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Hitler - L'ascesa politica, La dittatura, Il primo dopoguerra, L'ideologia nazista, Il NSDAP al parlamento, Il nazismo dopo la seconda guerra mondiale

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Hitler, Adolf (Braunau am Inn, Austria 1889 - Berlino 1945), uomo politico tedesco di origine austriaca, Führer (guida) e cancelliere del regime nazista, artefice di uno dei più compiuti stati totalitari che la storia del XX secolo abbia conosciuto e dello sterminio pianificato di sei milioni di ebrei



Una volta assunto il potere nel 1933, attuò una politica di riscatto della nazione tedesca in nome dei valori nazionalistici, sfociata nella rimilitarizzazione della Germania e nella revisione degli equilibri europei, processi, questi, che finirono per trascinare l'intera Europa nella seconda guerra mondiale. Dopo aver fatto della xenofobia, dell'antisemitismo e dell'espansionismo del popolo ariano i fondamenti della sua proanda e della sua politica, tentò di imporre un 'ordine nuovo' trasformando il Partito nazista (vedi Nazionalsocialismo) nello strumento per abbattere il regime democratico in Germania e per dare una diffusione mondiale al movimento fascista

L'ascesa politica


lio di un modesto funzionario delle dogane austriaco, fu uno studente mediocre e non portò mai a termine le scuole secondarie. Dopo aver tentato invano di essere ammesso all'Accademia di belle arti di Vienna, lavorò in questa città come decoratore e pittore, leggendo con voracità opere destinate ad alimentare le sue convinzioni antisemite e antidemocratiche, così come la sua ammirazione per l'individualismo e il disprezzo per le masse. Trasferitosi a Monaco, fu qui sorpreso dallo scoppio della prima guerra mondiale (1914) e si arruolò come volontario nell'esercito bavarese.

Dopo la guerra tornò a Monaco e rimase nell'esercito fino al 1920; iscrittosi al Deutsche Arbeiterpartei (Partito tedesco dei lavoratori), di impronta nazionalista, ne divenne in breve il capo e, associandovi altri gruppi nazionalisti, lo rifondò con la denominazione di Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei (Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori, abbreviato in Partito nazista), del quale fu eletto presidente con poteri dittatoriali; mentre diffondeva la sua ideologia incentrata sull'odio di razza e sul disprezzo per la democrazia, si legò ai gruppi squadristi paramilitari fondati dal maggiore Röhm, le SA (Sturmabteilungen, squadre d'assalto), avallandone le azioni di violenza contro uomini e sedi della sinistra socialdemocratica e comunista.

Hitler incentrò la sua azione politica nell'attacco alla Repubblica di Weimar, accusata di tradimento e di cedimento agli stranieri, raccogliendo l'adesione di personaggi quali Rudolf Hess Hermann Göring e Alfred Rosenberg. Nel novembre del 1923, in un momento di confusione e debolezza del governo del paese, fece la sua prima apparizione sulla scena politica tedesca guidando un tentativo di colpo di stato in Baviera, il putsch di Monaco. L'esercito però non fu compatto nel sostenere l'operazione e il putsch fallì. Riconosciuto responsabile del complotto, Hitler venne condannato a cinque anni di reclusione, ridotti a otto mesi per un'amnistia generale. Durante la detenzione, dettò la sua autobiografia, Mein Kampf (La mia battaglia), nella quale espose i principi dell'ideologia nazista e della superiorità della razza ariana. Tornato in libertà (1924), ricostruì nel 1925 il partito senza che il governo, che pure aveva cercato di rovesciare, facesse nulla per impedirlo.

Scoppiata nel 1929 la Grande Depressione, che portò al tracollo del marco e alla crescita della disoccupazione, Hitler seppe sfruttare il malcontento popolare guadagnando consensi al Partito nazista e assicurandosi l'appoggio dei settori di destra dell'alta finanza, della grande industria e dell'esercito; con la promessa di creare una Germania forte, ricca e potente attirò milioni di elettori. La sua capacità oratoria infiammava le masse: nelle elezioni del 1930 i seggi dei nazisti al Reichstag (parlamento) passarono dai dodici del 1928 a centosette; contemporaneamente rafforzò le strutture paramilitari del partito utilizzando le SA di Röhm e le SS, create da Himmler

Durante i due anni seguenti il partito continuò a crescere, traendo vantaggio dalla forte disoccupazione, dalla paura del comunismo, dalla risolutezza di Hitler e dalla debolezza dei suoi rivali politici. Hitler riuscì ad accreditarsi come l'uomo forte, capace di far uscire il governo dall'immobilismo e dalle secche dei contrasti tra Parlamento e presidenza della Repubblica. Con il sostegno dei vertici militari ottenne dal presidente Paul von Hindenburg l'incarico di cancelliere (30 gennaio 1933). Alla morte di Hindenburg (1934) riunì nella sua persona anche la carica di presidente, facendo ratificare questo atto con un plebiscito che gli attribuì il 90% dei consensi. A quel punto il suo progetto totalitario poté dispiegarsi senza ostacoli.

La dittatura

Giunto al potere, Hitler si trasformò rapidamente in dittatore. Un parlamento sottomesso gli concesse pieni poteri, così che fu in grado di asservire la burocrazia statale e il potere giudiziario alle esigenze del partito. I sindacati furono eliminati, migliaia di oppositori rinchiusi nei campi di concentramento e ogni minimo dissenso represso. L'organizzazione della polizia venne affidata a Himmler, il capo delle SS. Il 30 giugno 1934, nella 'notte dei lunghi coltelli', Hitler si liberò con la violenza degli elementi più radicali presenti nel suo stesso partito e nelle SA. In breve tempo l'economia, i mezzi di comunicazione e tutte le attività culturali passarono sotto l'autorità nazista attraverso il controllo della lealtà politica di ogni cittadino, esercitato dalla Gestapo, la famigerata polizia segreta.

Hitler si riservò come settore di sua esclusiva competenza la politica estera. Nel 1935 denunciò il trattato di Versailles del 1919, proclamando la sua ferma intenzione di riportare la Germania al rango di grande potenza militare e navale, e per cominciare, attraverso un plebiscito, riprese la regione della Saar, alla frontiera occidentale. Nel 1936 ritenne che i tempi fossero maturi per dare inizio alla sua politica d'espansione: inviò truppe nella Renania smilitarizzata, firmò con l'Italia fascista di Mussolini un'alleanza che prese il nome di Asse Roma-Berlino, e sottoscrisse con il Giappone il Patto Anticomintern in funzione anticomunista e antisovietica. Nel 1938 decise di invadere e di annettere l'Austria (vedi Anschluss), senza trovare alcuna resistenza militare. All'incontro di Monaco (vedi Patto di Monaco) ottenne che fosse ratificato lo smembramento di una parte della Cecoslovacchia (vedi Questione dei Sudeti), premessa della sua dissoluzione, avvenuta nel marzo 1939. Da questi eventi scaturì la seconda guerra mondiale.

La guerra scoppiò nel settembre del 1939 con l'invasione della Polonia, che aveva stretto un'alleanza con l'Inghilterra. Nel 1940 l'esercito tedesco occupò Danimarca Norvegia Olanda Belgio e Francia; nel giugno del 1941 ebbe inizio l'attacco all'Unione Sovietica . Nel luglio successivo, Hitler incaricò il capo delle SS Heydrich di elaborare e pianificare la 'soluzione finale della questione ebraica' che avrebbe portato al genocidio di sei milioni di ebrei (vedi Olocausto

A dicembre l'andamento della guerra cambiò direzione: la controffensiva russa respinse l'esercito tedesco, infliggendo gravissime perdite alla Germania; Hitler rifiutò di autorizzare la ritirata. In quegli stessi giorni, gli Stati Uniti entrarono in guerra. Davanti all'avanzata degli eserciti nemici sia sui fronti europei che su quelli africani, Hitler, sopravvissuto a vari complotti orditi da ufficiali tedeschi che volevano porre fine ai combattimenti e all'annientamento della Germania (vedi Complotto di luglio del 1944), e convinto fino all'ultimo che la disfatta fosse colpa degli ebrei e dello stato maggiore tedesco, si suicidò il 30 aprile 1945. Con lui, nel bunker di Berlino, si tolse la vita Eva Braun, che il Führer aveva sposato il giorno precedente.



Nazionalsocialismo Il termine, più spesso abbreviato in 'nazismo', designa la dottrina politica che dava contenuto ideologico al National Sozialistische Deutsche Arbeiterpartei (NSDAP; Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori), improntando la sua azione e, in generale, tutta la politica interna ed estera di Adolf Hitler e del suo governo dal 1933 al 1945. I principi centrali della dottrina nazista, per alcuni aspetti affine al fascismo italiano, erano ispirati alle teorie che sostenevano una presunta superiorità biologica e culturale della razza ariana formulate da Houston Stewart Chamberlain e da Alfred Rosenberg; ma il successo della formula politica in Germania fu dovuto anche alla sua relazione di continuità con la tradizione nazionalista militarista ed espansionista prussiana, nonché al suo radicamento nella cultura irrazionalista di inizio secolo.

Il primo dopoguerra


L'ascesa del movimento nazionalsocialista trasse forte impulso dallo scontento diffuso fra i tedeschi alla fine della prima guerra mondiale. Ritenuta la principale responsabile del conflitto, la Germania dovette infatti accettare le pesantissime condizioni del trattato di Versailles, a causa delle quali entrò in un periodo di depressione economica, segnato da un'inarrestabile inflazione e da una vasta disoccupazione.

Finanziata dagli ambienti militari, la formazione politica guidata da Adolf Hitler nacque nel 1920 in un paese prostrato dalla guerra e attraversato da violenti conflitti politici e sociali (vedi Repubblica di Weimar). Parte dei militanti furono organizzati in una specie di braccio armato, le SA (Sturmabteilungen, 'sezioni d'assalto'), organizzato da Ernst Röhm; le SA avevano il compito di intimidire con la violenza gli avversari politici e i sindacalisti. Hitler formulò un programma d'azione antidemocratico, imperniato sul nazionalismo e sull'antisemitismo, e nel 1923 dotò il partito di un efficace strumento di proanda, il quotidiano ' Völkischer Beobachter' (L'osservatore nazionale), e di un simbolo ufficiale, una croce uncinata nera, inscritta in un cerchio bianco su campo rosso: la svastica. Nello stesso anno intensificò la proanda e le azioni dimostrative contro il Partito comunista tedesco, tentando infine un colpo di stato (il putsch di Monaco) per rovesciare il governo.

L'ideologia nazista


Il tentativo fallì e Hitler fu condannato a cinque anni di carcere. Durante la detenzione, che in realtà durò meno di un anno, scrisse la prima parte di Mein Kampf (La mia battaglia), l'opera in cui riassunse i capisaldi dell'ideologia nazista, tracciando il suo progetto di conquista dell'Europa. Le fonti intellettuali di Hitler erano alquanto eterogenee e il nazionalsocialismo si presentava così più come un conglomerato di idee dalle matrici più disparate che come un'ideologia organizzata e strutturata. In Mein Kampf le istanze nazionaliste e il progetto di una grande Germania che radunasse tutte le genti di lingua tedesca trovavano una teorizzazione che ben si inseriva nel clima causato dalla disfatta della guerra: Hitler propose infatti un piano di ampliamento del territorio nazionale, giustificandolo con la necessità di allargare il Lebensraum ('spazio vitale') per il popolo tedesco. Le altre nazioni dovevano sottomettersi alla razza ariana, in virtù della sua conclamata superiorità, destinata com'era a regnare sul mondo intero. Nemici degli ariani erano in primo luogo gli ebrei, responsabili del disastro economico e della diffusione delle ideologie marxiste e liberali.

Il NSDAP al parlamento


Una volta rilasciato, Hitler riorganizzò il partito, creò il corpo armato delle SS (Schutz-Staffeln, 'squadre di difesa'), diretto da Heinrich Himmler, e l'ufficio di proanda, che fu affidato a Joseph Goebbels. Nel 1929, l'anno della grande crisi seguita al crollo di Wall Street, buona parte dei grandi imprenditori tedeschi cominciarono a guardare con favore a Hitler e al suo programma e ingenti somme di denaro presero ad affluire nelle casse del partito nazista. Appoggiato anche dalle classi medie, dai piccoli proprietari e dai disoccupati colpiti dalla grande depressione economica, il partito nazista conquistò la maggioranza relativa nelle elezioni del 1932.

Un anno dopo Hitler ottenne il cancellierato e, sfruttando con abilità l'episodio dell'incendio del Reichstag, fece in modo che il presidente della Repubblica decretasse lo stato di emergenza, affidandogli poteri straordinari. Alle successive elezioni politiche il Partito nazionalsocialista ottenne una schiacciante vittoria; a Hitler furono quindi assicurati i pieni poteri, che egli usò per assorbire le competenze del parlamento ed eliminare con la violenza l'opposizione. Il Partito nazionalsocialista divenne l'unica organizzazione politica legale. Nel 1933, allo scopo di eliminare i dissidenti, venne istituita la Geheime Staatspolizei (Polizia segreta di stato), nota come Gestapo, svincolata da ogni controllo legale e soggetta solo al proprio comandante, Himmler.

Il nuovo ordine

Soppressi gli avversari politici e i diritti costituzionali e civili, il regime affrontò la crisi occupazionale, pianificando una ristrutturazione industriale e agricola dell'intero paese, eludendo le restrizioni del trattato di Versailles, abolendo le cooperative e ponendo le organizzazioni sindacali sotto il controllo dello stato. Grazie al 'nuovo ordine' la Germania hitleriana uscì dalla crisi: le sorti dell'alta finanza e della grande industria nazionale furono risollevate e gradualmente fu assorbita la disoccupazione; ma questo fu dovuto anche al lavoro creato per la preparazione di una possente macchina da guerra, mentre veniva inaugurata una politica estera estremamente aggressiva e brutale. Fu rimilitarizzata la Renania, si formò l'Asse Roma-Berlino (1936) e l'Austria venne annessa con uno spregiudicato colpo di mano (1938; Anschluss). Infine, l'invasione della Polonia (1° settembre 1939) fu la scintilla che fece scoppiare la seconda guerra mondiale. (vedi Blitzkrieg

Nella prima fase del conflitto la Germania sembrò avere la meglio; Hitler e i suoi uomini diedero allora il via alla cosiddetta 'soluzione finale', organizzando la deportazione e l'eliminazione di milioni di ebrei, zingari, omosessuali, malati mentali, oppositori politici ecc. (vedi Olocausto

Il nazismo dopo la seconda guerra mondiale


Al termine della guerra, un tribunale militare internazionale processò a Norimberga i capi nazisti sopravvissuti (vedi Processi per crimini di guerra), mentre gli Alleati organizzarono il cosiddetto 'processo di denazificazione' del paese. La nuova costituzione democratica sanciva la proibizione di ricostituire il Partito nazionalsocialista; tuttavia nel dopoguerra, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, il nazismo è tornato alla ribalta. In Germania, in altri paesi europei e negli stessi Stati Uniti sono nate piccole formazioni neonaziste che ancor oggi predicano l'odio razziale e l'antisemitismo, commettono violenze ai danni degli immigrati e organizzano azioni terroriste. Lo stesso attentato del 19 aprile 1995 a Oklahoma City sarebbe stato organizzato da gruppi paramilitari americani di ispirazione nazista.



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