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Duomo di Monreale - La struttura, Le facciate, I portali, Le navate e il soffitto, I mosaici

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Duomo di Monreale[u1] 

Il duomo di Monreale, edificio romanico dall'aspetto austero ed essenziale, dedicato a Santa Maria la Nova, fu fatto edificare da Guglielmo II Il Buono, a partire dal 1174, e pare che sia stato costruito su una preesistente chiesa bizantina. È sito su un'altura da cui domina Palermo, un vasto panorama sul mare, la "Conca d'oro" e  il "paesaggio eroico" tipico della Sicilia, che con la sua vegetazione meridionale, sembra esaltare l'eterogeneità dell'architettura.

L'imponenza dell'opera, ove l'arte è mezzo di affermazione e di glorificazione, avrebbe dovuto avere la funzione di corroborare la potenza del giovane ed ambizioso regno normanno, così come lo fu il Partenone nella Grecia classica di Pericle.



L'omogeneità del progetto d'insieme induce a supporre che la mente organizzativa, che diresse i lavori, compendiando non solo i motivi architettonici ma anche quelli plastici e decorativi, fosse unica, ma, è certo che alla realizzazione del complesso architettonico concorsero i migliori artisti e artigiani dell'epoca.

Troviamo, infatti, in un unico edificio, elementi stilistici completamenti diversi che si fondano in un unicum armonico: ne sono esempio un evidente impianto d'oltralpe esaltato da una pianta longitudinale, tipicamente occidentale, e la presenza di mosaici di derivazione bizantina, che costituiscono un tutt'uno coi motivi salienti dell'arte islamica, quali le colonne angolari, ai lati delle absidi, e la linea ogivale delle arcate, delle finestre, degli archi ciechi.

La struttura

La pianta della basilica è a croce latina ed è divisa in tre navate da alte colonne. Presenta ampie arcate perlopiù a sesto acuto, pareti sottili e un tetto orizzontale riccamente decorato. Il corpo orientale si sviluppa in un transetto largo ma corto, i cui bracci sono alti come la navata centrale, ma più bassi della crociera. Questa, con il suo tetto piatto a due spioventi, anche all'esterno sporge al di sopra degli altri corpi architettonici, come il palcoscenico di un grande teatro del XIX secolo. A est, ci sono un coro tripartito, anch'esso collegato all'interno da grandi archi acuti e tre absidi strette e allineate. L'insieme ricorda, così composto, le chiese protoromaniche del Nord più che qualsiasi altro edificio tardo romanico. Anche la crociera non è isolata, cioè non segue lo schema divenuto ormai regola in tutta l'Europa dopo il 1100.


Le facciate

La facciata principale della chiesa è fiancheggiata da due torri normanne quadrangolari fortificate, scarsamente articolate, di cui quella sinistra è stata trasformata in campanile, ed è preceduta da un portico settecentesco a tre arcate con colonne in stile dorico, sormontato da una balaustrata, sopra la quale si notano le tarsie e le arcate intrecciate, caratterizzate da una bicromia ottenuta alternando la pietra calcarea a quella lavica. Questa decorazione, tipicamente araba, si estende anche ai prospetti laterali e alle tre absidi, dove, agli archi e alle tarsie, si aggiunge un rilievo di colonnine addossate. Si evidenziano così un'infinita varietà di soluzioni e una grande creatività che evocano un'arte arabeggiante in cui l'operaio, spogliato dalla veste di schiavo, è libero di esprimersi.


I portali

Il portale maggiore, firmato e datato da Bonanno Pisano (1186), è a due battenti ed è composto da quarantadue formelle bronzee con episodi biblici, nelle quali alcune scritte abbreviate, in lingua latina o in volgare, spiegano il contenuto della scultura. A far da cornice al portale sono delle decorazioni a rilievo, alternate a decorazioni musive. Ciò indica l'assenza di una separazione tra spazio sacro e profano, e, infatti, la storia sacra scolpita nelle formelle che, introduce ad un cammino concreto ed esemplare verso il Cristo pantocratore, si fonda coi simboli della monarchia normanna (due leoni e due grifi), presenti nella parte inferiore della porta.

Il portico cinquecentesco, sito sul lato settentrionale dell'edificio e realizzato da Giovanni Domenico e da Fazio Gagini, conferisce alla severità degli esterni un tocco di raffinatezza rinascimentale e sovrasta un portale architravato ornato da fasce di mosaico, con due battenti bronzei, opera di Barisano da Trani (1179). Questi ultimi sono decorati da 28 formelle a rilievo rafuranti storie sacre, ure di santi ed evangelisti.

Le navate e il soffitto

La pianta basilicale delle dimensioni di 102 x 40 m è a croce latina, orientata verso est, secondo la tradizione bizantina. È suddivisa in tre navate delimitate da due file di nove colonne di epoca romana tutte realizzate in granito, ad eccezione della prima a destra, che è in marmo cipollino. Le colonne presentano capitelli  rafuranti divinità clipeate (tra cui le cornucopie), foglie d'acanto ed immagini di Cerere e Proserpina. Il riutilizzo di materiali ani in edifici cristiani dimostra che il cristianesimo non negava valore a ogni sforzo compiuto dall'uomo per raggiungere il mistero, anzi lo valorizzava nella certezza che Cristo fosse la risposta definitiva a ogni insicurezza dell'uomo. I capitelli hanno diverse dimensioni e sostengono archi a sesto acuto di tipo arabo. La scultura romana dei capitelli si contrappone alla decorazioni cristiane presenti nella fascia musiva ove sono rafurati delle ure umane stilizzate che lodano Dio. La crociera della navata centrale presenta quattro arcate ogivali ed è recintata anteriormente da transenne decorate da mosaici ottocenteschi. Il suo soffitto policromo, a capriate lignee è decorato da stalattiti di tipo arabo, rifatte nel 1816-37 dopo l'incendio del 1811. I soffitti delle navate laterali sono, invece, a travature scoperte. Il pavimento a dischi di porfido e granito con fasce marmoree intrecciate a linee spezzate è, in parte, originale, in parte del 1599.

I mosaici

Dietro l'altare maggiore, l'edificio termina con un santuario quadrangolare a tre absidi, che è imponente per struttura ed altezza. Tutto l'interno della chiesa al di sopra dello zoccolo marmoreo è rivestito da mosaici a fondo d'oro (6340 mq.), 130 quadri. Essi benché stilisticamente siano romanici, con le loro iscrizioni in greco, indicano l'origine bizantina e con la predominanza dei fondi aurei si rivelano estranei alla cultura occidentale. La qualità delle decorazioni non è costante: varia per finezza di disegno ed espressività. Ciò sembra rivelare verosimilmente, che l'esecuzione fu affidata ad artisti di diversa provenienza, sia bizantina, sia locale che musulmana. Il ciclo musivo, che si espande per circa 7000mq,  svolge ordinatamente una narrazione del mondo secondo la Bibbia. Le pareti superiori della navata centrale narrano storie dell'Antico Testamento, dalla creazione del mondo ad Adamo nel Paradiso terrestre (nella parete destra); dalla creazione di Eva alla sua presentazione ad Adamo (nel retro- facciata), alla tentazione di Eva a Noè che dà indicazioni per costruire l'arca (nella parete sinistra). Nel piano inferiore delle pareti della navata centrale, troviamo, a destra, episodi che vanno dalla costruzione dell'arca di Noè ad Abramo che ospita i tre angeli; nella parete sinistra, dal sacrificio di Isacco alla lotta di Giacobbe con l'angelo. A queste rafurazioni, che sono disposte secondo un ordine gerarchico ben definito, tipico dell'arte bizantina, si aggiunge, nell'abside, il Cristo Pantocratore con la corte celeste di angeli, profeti e santi. Vicino la ura imponente del Cristo benedicente c'è la scritta in greco "Jesùs Christòs o pantocràtor". Egli indossa una tunica rossa lumeggiata di oro e un manto azzurro. Il rosso e l'oro sono i colori che simboleggiano la regalità mentre l'azzurro simboleggia l'umanità, proprio ad indicare che Cristo si è rivestito della ura umana. Sotto di lui, vi è la Madonna accomnata dalla scritta greca "panacrontàs" (tutta immacolata). Le absidiole laterali sono dedicate agli apostoli Pietro e Paolo. Il transetto e parte delle navatelle destra e sinistra sono consacrati all'intero ciclo cristologico, dall'annuncio della nascita del Redentore fino alla Pentecoste. I mosaici sono un'opera teologica e teofanica perché erano, per i fedeli di quel tempo, perlopiù analfabeti, come una "Bibbia pauperum".


Gli altari

L'altare maggiore, barocco, è in porfido ed è ornato in argento e bronzo dorato. È stato realizzato da Luigi Valadier nel XVIII secolo. Nel duomo sono presenti due altari in stile barocco, uno simmetrico a quello della cappella di sinistra, l'altro in marmo con decorazione a mischio e, l'altare di Luigi IX, re di Francia. 


Tombe, sarcofagi e cappelle

All'interno del duomo di Monreale sono contenuti tre sarcofagi marmorei del 1846, rifatti sugli originali distrutti nell'incendio del 1811, contenenti i resti di Margherita di Navarra e dei li e la tomba di Guglielmo  il Buono, in marmo con decorazione a tralci, e quella di Guglielmo I, in porfido. L'edificio ospita la Cappella di S. Benedetto (1569), eretta come luogo di sepoltura dei benedettini e rivestita interamente da tarsie marmoree e rilievi di G. Marino. Sull'altare della cappella è rafurata "l'apoteosi di San Benedetto) di Marabitti. A fianco è presente la cappella di S. Castrense in sobria architettura che contiene un ciborio manieristico cinquecentesco e un quadro di Novelli, "S. Castrense". Nei pressi della cappella c'è una statua tardo cinquecentesca di "S. Giovanni".

Il tesoro

Al tesoro si accede attraverso la festosa cappella lignea del Crocifisso, ricca di intarsi marmorei e sculture (sull'altare, per esempio, si trova un crocifisso ligneo quattrocentesco di scuola siculo-catalana). Il tesoro consta di un reliquiario barocco, detto della "sacra spina" del periodo gotico, di arredi sacri (anche di fattura francese) e di una cassettina di rame smaltato del XIII secolo.


Il chiostro

Il chiostro confina con il fianco meridionale del Duomo e fu eretto per volontà di Guglielmo II nella seconda metà del XVII secolo. Esso racchiude in un piccolo spazio un intero campionario di forme e sculture desunti dall'arte provenzale, borbognona, araba e dal classicismo dell'area salernitana. Il chiostro descrive un quadrato perfetto, di lato 47 m, scandito da 228 colonnine tutte binate lisce o intarsiate, ad eccezione di quelle degli angoli che formano gruppi di quattro e sono a rilievo. Le colonnine laterali sono particolarmente curate, quelle dell'angolo Nord-Ovest presentano motivi vegetali e uccelli rapaci, quelle dell'angolo Sud-Ovest la Missione degli Apostoli, la fuga in Egitto e la presentazione al tempio, quelle dell'angolo sud-est maestose ure isolate (la chiesa, la sinagoga, Constantio ed Elena ai lati della croce, ure maschili e profeti), quelle dell'angolo Nord-Est l'arcangelo Gabriele che annunzia la nascita di Gesù alla Vergine, il gruppo della visitazione, Maria ed Elisabetta, l'annunzio ai pastori e l'adorazione dei re magi con il corteo a cavallo. Un'elegante peculiarità delle colonnine è l'esser decorate con motivi e materiali diversi, dall'oro ai mosaici, dalle pietre preziose alla lava, dalle foglie stilizzate alle rosette, dalle teste di fiere a zampe di leone e dalle ure umane a quelle di lucertole e rane.  La loro esecuzione presenta grandi differenze qualitative. Sulle colonnine si trovano capitelli mirabilmente scolpiti, che appaiono quasi cesellati, data la finezza del taglio. I soggetti rafurati sono vari: non sono presenti solo gli elementi dei bestiari medievali, ma anche ure bibliche, scene ane, animali, allegorie dei mesi, classicheggianti foglie d'acanto, puttini, elementi simbolici e l'immancabile Guglielmo II, rafurato nell'atto di offrire la basilica alla vergine. Degli abili artefici dei capitelli si sa ben poco: ci è pervenuto il nome solo di uno di essi, Romanus, marmorario lio di Costantino. La collocazione dei capitelli più elaborati e ricchi di contenuto didascalico fu decisa in funzione dei principali ingressi e luoghi di passaggio. Per esempio, il doppio capitello della Dedica, ovvero quello di Guglielmo, realizzato molto probabilmente da maestranze della Francia meridionale, (19°capitello, lato ovest) è posto tra il refettorio e la fontana. Altre rafurazioni degne di nota sono quella del dio Mitra (5° capitello, lato sud, partendo da ovest, che rappresenta il dio persiano in groppa ad un toro, un fanciullo che cavalca un ippocampo e uno che cavalca una sirena), quella dell'acrobata (23°capitello, lato sud, che si ritrova anche nel Chiostro di Cefalù), quella di Adamo ed Eva, della cacciata dal paradiso e del sacrificio di Isacco (7° capitello, lato est).

Le colonnine sorreggono agili archi ogivali a doppia ghiera. Su di essi è presente una cordonatura, del tutto avulsa dalla struttura che si interrompe all'altezza dei capitelli. Fra le sue ragion d'essere, pare prevalere quella che la ritiene un punto d'appoggio per telai di legno che, chiudendo la parte rettangolare delle arcate, erano chiamati a proteggere il passeggio dei monaci dalla calura e dalle intemperie.

Sugli archi, intramezzata solo dalla cordonatura, si snoda una pregevole fascia ornamentale incrostata di lava e calcare.

All'angolo sud-ovest del Chiostro, un piccolo recinto quadrato di tre arcate, racchiude il chiostrino, poetica e suggestiva appendice interna che impreziosisce l'equilibrio dello spazio, al centro della quale, da una colonna che evoca la forma di una palma, zampilla l'acqua che, fuoriuscendo da bocche umane e leonine, alimenta la piccola vasca rotonda sottostante. La colonna è sormontata da una sfera in marmo con ure in piedi, teste e foglie a rilievo. [i]


Sitografia

www.wikipedia.it

www.palermo.web

Bibliografia

Cfr. Kubach, Architettura romanica, . 178-l80, Electa, Milano

Cfr. P. Adorno, L'arte italiana, Dall'alto medioevo all'arte gotica, . D'Anna, Messina-Firenza




[i] Realizzato da Francesca Arcidiacono


 [u1]Importantissimo. Inserire ine del libro blu! ! !




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