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Bernini Gian Lorenzo (Napoli 1598 - Roma 1680).
Gian Lorenzo Bernini compie la sua formazione artistica nella bottega del padre, scultore tardomanierista, dedicandosi ad uno studio appassionato dei grandi maestri del Cinquecento e della statuaria antica, in particolare di modelli ellenistici che esercitano un evidente influsso sul suo linguaggio. Diviene personaggio di assoluto rilievo della scena artistica romana, acclamato e prediletto dagli ambienti nobiliari e, in particolare dai pontefici che gli affidano una lunga serie di lavori. La prima opera, per San Pietro, è il baldacchino bronzeo sulla tomba di San Pietro, una colossale struttura poggiante su colonne tortili (cui collabora Francesco Borromini) innalzata al centro della crociera michelangiolesca. Infine, l'artista offre una efficace interpretazione della spiritualità barocca rappresentando i sentimenti di esaltazione e trasporto mistico in opere come l'Estasi di Santa Teresa (1647-52, Roma, Santa Maria della Vittoria, Cappella Cornaro).
Commissionata dal cardinale Scipione Borghese, appassionato estimatore e collezionista di antichità, l'opera, datata tra 1622 e 1625, illustra la storia di Apollo e Dafne, tratta dalle Metamorfosi di Ovidio, nel suo momento di massima tensione. L'artista rafura infatti l'istante in cui la ninfa Dafne in fuga viene raggiunta dal dio Apollo e si tramuta in pianta d'alloro. I due protagonisti sembrano immobilizzarsi d'improvviso e sul volto della ninfa, con le labbra dischiuse, appare un'espressione di stupore e panico. Gian Lorenzo Bernini rende con virtuosismo le diverse qualità della materia, la levigatezza dei corpi, il carattere frastagliato delle chiome e delle fronde. Sul basamento dell'opera è inciso un distico che invita a riflettere sulla mutevolezza dell'uomo e sulla vanità dei suoi desideri.
Gian Lorenzo Bernini riprende a occuparsi dei lavori per il nuovo San Pietro, realizzati nell'arco di oltre quaranta anni, durante il pontificato di Alessandro VII, attivo promotore di una politica di protezione delle arti. La prima opera, per San Pietro, è il baldacchino bronzeo sulla tomba di San Pietro, una colossale struttura poggiante su colonne tortili (cui collabora Francesco Borromini) innalzata al centro della crociera michelangiolesca. L'artista realizza, tra 1657 e 1665, una tra le più grandiose imprese della Roma barocca, ossia la sistemazione della vasta area antistante San Pietro, destinata ad accogliere i fedeli riuniti in occasione della Pasqua o di altre ricorrenze liturgiche per assistere alla cerimonia di benedizione impartita dal papa a tutto il mondo. Bernini elabora una soluzione funzionale e simbolica al tempo stesso che, per l'ampiezza e maestosità del luogo, crea effetti di grande spettacolarità. L'area è divisa in due differenti spazi: il primo di forma trapezoidale delimitato da due ali piene che partono dalla facciata di Carlo Maderno; il secondo di forma ellittica delimitato, lungo il perimetro dei due emicicli, da un colonnato di imponenti colonne doriche disposte in quadruplice fila, e segnato, sull'asse trasversale da due fontane e da un obelisco. Le due ali del colonnato, sormontate da statue di santi, simboleggiano le braccia materne della Chiesa, rifugio e protezione degli uomini. Lo spazio davanti alla basilica, concepito come uno scenario teatrale, sembra dilatarsi dinamicamente.
La tomba di Urbano VIII, collocata nella nicchia destra dell'abside della basilica di San Pietro, datata tra 1628 e 1647, richiama le tombe medicee di Michelangelo e rappresenta il modello della tomba monumentale barocca. Il papa benedicente appare seduto in trono, al di sopra di un alto basamento; ai suoi piedi, due ure allegoriche della Carità e della Giustizia affiancano il sarcofago sormontato da uno scheletro a grandezza naturale, immagine della Morte intenta a scrivere l'epitafio di Urbano VIII a lettere d'oro. Le statue del pontefice e della Morte sono fuse in bronzo scuro, il sarcofago è scolpito in marmo nero, mentre le Virtù in marmo bianco. Gian Lorenzo Bernini ottiene così un movimentato contrasto di colori ed effetti luministici e, nell'intreccio di valori plastici e pittorici, esprime la nuova concezione unitaria delle arti, peculiare del barocco.
Papa Innocenzo X invita Gian Lorenzo Bernini a partecipare ai progetti per piazza Navona, scelta quale luogo rappresentativo e celebrativo della famiglia del pontefice. A questi progetti interverrà anche, successivamente, l'architetto Francesco Borromini costruendo parte della chiesa di Sant'Agnese. La piazza, diviene uno dei centri più importanti della vita urbana nella Roma barocca. Lo spazio stretto e relativamente lungo della piazza è delimitato da una cortina omogenea di edifici, che sembrano conferire alla piazza il carattere di un raccolto cortile interno.
Bernini progetta di collocarvi al centro la celebre e spettacolare Fontana dei Fiumi. Sormontata da un obelisco, questa fontana è una ricca e fantasiosa composizione di rocce ammassate, da cui sgorga l'acqua attraverso grotte e anfratti; sopra le rocce sono collocate statue di leoni, cavalli, caimani e palme che sembrano mosse dal vento, e le ure allegoriche del Danubio, del Nilo, del Gange e del Rio della Plata, ossia i maggiori fiumi dei quattro continenti che alludono alla universalità del potere della Chiesa romana. Le fontane, i giochi d'acqua, simbolici della mutevolezza e instabilità della natura e dell'uomo, sono un tema ricorrente nell'arte e nella letteratura barocca.
Borromini Francesco ( Bissone, Canton Ticino, 1599 - Roma 1667).
Francesco Borromini inizia la sua attività come apprendista scalpellino a Milano. Intorno al 1619 si trasferisce a Roma dove comp ie uno studio appassionato dell'architettura di Michelangelo e prosegue il modesto lavoro di intagliatore di marmi al servizio di Carlo Maderno il quale, riconosciuto il talento del giovane Borromini, gli affida l'esecuzione di disegni di architettura per San Pietro e palazzo Barberini. Il grande successo di Gian Lorenzo Bernini (ura antitetica a Borromini per temperamento e concezioni artistiche) ostacola e ritarda l'affermazione di Borromini.
A questa opera seguono l'incarico di costruire il convento e l'oratorio dei Filippini (1637-l649) e due prestigiose commissioni che rivelano lo straordinario genio innovatore di Borromini: la trasformazione interna della basilica di San Giovanni in Laterano (1646-49), affidatagli da Innocenzo X con il vincolo di conservare le antiche strutture e il soffitto ligneo cinquecentesco e, inoltre, la costruzione della chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza (dal 1642). L'architettura di Borromini è caratterizzata da un costante contrasto di forze, dall'alternanza e contrapposizione di concavità e convessità, di strutture rettilinee e curvilinee, di sporgenze e rientranze che animano ritmicamente facciate e interni.
Il monastero e la chiesa San Carlo alle Quattro Fontane
Per il Boromini è la prima occasione di lavoro autonomo commissionato dall'Ordine dei Trinitari. Sebbene il terreno fosse piccolo e irregolare, l'architetto riuscì a realizzare un insieme architettonico funzionale dotato di un refettorio, di locali privati necessari ai religiosi, di chiostri e di una chiesa dedicata a S. Carlo Borromeo. Il chiostro è già esempio delle qualità rivoluzionarie del suo linguaggio. Le colonne abbinate sono disposte in modo da formare un ottagono, e sono legate da un cornicione uniforme che conferisce continuità di movimento; gli angoli dell'ottagono sono sostituiti da curvature complesse; lievi risultano i trapassi di luce e ombra. Borromini realizza così una nuova unità di elementi strutturali racchiudenti lo spazio considerandolo (come qualcosa di importante) affrontando il prgetto della chiesa. Borromini usufruì di un semplice metodo di costruzione medioevale concepito sulla regola della triangolazione, che divideva una conurazione geometrica in sottounita.
La pianta ellittica di San Carlo alle Quattro Fontane è la risultante di due trangoli equilateri con base comune, la quale corrisponde con l'asse trasversale. I rapporti intercorrenti tra queste unità realizzano una concezione dello spazio unitaria, che prvede contrazione o espansione. IL Borromini superò il punto di vista centrale delll'architettura rinascimentale, rinunciando a modulo cruciforme e crendoun ellisse il cui perimetro e vivacizzato da nicchie contenenti altari. La compressione dello spazio è rivelabile all'interno della chiesa; l'occhio segue il robusto cornicione che sottolinea il perimetro, l'unico ordine di colonne raggrupatte a quattro e dello stesso colore delle pareti accentua la colorazione di quest'ultime.
L'abbandono dei vincoli imposti dalle norme proprorzionali sfocia nel privilegio della forma esaltata nelle sue qualità visive. Qui risaltano le particolari dimensioni delle colonne. La cupola decorata con cassettoni ortogonali a croce ed sagonali fa filtrare la luce piena e intensa della lanterna. L'estesa decorazione e l'uso dell'intonaco e dello stucco uniforma gli elementi dell' ordinamento architettonico e quelli secondari. Nel compleso il visitatore ha una visione organica e toatale culminante nell'uniformità luminosa che regna la cupola.
CONFRONTO TRA: |
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BERNINI |
BORROMINI |
Fu un "Artista universale" (architetto, scultore, pittore, poeta, scenografo e autore di teatro). Egli gioviale e aperto, ottimista di natura, attento nelle sue opere agli effetti spettacolari, alla scelta di materiali preziosi, e all'unità dell'insieme, fu l'artista prediletto dei papi. Per il Bernini ciò che l'immaginazione concepisce deve diventare subito realtà, ciò può avvenire solo attraverso la tecnica (dell'arte). Dove per lui la realtà è mistero, morte, nulla; e solo nell'immaginazione c'è la vita. Egli si basa sulla tecnica e sull'invenzione; è sicuro di sè ed è convinto di avere il dono della rivelazione divina. Bernini mira alla massima espansione spaziale, sfrutta la luminosità e la prospettiva. Elementi della sua formazione furono: virtuosismo del tardo manierismo, l'antico, i grandi maestri del '500 e il classicismo evocativo del Carracci. Bernini imita perfettamente la natura solo per dimostrare che essa non è nulla che l'uomo non possa rifare. Non la esalta ma ne distrugge il significato. A lui interessa il naturalismo ellenistico che rappresenta le cose non come sono ma come appaiono; a Bernini interessa questo valore dell'immagine come apparenza, la sua mancanza di un significato reale e la sua possibilità di caricarsi di significati allegorici. |
E' solo architetto. introverso e introspettivo, più disposto ad una spiritualità intima e riflessiva, attento agli aspetti analitici e tecnici della sua disciplina, attento all'uso dei materiali, meglio se di poco costo, mirava ad effetti percettivi lenti e progressivi,divenendo così l'interprete ideale degli Ordini militanti, come i Trinitari, i Filippini e i Gesuiti. Scontro col Bernini sul piano della tecnica, dello stile e dell'immaginazione, che per lui è: arbitraria eccitazione fantastica senza fondamento nella storia. Essa è ricerca, tensione, rifiuto del mondo e volontà di trascenderlo. Al contrario egli è sempre insicuro e insoddisfatto e prega ma è incerto della salvezza. Invece il Borromini mira alla massima contrazione spaziale, evita le masse, diminuisce la luminosità e sfrutta la prospettiva per ridurre lo spazio. Fu dipendente di Bernini nei lavori a Piazza S. Pietro e a Palazzo Barberini. Borromini intaglia nervosamente le superfici, spezza le linee e insiste sull'ornato finissimo e capriccioso. Egli evita i materiali nobili: usa quelli poveri (mattone, stucco . ) che diventano preziosi con il lavoro dell'artista. Borromini non si preoccupa dell'aspetto rappresentativo, monumentale della città, ma si pone problemi ambientali e urbanistici. Egli evoca forme arcaiche, classiche, anomali o esotiche. |
CONFRONTO TRA: |
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BERNINI |
BORROMINI |
A lui interessa il naturalismo ellenistico che rappresenta le cose non come sono ma come appaiono; a Bernini interessa questo valore dell'immagine come apparenza, la sua mancanza di un significato reale e la sua possibilità di caricarsi di significati allegorici. Egli nella scultura rende con virtuosismo le diverse qualità della materia, la levigatezza dei corpi, il carattere frastagliato delle chiome e delle fronde, creando dinamicità tra i corpi; e ottenendo a volte un movimentato contrasto di colori ed effetti luministici e, nell'intreccio di valori plastici e pittorici (fondendo la scultura con l'architettura), esprime la nuova concezione unitaria delle arti, peculiare del barocco. Le fontane, i giochi d'acqua, simbolici della mutevolezza e instabilità della natura e dell'uomo, sono un tema ricorrente nell'arte e nella letteratura barocca. Opere: "Ratto di Proserpina" "Apollo e Dafne" "David" San Pietro: " Baldacchino ", "Cattedra " , " Colonnato" "Palazzo Barberini" "Fontana dei Fiumi" "Estasi di S. Teresa" "Scala Regia in Vaticano" |
Per Borromini l'edificio non deve essere né una rappresentazione dello spazio, né la forma allegorica di concetti religiosi o politici: esso è invece un oggetto che l'artista costruisce con quel che di meglio ha in sé.E' un fatto umano che accade nello spazio; non è la contemplazione dell'universale ma il particolare vissuto con intensità estrema. Egli concepisce la città come luogo della vita in cui l'esperienza religiosa, la quale s'intreccia con la quotidianità (quindi la città non è l'immagine unitaria dei poteri umani e divini). Per questo fatto le sue idee architettoniche e urbanistiche ebbero più successo; esse interpretano ed esprimono l'aspirazione spirituale dell'individuo e della comunità. L'architettura di Borromini è caratterizzata da un costante contrasto di forze, dall'alternanza e contrapposizione di concavità e convessità, di strutture rettilinee e curvilinee, di sporgenze e rientranze che animano ritmicamente facciate e interni Opere: San Carlino alle Quattro Fontane "Galleria di Palazzo Spada" "Oratorio dei Filippini" "Sant'Ivo alla Sapienza" |
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