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Grecia (antichità) - FILOSOFIA

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Grecia (antichità)


La storia della Grecia nell'età antica non coincide esattamente con la storia dei Greci, che occuparono un territorio oggi molto più vasto di quello della Penisola Ellenica. Nel IV sec. a.C. i Greci avevano occupato molti territori esclusi dai confini del Paese, formando una comine singolarissima: unita da profondi vincoli di religione, di lingua, di civiltà ma frantumata in un numero incalcolabiie di più o meno piccole o piccolissime entità politiche, le città Stato o pòleis, gelosissime della propria indipendenza e spesso in guerra fra loro per l'egemonia sulle altre. I Greci arrivarono nella Penisola Ellenica, a ondate successive, nella seconda metà del II millennio a.C. Ma già prima del loro arrivo, Creta e successivamente Micene nell'Argolide, erano stati centri della civiità minoica o cretese-micenea. Sulla fine del II millennio a.C. la civiltà micenea entra in crisi: secondo la tradizione storica la crisi sarebbe stata appunto determinata dall'invasione dei Dori, giunti in Grecia dopo gli Ioni, stabilitisi nell'Attica, e gli Eoli, che occuparono gran parte della Grecia centrale e del Peloponneso. I Dori, giunti per ultimi, sarebbero penetrati nel centro dei territori occupati dagli Eoli occupando quindi l'Argolide e la Laconia. Tra il XIV e il XII sec. a.C. inizia la colonizzazione delle isole dell'Egeo e delle coste dell'Asia Minore, stimolata da esigenze di ordine economico, sociale, forse demografico. Seguirono alcuni secoli di assestamento e di maturazione (detti Medioevo Ellenico), i cui frutti più evidenti furono, a partire dall'VIII sec. a.C., un nuovo e più grandioso movimento di colonizzazione nella Penisola Calcidica, nella Tracia, sull'Ellesponto, sulle coste della Propontide e del Ponto Eusino e, in Occidente, in Sicilia, lungo le coste dell'Italia meridionale e in molti punti del litorale franco-snolo e dell'Africa settentrionale. Promosse dall'iniziativa privata e dallo Stato le colonie erano Stati indipendenti, benché nominalmente vincolati alla madrepatria da obblighi di assistenza e di aiuto reciproco in caso di bisogno. Ma spesso - e specialmente nell'Italia meridionale, che venne addirittura chiamata Magna Grecia, cioè Grande Grecia - le colonie, del tutto svincolate dalla madrepatria, raggiunsero uno sviluppo e una potenza superiori a quella di quest'ultima. In Grecia intanto si attuavano profonde trasformazioni politiche e sociali. Gli staterelli, inizialmente organizzati a regime monarchico, tra l'VIII e il VI sec. si trasformarono - senza gravi scosse - in repubbliche aristocratiche. Solo Sparta conservò il regime monarchico. Ma nel VI sec. mentre venivano costituendosi le prime leghe a carattere religioso sotto l'egemonia politica di una città, la reazione dell'elemento popolare portò alla caduta dell'aristocrazia e al successo di una formula politica nuova, la tirannide, in cui il potere spesso veniva esercitato con oculatezza, per il progresso effettivo del popolo. Ma già sul finire del secolo, le tirannidi erano quasi ovunque sse, sostituite da regimi oligarchici o, in qualche caso - particolarmente notevole Atene -, democratici, mentre cominciava a delinearsi l'irriducibile antagonismo tra Sparta, a capo della lega peloponnesiaca, e Atene, egemone dell'Attica. Ma proprio sullo scorcio del VI sec., che vede i Greci dominare su tutti i popoli mediterranei nelle arti, nelle lettere, nel diritto, oltre che nel progresso civile ed economico, le cosiddette guerre persiane, sospesero temporaneamente quella rivalità, offrendo a tutti i Greci la grande occasione - purtroppo mancata - della concordia e dell'unità. Le splendide vittorie di Maratona (490), di Salamina (480) e di Platea (479) e la stessa gloriosa sconfitta delle Termopili sancirono definitivamente la superiorità anche militare dei Greci sui Persiani: ma, scongiurato il pericolo, risorse l'antico antagonismo fra Atene e Sparta. Nel 478 (questo periodo, che si spinge sino al 431 si chiamò ''pentecontetia''), allo scopo dichiarato di proseguire la guerra alla Persia per la iibertà delle altre città greche dell'Asia Minore, Atene promosse una nuova lega - la delio-attica - che presto tuttavia si trasformò in un vero e proprio impero di Atene, che sotto Pericle attraversava intanto il periodo di maggior splendore della sua storia. Nel 431, dopo circa mezzo secolo di tensione, scoppiò, tra Atene e Sparta e le rispettive leghe, la disastrosa guerra detta del Peloponneso, che in ventisette anni (431-404) doveva procurare alla Grecia perdite immani prostrandola irrimediabilmente. La vittoria di Sparta, ottenuta mediante l'appoggio persiano, se disgregò il dominio ateniese e segnò il tramonto della supremazia di Atene in Grecia, non riportò la pace e l'equilibrio nella Penisola Ellenica. Dopo un periodo di conflitti interni ed esterni con la pace comune del 386, detta di Antalcida, della quale era garante il re di Persia, venne formalmente tutelata l'autonomia delle città greche ma vennero lasciate ai Persiani le città elleniche della Ionia. Sparta continuò a esercitare la sua egemonia per alcuni anni, ma intanto una nuova potenza andava sorgendo in Beozia, Tebe, che, insieme ad Atene, ne ostacolava la supremazia. La rottura avvenne nel 371, seguita da una nuova guerra, tra Tebe e Sparta, che vide i Tebani, guidati da Epaminonda, nettamente vincitori nella battaglia di Leuttra. La supremazia tebana in Grecia non superò la prova della morte di Epaminonda, caduto nella battaglia di Mantinea (362). Nel 356 una nuova guerra - detta terza guerra sacra - coinvolse ancora una volta la maggior parte degli Stati greci bruciandone le residue energie: di ciò fu pronto ad approfittare Filippo II di Macedonia per inserirsi nelle vicende interne della Grecia e prepararne la conquista. Nel 338 sul campo di Cheronea si giunse allo scontro aperto fra l'esercito di Filippo e quello greco che rimase irrimediabilmente sconfitto. Da quel momento si può considerare tramontata l'indipendenza della Grecia; la morte di Filippo nel 336 fece rinascere speranze d'indipendenza, ma il suo successore Alessandro Magno non tardò a frustrarle. Con la distruzione dell'impero persiano a opera di Alessandro e lo spostamento del baricentro della politica internazionale in Asia, dove dalle contese fra i generali del grande macedone stava nascendo un nuovo ordine politico, la Grecia, pur conservando il prestigio che le derivava dalla sua cultura e dalla sua civiltà, divenne un'entità politica di secondo piano, legata al carro macedone, dal quale invano tentò più volte di liberarsi. Nel 215 scoppiò la guerra tra Roma e Filippo V di Macedonia che, battuto a Cinocefale nel 197, dovette accettare dure condizioni di pace. L'anno dopo, ai Giochi Istmici, il console romano vittorioso, Quinto Flaminio, proclamò la libertà di tutti gli Stati greci, che in realtà erano soltanto passati dall'egemonia macedone a quella romana. Nel 146, con la distruzione di Corinto, la Grecia - escluse Atene, Sparta e la Tessaglia nominalmente libere - passò sotto la diretta soggezione di Roma, annessa alla provincia di Macedonia. Seguirono anni di pace e di prosperità per la Grecia, nei quali fu solo una breve parentesi la sollevazione dell'88 a.C. promossa da Mitridate VI Eupatore e domata da Silla che nell'86 prese d'assalto Atene dopo un lungo ed estenuante assedio. Cesare istituì la provincia di Acaia e nel quadro delle riforme di Augusto la Macedonia e l'Acaia furono disciplinate (27 a.C.) come province senatorie, cioè non soggette a governatori militari. Nel III sec. d.C. cominciò tuttavia la decadenza, parallelamente a quella dell'impero romano. Nel 394 si celebrarono per l'ultima volta i Giochi Olimpici (furono poi soppressi da Teodosio). Aggregata all'impero d'Oriente (395) la Grecia non ebbe più storia: dapprima la rigida amministrazione bizantina (Teodosio proibì ogni culto ano e Giustiniano vietò l'insegnamento della filosofia), poi le continue invasioni barbariche ne accentuarono la decadenza.




FILOSOFIA

Le origini della filosofia greca si fanno tradizionalmente coincidere con l'attività di un gruppo di pensatori che hanno la propria sede nella colonia ionica di Mileto e si situano cronologicamente nel VI sec. a.C. (Talete, Anassimandro, Anassimene). Seppure in maniera ancora embrionale, si afferma in effetti attraverso l'opera di queste personalità una nuova forma culturale, dotata di caratteristiche che la differenziano da altri fenomeni della storia della cultura. Si può parlare di un fenomeno nuovo nella misura in cui tematiche di comune dominio vengono riproposte e indagate con un procedimento nuovo con un metodo originale: quello, cioè, deila ricerca sistematico-razionale dei principi esplicativi della realtà, i cui esiti si presentano in modo consapevole come empiricamente riscontrabili e razionalmente verificabili. Le aree geografiche entro le quali la filosofia greca sorge e si afferma, tra il VI sec. a.C. e la prima metà di quello successivo, sono costituite dalle colonie greche della lonia e dalla Magna Grecia. Ionici sono i pensatori sopra citati, che mirano alla definizione di un principio cui ricondurre l'insieme della realtà naturale, nonché Eraclito, che quel principio crede di ritrovare nel divenire stesso della realtà, mentre in Magna Grecia si svolge l'attività di Pitagora e della sua scuola, connessa con la religiosità orfica, nonché quella di Senofane, in cui la filosofia si fa critica radicale del tradizionale politeismo greco: a quest'ultimo si è soliti fare risalire le origini della scuola di Elea che con Parmenide e Zenone, afferma la priorità della coerenza logica rispetto alla conoscenza fondata sul riferimento diretto ai dati della sensibilità, costruendo una metafisica dell'Essere destinata ad influire notevolmente sul dualismo platonico. D'altro canto, dalle premesse della stessa scuola parmenidea si viene svolgendo anche l'atomismo materialistico di Leucippo e di Democrito che, insieme con i sistemi di Empedocle e di Anassagora, costituisce la sintesi più organica cui sia pervenuta la filosofia naturalistica dei Greci in epoca presocratica. Già Anassagora svolge parte della sua attività ad Atene e a cominciare dalla seconda metà del V sec. a.C. è qui che si sposta l'ambito geografico di fioritura della filosofia greca, pur nel permanere di intense relazioni soprattutto con la Magna Grecia. Contemporaneamente l'indirizzo generale del settore più vitale del pensiero greco diviene quello più immediatamente ''politico'', legato cioè al problema dell'orientamento del cittadino entro la vita della pòlis e in vista della sua direzione: a tale problema risponde fondamentalmente la filosofia dei sofisti (Protagora, Gorgia, Prodico, Ippia, ecc.), nonché il pensiero stesso di Socrate (469-399 a.C.) che, per il rigore con cui connette la probiematica eticopolitica con quella del metodo della conoscenza filosofica, porta alla sua massima espressione e supera al tempo stesso la posizione della sofistica. Dall'insegnamento (esclusivamente orale) di Socrate traggono origine sia una serie di scuole filosofiche di vario orientamento (i cirenaici, i cinici, i megarici), sia la grande sistematizzazione filosofica di Platone (427-347 a.C.), nella quale l'eredità del pensiero dei secoli precedenti confluisce a formare una sintesi in cui teoria della conoscenza, meditazione ontologica e riflessione etico-politica si fondono in maniera organica e, al tempo stesso, profondamente problematica. Nell'ambiente dell'Accademia (la scuola costituita in Atene da Platone) si forma un altro dei maggiori filosofi della Grecia antica, Aristotele (384-322 a.C.), dalla cui opera prende avvio quella nuova forma di organizzazione enciclopedica del sapere che non solo viene proseguita nella sua scuola (il Liceo), ma caratterizza altresì l'impostazione specialistica che la cultura assume nel periodo dell'Ellenismo. Alle profonde modificazioni sociali e politiche dell'età ellenistica, e in particolare alla dissoluzione della struttura tradizionale della pòlis, la filosofia greca risponde nel III sec. a.C. e in quelli immediatamente successivi con un accentuato interesse per il problema etico-antropologico: accanto alle scuole precedenti, che proseguono la propria attività si affermano in questo periodo soprattutto quelle, di nuova fondazione, iniziate da Pirrone (scetticismo), Epicuro (epicureismo) e Zenone (stoicismo), mentre, a mano a mano che ci si avvicina alla fine dell'età precristiana, sorgono e si diffondono posizioni di sincretismo filosofico-religioso in cui si esprimono contemporaneamente il cosmopolitismo della cultura ellenistica e la sua progressiva condizione di crisi. Sono queste le tendenze che appaiono dominanti nel periodo dell'impero romano (che vede al tempo stesso il crescente processo di organizzazione istituzionale e culturale del cristianesimo), entro il quale si situa l'ultima grande espressione del pensiero greco, il neoplatonismo di Plotino (III sec. d.C.), successivamente sviluppato con diverse accentuazioni da Giamblico e da Proclo (tra la fine del III sec. e il V sec. d.C.).

RELIGIONE

Alla religione greca si attribuiscono due principali componenti: una mediterranea, locale, prodotta da una civiltà agricola, dominata dal culto di una grande divinità femminile (la Terra Madre); l'altra indeuropea, d'origine nordica, sorta in una civiltà di nomadi-pastori e dominata dal culto di un essere supremo maschile (il Cielo Padre). In epoca storica la grande divinità femminile è relegata ai miti cosmogonici e l'essere supremo celeste è diventato Zeus sovrano degli dei. La forma della religione storica greca è quella di un politeismo (che sembra conurarsi almeno dalla seconda metà del II millennio a.C.) in cui la realtà è rappresentata e organizzata in una moltepRicità di ure divine raccolte e collegate in un consesso (pantheon) che dà universalità al sistema. Secondo la tradizione ionica (risalente almeno al IV sec. a.C.) i nomi degli dei erano: Zeus il sovrano, Era sua sposa, Posidone dio del mare, Demetra, Apollo, Artemide, Estia. Tali dei organizzavano tutte le forme della realtà, intesa come un cosmo, un ordine, regolato dalle irnmutabili leggi divine. Ma al cosmo si opponeva dialetticamente un caos un disordine, rappresentato da alcune ure divine: Ade, fratello di Zeus e anti-Zeus, sovrano dell'oltretomba; Dioniso, la cui essenza si manifestava in un ''divenire'' contrapposto all'''essere''; le divinità minori (satiri, ninfe) che popolavano lo spazio ritenuto caotico (boschi, selve montane) rispetto all'ordinato mondo degli uomini. Per evadere dal sistema politeistico si doveva rinunciare a esso e a tutti i varitaggi che offriva per rifugiarsi nell'anti-sistema mediante il culto delle divinità ''caotiche'': Persefone, p.e., sposa di Ade e regina dell'anti-mondo (l'oltretomba), oppure quel Dioniso, signore della ''trasformazione'', attorno al quale si accentrò la maggior parte delle esperienze mistiche greche. I misteri di Eleusi, dedicati a Demetra e Persefone, promettevano agli iniziati una felicità terrena e una beata sopravvivenza alla morte. Altri misteri sorsero sul modello degli eleusini e prosperarono soprattutto in epoca ellenisticoromana. Movimenti mistici, tra cui importante quello orfico, proclamavano nel nome di Dioniso il liberatore la divinità e l'immortaiita dell'uomo. Sono queste le più note espressioni del misticismo greco, ma in realtà numerosi culti locali, in santuari che in qualche modo venivano opposti alla pòlis offrivano ai devoti pellegrini una specie di rinnegamento del sistema a vantaggio dell'adorazione esclusiva di una divinità che si presentasse come una potenza assoluta. Un'altra via per sfuggire in parte alle strettezze del sistema era offerta dalla concezione dell'eroe, una tipica elaborazione greca di un retaggio pre-politeistico costituito essenzialmente dal culto degli antenati e dalla nozione mitica di un eroe culturale. L'eroe greco si presentava come un personaggio mitico, d'origine umana che, grazie alle sue imprese, finiva per trovare proprio attraverso la morte, ossia attraverso il marchio stesso della condizione umana, una condizione chiaramente sovrumana qualificata da nuovi poteri (divinatori, guaritori, salvifichi, ecc.) ai quali si faceva ricorso mediante un regolare culto. Sia nel mito sia nel culto (perlopiù di carattere funerario) l'eroe era ben distinto dalla divinità. Ciò non toglie che per alcuni di essi, tra cui Eracle, l'eroe per antonomasia, sia stata concepita una sorte divina, immaginando un loro accoglimento nel consesso divino (apoteosi). Del resto, senza giungere all'apoteosi, la semplice eroizzazione come superamento della condizione umana era una possibilità offerta anche a personaggi storici il cui comportamento in vita parve ricalcare quello degli eroi mitici (guerrieri, agonisti, poeti, fondatori di città, ecc.).

LINGUA

La decifrazione delle tavolette micenee in ''Lineare B'' (Michael Ventris, 1952) ha esteso la documentazione scritta del greco fino al 1400 a.C. Comunque nell'età in cui appaiono i primi testi epigrafici (VIII sec.) praticamente ogru città greca aveva il suo dialetto con differenze non eccessive ma nemmeno così insignificanti da autorizzarci a parlare, per quest'età e per i secoli seguenti, di ''lingua greca'' senza ulteriore specificazione. I dialetti greci possono essere riuniti in quattro gruppi: 1) ionico-attico, parlato in Attica, in Eubea, in parte delle Cicladi, sulla costa dell'Asia Minore (da Alicarnasso a Smirne), nelle colonie ioniche della Penisola Calcidica, nelle regioni degli stretti, nella Magna Grecia, ecc.; 2) arcadico-cipriota, conosciuto assai imperfettamente per mezzo di epigrafi e di qualche glossa; 3) eolico, comprendente l'eolico d'Asia (dialetto di Lesbo), il tessalico e il beotico; 4) dorico, parlato a Corinto, nell'Argolide, in Laconia, Messenia, nella Focide, nella Locride, nell'Acarnania, nell'Epiro e, fuori della Grecia continentale, in alcune delle Cicladi (Melo, Tera, Cos, Rodi), a Creta, sulla costa dell'Asia Minore, a Cirene sulla costa africana, a Corcira nel Mar Ionio e, in Italia, a Sibari, Crotone, Metaponto, Siracusa Megara Iblea, Selinunte, Gela, Agrigento, ecc. Con il superamento della frammentazione politica, a opera di Filippo e di Alessandro, si ebbe la formazione di una lingua comune (koinè), priva di caratteristiche locali, basata sostanzialmente sull'attico.

LETTERATURA CLASSICA

La letteratura classica va dall'età micenea (II millennio a.C.) agli anni immediatamente successivi alla caduta dell'impero romano, quando a Costantinopoli si sviluppa l'impero bizantino. In questi millecinquecento anni si possono distinguere un periodo delle origini (fino al IX sec. a.C.); un periodo ionico (dal IX al VI sec., a sua volta ripartibile in una prima età arcaica, fino al sec. VIII, e in una successiva più matura); un periodo attico, cosiddetto dalla centralità letteraria e artistica dell'Attica e soprattutto, in essa, di Atene (sec. V-IV a.C.); e un periodo ellenistico, ovvero alessandrino (fine del sec. IV-sec. II) e romano (sec. I a.C.-VI d.C.). Momento aureo di questo lungo cammino è quello attico. Per il periodo miceneo la nostra conoscenza non va al di là di documenti scritti di valore non letterario, ma per lo più storico-economico, e di leggende posteriori, che parlano di mitici cantori quali Orfeo e Museo. Perciò la letteratura greca si apre per noi col nome di omero a cui per tradizione sono attribuiti i poemi eroici dell'Iliade e dell'Odissea, che istituiscono un esempio di etica, di poesia e di stile che sarà fondamentale per tutto il seguito della civiltà greca. L'altro aspetto del mondo greco arcaico - il lavoro agreste, la fatica quotidiana delle classi più umili - trova espressione negli scritti di Esiodo (VIII-VII sec. a.C.), autore fra l'altro del poemetto Opere e giorni. Nella rapida evoluzione della vita politica ed economica durante i decenni successivi anche la letteratura viene elaborando forme poetiche nuove, ove prende voce sempre più distintamente la personalità del poeta e trovano riflessi più immediati i problemi, le usanze delle classi sociali, i fondamentali sentimenti umani. Al tramonto delle corti, delle eroiche imprese militari, corrisponde la fine dell'epica, alla quale succede la lirica, articolata su una vasta tematica collettiva e individuale. Dalla lonia, pur ancora ricca di poeti gnomici e lirici, come Teognide, Mimnermo, Archiloco, la poesia si estende alle isole dell'Eolia, con Saffo e Alceo, cantori impetuosi e purissimi dell'amore e della passione politica; le forme corali trovano terreno favorevole soprattuto fra i Dori, ov'è forte il sentimento patriottico e religioso, lo spirito del rituale e dell'agone. Con i grandi poeti corali Pindaro, Bacchilide e Simonide (secoli VI e V) entriamo ormai nell'età più esaltante della letteratura greca, quando l'impegno della riflessione religiosa e dei problemi etici ed esistenziali si accomnano allo sviluppo di straordinarie forme estetiche. L'insperata vittoria sull'armata persiana, fra il 490 e il 479, dà alla minuscola stirpe dei Greci un senso di euforica grandezza, la prova della superiorità dell'intelligenza sulla forza e degli orientamenti democratici sulle tirannidi. L'arte condivide, nei decenni centrali del secolo, questo slancio, dominato peraltro da quel senso della misura e gusto della bellezza armonica che sono tipici della stirpe greca. Così, anche là dove esplode il canto di gioia, il pessimismo serpeggia e il monito del poeta non tace; e anche là dove la bellezza si spiega nella proporzione delle forme, il senso dell'effimero è presente a velarla. Il mistero del destino irrompe nel teatro che da forme rudimentali di rappresentazioni sceniche prende rapidamente strutture regolari ben articolate, ad Atene con la tragedia e la commedia. Se la potenza fantastica di Eschilo è ancora dominata dal senso del divino, con Sofocle vengono in primo piano l'uomo e le sue leggi, il mistero della sua nascita e della sua esistenza. Si sviluppa intanto la storiografia, anch'essa mossa da una coscienza della dignità dell'uomo e dalla bellezza delle imprese del popolo greco, curiosa dello spettacolo del mondo, ma anche pensosa della fragilità delle costruzioni umane, di una sorta di invidia divina verso di esse: è il caso della fantasiosa amabilità e della sottile malinconia dell'opera del ''padre della storia'' e primo prosatore greco, lo ionico Erodoto. Con la dissoluzione del regime democratico ateniese decade e se la poesia lirica. Interprete magistrale di questa crisi è ancora una volta il teatro: la tragedia, ad opera di Euripide, attivo fra il 440 e il 410 circa, spirito irrequieto e dubbioso, rafura eroi ed azioni minati da irreparabili sventure, con un patetismo ignoto alla fermezza della tragedia precedente. D'altro canto la commedia, nata da farse popolaresche e camnole, mentre diverte enormemente le folle, ne irride gli atteggiamenti politici, critica i governanti avidi e sciocchi: i capolavori di Aristofane rimangono per noi l'unica ma straordinaria testimonianza. Lo stesso sviluppo dell'oratoria, in cui pure Atene eccelle, con Lisia, Andocide, Antifonte, è un sintomo più del disorientamento delle parti politiche, della lotta delle fazioni, dello scadimento della giustizia, che di un civico dibattito di idee. La storiografia, infine, accoglie il senso di deterioramento della società nella cupa meditazione di Tucidide. Da questa crisi emerge peraltro una nuova coscienza umana e un allargamento di orizzonti intellettuali, che coi primi decenni del IV sec. si manifesta nel genio filosofico di Platone e poi di Aristotele. La decadenza politica della Grecia coincide col sorgere, soprattutto, dell'imperialismo macedone, ostacolato da forze sparute e velleitarie (tra cui eccelle, ad esempio, l'oratore ateniese Demostene). Scarsamente creativo, per nulla eroico, livellato e livellatore, l'Ellenismo elabora un'arte riflessiva, un pensiero etico. Unica forma di teatro è la commedia borghese, ambientata nella città, fatta di intrighi che coinvolgono creature mediocri, problemi quotidiani, sentimenti elementari come l'amore e i rapporti familiari: è la cosiddetta ''commedia nuova'' dell'ateniese Menandro. Il grande sviluppo delle scienze - geometria, fisica, astronomia, meccanica, medicina - è anch'esso un sintomo e un risultato di questo atteggiamento riflessivo e pratico dell'uomo ellenistico. La letteratura, la poesia assumono forme e indirizzi che non escono da questo ambito. Da un lato la lirica e l'epica si esercitano, anziché nelle creazioni originali, nell'elaborazione di forme squisite e dotte, nella ripresa artificiosa dei generi letterari e nell'imitazione, concettualizzata dei capolavori del passato; è il caso degli epilli e degli inni stupendi di Callimaco, del poema epico (Le Argonautiche) di Apollonio Rodio, degli idilli di Teocrito, dei poemi didascalici di Arato degli epigrammi di Asclepiade (e poi di numerosi altri), fra IV e III secolo. D'altro canto si assiste a una fervida e geniale attività di studio letterario, inteso a radunare, a sistemare e a correggere i capolavori dell'età arcaica e classica, elaborando una vera tecnica filologica, di cui maestri sono spesso anche poeti. Questo fervore di studi e di creazioni non ha più per matrice e teatro la Grecia vera e propria. I centri letterari si sono spostati insieme a quelli politici: Pergamo, in Bitinia, e soprattutto Alessandria in Egitto vedono la creazione di biblioteche e di scuole fiorenti. Tale diffusione degli studi ben presto raggiunge anche l'Occidente e una città che andava allora creando, insieme al proprio impero, la propria letteratura, Roma. La seconda metà del periodo è appunto caratterizzata dal rapporto fra la cultura greca e quella romana, in un assopimento progressivo della grande forza creativa della Grecia, ma nell'influsso, anche, della grande tradizione greca sulla nuova letteratura di Roma. I Greci dominarono scuole romane, ispirarono il pensiero, l'espressione, la condotta delle classi aristocratiche illuminate nel periodo repubblicano; scrittori e pensatori greci si trasferirono in Italia. Si contano ora soprattutto scienziati e filosofi, come Panezio e Posidonio; o storici, come Polibio, analizzatore e descrittore della crescita della potenza romana al tempo della terza guerra punica in un'ampia opera storiografica. Per suo conto, la poesia continua l'estenuato raffinamento dell'alessandrinismo, con la voga di rapide composizioni sceniche (il mimo), di epilli e soprattutto di epigrammi, frutti delicati di un'età estenuata, elegante e frivola. Il panorama non muta molto per gli ultimi secoli della letteratura greca, quella che coincide con l'impero romano: si nota, se mai, un appesantimento retorico, un inaridimento sofistico che nella ssa, o quasi, della poesia, investe quasi tutta la prosa. Maestro celebrato di questa ''seconda sofistica'' ed esemplare di un tempo privo di ideali e di capacità creative originali, fu l'asiatico Luciano, nel II sec. d.C.; mentre nel secolo precedente mostrava un maggior vigore morale e un'autentica vocazione storica Plutarco di Cheronea nel narrare, con piglio eroico e moralistico, le vite dei grandi greci e romani. Unica e vitale è ormai solo la letteratura greca cristiana, che forma peraltro un modulo a parte, appunto per la sua rivoluzionaria novità. I retori e i filosofi neoplatonici installati a Bisanzio, gli epigrammisti Agatia e Paolo Silenziario, lo storico Procopio sfumano anch'essi dal tramonto definitivo della letteratura greca a quella bizantina, che ne continuerà la lingua e in parte la forma ancora per un millennio. La chiusura della scuola neoplatonica di Atene ad opera dell'imperatore Giustiniano, nel 529 d.C., viene indicata come la data significativa della fine della letteratura greca vera e propria.

ARCHEOLOGIA

Le prime importanti manifestazioni artistiche della Grecia furono quelle della civiltà cicladica e della civiltà elladica, che si svilupparono contemporaneamente nell'Età del Bronzo. Il periodo tardo-elladico corrisponde a quello della civiltà micenea le cui forme artistiche, per molti aspetti eccezionali, sono ancora collegate a quelle dell'arte minoica. L'arte universalmente nota col nome di ''arte greca'' si sviluppò a cominciare dal I millennio a.C. in un ambito geografico di grande estensione: in un primo tempo solo nella Grecia continentale, in alcune isole dell'Egeo (Delo) e sulla Costa dell'Asia Minore; in seguito, a causa della fondazione di numerose colonie e all'intensificarsi dei rapporti commerciali, a molte zone costiere del Mediterraneo e del Mar Nero, e in particolare alla Sicilia e all'Italia meridionale (Magna Grecia); infine, quando l'impero di Alessandro Magno raggiunse le regioni interne dell'Asia, i canoni dell'arte greca si estesero fino a quei Paesi, innestandosi sulle culture tradizionali e dando origine a quegli ulteriori sviluppi noti come civiltà ellenistica. In questo ambito di spazio e di tempo gli artisti greci affrontarono e risolsero, in una evoluzione dinamica di forme e in una ricerca costante di armonia, equilibrio e bellezza, problemi artistici fondamentali come l'aderenza tra l'immagine artistica e la realtà, e la costruzione organica della ura nello spazio: da ciò la particolarissima importanza dell'arte greca non solo per quella romana, che la continuò e vi si sovrappose formando con essa l'''arte classica'', ma anche per tutta l'arte europea. Il periodo formativo dell'arte greca ha inizio nell'epoca che segna, con il crollo del mondo miceneo, il sorgere di nuove strutture politiche e sociali determinate dall'incontro delle popolazioni achee con i Dori immigrati. Alcuni centri della Grecia continentale (Olimpia, Corinto, Sparta, Delfi, Thermos) e dell'Asia Minore (Samo) conservano resti dei primitivi edifici templari: altari con recinto o ambienti di forme che già preludono a quelle del tempio arcaico. Le urette di avorio, di bronzo o di argilla che provengono dai santuari sono i soli esemplari di arte plastica di questo periodo e presentano, in forme geometricamente semplificate e stilizzate, soggetti religiosi e mitologici che saranno elaborati successivamente con poche varianti iconografiche. L'espressione più significativa ed a noi meglio nota di questa ''fase di formazione'' dell'arte della Grecia è però la decorazione della ceramica. All'eclettico naturalismo dell'arte cretese e micenea, dalle linee disposte in circoli e spirali, subentra un tipo di decorazione ''geometrica'' che predilige le linee rette e gli ornamenti costituiti da motivi continui: meandri, triangoli, ecc. L'arte geometrica raggiunse il suo maggior splendore nei gra



Grecia

Stato (Hellenike Demokratía) dell'Europa meridionale comprendente la parte meridionale della penisola balcanica, gli arcipelaghi delle Ionie e del Mar Egeo e l'isola di Creta. Superficie: 131.957 km2. Popolazione: 10.313.000 ab. Capitale: Atene. Lingua: greco. Religione: greco-ortodossa, con minoranze musulmane e cattoliche. Unità monetaria: dracma. Confini: confina a nord con la Macedonia e la Bulgaria, a nord-ovest con l'Albania e a nord-est con la Turchia, ed è bagnata dai mari Ionio, Mediterraneo ed Egeo. Ordinamento: Repubblica parlamentare.

GEOGRAFIA

Morfologia. Il territorio è prevalentemente montuoso con coste rocciose e frastagliate. La costa ionica è intaccata dai golfi di Arta e di Patrasso; più a sud gli aggetti peninsulari del Peloponneso racchiudono i golfi di Messenia, di Laconia e di Nauplia. Le coste del Mar Egeo, dirupate e fronteggiate dall'isola di Eubea, sono anch'esse articolate da insenature profonde (golfo di Egina, di Volo, di Salonicco e della penisola calcidica). Per quanto riguarda la struttura orografica, dal massiccio del Pindo si diramano verso est due contrafforti, che delimitano il bacino pianeggiante della Tessaglia: quello settentrionale culmina nel monte Olimpo (2917 m: la vetta più alta della Grecia); quello meridionale si protende a sud nel monte Eta. Anche i monti del Peloponneso sono una continuazione meridionale del Pindo, dal quale si dirama verso ovest una serie di rilievi differenziata (altipiani calcarei dell'Epiro e rilievi dell'Etolia e dell'Acarnania).

n Idrografia. I fiumi della Grecia orientale hanno in genere regime torrentizio: il più lungo è l'Aliákmon, che sbocca nel golfo di Salonicco; quelli del versante occidentale (Arachtos, Aspropotamo) hanno portate più elevate e regime più costante.

n Clima. È di tipo mediterraneo con inverni miti e piovosi ed estati calde e asciutte. La presenza della catena del Pindo determina una netta differenziazione fra la zona occidentale, con inverni più miti e umidi, e quella orientale, con inverni più rigidi e asciutti. I rilievi dell'interno costituiscono una zona a clima alpino.

n Vegetazione. Nelle regioni litoranee e pianeggianti è diffusa la macchia; la zona fra i 1000 e i 1800 m è il dominio dei boschi di latifoglie (di abeti nelle zone alpine), sostituiti più in alto da prati e pascoli.


n Popolazione. È etnicamente molto omogenea (Greci in prevalenza, con minoranze albanesi, turche, bulgare e macedoni). Circa il 35% della popolazione è rurale. Nella conurbazione di Atene si concentra il 30% della popolazione totale.

n Economia. Sistema economico ancora fragile, poco industrializzato e con un basso indice di produttività. I terreni agricoli sono meno di 1/3 della superficie territoriale e occupano circa il 23% della popolazione attiva; sono coltivati prevalentemente a cereali, quindi a olivo (terza produzione mondiale) e vite. Importante la tabacchicoltura (Macedonia). L'allevamento è caratterizzato dall'assoluta prevalenza di caprini e ovini. Diffusa la pesca costiera (esportazione di spugne). Modeste seppur diversificate le risorse minerarie: lignite, minerali di ferro, manganese, piombo, magnesite, bauxite. Rinomati i marmi. Nell'Egeo orientale sono stati scoperti giacimenti di petrolio, ancora in fase di sfruttamento. Le industrie contano stabilimenti siderurgici e cantieri navali al Pireo; poi industrie chimiche, del cemento, alimentari, della carta, metalliche, tessili.

STORIA

La penetrazione di popolazioni elleniche nella penisola greca avvenne nel II millennio a. C.; primi vi giunsero gli Ioni, cui seguirono gli Eoli e i Dori. Dal loro contatto con i popoli egei sorse la civiltà micenea (Atene, Sparta, Argo, Micene, Pilo), durante la quale ebbe luogo la prima espansione coloniale nelle isole dell'Egeo, a Creta (distruzione della civiltà minoica) e sulle coste dell'Asia Minore. Una seconda espansione avvenne nell'VIII e VII sec. a. C., quando nei piccoli reami micenei il potere era già passato alla classe aristocratica e centro della vita politica era diventata la città: colonie furono fondate sulle coste di tutto il Mediterraneo dal Mar Nero al Tirreno, in particolare nell'Italia meridionale e in Sicilia (Taranto, Reggio, Crotone; Siracusa, Agrigento). Lo sviluppo economico e il crescere di nuovi ceti aprirono un periodo di lotte sociali e politiche che, dopo la tirannide (VII-VI sec.), portarono a ordinamenti democratici, come in Atene; a Sparta invece si consolidò la costituzione oligarchica. La natura del suolo e il particolarismo proprio dei Greci non permisero la formazione di uno Stato nazionale; tuttavia il popolo greco sentì sempre profondamente la propria unità etnica e spirituale, che ebbe espressione soprattutto nelle feste religiose. Uniti i Greci si trovarono, sotto la guida di Atene e Sparta, per ricacciare l'invasione persiana (490-479), mentre non meno importanti successi le colonie ottenevano sui Cartaginesi in Sicilia e sugli Etruschi in Campania. La potenza raggiunta da Atene sotto la guida di Pericle (460-429) suscitò i timori e le ostilità di Sparta, che alla Lega di Delo, capeggiata da Atene, contrappose la Lega peloponnesiaca. La rivalità portò alla guerra del Peloponneso (431-404), che segnò la rovina di Atene e l'inizio dell'egemonia spartana, basata sull'appoggio persiano e durata sino alla ribellione di Tebe, che con la vittoria di Leuttra (371), affermò la propria supremazia che fu però di breve durata. Le divisioni interne della Grecia permisero infatti a Filippo II di attuare il progetto di unificare gli Stati greci sotto la Macedonia: dopo aver vinto le forze alleate di Tebe e di Atene a Cheronea (338), egli costituì una lega ellenica di cui si fece eleggere stratego per condurre la guerra contro la Persia. L'impresa fu portata a termine dal lio Alessandro Magno (336-323); dopo la sua morte la Grecia si trovò coinvolta nelle lotte tra i diadochi e poi tra le monarchie ellenistiche e alternò fino alla conquista romana (146) periodi di libertà a periodi di soggezione alla Macedonia. Ridotta a provincia romana col nome di Acaia, nel 395 d. C. entrò a far parte dell'Impero d'Oriente; invasa dai barbari che vi si insediarono con numerose colonie, fu soggetta alle incursioni degli Arabi (IX-X sec.) e dei Normanni (X-XI sec.); durante la IV crociata fu occupata (1204-l205) dai nobili franchi, che vi fondarono effimeri Stati feudali, mentre i Veneziani si impadronivano delle isole (Impero latino d'Oriente). Caduta nel XV sec. in mano ai Turchi, che sottrassero successivamente anche le isole a Venezia (XVI-XVII sec.), fu sottoposta a dura oppressione e a iniquo sfruttamento. Il movimento nazionale d'indipendenza prese forma solo sul finire del sec. XVIII: organizzatosi nella setta segreta della Eteria, trovò nello stato di anarchia dell'impero turco e nell'appoggio russo impulso all'azione insurrezionale (1821-l829). L'intervento diretto anglo-franco-russo determinò il successo degli insorti e al congresso di Londra del 1830 fu riconosciuta l'indipendenza del nuovo Stato, dai cui confini tuttavia rimasero escluse la Tessaglia, la Macedonia e Creta. La corona del regno andò a Ottone (I) di Baviera (1832) e, dopo la sua deposizione (1863), a Giorgio (I) di Danimarca, che la mantenne sino al 1913. Nel 1881 la Grecia acquisì la Tessaglia e parte dell'Epiro e dopo il conflitto con la Turchia del 1896-l897 ottenne il riconoscimento dell'autonomia di Creta. Con azione diplomatica e militare guidata dal ministro Venizèlos intervenne nella crisi balcanica del 1912-l913; in forza dei trattati di Londra e Bucarest ebbe Creta, le isole dell'Egeo, escluso il Dodecaneso, Giannina e Salonicco. Nel 1917, deposto il re Costantino I, filotedesco, con l'appoggio dell'Intesa, Venizèlos portò la Grecia in guerra contro gli Imperi Centrali; ottenuti col trattato di Sèvres (1920) i territori di Adrianopoli e di Smirne, i Greci ne furono ricacciati dall'azione di Kemal Pascià (trattato di Losanna, 1923). La sconfitta causò instabilità interna; Giorgio II dovette lasciare il trono (1924) e il regime repubblicano durò sino al 1935, quando il generale Kondylis restaurò la monarchia; nel 1936 iniziò il periodo della dittatura di Metaxás. Durante il secondo conflitto mondiale la Grecia fu attaccata e occupata dalle forze dell'Asse, contro cui reparti partigiani dell'EAM e dell'ELAS condussero la guerriglia sino allo sbarco degli Alleati (1944). Annesso il Dodecaneso al termine della guerra, i contrasti politici interni sfociarono nella guerra civile (1947), terminata nel 1950 con la sconfitta dei comunisti. Nel 1951 la Grecia entrò a far parte della NATO. In seguito alla successione del liberale Papandréu al conservatore Karamanlís (1963), nell'aprile 1967 una giunta di colonnelli assunse il potere con un colpo di Stato instaurando un regime autoritario (regime dei colonnelli Papadópulos, Pattakos e Makarezos). Nel 1969 la Grecia si ritirò dal Consiglio d'Europa poiché era stata accusata di violare la carta europea dei diritti dell'uomo. Nel 1974, i fatti di Cipro portarono la Grecia sull'orlo di uno scontro militare con la Turchia. Mentre la giunta prendeva tempo, lo stesso generale Ghizikis, capo dello Stato, richiamò Karamanlís, e gli affidò il governo del Paese. Le elezioni del novembre del 1975 confermarono la fiducia popolare a Karamanlís e l'8 dicembre un referendum abolì la monarchia. Dopo essere stata votata una nuova Carta costituzionale (7 giugno 1975), fu eletto alla presidenza della Repubblica C. Tsatsos. Dalle elezioni del novembre 1977 è emerso vincitore K. Karamanlís che nel maggio 1980 ha assunto la presidenza della Repubblica, riconfermata nel 1990 dopo 5 anni di presidenza di C. Sartzetakis. Dal gennaio 1981 la Grecia è entrata a far parte della CEE. Lo stesso anno vide l'avvento al potere del Partito socialista di Papandreu, travolto nel 1989 da un'ondata di scandali politico-finanziari. La fase politica successiva si è caratterizzata per l'estremo grado di instabilità del quadro di governo, con una frammentazione dei partiti e gravi difficoltà al formarsi di solide maggioranze. Nel 1993 è tornato al governo Papandreu, nel difficile quadro della situazione balcanica dopo la disintegrazione della Iugoslavia e con tensioni con la Macedonia ex iugoslava, resasi indipendente. Pesantemente criticato per una gestione nepotistica del potere Papandreu alla fine del 1995 è stato colpito da una polmonite virale che lo ha costretto ad allontanarsi dalla gestione attiva del potere a partire dal gennaio 1996 pur mantenendo la guida del partito. Dopo la sua morte, avvenuta nel giugno dello stesso anno, è stato eletto alla guida del Pasok Costas Simitis, che alle elezioni di ottobre ha portato il partito alla vittoria. In politica estera la Grecia ha assunto una posizione di totale chiusura nei confronti della Turchia a proposito della questione cipriota, minacciando di estendere le proprie acque territoriali così da impedirle l'accesso diretto all'Egeo.

RELIGIONE

La religione storica dei Greci fu rappresentata da un pantheon politeistico di dodici divinità: Zeus, l'essere supremo celeste e sovrano degli dei, Era, sua sposa, Posidone, Demetra, Apollo, Artemide, Ares, Afrodite, Ermete, Atena, Efesto, Estia. I Greci non ebbero una teologia: furono i poeti a inventare e diffondere i miti, le storie degli dei; e fu perciò contro i poeti che si esercitò la critica dei filosofi naturalisti e razionalisti greci. Altre ure divine erano quelle di Ade e di Persefone, sovrani dell'oltretomba. Boschi, selve, fiumi erano abitati da divinità minori (satiri, ninfe ecc.). Grande sviluppo ebbero, soprattutto in epoca ellenistico-romana, le religioni di ___mistero


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