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LA FIGURA DI HITLER

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LA URA DI HITLER

Una volta assunto il potere nel 1933, attuò una politica di riscatto della nazione tedesca in nome dei valori nazionalistici, sfociata nella rimilitarizzazione della Germania e nella revisione degli equilibri europei, processi, questi, che finirono per trascinare l'intera Europa nella seconda guerra mondiale. Dopo aver fatto della xenofobia, dell'antisemitismo e dell'espansionismo del popolo ariano i fondamenti della sua proanda e della sua politica, tentò di imporre un 'ordine nuovo' trasformando il Partito nazista nello strumento per abbattere il regime democratico in Germania e per dare una diffusione mondiale al movimento fascista.


L'ASCESA POLITICA

lio di un modesto funzionario delle dogane austriaco, fu uno studente mediocre e non portò mai a termine le scuole secondarie. Dopo aver tentato invano di essere ammesso all'Accademia di belle arti di Vienna, lavorò in questa città come decoratore e pittore, leggendo con voracità opere destinate ad alimentare le sue convinzioni antisemite e antidemocratiche, così come la sua ammirazione per l'individualismo e il disprezzo per le masse. Trasferitosi a Monaco, fu qui sorpreso dallo scoppio della prima guerra mondiale (1914) e si arruolò come volontario nell'esercito bavarese.




LA FORMAZIONE DEL PARTITO NAZISTA

Dopo la guerra tornò a Monaco e rimase nell'esercito fino al 1920; iscrittosi al Deutsche Arbeiterpartei (Partito tedesco dei lavoratori), di impronta nazionalista, ne divenne in breve il capo e, associandovi altri gruppi nazionalisti, lo rifondò con la denominazione di Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei (Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori, abbreviato in Partito nazista), del quale fu eletto presidente con poteri dittatoriali; mentre diffondeva la sua ideologia incentrata sull'odio di razza e sul disprezzo per la democrazia, si legò ai gruppi squadristi paramilitari fondati dal maggiore Röhm, le SA (Sturmabteilungen, squadre d'assalto), avallandone le azioni di violenza contro uomini e sedi della sinistra socialdemocratica e comunista.


IL PUTSCH DI MONACO E IL MEIN KAMPF

Hitler incentrò la sua azione politica nell'attacco alla Repubblica di Weimar, accusata di tradimento e di cedimento agli stranieri, raccogliendo l'adesione di personaggi quali Rudolf Hess, Hermann Göring e Alfred Rosenberg. Nel novembre del 1923, in un momento di confusione e debolezza del governo del paese, fece la sua prima apparizione sulla scena politica tedesca guidando un tentativo di colpo di stato in Baviera, il Putsch di Monaco. L'esercito però non fu compatto nel sostenere l'operazione e il putsch fallì. Riconosciuto responsabile del complotto, Hitler venne condannato a cinque anni di reclusione, ridotti a otto mesi per un'amnistia generale. Durante la detenzione, dettò la sua autobiografia, Mein Kampf (La mia battaglia), nella quale espose i principi dell'ideologia nazista e della superiorità della razza ariana. Tornato in libertà (1924), ricostruì nel 1925 il partito senza che il governo, che pure aveva cercato di rovesciare, facesse nulla per impedirlo.


LA CONQUISTA DEL POTERE

Scoppiata nel 1929 la Grande Depressione, che portò al tracollo del marco e alla crescita della disoccupazione, Hitler seppe sfruttare il malcontento popolare guadagnando consensi al Partito nazista e assicurandosi l'appoggio dei settori di destra dell'alta finanza, della grande industria e dell'esercito; con la promessa di creare una Germania forte, ricca e potente attirò milioni di elettori. La sua capacità oratoria infiammava le masse: nelle elezioni del 1930 i seggi dei nazisti al Reichstag passarono dai dodici del 1928 a centosette; contemporaneamente rafforzò le strutture paramilitari del partito utilizzando le SA di Röhm e le SS, create da Himmler.

Durante i due anni seguenti il partito continuò a crescere, traendo vantaggio dalla forte disoccupazione, dalla paura del comunismo, dalla risolutezza di Hitler e dalla debolezza dei suoi rivali politici. Hitler riuscì ad accreditarsi come l'uomo forte, capace di far uscire il governo dall'immobilismo e dalle secche dei contrasti tra Parlamento e presidenza della Repubblica. Con il sostegno dei vertici militari ottenne dal presidente Paul von Hindenburg l'incarico di cancelliere (30 gennaio 1933). L'incendio del Reichstag nel mese seguente diede a Hitler il pretesto per mettere fuorilegge i comunisti. In marzo, un Reichstag rieletto dopo una camna elettorale terroristica, diede pieni poteri a Hitler, che istituì, di fatto, un regime totalitario. Alla morte di Hindenburg (1934) riunì nella sua persona anche la carica di presidente, facendo ratificare questo atto con un plebiscito che gli attribuì il 90% dei consensi. A quel punto il suo progetto totalitario poté dispiegarsi senza ostacoli.



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