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COMPETENZA DIRITTO PROCESSUALE CIVILE

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COMPETENZA DIRITTO PROCESSUALE CIVILE

La competenza è un criterio positivo, è il legislatore a dirci quando c'è competenza e quando non c'è; essa è la quantità di giurisdizione che spetta a ciascun giudice nell'abito dello stesso ordinamento giudiziari. Al giudice naturale precostituito per legge si arriva grazie all'individuazione dei criteri di competenza. Nell'ordinamento civile esistono tre criteri di competenza: materia, valore e territorio.

La competenza per materia (che è sempre inderogabile) è determinata dalla legge (ad esempio la competenza in materia di lavoro è attribuita dalla legge al tribunale). Il giudice di pace ha una competenza per materia ridottissima (art.7 c.p.c. che individua le materie che sono di competenza del giudice di pace). Per il tribunale è fondamentale la competenza per materia perché esclude quella per valore (art.9 c.p.c. che individua le materie che sono di competenza del tribunale).

La competenza per valore (che è sempre inderogabile e che dipende dal valore del bene) è una competenza "secca" perché prescinde dalla difficoltà della causa. Il valore della causa si determina in base alla domanda proposta dall'attore (art.10 c.p.c. che individua i criteri di determinazione del valore della causa); se sono proposte più domande nei confronti della stessa parte queste si sommano (la domanda di capitale si somma con quella di interessi e di risarcimento dei danni). Il giudice di pace in generale è competente per valore fino a 5 milioni di lire, fino a 30 milioni per il risarcimento danni per infortunistica stradale; oltre i 5 milioni ed i 30 milioni la competenza è del tribunale



La competenza per territorio che può essere derogabile (quando le parti possono raggiungere un accordo in base al quale le cause non le decide il giudice previsto ma le decide il giudice designato dalle parti) o inderogabile (quando, come stabilisce l'art.28 c.p.c., non è possibile prevedere clausole dirette a spostare la competenza, questo avviene ad esempio nel caso del lavoro o delle locazioni). Per questo criterio di individuazione della competenza è importante il foro per cui si intende il luogo in cui ha sede l'ufficio giudiziario; vi sono vari fori: un foro generale (che dovrebbe valere per tutte le possibili ipotesi) e dei fori speciali (che valgono per singole controversie) che possono essere esclusivi (come ad esempio avviene per le cause che hanno ad oggetto gli immobili) o concorrenti (cioè i fori detti alternativi che concorrono con quello generale a scelta dell'attore; un esempio di questi può essere quello scelto per la cause sulle obbligazioni).

La competenza per materia esclude quella per valore, se non c'è la competenza per materia si deve considerare la competenza per valore ed infine per individuare il giudice (inteso come ufficio giudiziario e non come persona fisica) al quale bisogna andare è necessaria competenza per territorio.

Mentre il criterio della competenza per materia e quello per valore sono definiti criteri "verticali" perché individuano il giudice astrattamente competente tra il tribunale ed il giudice di pace, il criterio della competenza per territorio può essere definito "orizzontale" perché una volta individuato il giudice devo stabilire a quale giudice sul territorio devo proporre la domanda. Nel 1865 il difetto di competenza per materia o per valore poteva essere eccepito o rilevato d'ufficio in ogni stato e grado del processo (così come per il difetto di giurisdizione); di fronte ad un eccezione o ad un rilievo di ufficio del difetto di competenza il giudice doveva dichiararsi sfornito di competenza ed il processo si chiudeva, di conseguenza il soggetto che aveva interesse a che il processo andasse avanti era costretto a proporre un'altra domanda dinanzi ad un altro giudice con il rischio di rivolgersi nuovamente ad un giudice privo di competenza; per evitare questo rischi la dottrina propose un doppio sistema, cioè quello del vincolo (perché il giudice incompetente doveva indicare nella sentenza il giudice ritenuto competente che rimaneva vincolato) e quello della continuazione (perché il processo continuava presso il nuovo giudice). Il sistema proposto dalla dottrina è passato solo in parte; infatti nel codice di procedura civile del 1940 è passato il sistema della continuazione mentre non è passato del tutto il sistema del vincolo infatti sono state sottoposte a tre discipline le tre competenze:

quella per materia e quella per territorio inderogabile che potevano essere rilevate in ogni stato e grado del processo e non vincolavano il giudice indicato come competente (infatti poteva adire la Corte di cassazione per ottenere il regolamento di competenza d'ufficio);

quella per valore che poteva essere eccepita solo in primo grado e vincolava il giudice;

quella per territorio derogabile (semplice) che poteva essere eccepita solo dal convenuto (che doveva anche indicare il giudice competente) e vincolava anch'essa il giudice indicato come competente.

Il sistema del 40 ha fatto parlare di competenze deboli (quella per territorio semplice e quella per valore in quanto vincolavano il giudice ed erano derogabili) e competenze forti (quella per materia e quella per territorio inderogabile che non vincolavano il giudice e non potevano essere derogate). Questo sistema cambia nel 1990 perché il legislatore ritiene di attribuire alla competenza un rilievo minore. La norma di riferimento è l'art.38 c.p.c. che stabilisce che la competenza per materia (insieme con quella per territorio inderogabile) e la competenza per valore vengono assoggettate alla stessa disciplina ed è solo questo che cambia, cioè l'inderogabilità, mentre per ciò che riguarda il vincolo la disciplina rimane la stessa. Praticamente oggi l'incompetenza per materia, per valore e per territorio inderogabile possono essere rilevate d'ufficio o eccepite dalle parti entro l'udienza di trattazione (cioè la seconda udienza del processo dopo la prima che è quella di izione); quindi l'incompetenza può essere rilevata solo all'inizio e non più in tutti i gradi del processo (come invece accadeva prima). Per quanto riguarda la competenza per territorio derogabile (semplice) rimane assoggettata allo stesso criterio, cioè può essere eccepita solo dal convenuto nella sa di risposta (che è il primo atto del convenuto). Se si tratta di una competenza per valore o per territorio derogabile il giudice indicato è vincolato (deve decidere la causa); se invece si tratta di competenza per materia o per territorio inderogabile il giudice indicato non è vincolato e l'unica cosa che può fare è proporre il regolamento di competenza d'ufficio. Le norme in realtà non sono state modificate per cui il giudice quando si dichiara incompetente deve dichiarare quello competente e valgono gli stessi vincoli già visti. La dottrina ritiene che non esista più una differenza tra competenze deboli e competenze forti, perché l'incompetenza per materia va rilevata entro la seconda udienza (non più in ogni stato e grado del giudizio) e questo implica che vi è una disciplina meno forte; quindi secondo la dottrina tutto il sistema delle competenze è debole e ciò fa affermare che la riforma del 1990 ha abrogato tacitamente il regolamento di competenza d'ufficio poiché il secondo giudice (quello indicato) è comunque vincolato in quanto la competenza non è più forte.

Tale dottrina viene ribattuta visto che esistono norme che non sono state abrogate come ad esempio l'art.45 c.p.c. (che prevede la possibilità di chiedere il regolamento d'ufficio) per cui l'interprete non può affermare che tale norma sia stata abrogata e non esiste più (la cassazione è d'accordo con questa affermazione contraria all'opinione della dottrina). Per capire come si decide sull'eccezione di incompetenza bisogna considerare le norme costituite dall'art.187 c.p.c. (provvedimenti del giudice istruttore) e dall'art.279 c.p.c. (forme dei provvedimenti del collegio). Secondo l'art.187 anche per la competenza abbiamo (come per la giurisdizione) la possibilità del giudice di decidere la questione di competenza subito (e questo accadrà sicuramente se reputa fondata la questione e maggior ragione se la sollevata d'ufficio) oppure di aspettare e rinviare la decisione sulla questione di competenza alla chiusura del processo per decidere insieme sulla competenza e sul merito (e questo accadrà sicuramente se reputa infondata la questione). ½ sono delle differenze a seconda che il giudice sia monocratico (ed in questo caso non sorgono problemi) o collegiale. Infatti se il tribunale è collegiale il giudice istruttore potrà precludere al collegio la possibilità di decidere sulla competenza qualora non rilevi il difetto di competenza; quindi possiamo dire che a differenza del difetto di giurisdizione quello di competenza non è rilevabile in ogni stato e grado del processo.




a) sentenza definitiva di incompetenza

con indicazione del giudice competente;

Il giudice decide subito

e solo sulla questione

di competenza.

b) sentenza non definitiva con la quale

il giudice si dichiara la competente;



Eccezione

di competenza   c) il giudice si dichiara incompetente ed

indica quello competente;


d) il giudice decide con una sentenza che

ha due capi (un capo sulla competenza

ed un capo sul merito) accogliendo la

Il giudice decide alla fine domanda al 100%;

con una sentenza definitiva

che attiene sia alla competenza e) il giudice accoglie la domanda in parte;

che al merito.

f) il giudice rigetta la domanda.







Quando si decide subito sulla competenza:

Nell'ipotesi a) l'attore, in questo caso parte soccombente, può non essere d'accordo con il giudice e proporre il regolamento necessario di competenza oppure può essere d'accordo con il giudice e quindi dovrà riassumere la causa dinanzi al giudice indicato come competente che a sua volta se si trattava di incompetenza per materia o per territorio inderogabile può proporre il regolamento di competenza d'ufficio (se non vi è regolamento di competenza o se la parte soccombente, cioè l'attore, impugna la sentenza con il regolamento di competenza e la cassazione decide che la competenza è del giudice indicato, dinanzi a quest'ultimo le parti devono riassumere a causa; il termine per riassumere il processo viene sospeso quando con la proposizione del regolamento di competenza ed il termine riprende quando la cassazione ha deciso).

Nell'ipotesi b) invece è il convenuto ad essere la parte soccombete rispetto alla decisione del giudice e se non è d'accordo può proporre il regolamento necessario di competenza (se la parte soccombente, il convenuto, impugna la sentenza con il regolamento di competenza il processo si sospende e sulla competenza decide la cassazione).

Sia in un caso che nell'altro il regolamento di competenza è l'unico mezzo di impugnazione è per questo si tratta del regolamento necessario di competenza che sospende il termine per la riassunzione (se lo propone l'attore o il giudice indicato come competente) o il processo (se lo propone il convenuto).

Quando si decide alla fine sulla competenza (perché probabilmente il giudice già ritiene infondata la questione e non vuole perdere tempo):

Nell'ipotesi c) il giudice dichiara la sua incompetenza con sentenza definitiva (perché chiude il giudizio dinanzi a se) ed indica il giudice competente dinanzi al quale andrà riassunta la causa; questi potrà proporre il regolamento di competenza d'ufficio (avremo lo stesso caso di prima).

Nell'ipotesi d) il giudice rigetta l'eccezione di incompetenza ed emana una sentenza che presenza due capi: quello con il quale stabilisce di essere competente (in questo capo risulta soccombente il convenuto) e quello con il quale decide la questione nel merito accogliendo la domanda dell'attore al 100% (quindi anche in ordine al merito il convenuto risulta soccombente). A seguito di questo tipo di sentenza il convenuto può o proporre il regolamento facoltativo di competenza (che sospende il termine per riassumere il processo in appello) oppure agire in via ordinaria con l'appello (se il convenuto agisce prima con l'appello non può più proporre il regolamento di competenza, viceversa se viene proposto prima il regolamento dopo la decisione sulla competenza può essere proposto l'appello).

Anche nell'ipotesi e) il giudice rigetta l'eccezione di incompetenza ed emana una sentenza che presenza due capi: quello con il quale stabilisce di essere competente (in questo capo risulta soccombente il convenuto) e quello con il quale decide la questione nel merito ma questa volta accogliendo la domanda dell'attore in parte (quindi in ordine al merito sia il convenuto che l'attore risultano in parte soccombenti ed in parte vincenti). A seguito di questo tipo di sentenza il convenuto può proporre il regolamento facoltativo di competenza (anche se l'attore ha proposto l'appello che in questo caso non preclude il regolamento).

Nell'ipotesi f) il giudice rigetta l'eccezione di incompetenza ed emana una sentenza che presenza due capi: quello con il quale stabilisce di essere competente (in questo capo risulta soccombente il convenuto) e quello con il quale decide la questione nel merito ma questa volta rigettando la domanda dell'attore (in questo capo risulta soccombente l'attore anche se ha vinto sulla competenza). A seguito di questo tipo di sentenza il convenuto potrebbe proporre il regolamento facoltativo di competenza ma non lo farà perché tanto ha vinto nel merito; mentre l'attore può solo impugnare in appello la sentenza.

In conclusione possiamo dire in generale che se si ha una sentenza solo sulla competenza possiamo ricorrere se siamo soccombenti al regolamento necessario di competenza; mentre se si ha una sentenza con un capo sulla competenza ed un capo sul merito possiamo ricorrere al regolamento facoltativo di competenza poiché in alternativa abbiamo l'impugnazione ordinaria. Il regolamento di competenza è l'impugnazione prevista per i provvedimenti sulla competenza (art.42 c.p.c. e art.43 c.p.c.). L'art.323 c.p.c. (mezzi di impugnazione) individua i mezzi di impugnazione; in dottrina si era pensato di non qualificare il regolamento di competenza come un'impugnazione cosicché avrebbero potuto proporlo tutti, ma questa versione non è stata accettata. Per poter utilizzare il regolamento di competenza è necessaria una sentenza; esso inoltre può essere proposto solo dal soccombente. A differenza del regolamento di giurisdizione quello di competenza è un'impugnazione. L'art.42 c.p.c. (regolamento necessario di competenza) stabilisce che se la sentenza si pronuncia solo sulla competenza l'unico mezzo di impugnazione che ha la parte è il regolamento di competenza (quindi mezzo necessario) dinanzi alla Corte di cassazione; per il soccombente l'appello a riguardo è inammissibile ed infatti esso avrebbe la conseguenza di far passare in giudicato la sentenza. L'art.43 c.p.c. (regolamento facoltativo di competenza) stabilisce che la sentenza che ha deciso sia sulla competenza che sul merito può essere impugnata dalla parte sia con il regolamento di competenza che con i mezzi di impugnazione ordinaria; se la parte opta per il regolamento potrà impugnare solo il capo della sentenza che riguarda la competenza, mentre se opta per l'appello potrà impugnare sia il capo sulla competenza che quello sul merito. Il regolamento di competenza facoltativo si è dimostrato un istituto a favore del convenuto in quanto nel 1940 una sentenza di 1° grado non era esecutiva (occorreva attendere che passasse in giudicato oppure che vi fosse il giudizio d'appello), questo serviva al convenuto che proponendo il regolamento di competenza sospendeva i termini per proporre l'impugnazione ordinaria. Quindi il regolamento facoltativo consente al soccombente prima di proporre il regolamento di competenza e poi l'appello. Secondo il 3° comma dell'art.43 c.p.c. non è possibile che il soccombente prima proponga l'impugnazione ordinaria e poi il regolamento perché con l'impugnazione ordinaria si propongono tutte e due. Se ci sono più convenuti tutti soccombenti può accadere che non vengano difesi tutti allo stesso modo se hanno avvocati diversi; l'art.43 al 2° comma stabilisce che l'impugnazione ordinaria presentata da uno dei convenuti soccombenti non toglie agli altri la facoltà di proporre il regolamento, ma chi propone il regolamento prevale sugli altri sospendendo il processo. Il regolamento di competenza prevale sull'impugnazione ordinaria anche qualora viene chiesto da una parte dopo l'impugnazione ordinaria. Si ha soccombenza reciproca quando il processo non vede vincitore assoluto uno dei due soggetti (ad esempio il caso in cui l'attore propone una domanda di risarcimento di 100 milioni ed il giudice gli riconosce solo un somma di 60 milioni; in questo caso l'attore ed il convenuto sono in parte vincitori ed in parte soccombenti); in questo caso abbiamo sempre che l'attore può proporre solo l'impugnazione ordinaria mentre il convenuto può proporre sempre o il regolamento o l'appello ma questo per la parte che l'ha visto soccombente. Il fatto che il convenuto abbia questa scelta tra le due facoltà lo pone in una situazione di favore perché il legislatore da la preferenza al regolamento di competenza rispetto all'impugnazione ordinaria. Infatti se vi è un processo d'appello questo viene sospeso dal regolamento di competenza. L'art.48 c.p.c. (sospensione dei processi) collega la sospensione ad un mero atto di parte e non ad un'attività del giudice, infatti non è richiesto un provvedimento del giudice, quindi possiamo dire che l'art.48 c.p.c. prevede una sospensione automatica del processo qualora viene sollevato il regolamento di competenza.


La sentenza che riguarda la competenza secondo la dottrina e la giurisprudenza deve ricollocarsi nell'art.43 c.p.c. Un'altra lettura minoritaria preferita dal prof. Liuzzi non esamina, partendo dagli artt.42 e 43 c.p.c., tutti i tipi di sentenze.

Il regolamento di competenza poiché ha un effetto automatico che sospende il processo è pericoloso in quanto blocca appunto il processo (o sospende il  processo in corso o sospende il termine per la riassunzione); quindi va contro la ragionevole durata del processo prevista dall'art.111 Cost. Il regolamento facoltativo di competenza è quello più pericoloso perché impedisce al processo di appello di proseguire. Oggi la situazione è cambiata perché il regolamento facoltativo di competenza ha perso una serie di motivi per essere proposto. Oggi infatti la sentenza di 1° grado è esecutiva per cui il convenuto non ha motivi di proporre il regolamento facoltativo di competenza perché altrimenti cristallizzerebbe la situazione non potendo proporre l'appello che invece potrebbe cambiare la situazione. Attualmente è il regolamento necessario di competenza che presenta aspetti negativi infatti è stato proposto di togliere gli effetti sospensivi del regolamento sul processo oppure di dichiarare incostituzionale il regolamento stesso. Il regolamento di competenza fa risolvere la questione di competenza alla cassazione a sezioni semplice con una decisione che non ha più la forma della sentenza ma quella dell'ordinanza. La decisione della cassazione ha efficacia vincolante: vincola i giudici che dovessero essere aditi sulla stessa questione, quindi ha efficacia panprocessuale; mentre la decisione dei giudici di merito ha efficacia endoprocessuale. Ai problemi di competenza si affiancano quelli di rito; a tal proposito bisogna analizzare le controversie di lavoro. L'atto introduttivo nelle cause ordinarie è la citazione (prima notificata al convenuto e poi registrata in cancelleria) mentre nelle cause di lavoro l'atto introduttivo è il ricorso (prima depositato in cancelleria dal giudice che fissa l'udienza e poi notificato al convenuto). Nel processo del lavoro le parti devono "scoprire tutte le sectiune" fin dai primi atti (l'attore nel ricorso ed il convenuto nelle memorie difensive) altrimenti non possono più farlo successivamente per preclusioni; mentre nel processo ordinario esistono preclusioni ma sono preclusioni differenziate, cioè scattano prima con riferimento ai fatti e poi con riferimento alle prove (nel senso che nel processo ordinario le parti devono subito esporre i fatti, ma poi possono indicare dopo le prove dei fatti, testimoniali o documentali che siano, differentemente da quanto avviene nel processo del lavoro. Nel processo del lavoro il giudice alla conclusione del processo pronuncia la sentenza dando lettura del dispositivo come avviene nel processo penale; mentre nel processo ordinario questo non accade e la sentenza si conosce con il deposito in cancelleria del tribunale (non c'è la lettura). In sostanza mentre nel rito ordinario la fase introduttiva del processo è costituita da: l'atto di citazione, la sa di risposta del convenuto, l'udienza di izione, l'eccezioni del convenuto e l'udienza di trattazione; nel rito del lavoro invece la fase introduttiva del processo è costituita da: il ricorso, l'attività del convenuto (memoria difensiva da depositarsi 10 giorni prima dell'udienza di discussione) e l'udienza di discussione. L'art.426 c.p.c. (passaggio dal rito ordinario al rito speciale) prevede l'ipotesi in cui un soggetto promuove l'azione con il rito ordinario pur trattandosi di una causa di lavoro; qui la domanda viene proposta davanti al tribunale che è giudice competente per le cause di lavoro e quindi non si ha un problema di competenza ma solo di rito. Nel caso in questione il giudice deve disporre con ordinanza il mutamento del rito e deve farlo fissando l'udienza di cui all'art.420 c.p.c. ed il termine perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere all'integrazione degli atti introduttivi. L'art.427 c.p.c. (passaggio dal rito speciale al rito ordinario) prevede l'ipotesi in cui un soggetto promuove l'azione dinanzi al tribunale con il rito del lavoro per una causa che non è di lavoro.


In questo caso il legislatore prevede due ipotesi:

L'ipotesi in cui il tribunale è comunque competente; in questo caso il giudice non dovrà fare altro che disporre con ordinanza il mutamento del rito passando dal rito speciale del lavoro al rito ordinario imponendo inoltre alle parti di mettersi in regola sotto il profilo fiscale (infatti mentre le cause di lavoro sono esenti dal bollo, quelle che si svolgono con il rito ordinario sono assoggettate all'imposta su bollo).

L'ipotesi in cui il tribunale non è comunque competente perché vi è una competenza per valore del giudice di pace (unica ipotesi visto che non esiste più il pretore); in questo caso il tribunale deve disporre il mutamento del rito ma deve anche ordinare che la causa venga riassunta davanti al giudice competente, ma qui il legislatore ha continuato a prevedere la forma dell'ordinanza anche se viene in discussione una questione di competenza e questo per evitare che il provvedimento fosse impugnabile.

A quest'ultimo proposito la cassazione ha ritenuto che quell'ordinanza fosse in realtà una sentenza perché in tema di competenza il giudice deve sempre pronunciarsi con sentenza; quindi se quell'ordinanza in realtà è una sentenza allora vorrà dire che viene ridata alle parti la possibilità di impugnarla. In realtà le previsioni degli artt.426 e 427 c.p.c. si verificano difficilmente visto che non esiste più il pretore. L'art.428 c.p.c. (incompetenza del giudice) si occupa solo dei problemi di competenza, ma non di tutti i problemi di competenza; infatti qui si fa riferimento ai problemi di competenza che sorgono nei casi in cui una domanda sia stata proposta ad un tribunale in funzione di giudice del lavoro incompetente.

Il 1° comma dell'art.428 c.p.c. finisce col fare riferimento solo all'ipotesi dell'incompetenza per territorio (ad esempio domanda presentata anziché al tribunale di Foggia a quello di Lucera). Il convenuto nella sa di risposta, oppure il giudice nell'udienza di discussione, deve rilevare l'incompetenza. La disciplina del 1973 che anticipa la riforma del 1990 prevedeva che il momento del rilievo d'ufficio dell'incompetenza (da parte del giudice) dovesse essere anticipato all'udienza di discussione. Nel processo del lavoro l'eccezione di incompetenza può essere sollevata dal convenuto nella memoria difensiva da depositare 10 giorni prima, oppure può essere depositata dal giudice all'udienza di discussione; se non lo si fa subito dopo non si può più eccepire l'incompetenza per territorio. Un'ipotesi non prevista dagli artt.426, 427 e 428 c.p.c. è quella in cui si propone una controversia di lavoro come se non lo fosse e la si propone davanti al giudice di pace; in questo caso, in cui abbiamo oltre ad un problema di rito anche un problema di competenza, i giudice di pace dovrà dichiararsi incompetente ed indicare come competente il tribunale in funzione del lavoro.





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