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IL LINGUAGGIO, LA GESTUALITÀ DEL DUCE E LE MASSE

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IL LINGUAGGIO, LA GESTUALITÀ  DEL DUCE E LE MASSE


Il sistema ideologico e politico del partito fascista nasce da una con­cezione spiritualistica e religiosa della vita e dello stato, il tutto incentrato intorno alle idee-forza di obbedienza, disciplina, religio­ne, fede, senso del dovere e spirito di sacrificio. Compito del parti­to fascista, infatti, è quello di fascistizzare la massa, di educarla ad una politica integrale e totalitaria. Il fine, quindi, è fondare una nuova civiltà politica, attuare un'epopea rigeneratrice, con la quale creare una nuova gerarchia di valori ed un popolo nuovo, al quale non appartengono né borghesi né intellettuali o aristocratici, ma tutti coloro che sono consapevoli e vivono i valori dello spirito fascista. Tale rinascita avviene, non solo sul piano politico, econo­mico e sociale, ma anche a livello culturale e linguistico. Mussolini, grazie alle sue esperienze di giornalista, politico e sindacalista, che lo avevano portato ad un contatto più diretto con le persone meno colte e poco istruite, utilizza una nuova modalità comunicativa che tiene conto anche del livello culturale delle persone alle quali si rivolge. Mussolini, perciò, abbandona il linguaggio della tradizione classico-letteraria, aulico e sublime, diretto per lo più ad un pubbli­co colto ed istruito. Infatti, nella poesia e nella letteratura del primo novecento, con gli sperimentalismi linguistici di Pascoli, D'Annunzio e di Ungaretti, si è creata una totale separazione tra le forme espressive popolari e quelle letterarie, rendendo la cultura un sapere aristocratico, arduo ed irraggiungibile per il popolo rozzo ed ignorante. La popolarità del linguaggio di Mussolini consiste, inve­ce, nell'essere facilmente comprensibile da tutte le persone, essen­do privo di riferimenti retorici e letterari, ed avvicinandosi mag­giormente ad un linguaggio quotidiano. La semplicità dei discorsi del duce è dovuta anche all'utilizzo di termini rurali, poiché essi sono ritenuti il simbolo ed i veri depositari dei valori etnici della nuova stirpe fascista.



Il motivo dell'esaltazione del linguaggio rurale è consono all'ideo­logia politica del partito, che intende la città e il mondo borghese, troppo aperto alle innovazioni e alle tendenze culturali del sociali­smo e del marxismo 'il contadino deve rimanere fedele alla terra, deve essere orgoglioso di essere contadino, fiero di lavorare il suo campo, né cercare altrove vita più facile, perché una vita facile non esiste. La vita nella città è più difficile'.'

Proprio per questo motivo, il partito fascista adotta una politica di controllo sul linguaggio ufficiale e insegnato per difendere la lingua italiana da infiltrazioni straniere o dai dialetti regionali che sono considerati, nell'ideologia del partito, come contaminazione. Invece, per Mussolini, il linguaggio adatto per comunicare con le masse è quello dell'oratoria - giornalistica, poiché esso è preciso ed efficace per far presa sul pubblico, per persuaderlo, convincerlo ed incitarlo. Dall'analisi fatta sui discorsi che Mussolini rivolge al pubblico italiano durante le inaugurazioni e gli incontri sociali, emergono degli elementi interessanti. In primo luogo, i discorsi del Duce si basano su schemi e moduli fissi; esaminando il discorso del duce all' inaugurazione di Littoria il 18/12/1932, esso presen­ta il seguente modulo: acclamazione-discorso- pausa -acclamazione- discorso- pausa­acclamazione finale.

Ciò che risalta maggiormente da questo schema è il modo con cui avvengono i brevi ed incalzanti dialoghi tra l'oratore Mussolini e la sua folla. Ed in tale veste, Mussolini ha una capacità straordinaria e acuta nel saper cogliere l'attimo ed il momento in cui coinvolgere il pubblico nel discorso, stimolarlo ed incitarlo a rispondere alle sue domande retoriche. Infatti, quando Mussolini parla nelle piazze affollatissime, la gente prima lo segue attentamente e silenziosa­mente; poi quando il tono del discorso si fa più incalzante e stimo­lante, il popolo, preso dall'emozione e dal coinvolgimento totale, esterna la propria approvazione alle parole del duce con acclama­zione ed ovazioni '() Abbiamo, cioè, vinto la nostra prima batta­glia - applausi - Ma noi siamo fascisti, quindi, più che guardare al passato, siamo sempre tesi verso il futuro - Viva il Duce! '.

La capacità del Duce di attrarre le masse avviene quando tra l'ora­tore ed il pubblico si instaura una circolarità comunicativa; questo rapporto non è, però, finalizzato a far comprendere e approvare la linea politica perseguita dal partito fascista, ma solo per colpire l'immaginario collettivo, a creare quel mito popolare che, nella logi­ca fascista, serve ad attuare la politica del consenso. Infatti, Mussolini ha una concezione particolare della massa, secondo la quale essa non è in grado di governarsi da sola, ma ha bisogno di diventare Popolo, e, perciò, necessita di un'organizzazione gerar­chica e di un capo, che sappia, se è necessario, imporre l'ordine anche con la forza. 'La massa per me non è altro che un gregge di pecore, finchè non è organizzata () nego che essa possa gover­narsi da '. E' questo il pensiero di Mussolini nel quale si afferma l'intenzione di attuare un'opera gigantesca di trasformazione mora­le degli italiani, affinché essi siano un popolo unito, nuovo e saldo, senza contrasti di classe. I discorsi del Duce sono molto importan­ti, non solo perché, sebbene privi di un vero messaggio politico e morale, esercitano una straordinaria attrattiva sulla folla, ma, anche, perché presentano un nuovo lessico, consono di valori fascisti. Infatti, il linguaggio di Mussolini, nella sua semplicità e linearità, presenta molti termini specifici, soprattutto del campo militare; basti pensare alle parole Duce, Milizia, Balilla, Soldato-Contadino, ed alle frasi: 'Oggi è una grande giornata per la rivoluzione delle camicie nere, è una giornata fausta per 1' agro pontino, è una gior­nata gloriosa per la storia della nazione'4 oppure 'Noi oggi, con 1' inaugurazione ufficiale del nuovo comune di Littoria, consideriamo compiuta la prima tappa del nostro cammino. () Finché tutte le battaglie non sono vinte non si può dire che tutta la guerra sia vit­toriosa.` Il linguaggio di Mussolini riesce a colpire l'immaginario popolare, grazie anche all'ambientazione comunicativa. I discorsi del duce, infatti, avvengono sempre nelle piazze, poiché si ha un contatto più vivo ed efficace con le masse e la scenografia è fina­lizzata a centralizzare l'immagine del capo. La scenografia infatti è curatissima: il Duce parla sempre alla folla in alto, da un balcone, tanto da far di se stesso un'immagine religiosa e divina, ed è sem­pre circondato da rappresentanti dell'esercito e dei vari organi dello Stato. Non solo, ma durante i s` suoi interventi sono presenti bat­taglioni di balilla, di avanguardisti, di giovani italiane che fanno da coro ad ogni discorso del duce, lanciando slogans fascisti. Un'immensa folla viene sempre radunata in queste occasioni, e la musica, le bandiere, le sfilate, trascinano in un entusiasmo sponta­neo i presenti alle manifestazioni. Se curata è la scenografia delle piazze, lo è anche la ura stessa del duce ed i gesti con i quali accomna il suo discorso. Infatti il Duce parla sempre alla folla cercando di impersonificare anche fisicamente l'uomo nuovo, che assume sempre una posizione eretta, con il petto in fuori, le gambe divaricate, le mani appoggiate sui fianchi e pronuncia le parole con voce forte e possente, parole che riecheggiano con maggior vigore grazie all'uso degli altoparlanti: tutti atteggiamenti che servono ad esaltare il culto della virilità e dell'esibizionismo atletico. Grande importanza assume; anche, il gesto che Mussolini accom­na alle parole. Infatti, quando il discorso del Duce è lento e pacato, il gesto è statico, teso e solenne, quando invece, il tono del discorso diventa più veloce e violento, con esso il gesto diventa più dinamico e sussultorio. Il gesto, nel campo oratorio, ha un valore fondamentale, poiché riesce a dare una maggiore carica evocativa ed un maggiore potere alla parola quando quest'ultima non ha solo un valore da trasmettere ma anche la funzione di attivare un rap­porto diretto, emozionale quasi, tra le masse e il capo.








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