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Il capitale finanziario in Italia. Dal decollo industriale alla riforma del 1936 - 38.
Le banche di credito industriale hanno rappresentato la fonte principale di finanziamento esterno per l'industria.
Stretta è stata l'interazione tra banche , interessi finanziari e industriali.
Dopo il conflitto mondiale del 1915 - 18 il rapporto banca industria si fa in Italia sempre più stretto e complesso.
La banca si invischia sempre più, nel periodo che va dal 1919 al 1933, nell'investimento azionario diretto e nel finanziamento a medio e lungo termine delle imprese, congelando in tale investimento una massa di depositi enormemente superiore a quella che norme di elementare prudenza avrebbero suggerito.
Tende cioè a diventare una pura e semplice banca di affari( e cioè ad adeguarsi al modello tedesco della banca mista).
Dietro di essa si collocano i gruppi industriali; che controllano o influenzano le aziende di credito, riescono a convogliare appunto le risorse verso i finanziamenti alle imprese per via, che presto avrebbe dovuto rivelarsi disastrosa, della partecipazione bancaria al capitale di rischio.
Sicchè la crisi degli anni trenta porta a una ulteriore svolta in questi indirizzi del capitalismo italiano, con l'apparente passaggio dal capitalismo finanziario al capitalismo di stato.
In realtà la creazione dell'IRI e dell'IMI e la riforma bancaria del 1936 - 38 non determinano affatto il tramonto, nel nostro paese, della funzione traente del capitale finanziario.
Facciamo un passo indietro.
Nel 1926 viene varata la prima legge bancaria; che pare non andare oltre peraltro una limitata funzione razionalizzatrice, con misure di sorveglianza e controllo della solvibilità ed efficienza del mercato bancario e con l'unificazione, nella Banca d'Italia, delle prerogative di emissione della moneta.
In nodo centrale del sistema bancario rimane irrisolto.
Le banche sono abituate ad effettuare operazioni di credito sia a breve che a medio e lungo termine; ciò consente l'intervento diretto nell'attività industriale con l'acquisto, come si diceva, di partecipazioni azionarie e un loro diretto coinvolgimento nel rischio e nelle avventure imprenditoriali.
Con la crisi del 1929 e le successive ripercussioni nel continente, la mazzata cade spietata sulle banche e sui grandi gruppi industriali.
La difesa dei titoli dissangua le banche mentre non salva le azioni dal crollo.
Il sistema stesso scricchiola e vede la sua sopravvivenza posta seriamente a repentaglio.
Gli interventi politice e legislativi del 1933 al 1936 non rappresentano altro che un salvataggio del sistema che deriva e la messa su nuove basi dei meccanismi del capitale finanziario.
Il 1933 segna una semplice modificazione degli strumenti a disposizione del capitale industriale : anche le azioni bancarie, come strumento della grande industria; viene ora organizzata e garantita( direttamente) dello Stato.
Da un lato si costituisce l'IRI con la specifica funzione di liberare le banche dall'ingombrante possesso di pacchetti azionari in rotta, completando l'opera di smobilizzazione iniziata dall'istituto di liquidazione nel 1931, e di socializzarne le perdite; dall'altro si crea l'IMI , istituto mobiliare italiano, per le operazioni di credito a medio e a lungo termine di finanziamento industriale.
Intanto si vara con la legge bancari nel marzo del 1936 una disciplina organica molto più attenta e rigorosa; con cui si dichiarano la raccolta del risparmio e l'esercizio del credito funzioni di pubblico interesse, si limitano al breve le operazioni bancarie ordinarie, si introduce una rigida elencazione degli istituti abilitati e si prevede un severo regime di autorizzazioni alla costituzione e di vigilanza sull'esercizio del credito, ponendo la Banca d'Italia sia direttamente sia attraverso l'ispettorato per il credito e il risparmio, poi CICR, al centro del sistema creditizio.
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