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Giolitti: Politica liberale e riforme sociali

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Giolitti: Politica liberale e riforme sociali


Nel 1892 Giovanni Giolitti fu chiamato a formare il suo primo governo, che egli stesso giudicò poi nelle sue memorie come 'nettamente di sinistra'. La grande novità che lo statista sottolineò come punto di forte distinzione dalla politica dei suoi predecessori si sintetizzava nella capacità da un lato di combinare politica liberale e politica sociale


'Il mio programma aveva alcuni punti capitali che lo distinguevano dalla politica dei miei immediati predecessori. Uno di questi punti era per me la restaurazione del bilancio malamente scosso dalla mania spendereccia della sinistra nei suoi primi tempi; e la necessità di adattare la nostra politica finanziaria alle condizioni del Paese, che stava ancora traversando una lunga crisi economica, dalla quale non doveva uscire che parecchi anni dopo. Un altro punto, che d'altronde era in stretta correlazione con questa necessità capitale del risanamento della finanza, toccava la politica estera. Io accettavo pienamente la 'Triplice alleanza' conclusa parecchi anni avanti dal Depretis; ma non intendevo affatto di seguire l'indirizzo del Crispi, che a questa alleanza si era appoggiato per condurre una politica estera che la Francia considerava ostile e provocatrice. Tale atteggiamento del Crispi aveva avuto per noi gravi ripercussioni appunto nel campo finanziario.

Nel mio pensiero la Triplice sin già d'allora doveva essere considerata da noi nell'aspetto di una alleanza difensiva, la quale, garantendoci la nostra sicurezza, ci permettesse appunto di intrattenere relazioni cordiali, sovra un piede di riconosciuta eguaglianza, con le altre Potenze'.



Il terzo punto del mio programma concerneva la politica interna; per la quale io ritenevo arrivato il momento di avviarsi ad un più decisivo e pratico esperimento dei criteri democratici. L'avvento infatti deldemocrazia - Le elezioni - I gruppi parlamentari - Il governo - La Corte Costituzionale" class="text">la democrazia al governo, con la cosiddetta rivoluzione parlamentare del '76 ed il trionfo della sinistra, era stato di carattere più che altro dottrinario, toccando più particolarmente, e in modo non interamente benefico, la politica finanziaria dello Stato. Le inclinazioni democratiche della sinistra si erano insomma più che altro sfogate nel fare una politica popolare di spese, che se per un verso parevano giustificate dalle condizioni e dai bisogni delle regioni meno fortunate e più arretrate, per un altro minacciavano la comine finanziaria dello Stato. Io pensavo che fosse già arrivato il momento di prendere in considerazione gli interessi delle masse popolari e lavoratrici, che in quasi tutto il paese soffrivano sotto la pressione di condizioni economiche, di salario e di vita, spesso addirittura inique, ed avevano cominciato, tanto nelle grandi città industriali, che qua e là nelle camne, ad agitarsi e farsi sentire'.

I successivi ministeri di Giolitti si susseguirono poi, salvo brevi interruzioni, dal 1903 al 1914. Le linee fondamentali del suo programma non mutarono la sostanza: continua fu la ricerca di una sintesi tra modernizzazione dello stato liberale e riforme di carattere sociale. In questa direzione andò soprattutto l'allargamento del suffragio, perseguito lungamente da Giolitti e approvato dal Parlamento nel 1912.




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