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I TEDESCHI DILAGANO



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I TEDESCHI DILAGANO


Sconfitta la Polonia, la Germania di Hitler, dopo alcuni mesi di stasi, decide di sferrare l'attacco nell'Europa Nord-occidentale: aggredisce la Danimarca e la Norvegia e scatena un'offensiva generale contro il Belgio, l'Olanda e la Francia. Quando, il 14 giugno 1940, le truppe tedesche entrano a Parigi, l'Europa continentale è ormai nelle mani dei tedeschi. Con l'armistizio francese, la nascita del governo collaborazionista di Vichy e l'entrata in guerra dell'Italia si definisce il quadro di un'Europa sotto il giogo nazista. Hitler tenta allora di invadere la Gran Bretagna, ultimo baluardo della democrazia, ma la battaglia d'Inghilterra si risolve in una sconfitta per i tedeschi.

Dopo la vittoriosa camna in Polonia, Hitler è deciso a tutto pur di ottenere sin dall'autunno una vittoria contro la Francia, in modo da aver mano libera contro l'Unione Sovietica. Le condizioni atmosferiche sfavorevoli, le difficoltà dei trasporti durante l'inverno, unite in una certa misura anche all'opposizione dei capi militari tedeschi memori dell'enorme sacrificio fatto nelle battaglie sul fronte occidentale del 1916-'18, fanno sì che il progettato attacco alla Francia venga spostato fino al maggio del 1940.



Il fronte occidentale rimase quindi fermo, mentre le dimensioni del conflitto si estendono verso altre direzioni. Il 30 novembre l'Unione Sovietica attacca la Finlandia: la guerra russo-finlandese non coinvolge direttamente né la Germania, né le potenze occidentali, ma accelera i piani tedeschi nei confronti dell'intera penisola scandinava. La Germania ha infatti bisogno di assicurarsi le vie del rifornimento del ferro svedese e norvegese e di garantirsi le basi sul Mare del Nord.

Nell'aprile del 1940 i tedeschi procedono dunque all'occupazione della Danimarca e della Norvegia, malgrado l'inattesa resistenza norvegese (mentre la Danimarca si arrende praticamente senza combattere), e nonostante le controffensive alleate (i combattimenti si concludono solo il 10 giugno). In Norvegia si insedia un «Commissario civile del Reich», poi sostituito dal governo fantoccio di Vidkung Quisling.

Garantitosi il fronte orientale e consolidato il controllo sul Nord Europa, il Führer decide di sferrare l'attacco contro la Francia. L'offensiva, scatenata il 10 maggio 1940, aggira la poderosa linea fortificata Maginot, rivolgendosi contro l'Olanda, il Belgio e il Lussemburgo, di cui viene violata la neutralità. Il Belgio, sostenuto dall'afflusso di truppe anglo-francesi, riesce a opporre una certa resistenza, ma viene infine sopraffatto mentre gli inglesi, intuendo che la partita sul continente è ormai perduta, riescono a stento a reimbarcarsi a Dunkerque (4 giugno 1940).

L'avanzata attraverso le Ardenne e il superamento della Mosa sono le operazioni decisive della prima fase del successo tedesco. La Germania punta quindi a Sud, sfondando la linea arretrata francese tra la Somme e l'Aisne, prendendo alle spalle la linea Maginot, ridotta a mera testimonianza di una concezione strategica superata. La nuova guerra-lampo fondata sull'utilizzo massiccio dell'aeronautica e delle divisioni corazzate che penetrano in profondità, anche a costo di lasciarsi alle spalle sacche di resistenza nemica, sconvolge i piani dello stato maggiore francese e i concetti statici sui quali si era fondata la linea Maginot.

All'indomani della caduta di Dunkerque i tedeschi sferrano un massiccio attacco sulla Somme e, poco dopo, un'offensiva lungo tutto il fronte che attraversava la Francia. Alle 143 divisioni tedesche, di cui dieci corazzate, i francesi ne possono opporre solo 65, la maggior parte di ripiego.

Il destino dei francesi è segnato. Il 14 giugno i tedeschi entrano a Parigi, già evacuata dal governo francese trasferitosi nel frattempo a Bordeaux: la metropoli viene occupata dalla XVIII armata del generale von Kuchler e la bandiera con la svastica sventola sulla Torre Eiffel.

Il 16 giugno si dimette il presidente del Consiglio Raynaud; gli succede il maresciallo Philippe Pétain che, pochi giorni dopo, sottoscrive l'armistizio con la Germania (22 giugno) e con l'Italia (24 giugno).

Con l'armistizio la Francia viene divisa in due parti: la parte settentrionale, compresa tutta la costa Atlantica, rimane direttamente in mano ai tedeschi; la parte meridionale, con capitale a Vichy, viene invece assegnata inizialmente al governo collaborazionista di Pétain, per poi passare sotto il regime d'occupazione nel novembre del 1942.

L'impero coloniale francese non coinvolto nella guerra rimane sotto la sovranità del governo Pétain, tranne quei territori che preferiscono invece seguire il generale Charles De Gaulle: quest'ultimo, con l'appoggio dell'Inghilterra, diventa il rappresentante della «Francia libera» che stabilisce la propria sede a Londra.

Le condizioni dell'armistizio non sono onerosissime, anche se di fatto avranno una durissima applicazione. La "mitezza" delle formulazioni volute dai tedeschi è dovuta alle preoccupazioni di Hitler di non far cadere la flotta francese in mano agli inglesi e alla necessità di mantenere "un governo francese funzionante su suolo francese", puntando al collaborazionismo per associare la Francia nella guerra contro l'Inghilterra, facendo dipendere le concessioni dal grado di impegno che la Francia avrebbe dimostrato nello sforzo bellico.



Il crollo della Francia segna il culmine del trionfo nazista in Occidente. Oltre infatti al cedimento militare cede anche il fronte interno, reso debole dalla politica francese di appeasement, dalle infiltrazioni fasciste e dalla stessa divisione delle forze della sinistra lacerate drammaticamnte a causa del patto tedesco-sovietico del 1939.

Il trionfo sulla Francia ha per Hitler effetti importantissimi, sia dal punto di vista psicologico che da quello della politica interna. Egli ha infatti colto nel segno, smentendo tutti i critici e gli scettici, nel valutare la debolezza della Francia, ritenuta a torto la più forte potenza militare continentale. La certezza che non sia più possibile arrestare la supremazia tedesca sul continente induce diversi Stati dell'Europa sud e nord-orientale ad avvicinarsi alla Germania (Bulgaria, Romania, Ungheria), nel quadro di una riorganizzazione dell'Europa di cui tutti erano certi e nel tentativo di avere l'appoggio tedesco in vista di revisioni o di ampliamenti territoriali.

Secondo la concezione del Nuovo Ordine europeo formulata da Hitler, i territori continentali sono organizzati su tre livelli. Il primo livello è quello dei popoli formalmente indipendenti, ma considerati come satelliti della Germania (Italia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Slovacchia); il secondo livello è rappresentato dai popoli che, pur avendo un loro governo fascista, sono però sotto il regime d'occupazione tedesco (Norvegia, Croazia, Olanda e Francia); il terzo livello è infine quello dei cosiddetti "protettorati", direttamente amministrati dai tedeschi mediante propri governatori, senza alcuna autorità locale (Boemia-Moravia, Serbia, Wartegau, Curlandia - che include anche Lituania, Livonia, Estonia e Russia Bianca - e Ucraina).

Il 27 settembre 1940 la Germania, l'Italia e il Giappone firmano a Berlino il cosiddetto "Patto Tripartito", che assegna alla Germania l'egemonia sull'Europa continentale, all'Italia il dominio del Mediterraneo e al Giappone il controllo dell'Asia Meridionale e insulare.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale l'Italia, vincolata alla Germania dall'alleanza stretta con il Patto d'Acciaio, si dichiara non belligerante: non una neutralità quindi, ma neanche aperta adesione alla guerra del Reich. Mussolini si trova in una posizione quantomeno contraddittoria: da una parte, vuole la guerra, sia per soddisfare le sue rivendicazioni nei confronti della Francia e dell'Inghilterra (la distruzione dell'egemonia marittima e commerciale inglese, nuove colonie, penetrazione nell'area balcanica), sia nell'illusione di poter condurre una «guerra parallela» non direttamente subordinata agli interessi strategici e politici della Germania; dall'altra, è però consapevole dei limiti bellici dell'Italia. Nel prendere tempo ai fini della preparazione dell'Italia, Mussolini finisce per indebolire la posizione della stessa, visto che rinviare l'intervento farà poi trovare l'Italia di fronte a una situazione già predeterminata dallo sviluppo delle operazioni della Wermacht.

I tentativi franco-inglesi di tenere l'Italia fuori della guerra si protraggono fino alla fine del maggio 1940, ma sono praticamente superati dagli accordi conclusi con la Germania e dallo scatenamento dell'offensiva tedesca in Occidente. Le strepitose vittorie tedesche inducono Mussolini a dichiarare guerra alla Francia e all'Inghilterra (10 Giugno 1940), nella convinzione che la partita stia per chiudersi vantaggiosamente per l'Asse e che quindi gli occorrano «alcune migliaia di morti» da far pesare al tavolo della pace. Le forze armate italiane non sono tuttavia in grado di effettuare alcuna azione a sorpresa (per esempio contro Malta, allora scarsamente difendibile) e neppure di sferrare un'efficace offensiva sul fronte francese delle Alpi: l'intervento italiano si riduce quindi a poca cosa, tanto che le divisioni italiane non sono in grado di smuovere le modeste forze francesi.



Al momento dell'armistizio con la Francia la richiesta di Mussolini di un'occupazione italiana della valle del Rodano, compresa Tolone e Marsiglia, del disarmo della Corsica, della Tunisia e di Gibuti viene bruscamente respinta da Hitler, che ammonisce Mussolini di non avanzare rivendicazioni eccessive: l'armistizio italo-francese del 24 giugno prevede quindi da parte italiana soltanto l'occupazione della stretta fascia di confine conquistata sulle Alpi, oltre a una fascia smilitarizzata larga cinquanta miglia in Francia sul confine italiano e in Tunisia sul fronte libico.

Al momento della modulazione della Francia, l'immagine che hanno i tedeschi dell'Inghilterra è quella di una nazione isolata e priva di aiuti. Fino ad allora Hitler era stato convinto che la pace con la Gran Bretagna fosse ormai imminente, dopodiché si sarebbero creati i presupposti per poter rivolgere la macchina bellica tedesca da Ovest verso Est, verso l'Unione Sovietica.

La Gran Bretagna, sostenuta da un crescente aiuto degli USA, è invece intenzionata a continuare la guerra, e soltanto nella seconda metà del luglio 1940 il governo tedesco si rende conto che il nemico britannico non si sarebbe dato per vinto. Comunque, convinto che la guerra sia ormai sul punto di concludersi vittoriosamente, il generale Jodl, capo delle operazioni dell'OKW (il Comando Supremo dell'Esercito), ritiene che un attacco contro l'isola possa essere condotto senza troppe difficoltà, intensificando la guerra aerea, con "attacchi terroristici contro i centri abitati" e lo "sbarco di truppe per occupare l'Inghilterra". Vengono quindi diramate le direttive per l'operazione "Leone marino": l'impresa, che non è esente da rischi, richiede comunque operazioni in grande stile, mentre la riuscita della stessa dipende dalla misura in cui la Luftwaffe (l'aviazione tedesca) e la marina riescano a facilitare il compito alle truppe, contrastati in questo dalla flotta britannica, di gran lunga superiore a quella tedesca, e da un'aviazione per nulla trascurabile.

Una delle premesse indispensabili per dare inizio alla progettata invasione è quella di eliminare la Royal Air Force dai cieli dell'isola: alla metà di agosto la Luftwaffe sferra una violenta offensiva aerea, l'operazione «Aquila». Malgrado la superiorità numerica i tedeschi subiscono forti perdite soprattutto grazie all'uso dei radar unito al sistema di "stazioni di settore" con centri che guidano i caccia inglesi per radiotelefono, in base alle ultime segnalazioni radar, dai posti di osservazione a terra e dei piloti in volo.

Alla fine di agosto la battaglia d'Inghilterra entra nella fase decisiva: nelle due settimane tra il 23 agosto e il 6 settembre la bilancia comincia a pendere dalla parte della Luftwaffe. L'Inghilterra è di fronte alla concreta possibilità di un disastro. Invece di insistere Göring cambia però tattica dando inizio a massicci bombardamenti notturni su Londra. Il 7 settembre 1940 Londra è bombardata per la prima volta in modo massiccio: 625 bombardieri protetti da 648 caccia. A sera tutta la zona portuale è in fiamme e le linee ferroviarie verso il sud distrutte. I bombardamenti si ripetono per una settimana intera, finché la notte del 15 settembre la decisione tedesca di portare un grande attacco diurno contro la capitale inglese porta a una delle battaglie decisive della guerra: gli aerei tedeschi vengono intercettati prima di arrivare su Londra, subendo perdite enormi. Viene subito tentato un secondo attacco, ma ancora una volta la Luftwaffe è messa in fuga. Nonostante i bombardamenti si protraggano fino a novembre, l'operazione Leone marino viene sostanzialmente rinviata a tempo indeterminato finché non sarà superata dalla preparazione della camna di Russia. A parte i numerosi errori tattici tedeschi, hanno un'importanza fondamentale nella vittoria inglese la coesione politica e morale del popolo inglese dinanzi alla minaccia e l'energica guida politica di Churchill, oltre ovviamente agli aiuti dei dominions inglesi e degli USA e allo sviluppo dell'economia di guerra e della tecnica aeronautica britanniche.






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