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I REDDITI CON TASSAZIONE SEPARATA

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I REDDITI CON TASSAZIONE SEPARATA

Vi sono alcuni redditi che vengono recepiti in un determinato momento, ma sono prodotti in più anni. Ad esempio, il trattamento di fine rapporto di lavoro il lavoratore dipendente percepisce al momento della cessazione del lavoro questa indennità che però matura attraverso accantonamenti versati nell’arco della vita lavorativa, arco di tempo pluriennale. È una somma cospicua che, tassata nel momento in cui viene percepita, farebbe aumentare notevolmente l’imponibile di quel periodo; di conseguenza la progressività farebbe aumentare l’imposta in modo più che proporzionale. Questo reddito subirebbe una tassazione molto forte. E allora questa particolare incidenza è stata ritenuta dal legislatore come non imponibile ai fini IRPEF. Il legislatore ha introdotto dei sistemi di tassazione più favorevoli al contribuente, definendo questi come redditi con TASSAZIONE SEPARATA rispetto agli altri ricavi. Questi redditi fanno eccezione alla regola perché non concorrono alla formazione del reddito complessivo; sono invece tassati separatamente con criteri di favore.

I due casi particolari da mettere in evidenza sono i seguenti:



  L’indennità di fine rapporto di lavoro è una  somma che il lavoratore dipendente percepisce quando il rapporto di lavoro cessa ma che matura in un arco di tempo pluriennale. Sulla base del Codice Civile e dei contratti di lavoro, ogni anno il datore accantona in un fondo una certa base della liquidità di fine rapporto che in genere corrisponde ad una mensilità, cioè un dodicesimo della retribuzione annua; questo fondo con l’andare del tempo si incrementa sempre più, non solo per l’accantonamento annuo. Il legislatore ha stabilito che queste somme accantonate possano essere viste come crediti che fanno maturare interessi: occorre che questi compensi siano accreditati al fondo nella percentuale dell’1,50%. Il legislatore mette in evidenza anche la presenza di una svalutazione che purtroppo opera: occorre che questi redditi accantonati siano rivalutati tramite un’ulteriore maggiorazione pari al 75% dell’indice ISTAT, per tenere conto del fatto che sono redditi a scadenza. Quindi, ogni anno l’accantonamento aumenta per la quota di competenza (la mensilità) più l’1,50% degli interessi più lo 0,75% tenuto conto della svalutazione.

Annualmente il datore di lavoro che viene istituito come sostituito di imposta deve versare un 11% dell’1,50% e dello 0,75%. Questo 11% di imposta è una tassazione definitiva di tali componenti. Quando il rapporto di lavoro cessa, non tutta l’indennità è sottoposta a tassazione perché una parte è già stata assoggettata durante il rapporto di lavoro. Resta da tassare la quota accantonata dal datore di lavoro corrispondente alla mensilità.

Per procedere ci sono due fasi che occorre affrontare. La prima è una fase di acconto, la seconda è una fase di tassazione definitiva. La fase di acconto corrisponde ad un prelievo che il datore di lavoro deve effettuare nel momento in cui corrisponde l’indennità di fine rapporto al lavoratore dipendente. Il datore di lavoro trattiene una determinata somma. Poi c’è una fase di conguaglio di tassazione definitiva, attuata dall’amministrazione finanziaria in diversi stadi. L’indennità di anzianità corrisponde all’accantonamento di una mensilità effettuata in ogni anno di durata del rapporto di lavoro. Se questa indennità viene divisa per il numero di anni di durata del rapporto suddetto si ottiene una annualità media. Se questa mensilità media la divido per 12, si ottiene una mensilità media retributiva che sarà di un determinato ammontare. Applico a questo risultato le percentuali di tassazione IRPEF previste dalla Legge. Istituisco poi un rapporto ponendo al numeratore l’imposta che ho ottenuto e al denominatore l’annualità media retributiva; ho in questo modo una percentuale che applico all’indennità di fine rapporto e ne risulta in fine la somma che il datore di lavoro deve trattenere al momento in cui a il TFR. Questa non è però una tassazione definitiva: è una tassazione d’acconto.

L’amministrazione finanziaria prevede che vengano considerati i redditi complessivi del quinquennio precedente dei quali si fa la media. L’imposta si calcola applicando a questa media l’aliquota IRPEF prevista dalla Legge. Questa è la percentuale di tassazione definitiva, un certo importo però era già stato richiesto al dipendente nel momento in cui ha subito la tassazione in via d’acconto e quindi sarà chiesta al dipendente solo la differenza.  


  L’avviamento è un reddito a formazione pluriennale; è il maggior valore che un’azienda possiede rispetto agli elementi patrimoniali che la compongono il maggior valore che consiste nella capacità di reddito e che flette l’impegno dell’imprenditore. Questa non è una cosa che si ipotizza, è un plusvalore che tende ad incrementarsi anno dopo anno, dal momento di inizio dell’azienda fino al momento in cui essa viene ceduta. L’avviamento è tassato separatamente, non fa parte del reddito complessivo in quanto è un reddito a formazione pluriennale.

Il legislatore ha fatto una considerazione ulteriore a favore del contribuente. È sempre bene togliere l’avviamento dal reddito complessivo? Non è che per il contribuente è più conveniente lasciarlo? Dipende, in base al fatto che l’impresa produca un’utile o una perdita. Ad esempio, se l’impresa è ceduta lo 01/10/2004 e dallo 01/01/2004 ha prodotto una perdita, quella perdita concorre alla formazione del reddito complessivo. Non procedendo a tassazione separata quella perdita può annullare il valore dell’avviamento ai fini tributari. Se quindi vendendo si realizza un valore di avviamento di 100.000 € e dallo 01/01/2004 allo 01/10/2004 è stata prodotta una perdita di 80.000 €, facendo partecipare l’avviamento al conteggio del reddito complessivo, verrebbero tassati 20.000 € (100.000 € – 80.000 €). In quel caso è possibile che l’imprenditore stabilisca che l’avviamento sia tassato nel cumulo dei redditi piuttosto che con tassazione separata.

Siccome in sostanza si ha l’interesse del contribuente, gli si dà la possibilità di scegliere in base alla situazione in cui si trova. La tassazione separata non è un obbligo ma è una facoltà. Se l’imprenditore decide di procedere a tassazione separata, si deve tassare l’avviamento con l’aliquota corrispondente al reddito medio complessivo del biennio precedente, ottenendo così una certa percentuale che si applica al valore dell’avviamento.





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