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La rivoluzione francese

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La rivoluzione francese

1. La Francia alla vigilia della rivoluzione: ricchezza..

A metà del XVIII secolo, pochi decenni prima che scoppiasse la rivoluzione, la Francia, con i suoi 25 milioni di abitanti, era il più popoloso stato d'Europa, segno evidente di un progressivo miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e di uno sviluppo delle attività economiche. Certo la Francia, soprattutto dopo la perdita dei territori nordamericani, non aveva un impero commerciale come quello inglese e non era, come l'Inghilterra, alle soglie della rivoluzione industriale; tuttavia con le sue colonie delle Antille controllava più della metà dello zucchero consumato nel mondo intero, mentre il paese esportava sete, stoffe, arazzi, mobili, prodotti dalle sue rinomate manifatture, nonché i vini delle sue camne.


2. e arretratezza

Di fronte a questi progressi evidenziati dallo svilup-po dei commerci e dalla crescita della borghesia ur-bana, permanevano in Francia aspetti di arretra-tezza ancora tipici della società feudale. Più dell'80% della popolazione francese viveva nelle camne dove dominavano tecniche agricole arre-trate. 'I contadini lasciavano gran parte della terra incolta e la comunità mandava il suo sparuto gregge a pascolare sul maggese dell'anno. Si mieteva col falcetto, si batteva il grano sotto gli zoccoli del bestia-me; assai più spesso dell'aratro a versoio era l'antico aratro di legno tirato da un bue che scalfiva quella terra così poco redditizia' (Furet-Richet). A frenare lo sviluppo delle attività agricole e commerciali contribuiva anche la caotica suddivisione amministrativa del regno con le molteplici circoscrizioni giudiziarie, militari, finanziarie, ecclesiasti-che, spesso non coincidenti tra loro. Le imposte variavano da regione a regione (se non da città a città); per non parlare della miriade di pe-daggi locali e della disparità delle unità di peso e mi-sura.



3. L'ancien regime.

La società e le istituzioni della Francia prima della rivoluzione vengono indicati con l'espressione di an-cien regime. La prima caratteristica dell'ancien regime francese era la persistenza nelle camne di rapporti di tipo feudale. Nel Settecento, circa il 40% delle terre era ancora proprietà dell'aristocrazia e del clero, che imponevano ai contadini tutta una serie di corvées e tributi in natura o in denaro. Anche le attività artigianali e manifatturiere erano controllate da molteplici corporazioni di origine medioevale che frenavano la mobilità della manodopera e le innovazioni tecniche.

La seconda caratteristica dell'ancien regime era costituita dagli squilibri fra i tre ordini sociali: nobiltà, clero e 'terzo stato'; quest'ultimo comprendeva tutti coloro che non erano né nobili né ecclesiastici (artigiani, mercanti, professionisti, contadini). Nobiltà e clero godevano di numerosi privilegi: erano esentati dal amento di molte imposte statali e potevano accedere a tutte le cariche pubbliche di maggior prestigio.

Forti differenze erano presenti anche all'interno dei tre ordini. All'interno della nobiltà esistevano differenze tra la ricchissima aristocrazia di corte, la potente aristocrazia 'di toga', cioè i funzionari della burocrazia statale, e la piccola nobiltà di camna, a volte al limite della povertà. Anche all'interno del clero erano nette le differenze tra i prelati maggiori e i parroci di camna che vivevano stentatamente come i poveri. Il terzo stato, poi, comprendeva sì i contadini e braccianti che conducevano una dura vita di sacrifici, ma anche gli artigiani e i bottegai, i professionisti e i ricchi commercianti e industriali delle città. Il terzo aspetto dell'ancien regime era l'assoluti-smo. La Francia, anche dopo la morte di Luigi XIV, era rimasta il più perfetto esempio di monarchia assoluta. Tuttavia nel corso del Settecento, durante i regni di Luigi XV e di Luigi XVI, il potere assolutistico si era indebolito e i parlamenti provinciali, controllati dall'aristocrazia di toga, avevano ripreso a rivendicare il loro diritto di controllo sulle decisioni e sulle leggi approvate dal sovrano.

4. Le cause della rivoluzione: il malcontento della borghesia.La rivoluzione che scoppiò in Francia nel 1789 fu in gran parte la conseguenza di tensioni che si erano accumulate nella società dell'ancien regime, e che agitavano soprattutto il terzo stato. Forte era, in particolare, il malcontento della borghesia, la quale, nonostante il suo crescente peso economico, continuava a essere esclusa dalle cariche pubbliche (amministrazione, esercito, giustizia) riservate solo all'aristocrazia. I borghesi non accettavano che la carriera di un individuo dipendesse più dalla sua nascita, dal suo 'sangue', che dalla ricchezza e dal talento. Questa situazione risultava tanto più ingiusta se si pensa che il peso delle finanze statali gravava quasi totalmente sulle spalle del terzo stato, perché nobiltà e clero erano esentati dal amento di numerose tasse. Inoltre la notevole frammentazione giuridica e amministrativa del regno, la presenza di molteplici barriere doganali, la disparità del prelievo fiscale nelle diverse regioni ostacolavano quei commerci e quelle attività industriali che costituivano la principale fonte di ricchezza della borghesia. Pochi mesi prima dello scoppio della rivoluzione l'abate Sieyès pubblicò un opuscolo che così sintetizzava il malcontento del terzo stato: 'Che cos'è il terzo stato? Tutto. Che cosa ha rappresentato finora nell'ordinamento politico? Nulla. Che cosa chiede? Di diventare qualcosa'. In questa situazione la borghesia era sempre più influenzata dalle idee politiche degli illuministi, che criticavano le ingiustizie dell'ancien regime edell'assolutismo e proponevano una società basata sull'uguaglianza di tutti i cittadini e sulle libertà politiche ed economiche.

5. La crisi sociale nelle camne e nelle città.La crisi della Francia era resa più acuta dalle difficili condizioni di vita dei contadini, gravati da una serie di obblighi e tasse di natura ancora feudale. Oltre alla decima per il clero, vi erano i diritti che il contadino ava al signore in natura o in denaro e in certi casi anche l'obbligo di svolgere lavori gratuiti per i nobili. Su queste tensioni sociali si innescò una grave crisi economica che colpì la Francia negli anni immediatamente precedenti la rivoluzione. Nel 1788 c'era stato uno dei peggiori raccolti di grano degli ultimi cin-quant'anni cui seguì una grave carestia, provocando un notevole aumento del prezzo del pane. Con la crisi agricola si verificò anche una drastica riduzione delle vendite di manufatti artigianali e quindi una forte disoccupazione di artigiani e operai.

6. Lo stato verso la bancarotta.A questa crisi economica si sommava la crisi finanziaria che aveva colpito la Francia dopo la guerra dei Sette anni (vedi . 161). Infatti il paese, uscito sconfitto, aveva dovuto are un altissimo costo finanziario; la conseguenza era stata una crescita vertiginosa del debito pubblico. Per risolvere questa situazione, Luigi XVI aveva affidato il ministero delle finanze a un banchiere, Ja-ques Necker, il quale aveva proposto di far are le tasse anche alla nobiltà e al clero e nello stesso tempo di alleggerire il peso fiscale che gravava sui contadini, in modo da favorire l'afflusso dei loro risparmi per rimodernare l'agricoltura e acquistare manufatti. Ben presto Necker fu licenziato per l'opposizione di diversi Parlamenti provinciali controllati dalla nobiltà e dal clero, che non accettavano le nuove leggi fiscali.

7. 1789: si convocano gli stati generali.Per imporre al sovrano il mantenimento dei loro privilegi la nobiltà e il clero francesi chiesero la convocazione degli Stati generali, cioè l'assemblea dei rappresentanti dei tre ordini sociali (nobiltà, clero e terzo stato) che non era stata più convocata dal 1614. Alla loro apertura, avvenuta il 5 maggio 1789, gli Stati generali furono caratterizzati dallo scontro dei deputati dei tre ordini riguardo a un problema carico di valore politico: la nobiltà e il clero chiedevano che si votasse per ordine, perché così avrebbero avuto due voti contro uno del terzo stato; invece i rappresentanti di quest'ultimo chiedevano che si votasse per testa, perché erano in numero superiore ai delegati degli altri due ordini, in quanto rappresentanti della maggioranza del popolo francese.

8. Dalla rivoluzione parlamentareDi fronte al rifiuto degli altri due ordini, i delegati del terzo stato compirono il primo atto rivoluzionario: si proclamarono Assemblea nazionale rappresentante del popolo, e dichiararono che qualsiasi imposta non autorizzata dall'Assemblea doveva considerarsi nulla. Poiché Luigi XVI fece chiudere dalle guardie la sala dove si riuniva l'Assemblea, i rappresentanti del terzo stato si trasferirono in una sala adibita al gioco della pallacorda e il 20 giugno giurarono di non separarsi fino a quando non avessero formulato una Costituzione (fu il cosiddetto 'giuramento della pallacorda'). Poiché numerosi esponenti del clero e della nobiltà si erano uniti al terzo stato, il re alla fine fu costretto a ordinare a tutti i deputati di trasferirsi nella nuova Assemblea nazionale.

9.  alla rivoluzione popolare e contadina.Ma la disponibilità del re era solo apparente e il sovrano si preparava a sciogliere l'Assemblea con la forza. La rivoluzione parlamentare era sul punto di essere soffocata dalle truppe, quando entrò in scena il popolo parigino.

Da mesi esasperata per l'aumento della disoccupazione e il rincaro crescente del pane, il 13 luglio la folla di Parigi insorse, prese le armi e innalzò barricate nelle strade della città. Intanto l'Assemblea nazionale costituì una Guardia nazionale, un corpo di volontari armati che aveva il compito di difendere l'Assemblea, ma anche di controllare le sommosse popolari. Il giorno seguente, il 14 luglio, la popolazione parigina diede l'assalto e prese la Bastiglia, la fortezza che serviva da carcere per i prigionieri politici e che agli occhi del popolo era il simbolo dell'odiato assolutismo regio. Il re fu costretto a riconoscere una nuova amministrazione per il comune di Parigi e la Guardia nazionale.

Pochi giorni dopo la presa della Bastiglia, nelle camne francesi scoppiarono rivolte di contadini che assalirono castelli, bruciarono gli odiati documenti feudali e in alcuni casi uccisero i signori. Il diffondersi della ribellione contadina spinse i delegati dell'Assemblea nazionale a dichiarare decaduti tutti i privilegi, a proclamare l'uguaglianza fiscale di tutti i cittadini e ad abolire i diritti feudali.

10. La Dichiarazione dei diritti.Il colpo definitivo all'ancien regime fu dato il 26 agosto 1789, quando l'Assemblea nazionale approvò la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, nella quale vennero proclamati princìpi che saranno di li a poco alla base della Costituzione francese: l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, le libertà fondamentali quali quelle di parola e di stampa, il riconoscimento della sicurezza della persona e della proprietà privata, la legittima resistenza all'oppressione e la sovranità popolare. Secondo questo principio è il popolo sovrano a decidere chi deve dirigere la vita politica, eleggendo propri rappresentanti.

La Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino.Elaborata dall'Assemblea nazionale, sotto l'influenza della tradizione illuminista, la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino diventerà un punto di riferimento per le società democratiche contemporanee.

'Art. 1. Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali possono essere fondate solo sull'utilità comune.

Art. 2. // fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell'uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all'oppressione.

Art. 3. // principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun corpo o individuo può esercitare un'autorità che non sia da essa espressamente emanata.

Art. 9. Poiché si presume che ogni uomo sia innocente sino a quando non sia stato dichiarato colpevole, se si ritiene indispensabile arrestarlo, ogni rigore non necessario per assicurarsi della sua persona deve essere severamente represso dalla Legge.

Art. 11. La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell'uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell'abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge.

Art. 17. Poiché la proprietà è un diritto inviolabile e sacro, nessuno può esserne privato, salvo quando la necessità pubblica, legalmente constatata, lo esiga in maniera evidente, e previa una giusta e preliminare indennità.'

11. 1791: la Francia diventa una monarchia costituzionale.Dopo aver proclamato i diritti dell'uomo e del cittadino, l'Assemblea nazionale preparò una nuova Costituzione; approvata il 3 settembre 1791, essa era l'espressione della borghesia moderata, che fino ad allora aveva diretto la rivoluzione, servendosi anche dell'appoggio del popolo.

La nuova legge costituzionale riservava il diritto di voto ai soli cittadini 'attivi', cioè a coloro che avano le imposte; si trattava comunque della larga maggioranza della popolazione francese. Il potere di approvare le leggi era affidato a un'Assemblea legislativa, formata da deputati eletti tra un numero ristretto di cittadini con un reddito abbastanza elevato. Il potere esecutivo spettava al re, che poteva porre un veto 'sospensivo' sulle leggi approvate dall'Assemblea.

13. I problemi del nuovo stato rivoluzionario.La Francia, con la proclamazione dei Diritti dell'uomo e del cittadino e con l'approvazione della Costituzione, sembrava aver trovato un assetto politico stabile. Ma ben presto la situazione tornò a diventare difficile a causa di tre problemi fondamentali. Innanzitutto c'era l'irrisolto problema finanziario, cioè la crescita continua del debito pubblico. In secondo luogo c'era l'opposizione della Chiesa alla rivoluzione. Infatti, l'Assemblea nazionale, anche per procurare allo stato le risorse per sanare il debito pubblico, aveva deciso di confiscare e vendere i beni della Chiesa; inoltre aveva imposto al clero di giurare fedeltà alla Costituzione. In seguito a questa decisione si verificò una frattura tra i vescovi e parroci 'costituzionalisti', che giurarono fedeltà alla Costituzione, e i 'refrattari', che rifiutarono di giurare e che per questo furono allontanati dai loro incarichi. Ma il problema principale per il nuovo stato costituzionale era rappresentato dall'ostilità degli aristocratici. Già durante i primi mesi rivoluzionari del 1789 alcune potenti famiglie aristocratiche erano emigrate nei regni confinanti con la Francia; negli anni successivi questa emigrazione era cresciuta e i nobili emigrati avevano iniziato a tessere complotti controrivoluzionari.

12. Nuovi movimenti politici.Sin dal 1789, soprattutto a Parigi, si ebbe una fioritura di giornali, club e circoli frequentati da intellettuali, borghesi e aristocratici, che partecipavano alle vicende della rivoluzione e animavano il dibattito politico. Uno dei giornali più diffusi era L'Ami du peuple di J. Paul Marat, uomo politico e scrittore illuminista. Tra i vari club, il principale era quello dei giacobini, che divenne poi un vero e proprio movimento politico e svolse un ruolo di guida nelle vicende rivoluzionarie. Inizialmente i giacobini avevano come obiettivo quello di 'illuminare' il popolo e di guidarlo verso una rivoluzione che trasformasse la Francia in una monarchia costituzionale. Ma con l'acutizzarsi dei contrasti politici e sociali, il movimento si frantumò dando vita ad altri raggruppamenti politici. Così nel 1791 gli esponenti più moderati, più legati alla monarchia e contrari alla partecipazione popolare, diedero vita al club dei foglianti, con a capo i due aristocratici La Fayette e Mirabeau. La minoranza, guidata da uomini come G.J. Danton, M. Robespierre e L. Saint-Just, assunse una posizione democratica e repubblicana, più vicina alle rivendicazioni popolari. Un altro importante movimento politico fu quello dei girondini, che esprimevano gli interessi della borghesia mercantile e furono i maggiori sostenitori della repubblica e della 'guerra rivoluzionaria' contro le potenze assolutistiche dell'Europa.

14. La fuga del re.Sempre più preoccupato per la propria sicurezza, nel giugno del 1791 il re decise di fuggire con la sua famiglia, ma venne fermato presso il confine settentrionale della Francia. Ricondotto a Parigi, Luigi XVI fu sospeso dalle sue funzioni dall'Assemblea legislativa e divenne praticamente prigioniero della rivoluzione nel suo palazzo parigino delle Tuileries.

L'atteggiamento ambiguo di Luigi XVI

Del re Luigi XVI gli storici hanno messo in luce soprattutto il suo carattere bonario e debole, la sua incertezza non adatta ad affrontare una situazione così complessa come quella della rivoluzione. Luigi XVI ascoltava i consigli dei rivoluzionari più moderati come La Fayette, che lo incitavano a imboccare con decisione la strada di una monarchia costituzionale di tipo inglese, però manteneva stretti rapporti con gli aristocratici emigrati con i quali tesseva trattative segrete e organizzava un intervento militare delle potenze assolutistiche in Francia. Più decisa nella sua opposizione alla rivoluzione, e per questo più impopolare, era la regina Maria Anto-nietta, lia dell'imperatrice d'Austria Maria Teresa d'Asburgo.

15. La guerra contro Austria e Prussia .Già nel 1791 i sovrani d'Austria e di Prussia, temendo la diffusione in Europa del 'contagio' rivoluzionario, avevano minacciato di intervenire militarmente contro la Francia.

Anche all'interno della Francia erano sempre più numerosi coloro che erano favorevoli a un intervento militare. Nell'Assemblea legislativa la guerra rivoluzionaria era sostenuta con forza dai girondini, i quali pensavano che essa sarebbe servita a scaricare fuori del paese le tensioni sociali. I girondini erano convinti che la guerra rivoluzionaria sarebbe risultata vincitrice, perché i popoli stranieri avrebbero accolto come liberatori i soldati francesi. Anche Luigi XVI era sempre più favorevole alla guerra, perché pensava che solo una probabile sconfitta dell'esercito rivoluzionario gli avrebbe permesso di restaurare la monarchia assoluta. Solo i giacobini guidati da Robespierre temevano che la guerra avrebbe indebolito la rivoluzione. Nell'aprile del 1792 Luigi XVI, con l'approvazione dell'Assemblea legislativa, decise la dichiarazione di guerra all'Austria a fianco della quale si schierò la Prussia.

16. 1792: riprende la rivoluzione e nasce la repubblica.Ben presto l'esercito francese si rivelò impreparato e subì alcune sconfitte che si ritorsero contro coloro che avevano voluto la guerra. Prima il re destituì i ministri girondini; poi la popolazione parigina insorse contro Luigi XVI accusato di tramare con il nemico: il 10 agosto 1792 una folla tumultuante invase il palazzo reale delle Tuileries e fece prigioniero il re. La mobilitazione popolare si concluse tragicamente, con l'uccisione da parte del popolo di centinaia di prigionieri, soprattutto nobili e preti refrattari. Nel settembre del 1792 l'Assemblea legislativa, sotto la pressione popolare, decise l'elezione a suffragio universale (cioè elezioni in cui votavano tutti i cittadini) di una nuova assemblea che fissasse una nuova Costituzione; venne così eletta la Convenzione nazionale che il 21 settembre abolì la monarchia e proclamò la repubblica.

All'interno della nuova assemblea si formarono tre schieramenti politici: i girondini, che volevano frenare le rivendicazioni più radicali del popolo parigino; i montagnardi (cui appartenevano anche uomini che avevano fatto parte del movimento giacobino), guidati da Robespierre e Saint-Just, che puntavano a un'alleanza con il popolo parigino; infine, la cosiddetta Pianura (o più sprezzantemente Palude) composta da una maggioranza di incerti ed esitanti. Il primo scontro tra girondini e montagnardi si ebbe a proposito della sorte da destinare al re, dato che la convenzione aveva assunto anche le funzioni di tribunale supremo. I girondini tentarono di salvare il re, proponendo una sua condanna all'esilio; ma alla fine prevalse la proposta di condanna a morte di Luigi XVI avanzata dai montagnardi ed eseguita con la ghigliottina il 21 gennaio 1793.

17. Lo stato rivoluzionario di fronte a nuove minacce.Intanto la guerra era proseguita con alcune vittorie francesi, riportate alla fine del 1792 a Valmy e Jemappes, che avevano permesso alle armate rivoluzionarie di giungere all'occupazione della Savoia e del Belgio. Ma nei primi mesi del 1793 la situazione divenne critica: numerosi altri stati europei, come l'Inghilterra, la Sna, il regno di Piemonte, costituirono una coalizione antifrancese, e le armate rivoluzionarie subirono alcune sconfitte. Per far fronte al pericolo, la Convenzione decretò la leva di 300.000 uomini, ma questa decisione provocò lo scoppio di una grave rivolta controrivoluzionaria nella Vandea, una delle regioni più povere della Francia; qui infatti i contadini, guidati dai nobili e dal clero, scatenarono una dura guerriglia che creò serie difficoltà al governo rivoluzionario.


L'insurrezione della Vandea. prese il nome da una delle regioni occidentali dove scoppiò la rivolta nella primavera del 1793. Questa rivolta, che ben presto si trasformò in una sanguinosa guerra civile, spezzò quella alleanza tra la borghesia cittadina e le masse contadine che aveva dato origine alla rivoluzione del 1789. La causa contingente di questa rivolta fu il decreto del marzo 1793 che impose la leva di 300.000 uomini; tuttavia esistevano altri motivi di malcontento che favorirono l'esplosione della rivolta.

Innanzitutto tra la popolazione rurale dell'Ovest francese era molto radicato l'attaccamento alla religione tradi-zionale e alla monarchia; pertanto i prowedimenti presi nei confronti del clero (confisca delle proprietà e obbligo di giurare fedeltà al nuovo stato) e l'esecuzione di Luigi XVI avevano suscitato un sentimento controrivoluzionario, poi alimentato dalla proanda degli aristo-cratici e dei preti refrattari della zona. Nei primi anni della rivoluzione il malcontento era stato alimentato anche dal peggioramento delle condizioni di vita della popolazione, provocato dall'inflazione crescente, dalla crisi dell'artigianato locale, dal fatto che le terre della Chiesa e dei nobili erano state vendute quasi esclusivamente ai borghesi che avevano occupato anche le terre comuni dei villaggi.

Dopo le prime violente rivolte e i massacri di giacobini e preti costituzionalisti, i vandeani formarono una 'armata reale e cattolica' guidata da generali aristocratici, che nel giro di alcuni mesi sconfisse i soldati inviati da Parigi. Ma nell'autunno l'armata controrivoluzionaria subì i pri-mi rovesci, fino alla completa disfatta e al massacro de-gli insorti da parte dell'esercito rivoluzionario. La Vandea continuerà a essere una regione di rivolte e insurrezioni fino all'opera di pacificazione di Napoleone Buonaparte.

18. 1793-94: il Comitato di salute pubblica.Nella primavera del 1793 la crisi provocata dalla rivolta vandeana e dalle sconfitte militari infiammò la lotta politica all'interno della Convenzione e diede una nuova spinta al processo rivoluzionario. I pericoli esterni e interni che minacciavano la repubblica convinsero i deputati della Convenzione a formare due nuove istituzioni d'emergenza, come chiedevano i montagnardi: il Tribunale rivoluzionario, che aveva il compito di arrestare e condannare tutti gli individui sospettati di tramare contro la repubblica; il Comitato di salute pubblica, che tolse il potere alla Convenzione e divenne il nuovo organo di governo. Esso aveva l'appoggio del movimento popolare dei sanculotti, operai e artigiani parigini guidati dai gruppi rivoluzionari più radicali e violenti.

La prima importante decisione del governo rivoluzionario fu la proclamazione della leva di massa, cioè l'estensione del servizio militare a tutti gli uomini in grado di svolgerlo; si formò così un esercito di più di 1 milione di uomini che ottenne nuove vittorie contro gli stranieri e debellò definitivamente la Vandea, grazie all'entusiasmo rivoluzionario dei soldati.

19. e il Terrore.Per ottenere l'appoggio delle masse popolari il Comitato di salute pubblica impose provvedimenti per stabilizzare i prezzi e i salari e l'approvazione di una nuova Costituzione democratica, che prevedeva l'approvazione popolare di ogni legge mediante plebisciti e riconosceva il diritto al lavoro e all'istruzione. Questa Costituzione non entrò mai in vigore, mentre ebbe inizio il cosiddetto periodo del Terrore, ossia il periodo più violento e drammatico della rivoluzione, durante il quale ebbe un ruolo di primo piano Robespierre.

Dal settembre del 1793 al luglio del 1794 i Tribunali rivoluzionari agirono in modo spietato contro tutti coloro che erano sospettati di essere contrari alla rivoluzione: solo durante l'inverno del 1793-l794 furono giustiziati circa 35 mila Francesi, dopo processi sommari nei quali per gli accusati non erano previste garanzie giuridiche.

Anche la regina Maria Antonietta fu condannata alla ghigliottina. A cadere sotto i colpi della ghigliottina non furono soltanto rivoltosi controrivoluzionari, aristocratici e membri del clero, ma anche appartenenti a quelle classi sociali e a quei gruppi politici che avevano partecipato alla rivoluzione

20. Il governo dei montagnardi viene abbattuto.Il terrore indiscriminato, le continue requisizioni imposte ai contadini per il sostentamento dell'esercito, il blocco dei salari avevano aumentato il malcontento tra i deputati della Convenzione e tra la popolazione. Si formò così un'alleanza tra i moderati della Pianura, i giacobini stanchi delle continue esecuzioni capitali e alcuni deputati corrotti, i quali organizzarono assieme un colpo di stato, il 27 luglio del 1794 (9 termidoro per il calendario rivoluzionario): Robespierre fu arrestato assieme agli altri capi montagnardi e il giorno dopo furono tutti ghigliottinati senza processo. I termidoriani che avevano posto fine al Terrore volevano ripristinare una repubblica moderata, cancellando le trasformazioni più democratiche dei giacobini, senza rinnegare però le conquiste fondamentali della rivoluzione borghese.

Perciò nell'agosto del 1795 fu approvata una nuova Costituzione che affidava il potere legislativo a due Camere (il Consiglio degli anziani e il Consiglio dei cinquecento) elette da un numero ristretto di cittadini (il suffragio universale infatti era stato abolito); il governo venne affidato a un organo chiamato Direttorio, composto da cinque membri.

La rivoluzione modifica le tradizioni

Nell'ultima violenta fase della rivoluzione i capi giacobini, influenzati dalle idee illuministiche, cercarono di costruire nuovi ideali, nuovi valori religiosi e morali, che sostituissero quelli del passato. Così nell'ottobre del 1793 fu approvato un nuovo calendario che doveva sostituire l'era cristiana con l'era rivoluzionaria.

Il nuovo calendario era formato da dodici mesi indicati con nomi poetici e fantasiosi, tratti dai lavori agricoli e dalla natura (vendemmiaio, nevoso, floreale ecc..), ognuno formato da trenta giorni e diviso in tre decadi; le domeniche erano sostituite da alcune feste rivoluzionarie spesso collegate alle antiche tradizioni popolari, come le feste di maggio nelle quali si piantavano gli alberi della libertà. Il nuovo calendario dette il via a un processo di 'scristianizzazione' della società francese, che in alcune zone divenne radicale e violento. Il culto dei santi e della Madonna fu sostituito con il culto dei martiri della rivoluzione o dall'adorazione di alcune donne personificanti la Libertà e portate in corteo nelle chiese, trasformate in templi della ragione. 'Mentre gli oratori tuonano contro il 'fanatismo' e la 'superstizione', si chiudono le chiese in cui si installano spesso le società popolari dei villaggi; si confiscano arredi e ornamenti e perfino le campane per fonderle, si abbattono le croci; si organizzano talvolta delle mascherate anticlericali: curati e vicari ricevono l'ordine di abiurare o sposarsi' (i. Boutier).

Ma questo radicale processo di 'scristianizzazione' non era ben visto da capi giacobini come Robespierre, il quale era contrario all'ateismo, considerato come una causa della corruzione e dell'immoralità; perciò la Convenzione prima ristabilì la libertà di culto, poi nel 1794 emanò un decreto che riconosceva l'esistenza deH''Essere supremo' e dell'immortalità dell'anima. All'Essere supremo fu dedicata una grande festa nazionale l'8 giugno 1794.



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