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Pensiero, Il pensiero economico socialista e Marx

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Marx 1811 Treviri, lio di avvocato ebreo ma si sentiva tedesco.

In Francia si lega a Frederic Engels, benestante che lo mantiene.

Viene cacciato e nel 1848 a Bruxelles per il manifesto del partito comunista.
Anche qui viene condannato ed insieme ad Engels si ritirava definitivamente a Londra dove scrive il "Capitale". Lì organizza nel 1864 la "I internazionale" dove si trovarono Proudhon, Backmin anche Mazzini che quando saprà di cosa si tratta si ritirerà.Nel 1871 in Francia c'è la Comune, governo socialista represso nel sangue. Ci fu un conflitto tra Backmin e Marx che culminò con il fallimento della "I internazionale" (1876). Dopo avere lavorato tutta la vita al "Capitale", morì a Londra.


Pensiero

Il suo concetto principale è il materialismo. Per Marx il punto nevralgico di tutta la filosofia, della storia è la struttura economica. Essa è un insieme di individui in relazione tra loro per produrre e distribuire merci. Tutte le altre cose (il diritto, l'arte, la filosofia, la religione) si chiamano sovrastrutture perché non sono altro che la produzione di quella determinata struttura economica. Engels modificò questo rapporto e disse che non è così determinato (strutture determina sovrastrutture): le sovrastrutture servono anche alle strutture, è dunque un processo circolare.
Il suo pensiero si presenta come materialismo dialettico, ma è una posizione più di Engels. Per Marx sarà materialismo storico, ossia la struttura economica della storia.
Storicamente si possono individuare prima i rapporti nella società tribale, poi nel mondo feudale (cominciano le divisioni tra padrone e servo: il primo è padrone dei mezzi di produzione. La produzione è sociale, la proprietà è invece di uno solo). Tutta la storia è divisione di classe. L'ultimo momento si chiama Capitalista - operaio.
In futuro deve essere eliminata la proprietà privata per non esserci più lotta di classe. Ecco i momenti:



Proprietà tribale (tesi): gli uomini primitivi

Essi si spostavano, sfruttavano i territori. Qui non c'era una struttura economica in quanto non c'era produzione di bene. Essi avevano un solo mezzo: la mano. Questo era un mezzo di impossessamento e non produzione. Ad un certo punto si scontrano per impadronirsi dei territori migliori. Dal contrasto ci saranno vincitori che faranno i padroni e vinti che saranno servi.

Divisione della società in classi (antitesi): tutta la storia è antitesi

Il padrone tratta lo schiavo come strumento di produzione, come una cosa, reificazione (riduzione a cosa), da questa particolare struttura economica noi originiamo le sovrastrutture.

Ad esempio la religione. L'uomo pensa che ci sarà un momento in cui verrà premiato per i sacrifici, pensa che c'è un Dio che soffre vicino agli emarginati . La religione è dunque una sovrastruttura. "La religione è l'oppio dei popoli" significa che con la religione i popoli non si ribellano. Ma la religione non è inventata, essa è un bisogno del popolo. In un primo momento i padroni temono la religione, poi però capiscono che non cambierà il loro modo di vivere e decidono di abbracciare il fenomeno religioso facendo magari carità.

Un'altra sovrastruttura è il diritto. Questo l'hanno inventato i proprietari per mantenere unita la propria ricchezza. Hanno inventato il testamento, i contratti ecc.; il diritto non è altro che la tutela della loro ricchezza e della proprietà.

L'arte la si fa solo per motivi economici, è anch'essa una sovrastruttura.

Tutta la storia, dice nel "Manifesto", è percorsa da lotte di classe: padroni-servi, patrizi-plebei, fino ad arrivare alla borghesia come padrona. La borghesia è la classe rivoluzionaria per eccellenza. Essa per mantenere il potere inventa sempre cose nuove. E' per spirito borghese che Colombo scoprì l'America, che i fu la rivoluzione industriale, che fu inventato il treno per occupare sempre più mercati.

Da questo punto di vista, la guerra è voluta proprio dalla borghesia capitalista che vuole il monopolio del proprio prodotto, non solo nel territorio nazionale, ma anche in quello straniero. Le guerre accadono solo per motivi economici. Nella guerra gli operai, che erano trattati sempre come carne da macello, diventano carne da cannone. La borghesia è dunque sommamente rivoluzionaria.

Il Manifesto si conclude dicendo che il proletario non ha nulla da perdere se non le proprie catene.

Nel "Capitale" affronta il rapporto economico vero e proprio. Engels diceva che il socialismo scientifico si deve a Marx, che ha saputo analizzare il rapporto economico che ha generato lo sfruttamento dei lavoratori.

M. D. M. (merce, danaro, merce) [feudalesimo]

D. M. D1  (Capitale variabile e costante, merce, plusvalore) questi devono essere sempre maggiori [Capitalismo].

Investo un capitale per aprire una banca:

Capitale costante: macchinari

Capitale variabile: personale

Noi compriamo l'operaio ma il suo valore è personale, variabile; egli vende un lavoro che produce valore. L'operaio nel suo rapporto di lavoro è alienato in esso, l'operaio odia il suo lavoro.

Il capitalista a il tempo all'operaio ma non il valore: questo è plusvalore.

Merce di uso (tutto ciò che usiamo)

Merce di scambio (è dovuto al valore della merce, cioè dal lavoro necessario a produrlo)

L'operaio dà la forza, il tempo, ma anche la produttività, che il capitalista non a: questo è plusvalore.

Il D1 (plusvalore), dice Marx, serve a are la rendita fondiaria, gli interessi bancari e per permettere nuovi investimenti. Il capitalista preferisce investire in capitale costante (macchine).

Qui abbiamo la prima contraddizione del sistema perché in questo modo si ottiene una caduta tendenziale del saggio di profitto. Il guadagno del capitalista è dato dal capitale variabile e non da quello costante. Continuando così il capitalista non avrà più guadagno in quanto più si affida alle macchine più il prodotto si abbassa di prezzo con il rischio di restare invenduto a causa delle crisi cicliche di sovrapproduzione. Perché avvengono queste? La voglia spasmodica del capitalista di aumentare le proprie entrate lo convince ad investire di più per produrre maggiormente. Ma se si produce troppo la merce non viene venduta e non può essere comperata dal salariato che ha un guadagno di sussistenza. Il salariato si trasforma in questo modo in becchino del proprio padrone costringendolo al fallimento.

Un'altra contraddizione è la formazione dei sindacati che organizzano scioperi. Questi per il capitalista sono un danno perché scioperando lui perde giorni in cui avrebbe potuto produrre.

Cosa fare per evitare tutto ciò?  

Comunismo (tesi)

Bisogna rompere le leggi del capitalismo cioè bisogna eliminare la proprietà privata dei mezzi di produzione. Tutti dobbiamo essere i proprietari perché tutti siamo i responsabili della produzione sociale.
Il proletariato si deve unire alla piccola borghesia per lottare uniti contro la grande borghesia organizzando la dittatura del proletariato. Questo deve rappresentare un momento di transizione in quanto dopo si dovrà arrivare al comunismo di tutta la società civile.
Egli pero non vuole uno stato comunista poiché questo si sostituirebbe ai vecchi padroni delle macchine. Deve essere la società protagonista, lo Stato non ha una funzione etica esso nasce solo per interessi economici, e qui riattacca Hegel che vedeva lo stato superiore alla società.
In una società comunista non ci saranno più guerre perché nessuno avrà bisogno di prevalere sull'altro; l'istruzione sarà gratuità ed ognuno avrà secondo le proprie capacità e i propri bisogni.

Non dice più nulla, non voleva essere un profeta. Tutto ciò che sperava però non è successo: la borghesia esiste ancora, il socialismo si è organizzato solo in sistemi ancora non industrializzati ma solo a carattere agricolo.

Dopo Marx, nella storia, si è cominciato a vedere pure l'effetto economico dei fatti.




Il pensiero economico socialista e Marx

Il movimento operaio organizzato nasce tra il 1808 e il 1848. I filosofi/teorici/socialisti Saint-Simon e Fourier hanno creato due modelli di società alternativa che hanno attraversato tutta la cultura europea. Tali modelli sono stati poi definiti da Marx 'utopistici' (sulla scia dell'opera del filosofo inglese More). Le idee francesi apparvero davvero cervellotiche e strambe, tanto che al paragone le teorie di Marx sembrano una favoletta per bambini. E forse proprio la semplicità delle teorie, e il fatto di non spingersi troppo oltre quel livello, fece di Marx il vero teorico del socialismo e del comunismo (fase successiva).

SAINT-SIMON:

lungi dal voler realizzare il sogno democratico del 1700, costruì il modello di una società gerarchizzata e meritocratica. Il suo socialismo aspirava a una società industriale di produttori e quindi alla pervasività del sistema di fabbrica in ogni aspetto della vita. La follia di Saint-Simon lo spinse fino alla proclamazione di una nuova religione in cui si doveva rinunciare a ogni interesse individuare per servire quello collettivo: una specie di catechismo della fabbrica in cui la pianificazione centralizzata e la retribuzione su base del contributo produttivo sarebbe stato lo schema di funzionamento. Varie correnti e sette presero origine dalle sue teorie schizofreniche.

FOURIER:

per lui gli uomini sono naturalmente buoni. Se fosse stato consentito agli individui di realizzarsi liberamente e seguire le loro naturali inclinazioni, essi si sarebbero organizzati spontaneamente in maniera armoniosa. La famiglia, ricettacolo di ogni ipocrisia e di ogni repressione, sarebbe stata abolita (!) e con essa il commercio, cancro dell'economia e causa di sprechi. I consumi si sarebbero allora ridotti spontaneamente all'essenziale e l'industria si sarebbe ridimensionata, il lavoro sarebbe stato organizzato in piccole comunità e distribuito sulla base delle inclinazioni individuali. L'alienazione sarebbe ssa insieme allo sfruttamento economico e all'opposizione politica.

SISMONDI:

come teorico dell'anarchia capitalistica criticava la legge di Say e considerava il laissez faire come un'arma dei capitalisti contro i lavoratori i quali erano costretti a subire i salari di sussistenza e un impoverimento progressivo. Poichè la distribuzione del reddito era diseguale, la legge di Say non valeva e occorreva redistribuire dai ricchi (capitalisti) ai poveri (lavoratori) come faceva Robin Hood. La società utopistica di Sismondi era formata da tanti piccoli produttori, con proprietà fondiaria mediamente frazionata ed efficiente sistema fiscale.

GODWIN:

ogni individuo ha diritto al possesso dei beni che gli servono per raggiungere la propria soddisfazione e nessuno ha il diritto di accrescere il proprio piacere a danno di quello degli altri. La proprietà privata è quindi illegittima. La liberazione dell'uomo dall'oppressione richiede l'abolizione sia della proprietà privata che dello Stato.

OWEN:

visione pessimistica dell'uomo in quanto non vi riconosce alcuna naturale aspirazione alla libertà e propone quindi un sistema di organizzazione sociale ispirato a finalità educative che cercò anche di realizzare in una fabbrica di sua proprietà. E la fabbrica rappresentava il nucleo attorno al quale sarebbe stata ricostruita la società.

I SOCIALISTI RICARDIANI E AFFINI (THOMSON, GRAY, BRAY etc.):

sinteticamente ecco come la pensavano:

Accettano la teoria del valore-lavoro.

Mettono in risalto il ruolo svolto dalla concorrenza sul mercato del lavoro e quindi nello spingere verso il basso i salari.

In tema di teoria del valore e della distribuzione, distinguevano il 'prezzo normale', inteso come quello che vigerebbe in un'economia regolata dalle leggi di natura e che può essere espresso in termini di lavoro contenuto, dal 'prezzo sociale', cioè quello che vige nella società reale. Il 'prezzo sociale' è un prezzo di produzione espresso in termini di lavoro comandato; ed è vero che in un'economia capitalistica esso è sempre superiore al valore contenuto.

MARX E I CLASSICI:

la sconfitta operaia del 1848 aveva chiuso 30 anni di lotte e aperto una fase di egemonia culturale borghese e di sviluppo economico capitalistico. Il rapporto di Marx con i classici è strettissimo ('critica all'economia politica'), in particolare con il pensiero di Ricardo e riguardava tutti i campi di interesse: teoria del surplus e del valore-lavoro, analisi degli aggregati, delle classi sociali e dei loro comportamenti reciproci. L'economia politica classica rappresentava per Marx l'espressione teorica dal punto di vista della borghesia nell'epoca in cui il moderno sistema capitalistico si stava affermando. L'analisi di Marx si basa sull'analisi del conflitto di classe: quello tra il proletariato e la borghesia (non più tutti contro i proprietari terrieri). Le critiche di Marx ai classici sono riassumibili in tre punti:

Incapacità di spiegare la NATURA (origini e basi sociali) del profitto e del capitale, ne avevano descritta solo la grandezza.

Incapacità di riconoscere il carattere storico del capitalismo. Per Marx il capitale è un rapporto sociale e non è (nè potrebbe essere) eterno: non è solo un insieme di mezzi di produzione, ma è anche il potere che il loro controllo conferisce alla borghesia (per la produzione di profitti).

Incapacità di riconoscere lo sfruttamento alla base del modo di produzione capitalistico: l'attenzione dei classici si rivolgeva ai rapporti di scambio (tra individui equivalenti) e non a quelli di produzione.

SFRUTTAMENTO E VALORE (MARX):

la teoria dello sfruttamento mirava a dimostrare la vera natura del rapporto capitale-lavoro. Il lavoratore entra nel mercato come venditore dell'unica cosa che ha, cioè il proprio lavoro ('forza-lavoro'). Il lavoro è una merce e quindi deve sottostare alle leggi generali della D/O e riceve un prezzo determinato dalle condizioni di produzione. Il valore della 'forza-lavoro' è pari al valore dei mezzi di sussistenza necessari per la sopravvivenza e la riproduzione della classe lavoratrice. Il capitalista, invece, entra nel mercato con la merce che possiede: il capitale, ovvero i salari. Con questo a il 'valore di scambio' della forza-lavoro e ne acquista il 'valore d'uso' (il lavoro diventa mezzo di produzione e il prodotto del lavoro è di proprietà dei capitalisti).

IL PLUSVALORE (MARX):

nel processo di produzione il lavoro manifesta la capacità di produrre merci il cui valore è superiore al valore della forza-lavoro. La differenza è il c.d. 'plusvalore' che è un attributo del capitale, in quanto il lavoro entra nel processo produttivo già come capitale. La parte del capitale che serve per are anticipatamente i salari costituisce il 'capitale variabile' ed entra nel processo con un valore inferiore a quello delle merci che produce in quanto la sua proprietà è quella di 'autovalorizzarsi'. L'altro capitale, quello 'costante' non fa che trasferire al prodotto il proprio valore. Il plusvalore, in assenza di altri costi, rappresenta il profitto del capitalista che finisce nelle sue mani quando tutto ha funzionato alla perfezione secondo le normali regole di mercato. Lo sfruttamento, secondo Marx, lo si rintraccia nella definizione del 'valore-lavoro' che viene retribuito meno di quanto indica la legge naturale (ossia viene ato meno del suo 'prezzo naturale'). Anche il capitale costante è rappresentabile in termini di valore-lavoro, quello che Marx chiama 'lavoro morto' contro il 'lavoro vivo' impiegato direttamente nel processo produttivo.

MARX E LE PROPOSIZIONI DI LOCKE:

la teoria di Locke sul valore e sulla proprietà consisteva in tre proprietà fondamentali:
LOCKE 1) Nell''ordine naturale' il valore del prodotto è il prodotto del lavoro.
MARX (1): accetta la proposizione ma rifiuta il diritto naturale e la sostituisce con quella di 'produzione generale' che è un assetto produttivo che fa astrazione dalle condizioni istituzionali e sociali entro cui la produzione si svolge. Valori-lavoro determinati (sostanza del valore) una volta nota la tecnica produttiva.
LOCKE 2) La relazione tra valore e lavoro non è alterata dalle convenzioni sociali.
MARX (2): nonostante possano cambiare le forme (da un settore produttivo all'altro) la sostanza del valore rimane il lavoro e i prezzi di produzione possono redistribuire i redditi tra i vari settori produttivi, ma non possono alterarne la grandezza complessiva: il valore del prodotto complessivo, ossia il prodotto del lavoro, è pari al plusvalore aggregato che resta pluslavoro.
LOCKE 3) La proprietà privata è accumulo di lavoro passato e perciò non è in contraddizione con il diritto naturale.
MARX (3): la proprietà privata è legittima, come accumulo di lavoro passato. Accumulo di lavoro altrui.
Nessuna giustificazione etico-filosofica di tipo socialista ricardiano si trova nel pensiero di Marx, seppure appare evidente quale fosse la sua idea di sfruttamento.

LA TRASFORMAZIONE DEL VALORE IN PREZZI (MARX):

apprezza le distinzioni di Smith del lavoro contenuto e quello comandato e critica Ricardo. Le merci per Marx si scambiano ai 'prezzi di produzione', che sono prezzi determinati in modo da garantire un saggio di profitto uniforme tra le varie industrie. In generale il rapporto tra i prezzi di produzione di due merci non coincide con il rapporto tra le quantità di lavoro in esse contenuto (sblinda le formule sul libro!). Se c'erano divergenze al livello micro, queste sivano a livello aggregato e la teoria del valore-lavoro, non valida per lo scambio di singole merci, era valida come spiegazione del valore del prodotto lordo delle sue componenti aggregate (massima astrazione e aggregazione). Tutte le grandezze erano valutate in base al lavoro contenuto e la sua idea era che i prezzi servivano solo a redistribuire il prodotto non variando la grandezza aggregata (quantità di lavoro impiegato dalla società per produrre il reddito lordo): quindi la distribuzione del reddito non altera il saggio di profitto a livello aggregato. Cosa che non accade se si tenesse conto dei prezzi alla produzione in quanto il mercato sembrerebbe alterare la grandezza del plusvalore.

EQUILIBRIO - LEGGE DI SAY E CRISI (MARX):

i prezzi di produzione vengono determinati in modo da garantire un saggio di profitto uniforme tra le industrie (in un certo senso portando a prezzi di equilibrio). Per spiegare l'equilibrio Marx usa le tesi di Quesnay arrivando all'insieme di equazioni che rappresentano flussi di merci tra i vari settori e tutto l'ambaradam: quando l'economia presenda D=O in tutti i settori, a un certo prezzo, allora si ha un'economia in grado di riprodursi. Anche se alcuni settori sono in squilibrio, questo deve essere compensato dallo squilibrio di un altro settore (sembra un po' il teorema della 'second best'!). Un equilibrio è di riproduzione semplice se accade questa semplice ripetizione nel tempo e il plusvalore non cresce, se non proporzionalmente, al crescere della popolazione. Si tratta di un equilibrio di riproduzione in cui vale la legge di Say e i prezzi dipendono solo dalla distribuzione del reddito e dalle tecniche in uso. Qui tutto il reddito viene speso e i profitti reinvestiti. La riproduzione diventa allargata quando questo schema si rompe e il plusvalore complessivo cresce più che proporzionalmente rispetto alla crescita della popolazione. Lo schema di equilibrio era per Marx un'utopia e verificabile solo per caso, dato che l'economia era sempre in squilibrio: prezzi diversi dai prezzi di produzione e D quasi sempre diversa da O. Poichè i capitalisti decidono la O aggregata, questa può divergere in qualsiasi momento dalla D riducendo i saggi di profitto (e quindi il ritmo di accumulazione), i capitalisti non effettuano investimenti e una parte dei redditi prodotti e distribuiti, non venendo spesa, ma 'tesaurizzata', finisce con l'alimentare una 'sovrapproduzione', ossia carenza di domanda aggregata. Questa è la crisi che tende ad aggravarsi progressivamente.

I SALARI, IL CICLO E LE 'LEGGI DI MOVIMENTO' DELL'ECONOMIA CAPITALISTICA:

la teoria marxiana del ciclo è basata su due ipotesi fondamentali:

L'investimento è in relazione crescente al saggio di profitto.

Il saggio di profitto si trova in una relazione decrescente con il salario.

Se aumenta il salario, quindi, prima o poi si scoraggeranno gli investimenti (meno D e quindi crisi). La crisi si aggraverà con la diminuzione dei prezzi e una riduzione di occupazione (aumento dell''esercito di riserva'). Finalmente, con la riduzione di occupazione, prima o poi diminuiranno anche i salari (di mercato) e verranno espulse dal mercato le fabbriche più inefficienti e i macchinari più obsoleti. In questo modo la produttività tornerà a crescere insieme al saggio di profitto, riattivando la crescita e facendo iniziare un nuovo ciclo. Il suo contributo originale è nel trattare il salario di mercato, nonostante la presenza delle 'coalizioni', come il risultato di una contrattazione che dipende dai rapporti di forza tra le due classi. Il salario, quindi, in virtù di queste considerazioni, tende a oscillare lungo un trend che Marx definisce 'valore della forza-lavoro' corrispondente al 'salario naturale' dei classici. La differenza sta nel fatto che qui avevano un ruolo fondamentale i sindacati e i rapporti di classe basati sul conflitto sociale. Nel conflitto i lavoratori entrano cercando di controllare l'offerta di lavoro mediante i sindacati; i capitalisti vi entrano cercando di controllare la domanda mediante le decisioni di investimento. Nel lungo periodo i capitalisti potranno introdurre nuovo progresso tecnico, nuove macchine, che si sostituiscono ai lavoratori e questo preme i salari verso il basso; d'altra parte vi sono le 'coalizioni operaie' a fare resistenza e a impedire che questo salario cada troppo oltre un certo limite (e oltre un certo tempo). Nonostante ciò, anche se i salari non cambiano di molto, quello che il progresso tecnico fa è che permette un aumento dello sfruttamento frenando, da un lato, la crescita dei salari e, dall'altro, provocando continui aumenti di produttività. Questa teoria è alla base della 'miseria crescente' dei lavoratori, la più importante LEGGE DI MOVIMENTO dell'economia capitalistica. I lavoratori perdono progressivamente importanza sociale nei confronti dei capitalisti, aumenta la loro insoddisfazione, prima come consumatori e poi come lavoratori. Un'altra legge di movimento riguarda la caduta tendenziale del saggio di profitto (funzione crescente dello sfruttamento e decrescente della composizione organica del capitale). Nelle fasi di crisi i capitalisti saranno indotti a introdurre nuove macchine per licenziare più operai possibile. Nelle fasi successive essi potranno recuperare il terreno perduto e così si alterneranno ciclicamente. Nel lungo periodo accade che il saggio di profitto si riduce, in quanto si riduce la quota di lavoro sul capitale e quindi diminuisce il numero di unità di lavoro applicate alle macchine e poichè il lavoro è l'unico fattore della produzione a produrre plusvalore, si riduce anche il profitto (c'è pure la formula sul libro).

CONSEGUENZE DELLA CADUTA TENDENZIALE DEL SAGGIO DI PROFITTO (MARX):

sono principalmente due. Una è che le crisi diventano sempre più aspre e difficili da superare (poichè serve un volume di capitale sempre più grande) e prima o poi si arriverà alla crisi definitiva. La seconda conseguenza riguarda la struttura dei mercati e le dimensioni delle imprese. La spinta è quella che va verso la 'concentrazione' e la 'centralizzazione' del capitale: aumentano le dimensioni delle imprese e queste tendono a diventare monopoliste. L'unico modo per uscire da tutto questo bordello, crisi dopo crisi, arriverà con la progressiva presa di posizione degli operai e con un successivo movimento rivoluzionario. Si arriverà a condizioni di produzione pianificata (massima concentrazione del capitale) e alla proprietà collettiva del capitale: lo sfruttamento verrà abolito e tutti verranno remunerati in base al contributo produttivo (quantità/qualità del lavoro erogato). Questo è il socialismo che viene prima del comunismo.

ASPETTI MONETARI DEL CICLO E DELLA CRISI (MARX):

il sistema monetario può contribuire ad ampliare le fluttuazioni cicliche del sistema economico. Nei dibattiti dell'800 prese posizione vicino alla scuola bancaria e prende ispirazione dalle loro teorie: l'equazione degli scambi fa dipendere la O di moneta e la sua VC dalla quantità di transazioni. L'adeguamento dell'O alla D avviene attraverso il 'tesoreggiamento' che varia anche perchè la moneta viene detenuta per scopi precauzionali (influenza di Thornton). Tale adeguamento viene svolto anche dalla funzione del credito, che svolge una funzione fondamentale nel capitalismo in quanto esso costituisce una fonte primaria di approvvigionamento con cui i capitalisti possono finanziare i loro investimenti. Ecco perchè anche il volume di credito fluttua insieme alle crisi del sistema economico. Al crescere del credito il saggio di interesse tende ad aumentare e le banche sentono l'esigenza di proteggere le riserve. Il punto di svolta avviene quando sono gli speculatori (piuttosto che gli investitori veri) a cambiare la loro posizione preferendo uscire dal mercato e si innesca la c.d. 'crisi di realizzo' e quindi la situazione di 'sovrapproduzione' in una 'carestia di denaro'. I fallimenti a catena permettono l'espulsione delle imprese non efficienti e solo allora, dopo che gli operai avranno moderato le loro pretese, si potrà tornare alla ripresa economica. Nella crisi, infine, poichè saranno in molti a tenere il denaro in attesa di tempi migliori, si forma quel 'capitale monetario latente' essenziale alla ripresa.

INNOVAZIONI MONETARIE DI MARX:

la sua teoria della preferenza per la liquidità è innovativa e anticipa due principi fondamentali che vennero ripresi da Keynes:

Si deve guardare allo stock complessivo di moneta e non ai movimenti di flusso (credito).

Il saggio di interesse è il prezzo del 'capitale monetario' cioè dello stock di moneta e non del flusso di credito. Questo prezzo è però 'irrazionale' in contraddizione con il prezzo di una merce. Questo dipende dal fatto che non c'è un costo di produzione, e quindi un prezzo attorno a cui oscillare, per la moneta. Il suo prezzo dipende solo dalle forze D/O. Marx è lontano anni luce dalle idee di Ricardo e Mill secondo cui il saggio di rendimento reale del capitale era il valore di equilibrio del saggio di interesse.







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