante. Non mancavano i modelli medievali: miniatura ed affresco rappresentavano gruppi di angeli e di santi dentro uno spazio astratto, privo di profondità e di atmosfera.


Macrocosmo e microcosmo

Ma nel Polittico gli influssi, le reminescenze, gli spunti della tradizione sono superati e rifusi nell'unità della creazione e trasportati sul piano della sensibilità gotica. La conquista della spazialità luminosa, è ormai definitiva, dopo le preziose divinazioni dei miniaturisti. L'opera vaneyckiana è l'epitomes visibile di una metafisica: il macrocosmo che essa rivela, è un'unità armoniosa, in cui tutto confluisce, senza fatica e senza oscillamenti, secondo una legge teologica: ogni singola cosa è membro vivo di una totalità viva, come le parti di un organismo. Ma ogni singola parte, a sua volta, è un tutto che contiene un suo ritmo formale interiore. Il movimento dinamico della visione ora si espande ad abbracciare tutto l'orizzonte macrocosmico senz'essere turbato o fermato da questa o quella forma; ora si indugia su un sasso, su un fiore, su una nuvola, su un viso, e in ogni cosa riscopre un articolarsi caratteristico, una ricchezza impresagita, un microcosmo. La nuvola è una nota bianca nel cielo azzurro, ma rivela, all'occhio che vi si sofferma, un gioco animato di vibrazioni; il sasso è destinato a rompere la monotonia di uno spazio nudo, ma mostra a sua volta i segni inconfondibili dell'usura del tempo e le impronte dei secoli. Il moto centripeto della visione si alterna al moto centrifugo, ora incalzato verso l'infinitamente grande, suggerito e irraggiungibile, ora verso l'infinitamente piccolo, in cui minaccia di perdersi. Il pensiero ne accomna la vicenda e si compiace di riconoscere in quel fiore, non soltanto le esattissime caratteristiche della sua specie, ma anche il simbolo di una virtù o di un'idea, in quel viso di un personaggio legato alla storia, ogni cosa si circonda di un alone di risonanze culturali.

Se l'ideale espressivo del pittore si potesse riporre in un'arte diversa dalla sua, diremmo ch'esso va cercato, per Jan, nella scultura, per l'impegno ch'egli rivela a conchiudere ogni forma dentro il cerchio di un' autonomia fisica e spirituale.


Colore

Il colore si fa ora denso e pastoso come le stoffe e i broccati preziosi che rafura, ora lieve e trasparente come le carni degli angeli e i fiori, in un sapiente alternarsi di impasti e di velature, in una gamma di tonalità ravvivate e articolate internamente da un ritmo lineare, colto sulla natura e filtrato attraverso una raffinatissima sensibilità geometrica. Si osservino le vesti di Maria Vergine, di Dio Padre, di S. Giovanni Battista nei tre pannelli centrali, dove le grandi masse cromatiche, che continuano ancora la tradizione gotica, annunciano la nuova libertà compositiva riconquistata, oltre i moduli della goticità, a contatto con le cose, in un più disciplinato esercizio dell'intelligenza. La distribuzione delle tonalità, oltre ad essere fedele a un simbolismo consacrato da una tradizione secolare, obbedisce a una esigenza di equilibrio e di armonia: l'ampia massa verde delle colline (il pittore sa che il verde è il più temibile dei colori) si rompe e si ravviva a contatto coi rossi squillanti e con le tenui note bianche disseminate qua e là; non mancano i grigi, i bruni, le ocre gialle.




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