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ALTRE CONSIDERAZIONI SULLE COORDINATE SPAZIO-TEMPO ED APPROCCI AD ESSE
Le costruzioni teoriche sui sistemi territoriali locali e sul loro rapporto col sistema globale, conducono a considerare del tutto superata l'idea di spazio oggettivo (geometrico, euclideo, della posizione assoluta) e postulano la relativizzazione dello spazio e del tempo; non più spazio assoluto ma relativo o meglio relazionato.
Con lo spazio relativo ci si avvicina molto a posizioni post-moderniste, secondo le quali la società moderna pose l'accento sulla variabile tempo e nella versione capitalistica aveva cercato di annullare lo spazio attraverso il tempo (facilitando le comunicazioni o gli scambi commerciali in modo da ridurre il tempo).
La visione della realtà era imperniata sulla diade "successione-diacronia" mentre nella società post-moderna emerge il dittico "simultaneità-sincronia".
Quindi, da un lato, l'evoluzione della società è stata considerata come una sequenza di compressioni spazio-tempo, dall'altro la condizione contemporanea ha affiancato all'idea di spazio quella di iperspazio, luogo non percepito nelle sue coordinate geografiche (alterazione virtuale) che impedisce, quindi, di capire in quale punto della rete ci troviamo o dove siamo stati "catturati".
Se prima c'è una linearità nell'iperspazio c'è la complessità, mi trovo di fronte a biforcazioni che determinano la variabilità dei comportamenti (non è detto che torno indietro per la stessa biforcazione).
Approcci di lettura:
Ci sono vari approcci per poter leggere queste situazioni soprattutto in relazione alla triade spazio-tempo-soggettività:
Approccio regolazionista: i fenomeni osservati sono riconducibili alla sostituzione di un sistema di regole con un altro.
Si dice che vi è una discontinuità nello sviluppo e, quindi, nei sistemi di regolazione ed infine si sostiene l'esistenza di modelli alternativi e contrapposti (esistono entrambe).
Approccio transazionale: ispirato dalle tesi del precedente. I costi di transazione fanno parte di un filone di studi che ha come massimo esponente Wiliamson ma si fonda in realtà su un lavoro di un altro studioso Coase (1937) in "the nature of the firm".
Più modernamente ci sono due studiosi californiani A. Scott e Starger (anni'80-'90) che dicono che il meccanismo dei costi di transazione detta il confine tra l'organizzazione interna e quella esterna delle transazioni.
Il meccanismo dei costi di transazione porterebbe le imprese ad appoggiarsi sulle economie esterne, quindi, a dar vita ad una varietà di forme organizzative diverse dall'organizzazione gerarchica.
In realtà non si tratta di puri meccanismi di costo ma di meccanismi complessi e molteplici; l'impresa sceglie continuamente in base al costo non solo monetario, ma anche di opportunità, se internalizzare o esternalizzare.
Esempio: la scelta può dipendere dal fatto che trovo maggiore efficienza nel rivolgermi a società specializzate; dall'incertezza e instabilità del mercato; da mutamenti rapidi delle strategie; da efficienze produttive raggiunte con intense relazioni con altre imprese.
E' una logica antinomica alle economie di scala.
Ora guardiamo anche allo spazio: ogni spazio segue logiche di trasformazione diverse, oltre quelle temporali, perché diverse sono le condizioni storico-culturali e sociali. La spiegazione potrebbe stare nelle condizioni ambientali, socio-istituzionali e non nell'efficienza (come succede nei primi due approcci).
Approccio Marshalliano: ad esempio quello che pone forte enfasi sociologica per spiegare il successo dei sistemi di piccola e media impresa.
Vi fanno parte nuovi stili di analisi di economisti "non ortodossi".
Gli attori istituzionali (governance), coloro che comunque governano il sistema locale; si usano categorie deboli come atmosfera industriale, la coesione, la condivisione del sistema di valori, il radicamento d'impresa.
Sono modelli di sviluppo autocentrico.
Approccio cognitivo: oggi è strategico e decisivo produrre la conoscenza.
C'è un processo di conversione delle conoscenze che una volta prodotte devono essere comunicate attraverso l'informazione: da qui la necessità di sviluppare i canali d'informazione (soprattutto quelli in cui c'è partecipazione da parte degli utenti).
E' rilevante l'effetto apertura-chiusura di un sistema verso l'esterno: se è chiuso non ha informazioni ma se è aperto corre il rischio di essere plagiato.
Il sistema deve essere aperto però deve filtrare la conoscenza cioè deve interpretare le informazioni e prendere solo ciò che gli "appartiene".
Secondo un autore giapponese Nomaka esistono due tipi di conoscenza:
la conoscenza "vera" o tacita: non facilmente trasferibile, espressione del sistema locale;
la conoscenza "codificata" o esplicita: trasferibile ad esempio un manuale d'uso.
Si entra nel concetto dei circuiti cognitivi dove la produzione di conoscenza è un processo di relazione tra luoghi diversi.
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Conoscenza tacita |
Conoscenza esplicita |
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reti |
socializzazione |
esternalizzazione |
reti |
locali |
internalizzazione |
combinazione |
globali |
Approccio reticolare: è un ispessimento del concetto marshalliano dove la coesione prende la forma di reti di relazioni fra soggetti; non solo reti materiali ma anche culturali, contrattuali, istituzionali.
Si sta attenti alla coevoluzione di soggetti e ambiente poiché si tratta di relazioni che necessitano spesso di vicinanza geografica.
Percorso ideale: grafico della complessità tempo-spazio.
Modello Centro-Periferia: es. L'Africa è periferia. Le vie di comunicazione, in special modo la ferrovia, collegano i luoghi di produzione agricola, silvicoltura o mineraria con lo sbocco al mare, piuttosto che città e regioni tra di loro. Questa impostazione comunicativa è stata imposta ovviamente alla periferia dal centro che la sfruttava economicamente.
Anche i confini degli stati africani, tirati a tavolino, senza prendere in considerazione la localizzazione di alcune etnie ad es. quelle nomadi (es Tutzi in Ruanda Burundi) è una ulteriore dimostrazione di questa impostazione.
Questo modello è in crisi perché non riesce in molti casi a spiegare più l'ordinamento mondiale; oggi la periferia riesce ad avere una sua influenza su alcune decisioni.
DEFINIZIONI TERMINOLOGICHE:
Spazio: concetto complesso considerato da molte scienze, filosofia, matematica, fisica, scienze sociali, unito al tempo.
Nel tempo si è avuto uno spostamento di ottica da spazio fisico a spazio sociale e, allo stesso tempo, da spazio assoluto (Newton, Kant: ogni punto è immediatamente definibile. Esso è un contenitore di oggetti) a spazio relativo.
In termini geografici se si parla di spazio assoluto ogni punto ha sue coordinate che lo rendono unico. Lo stesso spazio cartografico è basato sullo spazio euclideo.
Lo spazio relativo, invece, definisce i fenomeni oltre che per la loro posizione anche per le loro proprietà intrinseche; considera ad es. l'evoluzione del fenomeno nello spazio, i suoi rapporti con altri fenomeni (si parla infatti anche di spazio relazionale).
Questo tipo di spazio deriva dagli studi di Eistein, in cui lo spazio è una superficie curva in cui tutti gli elementi sono in relazione tra di loro.
Nello spazio relazionale si lavora su flussi: lo spazio ne è percorso. Essi possono essere rappresentati come vettori che rappresentano i flussi informativi di persone, cose ecc.
Nei modelli lo spazio è di solito isotropo, isomorfo e i soggetti che agiscono al suo interno lo fanno in modo razionale. (In più quando si ha a che fare con ragionamenti di tipo economico si ipotizzano mercati perfetti).
Parlando di spazio sociale non si può omettere l'approccio di Durkheim, che ha distinto alcune forme di comportamento nello spazio sociale:
Forme comunicative: forme del vivere sociale es. espressioni idiomatiche, espressioni del volto.
Forme simboliche: lo spazio urbanistico è tutto uno spazio simbolico in quanto trasmette una ideologia, un'immagine che l'urbanista ha del mondo, trasposta su base territoriale. Es. Immagine turistica di Firenze nel mondo; percezione individuale del mondo in cui si risiede. Es. Etnocentrismo, il sentirsi al centro (sectiune geografiche giapponesi) nazionalismi, localismi.
Forme sensitive: riguardano la sfera individuale: libertà, identità, intimità personale ecc. Molte volte le strutture socio spaziali apparentemente oggettive, sono legate a forme sensitive.
Territorio: voce largamente usata, che si ricollega ad un concetto latino, quello di territorium.
Il territorium era l'area sulla quale la città poteva estendere il proprio dominio.
Si tratta di una definizione molto pragmatica, che è rimasta nella concezione di enti territoriali, comuni provincie ecc. Hanno sovranità su un determinato territorio.
Quando manca il territorio non c'è lo stato.
In realtà per territorio bisogna intendere la somma di società ed ambiente. Si devono quindi considerare le caratteristiche della società unitariamente a quelle dell'ambiente. Oggi il territorio ha un significato storico-sociale, non ha più senso di "supporto fisico". In quest'ultimo caso si parla si suolo.
TERRITORIO = SOCIETA' + AMBIENTE
Il territorio si può anche definire come un insieme organico di oggetti e di relazioni organizzati e di soggetti organizzatori.
In questo contesto si possono osservare scelte, usi, costumi, vincoli, opportunità, relazioni di potere, di cooperazione, di conflitto ecc.
Il territorio non è mai isotropo, né isomorfo: i soggetti possono non essere razionali. Sono inoltre presenti vincoli (es scarsa propensione all'innovazione).
C'è dunque la piena considerazione della società nell'ambito della nozione di territorio.
Lo strumento che la società ha per influire sul territorio è il piano.
Si distingue tra:
piano territoriale
programmazione.
Nota bene fino agli anni '50 nei documenti istituzionali italiani non si è mai parlato di piano, bensì di schema, nota ecc. perché si riteneva che il termine "piano" rimandasse troppo immediatamente ad esperienze pianificatrici socialiste.
Oggi si parla di "marketing territoriale" ovvero della promozione di tutto un ambito territoriale che favorisce come indotto anche il marketing delle imprese che vi operano es. Languedoc-Roussillon.
Il territorio nell'ambito della teoria fordista era considerato come un puro supporto. Era al più CFS (capitale fisso sociale) ovvero scuole, infrastrutture, imprese del luogo.
Si riteneva che la natura fosse approssimativa, che non sempre seguisse le esigenze produttive e che quindi bisognasse portarla a soddisfare le norme produttive stesse.
L'urbanismo del periodo detto urbanismo funzionalista riduce il territorio a spazio che si vuole organizzare in modo funzionale ed efficiente attraverso indici di ottimizzazione quali ad es. I metri quadri di verde per abitante, medici per abitanti ecc.
Con la crisi della fabbrica territoriale fordista (che accentua tutti i fattori es. Fiat) in cui il territorio era messo al lavoro, il territorio cessa di essere un pavimento. In questa epoca di transazione (intorno anni '60) ci si accorge che il territorio produce valore aggiunto territoriale. Ci si accorge che non è possibile plasmarlo completamente, che esso ha proprie caratteristiche e diversità (es. Esistono sistemi che sono di per sé territoriali: sistemi di piccole imprese).
Fabbrica diffusa, molecolare, addirittura alcune volte virtuale es l'impannatore pratese che mette insieme tutti i vari fattori e tutte le fasi di produzione senza riunirli mai fisicamente.
Lo sviluppo locale si fonda su risorse locali che mutano continuamente e non su categorie generali unificate.
Modello bottom-up es. Patti territoriali, contratti d'area, intese di programma cioè forme di pianificazione territoriale dal basso: si cerca di coinvolgere su programmi economici condivisi diverse forze sociali ed economiche (istituzioni, imprenditori ecc.).
Sono situazioni che si manifestano attualmente nel nostro paese, dove il modello top-down non può essere attuato vista la bassa durata media dei governi. Questo li rende infatti incapaci di introdurre e di gestire il cambiamento. Per fare questo vi è la necessità di un'ottica temporale più ampia che consenta di sopportare i costi iniziali e di godere dei relativi benefici.
I patti territoriali sono uno strumento di programmazione negoziale di solito proposti dagli enti locali che devono essere finanziati in modo misto ovvero in parte pubblicamente e in parte privatamente.
I contratti d'opera si propongono di instaurare un sistema cooperativo fra le varie classi nelle aree di crisi.
Ritorniamo alle definizioni terminologiche:
Ultimamente si parla del territorio unitamente ad altri problemi di natura sociale. In questo caso il termine assume una pregnanza di significato di natura politica.
Il concetto di territorio esalta in un certo senso la presenza dell'uomo in alcuni suoi aspetti (es. Territorio-criminalità, territorio-disoccupazione).
Il suolo invece e "terrestrità", nel senso di base dell'attività umana: è il pavimento di quest'ultima.
Nell'impostazione post-fordista il territorio assume una connotazione superiore.
I sistemi che si basano sulla fabbrica molecolare si appoggiano su un territorio storico: lo sviluppo locale mette in moto nuovi meccanismi che si fondano sulle peculiarità territoriali e non su categorie produttive assolute. Il territorio è dunque produttore di valore, di modelli di sviluppo differenti.
Lo sfruttamento del territorio nelle sue peculiarità crea però non solo benefici, ma anche costi che devono essere tenuti di conto.
Benessere non è sempre crescita economica e la società odierna si è accorta di questo. Benessere vuol dire una gamma di situazioni più quantitative che qualitative che ne determinano il livello; non è aumento del reddito se questo deve essere speso in cure mediche per motivi legati ad un sistema produttivo.
Il territorio si può dire che vive e muore infatti ad es. un terrazzamento abbandonato in pochi anni sparisce, per questo ci vuole una politica territoriale per mantenere il territorio, occorre pianificare cioè organizzare i fattori produttivi al fine di creare unità collettive (concetto moderno).
Poiché le risorse sono per definizione scarse, prima di tutto la pianificazione deve operare una graduatoria delle scelte economiche da effettuare. E' questa la difficoltà maggiore della pianificazione; del resto però se una collettività non sceglie lascia che le proprie scelte vengano compiute da altri e dopo le dovrà comunque "subire".
Gestire il territorio è quindi un fatto complesso e il successo di politiche come quelle di Reagan e della Tatcher non devono far pensare che una buona pianificazione territoriale non sia utile.
Ambiente: dal latino ambire cioè circondare. Ha caratteristiche similari.
Lo possiamo definire come "insieme di condizioni che circondano gli organismi sulla superficie terrestre".
Possiamo distinguere due tipi d'ambiente:
naturale;
antropico.
Un ambiente antropico è un ambiente in cui la componente più rilevante è quella economica.
L'ecologia è lo studio delle condizioni naturali in cui vivono gli organismi. Esiste quindi una ecologia dell'uomo e una delle piante.
L'ambiente antropico non può prescindere dal considerare l'ambiente naturale non solo per le influenze che produce ma anche come fonte degli stock di risorse.
Dal punto di vista strettamente economico queste sono considerate risorse extraeconomiche l'aria, l'acqua non hanno un valore per l'economia classica.
L'uomo si trova in entrambe i due ambienti, in quanto, è una componente dell'ambiente ed è sbagliato considerarlo estraneo ed, inoltre, anche l'ambiente naturale è antropico in quanto, comunque, viene corretto dall'intervento dell'uomo es. le bonifiche, le piante non endemiche.
E' una visione antropocentrica in cui gli uomini si situano dentro l'ecosistema però, bisogna pensare che lo stesso ambiente antropico non può prescindere dal considerare gli influssi naturali. Non è fatto solo di informazioni ma anche di prodotti tratti dall'ambiente naturale, inoltre, anche nell'ambiente antropico entrano fenomeni che l'uomo non sa regimare (es. venti) se non in microclimi.
Tutto questo fa si che le due componenti siano strettamente collegate.
Risorse: concetto legato all'evoluzione storica es. il petrolio è sempre esistito ma è diventato risorsa economica solo nella seconda metà del '700.
Quindi acquistano o perdono importanza nello spazio e nel tempo es. la guerra per le spezie.
Le risorse sono rinnovabili se hanno un ciclo cioè non sono consumate ma solo usate o non rinnovabili se sono stock che una volta utilizzati non ci sono più.
Le non rinnovabili sono soggette ad entropia ma anche le altre hanno punti di criticità cioè hanno un tetto di disponibilità insito nei cicli della terra: abbattuta la foresta ricresce qualcosa di più degenerato, alcune risorse hanno un tempo di rigenerazione, altre hanno una deteriorabilità che ne riduce la riproducibilità utile.
Bisogna inoltre considerare che anche i residui della loro utilizzazione richiedono spazio ed energia per poterli eliminare.
Ci sono due visioni:
una visione ottimistica in cui si dice che si consumano le risorse ma con il progresso tecnologico la loro utilizzazione sta diminuendo o si sono trovati dei surrogati come ad es. Le fibre sintetiche che soppiantano le fibre naturali.
Una visione pessimistica che si muove dall'osservazione del trend produzione-consumo e poggia sulla sfiducia del mercato come regolatore di risorse (argomentazioni ecologiche).
Concetto di sostenibilità: lo sviluppo sostenibile si trova la prima volta in forma generica in un rapporto di Bruntland relativo alla Commissione mondiale sull'ambiente e sviluppo (CUSED) del 1986.
E' definito come un "processo di trasformazione in cui lo sfruttamento delle risorse, l'indirizzo degli investimenti, le modalità di sviluppo tecnologico e l'evoluzione delle istituzioni (cambio di mentalità) sono coerenti con le necessità future non meno che di quelle presenti".
Che vuol dire sul piano operativo ?
E' stato assorbito dalle istituzioni; la regione Toscana in una legge (n° 5 del '95) incentra la propria filosofia di pianificazione territoriale sullo sviluppo sostenibile cosa non prova di conseguenze ad es. Per gli incentivi e i disincentivi.
Si parla di sostenibilità competitiva: ma cosa devo fare in realtà? Ecco che a livello microeconomico il modello inizia a traballare.
Per molti il concetto di sviluppo sostenibile è legato a forme di equilibrio statico che garantisca una qualità ambientale complessiva stabile cioè presuppone un equilibrio costante fra sfruttamento e ricostituzione delle risorse. Questo porta, poi, a posizioni fondamentaliste, a volte frutto di scelte politiche.
Altri invece interpretano lo sviluppo sostenibile come un'opportunità per superare le contraddizioni insite nei modelli consumistici e per rilanciare il ruolo della partecipazione "democratica".
Queste convinzioni sono ambiziose ma interessanti quando parlano di regimare il mercato.
Poi ci sono altri modelli intermedi.
Per le imprese si nota che ci sono vari elementi che conurano uno scenario in movimento.
La larga parte delle imprese è consapevole che l'ambiente non è solo un vincolo ma offre varie opportunità anzi si è consapevoli che questa attenzione all'ambiente sarà necessaria in futuro per ottenere nuovi vantaggi competitivi.
Sostenibilità e competitività tendono ad avvicinarsi ed a riunirsi, infatti ad es si vede che le tecnologie pulite tendono ad attirare sempre più imprese.
Questo processo si può schematizzare in 3 punti:
in passato, l'ambiente era visto come problema, vincolo, causa di incremento dei costi;
l'ambiente visto come possibilità; ci vuole una gestione che tenda all'ottimazione dei costi attraverso una gestione eco-responsabile es. Campo tessile;
alcune imprese vedono l'ambiente come "mission" quindi riguarda le imprese flessibili pronte a sfruttare le occasioni, le possibilità che si presentano es. Servizi turistici, fino ad arrivare a parlare di innovazioni eco-efficienti. Le imprese stanno scalando questo processo.
Le tecnologie pulite vanno distinte dalle tecnologie di abbattimento che ci sono sempre state mentre le prime propongono delle innovazione eco-efficienti. Le imprese sono generalmente restie, ci sono effetti frizionali.
Intanto non tutti i ti hanno gli stessi problemi, le imprese quindi in generale si impegnano in modo modesto perché inizialmente l'impiego di queste tecnologie aumenta i costi (poiché hanno una produttività inferiore) e in alcuni casi diminuiscono la qualità del prodotto.
Questo frena anche perché vi sono mutamenti nel rapporto prezzo qualità a sfavore di un vantaggio competitivo.
Poi ci sono problemi di informazione ed entrare in certi circuiti di informazione costa ma bisogna informare il consumatore per fargli sapere che il prodotto ha le qualità eco-efficienti; in tanti ti si crea una domanda comunicando le qualità del prodotto altrimenti è tutto inutile.
Inoltre le innovazioni legate alle tecnologie pulite richiedono innovazioni organizzative che sono forse più pesanti delle innovazioni di prodotto e di processo.
Tendono a:
realizzare prodotti con un minor impatto ambientale sia all'atto di utilizzo sia all'atto di smaltimento;
sostituire gli input (materiali, processo) in ogni fase intermedia o finale;
ridurre gli input del processo produttivo es, ilo bisogno energetico;
risparmio e recupero degli input soprattutto energetici attraverso tecnologie di recupero e riciclaggio che sono a valle;
processi e prodotti a basso impatto ambientale;
beni intermedi per altre imprese che modificano a valle i processi delle altre imprese per cui sono input.
Le imprese cosa hanno a disposizione?
Marchio ECOLABEL: marchio volontario di qualità "ecologica" istituito dall'UE con il regolamento 880/92 del '93 volto ad incentivare la presenza sul mercato di prodotti "puliti". C'è un comitato dell'UE che accredita i certificati.
EMAS (ecomanagement and audit schema): Certificato di qualità ambientale (!Non di qualità del bene) istituito con il regolamento 1836 del '93 dell'UE che riguarda l'adesione volontaria delle imprese ad un sistema di ecogestione e controllo.
La possibilità di certificazione è rivolta a tutti i sistemi produttivi dove si svolge una certa attività industriale.
In Italia la sta chiedendo ad es l'area di Sassuolo (ceramiche) nel suo insieme per tutto il sistema; una volta ottenuto dovrà informare i clienti.
La qualità ambientale è garantita dall'UE che delinea i requisiti che i sistemi di gestione ambientale devono avere cioè indicatori che devono essere rispettati. Esiste un registro europeo.
UNI EN ISO 14000: certificazione che fa parte dell'UNI: le norme UNI tendevano ad uniformare le caratteristiche. Esso consiste dunque in standards per valutare l'efficacia e la correttezza degli strumenti utilizzati, delle performance e delle scelte aziendali in materia ambientale.
Le norme ISO 14001 sono il fulcro di tutto il sistema in quanto descrivono i requisiti base di un sistema di gestione ambientale.
Tutto questo le imprese non lo fanno solo con lo scopo di tutelare l'ambiente ma per avere un vantaggio competitivo sul mercato.
I tre concetti, dunque, di spazio, territorio ed ambiente sono ben diversi e definiti.
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