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Il XIV e il XV secolo e il passaggio all'età moderna

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Il XIV e il XV secolo e il passaggio all'età moderna

Il successo dei particolarismi

Con il trionfo dell'autogoverno delle città, lo sviluppo autonomo di alcune potenti monarchie, l'ampliamento dei commerci a tutto il Mediterraneo, il ridimensionamento del potere universale dell'impero, la penetrazione del cristianesimo e del sistema feudale a est dell'Elba e dei Balcani, durante il XIII secolo l'Europa aveva ormai assunto un altro volto. Pur non avendo perso del tutto il prestigio di grande istituzione universalistica, il Sacro romano impero si era ormai ridotto a esercitare una reale giurisdizione soltanto su una parte dei territori germanici, che d'altronde pullulavano di città libere, le più potenti delle quali crearono la Lega anseatica. Nel resto dell'Europa occidentale si formavano e si scontravano tra di loro, per ragioni territoriali e dinastiche, regni sovrani come quelli di Francia, Inghilterra (che giunsero a definire le rispettive sovranità soltanto dopo la lunga e sanguinosa guerra dei Cent'anni), Portogallo, Castiglia, Aragona, Navarra, Napoli e Sicilia ecc.

La peste nera

L'intensificazione degli scambi con l'Oriente in seguito ai successi veneziani nel trattare con i nuovi padroni del Mediterraneo meridionale, i turchi selgiuchidi succeduti agli arabi, portò, oltre all'arricchimento delle città, anche a contagi epidemici. Nel XIV secolo in tutta l'Europa occidentale infuriò la peste, immortalata da Boccaccio nel Decameron, che sterminò circa un quarto della popolazione del continente. Ma ciò non impedì l'ulteriore sviluppo degli scambi sia commerciali sia culturali.



La cattività avignonese e lo scisma d'Occidente

Il papato, continuamente oggetto delle lotte ingaggiate dai sovrani per ottenerne il controllo, finì per gran parte del XIV secolo sotto l'egemonia dei re di Francia con la cattività avignonese; in seguito, fissata di nuovo la sede a Roma, continuò a essere dilaniato da contese ecclesiologiche che nascondevano in realtà le ambizioni politiche e territoriali di sovrani stranieri e signori italiani. Il grande scisma d'Occidente contrappose, dal 1378 al 1417, a un papa un antipapa, che si scomunicavano l'un l'altro contestandosi la legittimità dell'elezione e godendo dell'appoggio dei potenti a seconda delle convenienze politiche, territoriali e dinastiche, ma anche provocando un grandissimo fermento di idee sulle fonti dell'autorità papale e sulle forme di organizzazione della Chiesa, che in seguito contribuì fortemente, con i residui dei movimenti ereticali e gli apporti dei sistemi filosofici classici, ai fermenti della Riforma protestante. Chiuso lo scisma, il papato si ridusse - sulla base del patrimonio territoriale enormemente ingranditosi nel IX secolo dall'epoca della 'donazione di Sutri' (728) - anch'esso a stato regionale, entro una logica di potere temporale che rischiò di sminuire, fino ad annullarlo, il prestigio della cattedra di Pietro.

Si ampliano i confini dell'Europa

In Italia e in Germania molte città libere si vennero trasformando in signorie, che a partire dal XIV secolo, ampliando i propri domini, si eressero pian piano in stati regionali con titolo feudale accordato perlopiù dall'imperatore, ma talvolta anche dal papa. Anche in Europa orientale, con la penetrazione del cristianesimo - di obbedienza cattolico-romana a nord e greco-ortodosso al sud - sorsero così il regno di Polonia e quello d'Ungheria, il ducato di Pomerania a opera dei Cavalieri teutonici sulle rive del mar Baltico, l'impero bulgaro più a sud. Più a oriente, i variaghi (vedi Normanni) crearono dei principati di osservanza ortodossa da cui sarebbe sorto, come erede di Bisanzio, l'impero russo. Anche nella penisola scandinava i territori da cui erano partiti i conquistatori normanni e variaghi si avviarono a diventare regni stabili sotto re elettivi convertiti al cristianesimo. Nella penisola iberica fece passi decisivi, dopo la battaglia di Las Navas de Tolosa (1212), la lunga Reconquista condotta contro gli emiri-califfi di Cordova dai regni di Portogallo, di Castiglia e d'Aragona, che si sarebbe conclusa nel 1492, lo stesso anno della scoperta dell'America, con la definitiva cacciata degli arabi dal territorio europeo.

Le prime navigazioni atlantiche

Le vicende dei regni iberici assunsero nel XV secolo un notevole rilievo, in quanto la Reconquista e il dominio catalano-aragonese sul Mediterraneo occidentale contribuirono a far sì che anche questa parte dell'Europa venisse investita da nuove ondate di scambi commerciali e culturali. Di queste novità, e delle innovazioni introdotte nell'arte marinara da genovesi e veneziani, si giovò il principe portoghese Enrico il Navigatore, alla metà di quel secolo, per spingere le proprie navi sulle rotte atlantiche lungo le coste dell'Europa e dell'Africa, che non erano mai state percorse da navi cristiane.

L'Italia del Quattrocento

I principali stati regionali italiani fioriti a partire dalla fine del XIV o inizio del XV secolo, continuamente contesi tra dinastie che si appoggiavano a loro volta a grandi sovrani d'oltralpe, furono, secondo la loro definizione feudale vigente alla fine di questo periodo, il Ducato di Savoia, la Repubblica di Genova (dominatrice nel Tirreno e fino al XIV secolo rivale di Venezia per il Mediterraneo orientale), il Marchesato del Monferrato, il Ducato di Milano, la Repubblica di Venezia (dopo la quarta crociata, del 1202, dominatrice, direttamente o indirettamente, di tutto il Mediterraneo orientale e dei traffici con l'Oriente), il Ducato di Ferrara, il Ducato di Urbino, la Repubblica di Lucca, il Ducato di Toscana, lo Stato Pontificio, il Regno di Napoli, il Regno di Sicilia e il Regno di Sardegna.

Il problema della sovranità e la laicizzazione della cultura

In tutti questi organismi statali si sviluppò, con il recupero della cultura giuridica romana, un progressivo abbandono, non privo di conflitti interni, delle strutture feudali a vantaggio di organizzazioni di tipo laico, fondate su milizie mercenarie, burocrazie professionali, codici di leggi scritte, moneta propria. Sull'esempio delle signorie italiane, tutte le corti divennero culla di dibattito intellettuale e di creazione artistica, che, pur nel culto della lingua latina, ricorrevano sempre più spesso ai linguaggi 'volgari' che man mano assumevano dignità di lingue nazionali. Pur senza rinnegare mai il patrimonio cristiano e in taluni casi cercando anzi di dargli nuovo vigore di fronte all'impallidimento del messaggio evangelico nella prassi quotidiana della curia papale e delle gerarchie ecclesiastiche, furono sempre più numerosi i chierici e i laici che si interrogarono sulle fonti dell'autorità e sulle forme migliori di organizzazione della società e dei regni. avano perciò sempre più spesso la tradizione dei secoli precedenti con i modelli proposti dagli scrittori della classicità greca e romana, dei quali si andavano riscoprendo i testi conservati nelle biblioteche monastiche. Fuori dalle istituzioni ecclesiastiche e corporative, che costituivano la sede canonica del dibattito nel Medioevo, ne nacque, con base in Italia, un movimento generale di 'laicizzazione' della cultura e della ricerca che avrebbe preso il nome di Umanesimo.

Lo scisma e il rinnovamento della mentalità

Tra i molti aspetti del rinnovamento umanistico riveste una particolare importanza quello determinato dalla lunga vicenda del grande scisma d'Occidente, che dilaniò l'Europa cattolica tra la fine del XIV e l'inizio del XV secolo, ma che dal punto di vista ecclesiologico e politico ebbe ripercussioni molto più lunghe e profonde. Vari sovrani nazionali, infatti, sull'esempio di quanto aveva fatto Marsilio da Padova alla metà del XIV secolo a favore di Ludovico IV il Bavaro, contestavano l'elezione del pontefice da parte della stessa gerarchia nominata dal suo predecessore, al fine di mettere in causa la legittimità stessa sia della gerarchia cattolica sia dello stesso papa. La discussione portava a richiamare questo o quel passo delle Scritture a fondamento di concezioni diverse. Ciò comportò un più diffuso ricorso alla lettura dell'Antico e del Nuovo Testamento (vedi Bibbia), dapprima nella versione latina canonica, detta Vulgata, di san Gerolamo e quindi addirittura sugli originali aramaico, ebraico e greco. Ciò era condannato dalla Chiesa, che riservava l'interpretazione delle Scritture alla gerarchia, vietando quel che veniva definito il 'libero esame'. Poiché in gioco era la stessa autorità papale sui singoli sovrani, il riformatore John Wycliffe, a sostegno del re d'Inghilterra contro la Chiesa di Roma, giunse a tradurre la Bibbia in inglese, facendola divulgare dai suoi seguaci lollardi: per questo motivo il concilio di Costanza (1414-l418), ponendo fine allo scisma, ordinò di riesumarne il corpo e di metterlo al rogo. Il boemo Jan Hus fu invece messo al rogo da vivo, in quanto autore di opere teologiche contrarie alla Chiesa di Roma, ma soprattutto scritte in lingua ceca. Sia l'uno che l'altro ebbero grande influenza su Martin Lutero, il quale, sotto la protezione del duca di Sassonia, nel secolo seguente produsse, con la traduzione della Bibbia, la prima opera letteraria del tedesco moderno. La diffusione delle traduzioni della Bibbia, assicurata dalla riproducibilità dei testi scritti in libri stampati, in seguito all'invenzione dei caratteri mobili per la stampa da parte di Johann Gutenberg (1456), costituì una formidabile spinta all'affermazione delle lingue nazionali e quindi all'autoidentificazione delle nazioni europee. Inoltre, la pratica del libero esame incoraggiò l'affrancamento della riflessione culturale, non solo dall'autorità ecclesiastica, ma da qualsiasi autorità precostituita, contribuendo a diffondere la cultura tra la borghesia e a scominare i rigidi schemi della scolastica. Questa tendenza filosofica, di cui era stato massimo esponente il domenicano san Tommaso d'Aquino, integrava tra loro due autorità: quella della rivelazione cristiano-giudaica giunta attraverso le Sacre Scritture secondo l'interpretazione ufficiale della Chiesa e quella del sistema logico e metafisico di Aristotele, conosciuto dapprima attraverso le opere dei grandi dotti arabi del XII secolo, come Averroè e Avicenna, e quindi direttamente. La corrente che si era opposta alla scolastica, rappresentata principalmente dal francescano Guglielmo di Occam e combattuta anche con le armi del diritto canonico, intendeva invece sottoporre a vaglio critico ogni verità consegnata dalla tradizione. Su questa base si sviluppò il pensiero dei secoli seguenti.





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