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LA GUERRIGLIA E' LA FORMA DI ORGANIZZAZIONE DELL'INTERNAZIONALISMO PROLETARIO NELLE METROPOLI



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LA GUERRIGLIA E' LA FORMA DI ORGANIZZAZIONE DELL'INTERNAZIONALISMO PROLETARIO NELLE METROPOLI


Sviluppando il suo attacco contro lo SIM la guerriglia si definisce necessariamente anche come fronte metropolitano della guerra di liberazione mondiale contro l'imperialismo.
La guerriglia è la forma di organizzazione dell'internazionalismo proletario nelle metropoli. E' il soggetto della ricostruzione della politica proletaria a livello internazionale.
Internazionalismo proletario vuol dire per noi in primo luogo approfondire lo scontro con la borghesia imperialista della nostra area. Si incaricherà la stessa struttura di dominio, rigidamente centralizzata e integrata, a trasmettere e ad ampliare gli effetti dei nostri attacchi lungo tutta la catena. Ma se ciò è pacifico, è necessario tuttavia chiarire che ciò va inteso nel senso preciso che abbiamo dato alla parola d'ordine: disarticolare il processo di controrivoluzione imperialista portando l'attacco ai centri vitali dello Stato perché, ovviamente qualsiasi attacco di qualsivoglia intensità su contraddizioni secondarie non otterrà alcun effetto in questa direzione.
L'internazionalismo proletario, in secondo luogo, vuol dire prendere atto del processo di generalizzazione della guerriglia sul continente Europa.
La RAF (Frazione Armata Rossa) nella Germania occidentale, i NAPAP (Nuclei Armati per l'Autonomia Popolare) in Francia, e i movimenti autonomisti a carattere socialista, proprio perché si situano sullo stesso fronte e attaccano le rispettive sezioni nazionali dello stesso nemico, - la borghesia imperialista, - costituiscono per la nostra lotta punti di riferimento irrinunciabili rispetto ai quali è necessario sviluppare un massimo storicamente possibile di 'collaborazione operativa', sostegno reciproco, solidarietà.
Per troppo tempo si è sottovalutato questo problema, per troppo tempo si è scambiata la necessaria scelta del punto di partenza 'nazionale' dell'iniziativa e dell'organizzazione guerrigliera per una scelta limitativa, questo limite oggi è diventato insopportabile. La crescita e la forza della nostra organizzazione (che va valutata con molto realismo e la dovuta modestia), lo sviluppo poderoso della guerra di classe su tutto il continente europeo, l'indicazione che ci viene dalla parte più avanzata del proletariato internazionale ci impone un nuovo compito: procedere, con ogni iniziativa possibile, all'integrazione politica delle forze e delle Organizzazioni Comuniste che combattono in Europa in una strategia antimperialista.
Va inteso che 'integrazione politica' non è 'l'internazionale del terrorismo' come vanno strillando gli sfiatati tromboni della guerra psicologica, perché quella c'è già: è la mostruosa macchina sanguinaria dell'imperialismo.
Integrazione politica per noi significa confronto costruttivo, ricerca costante nei programmi tattici e strategici di tutti quei terreni di lotta che saldino nei fatti l'iniziativa rivoluzionaria delle Organizzazioni Comuniste Combattenti Europee, che siano punto di riferimento per tutto il proletariato del nostro continente. Siamo convinti che 'rompere l'isolamento', creare le condizioni per la più vasta azione comune delle Organizzazioni Comuniste Combattenti Europee sarà, per il prossimo periodo, un banco di prova su cui misurare la maturità da esse raggiunta e costituisce la possibilità per un formidabile avanzamento della guerra di classe in Europa.
Del resto, dopo il duplice massacro di Stammheim e Mogadiscio, la dimensione continentale sulla quale calibrare la strategia della guerra di classe rivoluzionaria per il comunismo è apparsa in tutta la sua evidenza a tutte le avanguardie combattenti che sono scese in lotta (in ogni paese d'Europa). Non si è trattato di un moto di semplice solidarietà e neppure di manifestazioni di 'orrore e sdegno democratico' nei confronti della 'soluzione finale' varata dal governo tedesco. Invece, il carattere essenziale della risposta offensiva si è dato nella individuazione comune a tutte le forze di classe che si sono attivate nei vari paesi, della borghesia imperialista e della sua sezione tedesca come nemico principale dell'intero proletariato metropolitano e delle sue lotte di liberazione per una società comunista. Ovunque e a tutti è apparso immediatamente chiaro il carattere antimperialista e unitario della guerra di classe che pur si svolge in forme specifiche e con tempi propri in ciascun paese. Forme e tempi definiti dallo sviluppo economico e politico ineguale che resta una legge assoluta del capitalismo - come ha dimostrato Lenin - e dalla quale discende la possibilità stessa del trionfo del socialismo, all'inizio in alcuni paesi o anche in un solo paese separatamente.
Si è svelato finalmente, il 18 ottobre che un nuovo internazionalismo proletario offensivo era maturato nella coscienza delle avanguardie combattenti, fuori e contro la retorica asfissiante e truffaldina della sinistra riformista e revisionista.
Alcuni hanno obiettato che questa risposta offensiva non deve essere sopravvalutata perché essa resta pur sempre fondamentalmente 'spontanea'. Se le cose stanno così non resta alle Organizzazioni di guerriglia che raccogliere questo impulso, questa indicazione, questo vasto e profondo bisogno e renderlo più maturo, più forte, organizzato.
Internazionalismo proletario, infine, e non come pura e semplice dichiarazione di principio, vuol dire per noi metterci al fianco di tutti coloro che lottano in qualsiasi parte del mondo contro l'imperialismo e in particolare nell'area medio-orientale, a fianco dell'eroico popolo palestinese, coscienti come siamo che fino a quando questo orribile mostro non sarà definitivamente annichilito la lotta di liberazione per il comunismo non sarà terminata!









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