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DIRITTO CANONICO

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DIRITTO CANONICO

Sembra che a Bologna, negli stessi anni in cui insegnava Irnerio, ci fosse anche uno studente di nome Graziano, nato a Camaldoli, che si formò, poi, nel monastero di Classe (in periferia di Ravenna).

Irnerio muore intorno al 1125.

Nel 1140, quindici anni dopo la morte di Irnerio, Graziano scrive un'opera - CONCORDIA DISCORDANTIUM CANONUM (=la concordia dei canoni discordanti), nota come DECRETUM (di Graziano).

Si tratta di un'opera monumentale, divisa in tre parti.

Graziano utilizza un criterio ed una metodologia completamente nuova, che ci dice che si è aperto il basso medioevo (il nuovo medioevo). Egli fa una sorta di "mosaico" del materiale giuridico pontificio esistente, ma per fare questo Graziano usa un metodo nuovo, cioè usa 4 criteri, che lui chiama RATIONES:

RATIO TEMPORIS - (che applichiamo anche adesso) = la legge posteriore deroga la legge anteriore.



RATIO LOCI = una decretalis pontificia fatta in Normandia e una decretalis pontificia fatta in Sicilia non si può pensare che abbiano lo stesso contenuto: se non coincidono è perché una ha efficacia in Normandia e l'altra ha efficacia in Sicilia.

RATIO SIGNIFICATIONES = due norme contrastanti in realtà non sono contrastanti: basta guardare al significato di tutte le parole e il contrasto non c'è. Attraverso il vocabolario ricaviamo il significato e, a volte, si possono sciogliere delle apparenti discordanze.

RATIO DISPENSATIONES = due norme apparentemente contrastanti non sono contrastanti, perché hanno un legame logico, uno di regola ed uno di eccezione: quindi, non sono contrastanti, ma sono in funzione subordinata.

Per la prima volta Graziano, un monaco, usa criteri da giurista che useremmo anche noi, oggi, ma li usa in una compilazione di brani canonistici, che spesso non sono giuridici, ma a volte sono solo religiosi, e gli da una valenza religiosa.

Rispetto a Burcardo di Worms il risultato di tutto questo si capisce meglio ricordando i libri penitenziali: se compio un omicidio, compio un peccato; se penso di commettere un omicidio, per S. Colombaro è un peccato, ma per il diritto non è un reato. E questa è la differenza che fa Graziano: lui distingue, grazie alla sua mentalità giuridica, i peccati dagli atti giuridicamente rilevanti. Questo non vuole dire che lui i peccati non li considera gravi e non li voglia punire, ma attraverso questa operazione (critica logica da giurista) distingue, per la prima volta:


TEOLOGIA  DIRITTO CANONICO




Si deve occupare di tutte   Si occupa solo degli atti

le azioni umane e di tutti giuridicamente rilevanti.

i pensieri umani: non fa

differenza se sono

giuridicamente rilevanti

o meno.


Con Graziano nasce il diritto canonico, proprio perché usa criteri giuridici a materiale canonistici: è il primo ad utilizzare criteri giuridici.

Graziano non distingue il diritto canonico dal diritto civile: DISTINGUE LA TEOLOGIA DAL DIRITTO CANONICO, cioè è una distinzione interna al mondo della chiesa.

Graziano è un monaco e con lui succede un fenomeno straordinario.

Graziano fa una compilazione privata, che ha un successo straordinario: la si glossa, la si studia quasi come se fosse una compilazione giustinianea.

I pontefici cominciano a capire che devono offrire anche loro un materiale simile a quello giustinianeo.

Dopo Graziano:

GREGORIO IX - LIBER EXTRA (o LIBER DECRETALIUM, cioè il libro delle decretali - 1234) = contiene tutto ciò che sta fuori il decreto di Graziano, organizzato in cinque libri.

BONIFACIO VIII - LIBER SEXTUS (1298) = è come se fosse il sesto libro, rispetto ai cinque libri. E' interessante notare che questo libro non ha il libro IV: è sempre diviso in cinque libri, ma il libro IV non c'è.

CLEMENTE V - CLEMENTINAE (1327) che però non riesce a pubblicare in vita, allora la pubblica GIOVANNI XXII, suo successore, il quale, a sua volta, aveva fatto altre norme, le EXTRAVAGANTES.

Tutto ciò forma la compilazione canonistici.

Nel 1500 un editore francese, JEAN CHAPPUIS, prende il decretum di Graziano, il liber extra, il liber sextus, le clementinae  e tutte le extravagantes, e tutto questo diventa il CORPUS IURIS CANONICI, anche questo diviso in cinque libri.



Quando si parla di "utrunque ius" (=tutti e due i diritti), si intendono i principi tratti dal diritto civile e dal diritto canonico.

Però, questa espressione, in questo modo, vuole dire soltanto l'uno e l'altro diritto, ma assume un significato più pregnante se lo consideriamo sotto due punti di vista:

all'inizio ha prestigio soprattutto la laurea in diritto civile, che di regola non è formalizzata ma dura per circa 8 anni, mentre in 6 anni la laurea di diritto canonico (ma all'inizio il diritto canonico è visto come una scelta di prestigio interiore e i civilisti lo vedono con un certo distacco);

successivamente nelle facoltà di giurisprudenza si studia sia il diritto civile che il diritto canonico, per cui, alla fine, si prende l'addottoramento in DOCTOR IN UTROQUE IURE, cioè chi si laurea, si laurea in entrambi i diritti.

Tutto questo è importante sotto un altro punto di vista: nel bagaglio culturale conoscitivo dei giuristi medievali dell'età moderna fa sì che tutte le costruzioni logiche dei principi siano tratte dall'utrunque ius.

Quindi, l'utrunque ius è importante perché indica, da un certo momento in poi, il corso normale degli studi dei doctores, che è appunto un bagaglio di formazione ampio e il più completo che ci sia.


GLOSSA = esegesi puntuale applicata alle singole parole della legge.


Nella prima metà del 1200 emergono due grandi giuristi (sempre a Bologna): ACCURSIO e ODOFREDO.

Perché li ricordiamo entrambi e insieme? Perché una leggenda ci racconta un fatto: le glosse erano aumentate a dismisura. Accursio e Odofredo erano rivali: tenevano due scuole differenti. Si dice che ad un certo punto Accursio finge di stare poco bene e si chiude in casa per un certo periodo di tempo. Successivamente Accursio esce di casa con la sua opera che, in effetti, lo tramanderà nei secoli successivi: la cosiddetta MAGNA GLOSSA (o GLOSSA ACCURSIANA).

Siamo nella prima metà del 1200: Accursio e Odofredo avevano entrambi il problema di selezionare, in qualche modo, tutte le glosse che si erano venute a creare, che erano troppe e in qualche modo andavano selezionate.

Provvidero ad eliminare questi inconvenienti utilizzando i loro metodi, profondamente differenti:

ACCURSIO usa il metodo dell' APPARATUS: per "apparatus" intendeva un insieme di glosse preparate per quella determinata parte del corpus iuris (=insieme di glosse omogenee  in una parte del corpus iuris).

ODOFREDO usa il metodo della LETTURA = (leggere e spiegare il testo giustinianeo, spiegazione che poi rimane nella glossa).

Vediamo tutto questo attraverso un disegno:






ACCURSIO ODOFREDO

Apparato di glosse alla Per praticità, se il

compilazione giustinianea testo giustinianeo e ci

che sta all'interno: le glosse   sono tutte le glosse copiate

contornano il testo   su due colonne. Queste due

giustinianeo, il quale resta colonne non sono altro che

sempre presente al centro.    la LETTURA al corpus iuris.


Sono due modi per risolvere la congestione di glosse sul testo.

In questa "guerra" di rivalità vincerà Accursio, tant'è vero che da questo momento in poi la Magna Glossa diventerà il testo ufficiale degli studenti che si porteranno nelle aule universitarie, non solo il corpus iuris, ma attorno la glossa accursiana: i docenti spiegheranno non solo il corpus iuris, ma anche la glossa accursiana, che è diventata talmente importante da essere considerata come parte integrante del testo giustinianeo.

Notiamo poi anche una differenza: Accursio rimane sempre su principi generali e astratti, non fa esempi pratici, ma questo forse è il motivo per cui ha avuto successo, perché questa sua generalità e astrattezza lo rende più idoneo ad integrarsi con l'astrattezza della norma giustinianea; Odofredo, invece, fa molti esempi tratti dalla vita pratica, cioè cerca un collegamento con la realtà.

In questa panoramica sono venute fuori delle parole nuove:

APPARATUS = insieme di glosse dove la centralità della compilazione giustinianea rimane sempre presente.

LETTURA = non è altro che leggere il testo giustinianeo, quindi è un termine molto generico, però con un'accezione più stretta vuole dire un sistema di approccio al testo, che è quello odofrediano, che è incentrato soprattutto sulla spiegazione del maestro.

Facciamo ora una rapida panoramica di altri strumenti che usano i giuristi per spiegare il testo:

SUMMA = concentrato di spiegazioni: anche questa non ha la compilazione giustinianea in mezzo, è su due colonne ed è un concentrato di alcune parti del corpus, di regola si tratta del codice: infatti, si parla della "summa codicis" = sono dei piccoli manuali concentrati, che riportano una sintesi di quanto contenuto nel codice.

BROCARDA = parole mnemoniche che servono al giurista per enucleare alcuni principi: ad esempio, "la legge posteriore deroga la legge anteriore" = servono al giurista per le sue argomentazioni.

RACCOLTE DI DISTINCTIONES = Modo di ragionare: quando si fa un certo ragionamento giuridico si usa l'aut aut (che vuole dire o, o). Esempio: per interpretare una norma di Giustiniano ci sono due ipotesi, o l'attore si presenta prima o si presenta dopo: se si presenta prima, o da la cauzione, o non la da . . . = si forma una specie di albero, dove con tanti "aut" la fattispecie unica e complessa viene smembrata in tante ipotesi più semplici e più adattabili alla realtà = sono appunto le "distinctiones" consistenti nell'aut aut.

Di particolare importanza dobbiamo vedere:

QUESTIO = molto simile all'aut aut (ma questo mette le cose su un piano uguale), questa è la forma del "sic e non": presa una domanda, per la soluzione positiva ci sono una serie di argomentazioni favorevoli; per la soluzione negativa ci sono una serie di argomentazioni negative; alla fine c'è una soluzione di questi due poli contrastanti. Questo modo di ragionare lo ereditano i giuristi, ma diventa interessante, perché diventa un modo di lavorare tra docente e studenti all'università, attraverso le QUAESTIONES PUBLICES DISPUTATE: i docenti erano obbligati a fare, nel corso dell'anno, delle questioni pubbliche con gli studenti, perché bisognava leggere il corpus iuris e gli statuti universitari obbligavano il docente a rispettare il programma: ogni giorno bisognava affrontare un argomento, così non c'era lo spazio per dibattere.  Allora, a parte, quando non c'era lezione (es.: al pomeriggio o al sabato) il maestro comunicava in anticipo il problema, un QUID IURIS, e gli studenti si preparavano: studiavano il testo giustinianeo e si dividevano in due categorie, quelli per le argomentazioni "pro" e quelli per le argomentazioni "contra". Ogni opinione, per entrambe le due categorie, andava suffragata con le norme del corpus iuris. Quindi, si venivano a creare delle opinioni "pro" e delle opinioni "contra" e alla fine il maestro dava la "solutio", che poteva essere per i pro, o per i contra, o poteva trovare una diversa soluzione. Dopo la lectura, la questio è la cosa più importante che si fa all'università, perché specialmente con la magna glossa accursiana c'è poco spazio per la realtà esterna: il corpus iuris viene da molto lontano, 600 anni prima, e non c'è posto per una soluzione che faccia presente la realtà specifica della vita quotidiana e, soprattutto, degli statuti. Attraverso lo strumento della questio i giuristi fanno entrare la realtà di tutti i giorni nella compilazione giustinianea. (Esempio: QUAESTIONES DE FACTO - queste hanno per presupposto un problema giuridico, riguardante non un fatto della compilazione giustinianea, ma un fatto della vita: quindi, si parte dal presupposto che nella compilazione giustinianea manchi la fattispecie specifica, cioè che ci sia una lacuna dell'ordinamento. I giuristi medievali, però, non accettano che ci sia una lacuna nella compilazione giustinianea, perché la compilazione giustinianea è un sistema perfetto. Con il sistema dell'apparatus e della lettura non se ne viene a capo. Allora c'è la questio, la quale parte da un presupposto: siccome la questione, quello che si dibatte, può avere varie opinioni, oggetto di queste opinioni non può essere la compilazione giustinianea: se si fa una questio su una norma del corpus iuris, vuole dire che si può avere un'opinione favorevole ed un'opinione contraria, e questo non è possibile, perché il corpus iuris corrisponde alla verità e la verità è una: la verità può essere oscura, ma per i limiti dell'uomo, quindi, non si può dibattere sulla verità. Al limite, di una norma si può fare un CASUS = spiegazione della fattispecie prevista dalla norma giuridica. Quindi, le quaestiones de facto hanno per oggetto un fatto della vita quotidiana). Ancora più importanti le QUAESTIONES STATUTORUM = hanno per oggetto uno statuto: lo statuto non è compilazione giustinianea, quindi se ne può discutere, con il sì o con il no, utilizzando la compilazione giustinianea. Questo è un altro bel modo in cui la compilazione giustinianea, per la prima volta, incontra gli statuti, perché finora le due entità erano rimaste molto separate: la compilazione giustinianea è di pertinenza dell'imperatore ed è una norma universale; dall'altra parte gli statuti sono una cosa particolare, ma attraverso la questio i fatti della vita e gli statuti vengono, a tratti, nella compilazione giustinianea. Infine, ci sono le QUAESTIONES FEUDORUM, che hanno per oggetto le consuetudini feudali: ad un certo punto le consuetudini feudali vengono messe per iscritto e vengono inserite nella compilazione giustinianea (anche se è un'operazione assurda, questa operazione avviene perché un giudice milanese mandò suo lio a studiare a Bologna e si stupì del fatto che suo lio non dovesse studiare il diritto feudale e scrisse una lettera nella quale metteva tutti i principi di diritto feudale che, secondo lui, dovevano essere studiati: quelle prime lettere non sono altro che la redazione rozza dei principi di diritto feudale - REDAZIONE OBERTINA. Ci sono poi altri giuristi che decidono di fare questo). Nel 1200, proprio negli anni in cui Accursio fa la sua magna glossa, questi giuristi mettono per iscritto le consuetudini feudali e, con la scusa che gli imperatori avevano fatto qualche constitutio imperiale, dicono che in fin dei conti il diritto feudale è imperiale, quindi pensano di inserirlo nella compilazione giustinianea: fanno questo perché sanno che il diritto feudale è una cosa molto importante e non vogliono rimanere fuori dalla possibilità di gestire, di spiegare e di farsi interpreti di questa parte importante del diritto vigente, come non vogliono rimanere fuori dai fatti della vita e dagli statuti. E lo fanno attraverso lo strumento della questio.

REPETITIO (=ripetizione) = In aula non si riesce a fare tutto, non si riesce a dibattere (e per questo c'è la questio), non si riesce ad approfondire alcuni istituti, perché si è troppo impegnati a leggere le norme. Allora si approfondisce con la repetitio: almeno una volta l'anno i docenti erano obbligati a fare una repetitio = si parla, in questo caso, di REPETITIO NECESSARIA. Ci sono poi le REPETITIO VOLONTARIE, che sono quelle che il docente fa a piacere. La repetitio non è altro che un trattato monografico: partendo da una norma giustinianea, si approfondisce e, sempre utilizzando altre norme giustinianee, mettendole in combinazione, o facendo argomentazioni valide, si approfondisce. In qualche modo, è un piccolo trattato monografico, riguardante un istituto tratto dalla compilazione giustinianea. Si chiama repetitio, ma non si chiama trattato, perché il trattato per i medievali è un'altra cosa.





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