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Le riforme in Italia e in altri paesi europei; la rivoluzione americana e quella francese; il periodo napoleonico, Il tramonto dell'intellettuale cort

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Le riforme in Italia e in altri paesi europei; la rivoluzione americana e quella francese; il periodo napoleonico

Un altro fenomeno della modernità riguarda la mondializzazione dei conflitti, lo si evince dalla guerra dei Sette anni (1756-63), tra Inglesi e Francesi per il controllo delle colonie. La guerra si risolve con la vittoria dell'Inghilterra che conquista tutto il Canada e la Louisiana.

Il periodo che va dalla fine della guerra dei Sette anni all'inizio della rivoluzione francese è segnato da riforme che i vari principi cercano di introdurre nei loro Stati. E' il fenomeno del dispotismo illuminato. Ne restano escluse Inghilterra, dove regna un regime liberale e parlamentare, e la Francia. In Italia le riforme sono state avviate dalle dinastie degli Asburgo (Milano) e dei Borbone (Napoli e Parma), mentre ne restano estranee le vecchie dinastie (Savoia) e i vecchi regimi (Chiesa, Venezia e Genova).

Il dispotismo illuminato effettuò alcune riforme seguendo i suggerimenti degli intellettuali, ma lo scopo era consolidare il potere assoluto dei sovrani. Lo scopo principale era indebolire la Chiesa, dato che questa era esente da tasse, monopolizzava l'istruzione e aveva propri tribunali. L'intento era laicizzare la scuola. La uniche nazioni che furono escluse da queste riforme furono l'Inghilterra e la Francia, che dovettero poi subire profondi processi rivoluzionari, che portarono al distacco dalle colonie americane degli inglesi, e alla instaurazione di una Repubblica liberale (rivoluzione francese).



Nella insurrezione antibritannica delle colonie americane, si affermano per la prima volta le nuove idee illuministiche in campo economico e politico. La Dichiarazione di Indipendenza (1776) stabiliva infatti i principi di uguaglianza e di libertà.

Il successo americano contribuì a dare maggiore svolta a questi principi, che si affermarono in Europa con la rivoluzione francese (1789). Essa nacque per dare ancora più diritti politici alla borghesia, che era ancora esclusa dall'amministrazione del potere, interamente nelle mani della nobiltà. Alla borghesia si unirono anche strati popolari urbani e contadini, i primi introdussero elementi democratici, mentre i secondi portarono a compimento la rivoluzione antifeudale.

La rivoluzione francese divenne un modello di processo rivoluzionario, capace di mobilitare grandi masse e indicare ideali unitari. Nel giro di pochi anni crollarono idee e tradizioni secolari.

I giacobini (rivoluzionari francesi) si formarono anche in Italia, ed ebbero come punto di riferimento Napoleone Bonaparte, che penetrò a Milano scongendo glia austriaci e dando vita nel 1797 alla Repubblica Cisalpina. Napoleone era considerato il liberatore d'Italia e il massimo rappresentante della rivoluzione francese. Ma quando nel 1805, proclamò il Regno d'Italia e ne diventò re, causò una serie di delusioni, perché l'istaurazione di un regime andava contro gli ideali di fratellanza, libertà e uguaglianza, che erano alla base della rivoluzione.

Con la fine di Napoleone, finì anche l'ultimo rappresentante della rivoluzione francese. Era iniziata l'epoca della Restaurazione.  


Il tramonto dell'intellettuale cortigiano e "letterato", il "partito degli intellettuali" e la sua organizzazione: le "Società", i salotti, i caffè, i giornali politico-culturali, l'editoria, la scuola

L'età dell'Illuminismo segna la fine dell' intellettuale cortigiano (Machiavelli), a vantaggio del ceto intellettuale che interpreta le esigenze della nuova classe borghese. ½ è insomma un somiglianza tra struttura dell' Illuminismo e le esigenze pratiche ed economiche dai ceti emergenti. Si evidenzia infatti un incremento degli intellettuali che comunque non fanno parte degli aristocratici, anzi sono persone del Terzo Stato (avvocati, commercianti), e cresce anche il numero di laici, rispetto agli ecclesiastici.

L'intellettuale ha un identità del tutto riformata, cioè è capace di intervenire in ogni campo e proporre nuove soluzioni razionali rispetto al passato, diventa un agitatore di idee, mira a creare un'opinione pubblica. La crescita dell'alfabetizzazione e lo sviluppo dell'editoria gli permettono di occupare uno spazio nuovo e autonomo rispetto al potere politico ed economico.

Si comincia a guardare il "letterato" con distacco, in quanto si occupa solo di letteratura disinteressandosi dei problemi civili che stanno a cuore degli illuministi. Li intellettuali vengono chiamati anche filosofi e ideologi. Ma da un lato l'intellettuale può influenzare l'opinione pubblica, ma questa in uno Stato assoluto, non ha importanza, tranne se influenza il governo dello Stato, i ministri o il sovrano stesso, deve cercare un compromesso con i principi, diventare consigliere e quindi rinunciare alla propria autonomia,e d cessare di obbedire solo alla logica.

Il potere dell'intellettuale in quanto civilizzatore e dotato di una conoscenza universale, entra in contraddizione con la tendenza scientifica di approfondire una solo settore: specializzarsi, in campo economico, giuridico ecc. Quindi vi è una oscillazione di molti intellettuali illuministi fra studio o pura agitazione delle idee e adesione ad una specializzazione.

Da ciò nacquero a Parigi e non solo delle forme organizzative degli intellettuali, dei gruppi di lavoro e di discussione, chiamate "Società". Nasce inoltre nel 1761, l'accademia dei Pugni, e da cui nasce la rivista "Il Caffè".

Questa accademia è attenta ai problemi concreti dell'attualità, delle questioni di pubblica utilità, al dibattito di idee. Ma se vi erano accademie, come quella di Parigi o Milano, che miravano creare un partito intellettuale, ve ne erano altre come quella dei Georgofili, che mirava alla specializzazione scientifica in settori specifici, in questo caso dell'agricoltura.

Un'altra forma di organizzazione degli intellettuali è la rivista o il giornale. Finisce l'epoca del giornalismo erudito, e si amplia così il numero di lettori, anche perché glia argomenti non sono più gli stessi: non più teologia e scienze astratte, ma economia, diritto, scienza.

Sono due i modelli a cui si spirano i  giornali italiani. Quello inglese dello "Spectator" ura di uno spettatore ironico che commetta i fatti, e quello francese che si ispira all'Enciclopedia che si basa sul dibattito di idee e articoli in ogni campo del sapere. "Il Caffè" quindi comprende caratteristiche sia del primo che del secondo tipo: finge di riportare commenti e conversazioni su episodi che si svolgerebbero in un caffè milanese, e analizza problemi giuridici, economici, religiosi.

Contemporaneamente si sviluppano sempre nuove iniziative editoriali, e si moltiplicano le stamperie. Questa esigenza di far nascere un' opinione pubblica induce gli illuministi a rivolgere la loro attenzione al sistema educativo. A livello universitario si privilegiano argomenti di attualità e studi storici recenti. E si mira inoltre a creare un sistema scolastico statale. Si da anche maggiore attenzione ai problemi dell'infanzia.

Il quadro fatto fino a ora vale fino alla fine del secolo, infatti alla fine del Settecento vi è una crisi degli ideologi. Si sta verificando una scissione nel ceto intellettuale: una minoranza resta fedele agli ideali giacobini, e si dedica ai valori di libertà e di uguaglianza, la maggior parte si inserisce nella cultura ufficiale promossa dal regime napoleonico. Il regime mira alla specializzazione scientifica e tecnica.

Tuttavia la politica napoleonica ha anche aspetti positivi: vi è la presenza di elementi borghesi sia nelle istituzioni culturali che statali, che fanno a meno della protezione nobiliare e delle carriere ecclesiastiche, e si hanno inoltre importanti risultati nel campo dell'istruzione scolastica.  





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