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I TESTI



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I TESTI


Lisia (sec. V/IV a.C.)


<<Considerate anche il comportamento di Antigene [che non è il marito della donna accusata di aborto volontario, ma, forse, un parente del marito che voleva tutelarne i diritti]: dopo aver intentato un'accusa contro nostra madre, pretende di sposare nostra sorella e vuol sostenere il processo, per non are le mille dracme che deve versare chi non porta avanti la causa dopo aver presentato l'accusa>>




(Contro Antigene per aborto [di dubbia autenticità], fr. 8)

tr. Medda


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Testimonianze greche al passo controverso


TEONE: <<nell'altro discorso [di Lisia] si discute se l'embrione sia già un uomo e se le donne debbano essere libere da controllo relativamente alle questioni di aborto.>>


(Progymn. 2, I 166 W.)


TEONE: <<in questi casi bisogna che chi se ne occupa attribuisca la responsabilità agli esperti, come fa Lisia nel discorso 'Sull'aborto', dove giudicando un imputato di omicidio, è costretto a dimostrare che il feto è un essere vivente, e più volte dice: 'Come hanno dichiarato i medici e le levatrici'.>>

(Proleg. 'Tòn stàseon' VII I, 16)

SOPATRO: <<E questo è un esempio di questione medica, di cui anche Lisia si è occupato: se colui che ha indotto una donna ad abortire ha commesso un omicidio. Bisogna infatti stabilire, per prima cosa, se il feto prima di essere partorito fosse vivo: e questo è compito dei fisici e dei medici.>>


(Ad Hermog. V 3W.)


SOPATRO: <<Lisia nel discorso sul feto abortito, in cui Antigene accusa sua moglie [indicazione erronea!], che aveva abortito volontariamente, di omicidio, sostenendo che aveva abortito e così aveva negato la paternità del bambino.>>


('Ek diafòron tina crésima', <<RhM>> LXIV 576)

trad. Medda

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'L'accusa mossa da Antigene, afferma il Medda, (che doveva essere un parente del marito della donna) alla vedova era quella di aver volontariamente abortito, ledendo in questo modo i diritti del marito e dei suoi parenti; la difesa è sostenuta dai li che la donna aveva avuto da un precedente matrimonio.

E' del tutto improbabile che l'aborto potesse essere di per sè ritenuto punibile in una società che ammetteva l'infanticidio e l'esposizione dei neonati: è difficile però capire quali interessi cercasse di tutelare la causa per aborto.

Infatti, se a essere lesi fossero stati solo i diritti del padre, si sarebbe trattato di un fatto privato, e la controversia avrebbe dovuto avere un'altra forma; invece proprio il frammento lisiano, che allude all'eventuale multa di mille dracme nel caso che l'accusa fosse ritirata, testimonia che l'aborto poteva essere anche oggetto di un processo pubblico.

Questo potrebbe far pensare che esso fosse sentito come una lesione dell'interesse collettivo; ma l'Harrison opportunamente osserva che il processo pubblico può essere interpretato come una forma di protezione dei diritti di chi non poteva difendersi attraverso un procedimento (in questo caso il feto), e allora anche un padre che avesse costretto la madre all'aborto sarebbe stato perseguibile.

Esiste anche la possibilità che la causa servisse soprattutto in casi come quello trattato da Lisia, per tutelare cioè gli interessi di erede del nascituro, la cui ssa, in caso di morte del padre, avrebbe favorito i parenti più prossimi.

Per di più nel discorso lisiano si discuteva se l'embrione potesse essere già considerato un uomo, e questa discussione potrebbe essere un indizio del fatto che fossero proprio i suoi diritti ad essere tutelati.'


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Ippocrate (metà sec. V/inizio sec. IV a.C.)


<<[] Mi varrò delle prescrizioni dietetiche secondo il mio potere e il mio giudizio per giovare agli ammalati, ma in modo da astenermi da ogni danno e ingiustizia. Anche se sollecitato, non propinerò a nessuno un farmaco mortale nè mi farò autore di un simile consiglio, parimenti non farò manovre sulle donne allo scopo di procurare l'aborto. []>>


(Giuramento dei medici)

trad. Untersteiner Candia


<<Purgare le donne incinte, se vi è eccesso di umori, dal quarto al settimo mese; le altre di meno, perchè bisogna avere molta cura del feto che abbia meno di quattro mesi e più di sette mesi.>>


(Aforismi, IV, 1)




<<Una donna incinta, se salassata, abortisce, specialmente se il feto è assai grande.>>

(Aforismi, V, 31)


<<Se una donna incinta ha copiosa defecazione liquida, vi è il pericolo di un aborto.>>


(Aforismi, V, 34)


<<Se in una donna incinta il seno diventa all'improvviso piccolo, essa abortirà.>>


(Aforismi, V, 37)


<<Se una donna è incinta di due gemelli, e il seno diventa piccolo, essa perde un bambino: il maschio, se si rimpicciolisce quello destro, la femmina, se il sinistro.>>


(Aforismi, V, 38)


<<Donne incinte che sono sottili contro natura, abortiscono, a meno che non si siano ingrossate.>>   


(Aforismi, V, 44)


<<Nei casi in cui donne incinte sono colpite da febbre e diventano eccessivamente sottili, senza cause evidenti, esse partoriscono con difficoltà e con pericolo, o vi è il pericolo che abortiscano.>>


(Aforismi, V, 55)


<<Il tenesmo [spasmo della vescica o del colon] che interviene in donna gravida fa abortire.>>

(Aforismi, VII, 27)

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Platone (fine sec. V/metà sec. IV a.C.)


Le levatrici e le loro mansioni


<<Socrate:

Rifletti bene a ciò che è tutto il ministero delle levatrici, e ti sarà più facile d'intendere quel che voglio dire. Tu saprai, penso, che nessuna donna, mentre è tuttora in grado di concepire e di generare, fa da levatrice ad altre, ma quelle soltanto che non possono più generare. [] E di ciò s'attribuisce la causa ad Artemide che, quantunque vergine, ebbe in sorte di presiedere ai parti. Peraltro, alle donne sterili la dea non concesse di fare da levatrici, giacchè la natura umana è troppo debole per esercitare un'arte in cose di cui non abbia esperienza; ma assegnò quest'ufficio a quelle donne che per età non potessero più generare, onorando così la somiglianza che esse hanno con lei. [] Ed è naturale, anzi necessario, anche questo: che le levatrici più delle altre donne siano atte a riconoscere chi sia incinta e chi no? [] E sono anche le levatrici quelle che, somministrando medicinali e recitando formule magiche, possono, se vogliono, provocare le doglie e calmarle, e affrettare il parto a quelle che stentano; e quando paia bene sopprimere il feto novello, lo sopprimono [Platone sembra che voglia dire che la levatrice poteva procurare l'aborto, quando ciò fosse necessario e non potesse riuscire pericoloso, cioè appunto quando il feto non era ancora maturo].


Teeteto:

Così è.

(Teeteto, 149 b-d)

trad. Martini

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Aristotele (sec. IV a.C.)


Sulla colpevolezza dell'abortire


<<[] bisogna procurare l'aborto prima che nel feto siano sviluppate la sensibilità e la vita, perchè sono la sensibilità e la vita a determinare la colpevolezza e la non colpevolezza dell'atto.>>

(Pol., VII, 1335 B)

trad. Medda




Cicerone (inizio sec. II/metà sec. I a.C.)


Due casi di aborto


<<Ma non basta: benchè con l'uccisione del fratello egli superasse in atrocità ogni altro delitto, è da notare che a questa nefanda scelleratezza egli arrivò attraverso altri delitti. Mentre infatti era gravida Auria, la moglie del fratello, ed il parto pareva già vicino, uccise la moglie col veleno per sopprimere con lei un eventuale erede del fratello. Attaccò poi il fratello che, troppo tardi ormai, già versata la coppa micidiale, proprio mentre stava gridando che erano stati uccisi lui e la moglie e che voleva mutare testamento, fu colto dalla morte. Oppianico uccise così la moglie per non essere escluso, per il parto di lei, dall'eredità del fratello e privò della vita i li del fratello prima che essi potessero venire alla luce. Questo perchè tutto il mondo capisse che nulla più di sacro poteva esservi a questo mondo per un uomo innanzi alla cui audacia neppure il grembo materno aveva potuto proteggere i li del fratello.

Io ricordo che, quando ero in Asia, una donna di Mileto, essendosi lasciata corrompere per denaro da eredi di secondo grado ed avendo ad arte abortito, fu condannata a morte e non senza ragione, perchè aveva tolto ad un padre la speranza di veder continuato il proprio nome ed aveva tolto un sostegno ed un erede alla famiglia, un cittadino alla repubblica.

Quando non era Oppianico, nello stesso delitto, più degno di castigo!

Quella donna, almeno, facendo violenza a sè stessa, fu di sè stessa carnefice; Oppianico, invece, recò lo strazio e la morte ad un corpo altrui. Pare che gli altri non possano commettere, su d'un sol corpo, più di un omicidio: Oppianico solo, finora s'è trovato che sapesse uccidere più d'uno in un solo corpo.>>


(Pro Cluentio, XI)

trad. Giovannetti


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Plinio il Vecchio (sec. I d.C.)


Proprietà del vino


<<Anche il vino può avere proprietà prodigiose. Si dice che in Arcadia viene prodotto un vino che rende fertili le donne e rabbiosi gli uomini; in Acaia, poi, soprattutto nei dintorni di Cerinia [nella parte settentrionale del Peloponneso], si dice che esiste un vino che provoca l'aborto, anche nel caso che la donna gravida abbia mangiato l'uva da cui esso si ricava, per quanto di sapore non diverso dall'altra uva [la notizia anche in Teofrasto IX, 18, 11]. Chi beve il vino di Trezene diventa - si dice - sterile. [] L'Egitto produce anche l''ecbolas' [altro tipo di uva] che provoca l'aborto.>>


(Nat. hist. XIV, 22, 116, 118)

trad. AA.VV.


Tertulliano (metà sec. II/inizio sec. III d.C.)


'Homo est et qui est futurus!'


<<In quanto a noi, non solo ci è vietata ogni forma di omicidio, ma ci è proibito soffocare una vita appena concepita, quando ancora il sangue l'alimenta nel seno materno per formarne una creatura umana.

Impedire di nascere non è altro che un omicidio anticipato, e non v'è differenza tra il distruggere una vita già nata o una vita nascente.

E' già uomo anche chi diverrà uomo, ed anche nel seme è già tutto il frutto.>>


(Apolog., IX, 8)

trad. Resta Barrile


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In medicina


<<Nella terminologia medica questo termine indica sia l''aborto spontaneo' sia l''aborto volontario' (cioè indotto mediante manovre mediche).

Secondo l'O.M.S. si ha l'aborto quando l'interruzione della gravidanza avviene entro la 28^ settimana (ossia il 196° giorno) di gestazione [ma gli anglosassoni ritengono che si tratti di aborto solo se l'interruzione della gravidanza si verifica entro la 20^ settimana, che corrisponde ad un peso fetale di circa 500 g., in quanto feti nati a quest'epoca gestazionale e sottoposti a particolari cure intensive sono sopravvissuti].

L''aborto spontaneo' consiste nella perdita del feto prima della 22^ settimana di gestazione o del raggiungimento della vitalità del feto stesso (cioè della capacità di sopravvivere fuori dal grembo materno senza aiuti artificiali).



L''aborto volontario' è, invece, l'interruzione della gravidanza con manovre mediche e può essere consentito solo in presenza di condizioni morbose che colpiscano la madre od il feto e ne possono mettere a repentaglio la vita o la sopravvivenza.>>


Secondo la legge italiana


<<In Italia fino agli anni Settanta, la pena per la donna che, con qualunque mezzo adoperato da lei o da altri con il suo consenso [nel 1833, secondo lo Shorter, una delle pratiche più diffuse era quella di sciogliere nel caffè il fosforo raschiato dai fiammiferi e di bere l'intruglio, con la conseguenza che dal 1851 al 1903 in Sa furono registrati più di 1.400 casi, quasi tutti mortali, di avvelenamento], si procurava l'IG era la detenzione da uno a quattro anni.

Il 22 maggio 1978 viene infine approvata la legge 194 che detta norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza.

La legge 194 dispone che la donna possa richiedere l'IVG, che, precisa l'art. 1, non è un mezzo per il controllo delle nascite, entro i primi 90 giorni, per motivi legati alla salute psicofisica, alle condizioni economiche, familiari, sociali, ecc.. Deve per questo rivolgersi al consultorio pubblico o ad una struttura sociosanitaria od al medico di fiducia. L'interruzione volontaria della gravidanza oltre i primi tre mesi può essere praticata solo in caso di pericolo grave per la vita della donna. L'IVG è gratuita e viene praticata presso strutture pubbliche. La richiesta di IVG è fatta personalmente dalla donna: nel caso di una minorenne, è richiesto l'assenso dei genitori o alternativamente di un giudice tutelare. La stessa legge prevede che i medici ed il personale sanitario contrari per motivi di coscienza possano rifiutarsi di praticare l'IVG [nel 1988 risultano obiettori il 62,2% dei ginecologi, il 53% degli anestesisti, il 51,5% del personale non medico, con 'picchi' a Bolzano, in Umbria, in Abruzzo e nel Molise, e con 'quote più basse' in Val d'Aosta ed in Emilia].

Il 19 maggio 1981 la legge 194 è rimessa in discussione da un referendum popolare articolato su una proposta ancor più liberalizzante e su una abrogativa: il 67,3% si pronunzia a favore del mantenimento della legge.

Dal 1981 al 1989 le statistiche riportano la seguente tendenza: 1981 -> 224.067 aborti procurati, 1982 -> 234.801, 1983 -> 233.976, 1984 -> 227.446, 1985 -> 210.597, 1986 -> 198.375, 1987 -> 191.469, 1988 -> 179.193, 1989 -> 171.684; verso una diminuzione dei casi segnalati, quindi, e con una percentuale del 2,4% di minorenni che hanno fatto ricorso all'aborto, che è tra le più basse della media europea [e, sempre secondo l'AIED, dal 1978 ad oggi si è passati da più di un milione di aborti clandestini annuali ad 80-l00.000 concentrati, per lo più, al Sud e nelle isole].

I punti della legge 194 oggetto ancora oggi di controversie sono i seguenti:

- il limite di 90 giorni entro il quale può essere compiuto l'aborto non-terapeutico (che andrebbe ridotto);

- la decisione adottata solo dalla donna (ma anche dall'uomo);

- la condizione che l'intervento abortivo può essere effettuato solo nelle strutture ospedaliere pubbliche od in quelle convenzionate (ma anche nelle altre, a garanzia di un servizio altrimenti traumatico per l'inefficienza delle strutture);

- il ruolo dei Consultori Familiari (da potenziare).


Secondo la Chiesa


La posizione della Chiesa, per la quale vi è un senso solo nella funzione riproduttiva, è da sempre categorica: l'aborto è un omicidio e, come tale, va condannato senza riserve [ma con esso anche la contraccezione, la risposta più logica all'aborto].

Nel 1930 Pio XI, con l'Enciclica 'Casti connubii', consigliava la castità ad una coppia che non voleva li; Pio XII e Giovanni XXIII riconoscevano, indirettamente, la liceità dei metodi contraccettivi naturali; nel 1968 Paolo VI, con l'Enciclica 'Humanae vitae', confermava la tendenza assunta dai due Papi precedenti; il 16 ottobre 1988 Papa Wojtyla, con l'Enciclica 'Mulieris dignitatem', rivelava indirettamente la sua intransigenza alla contraccezione; il 4 febbraio 1990, con la pubblicazione della CEI 'Evangelizzazione e cultura della vita umana', Giovanni Paolo II condannava il sesso non procreativo e l'uso dei mezzi contraccettivi.


L'aborto nel mondo


Negli USA la legalizzazione dell'aborto avvenne nel luglio del 1973 e da allora si calcola che più di 22.000.000 di aborti siano stati praticati nei vari ospedali.

Il 30% di aborti sul totale delle gravidanze che gli USA hanno fatto segnare negli ultimi anni è una percentuale molto alta se paragonata al 13% della Germania, al 14% del Canada ed al 27% del Giappone, ma è pressochè trascurabile se paragonata al 68% dell'URSS.

In tutta l'Europa dell'Est le cifre sono altissime: in Polonia vengono praticati 5-6.000 aborti all'anno ed in Ungheria nel 1990 ce ne sono stati 90.000 su una popolazione di appena 10.000.000 di abitanti.

La legalizzazione dell'aborto nei Paesi ex-comunisti risale quasi per tutti alla metà degli anni Cinquanta (fa eccezione l'ex Germania Orientale dove fu introdotta nel 1972) ed è retaggio dei vecchi regimi comunisti: significativo il caso della Romania che l'ha introdotto nel 1989 dopo la rivoluzione liberale.

Un pò ovunque, però, è in atto la reazione in senso contrario: sia per il cambiamento politico, sia per la nuova penetrazione della religione.

Nei Paesi del Terzo Mondo l'aborto è normalmente consentito: le legislazioni nazionali non pongono limiti, cosicchè è assai diffuso l'aborto clandestino, che uccide più di 200.000 donne all'anno per infezioni contratte a seguito dell'operazione abortiva.










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